Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Lettere dal Sahel XIII

di Mauro Armanino

 

Impostori di sabbia

Niamey, 21 gennaio 2024. Eppure il cambiamento era dietro l’angolo. Il mondo vecchio stava scomparendo e bastava una spallata per buttarlo giù. Erano gli anni operai delle assemblee, delle 150 ore retribuite in fabbrica per la licenza media e il testo faro di don Milani ‘Lettera a una professoressa’. Il terrorismo e le manipolazioni della sedicente rivoluzione proletaria. Il sospetto, col tempo, che tutto fosse giocato d’avanzo e che l’italico Paese, colonia degli Stati Uniti Vaticani, divenne preda scelta di manovre eversive delle stragi che avrebbero insanguinato banche, piazze, treni e stazioni. Credevamo che il cambiamento fosse una questione di stagioni.

Lo stesso accade da questa parte del mondo che si suole chiamare Sahel. Una spallata al mondo antico, nato, nutrito e perpetuato dal neocolonialismo, espressione della globalizzazione del mondo come mercato unico. I militari, non casualmente, hanno preso il potere con colpi di stato in vari Paesi dell’Africa Occidentale, Centrale e altrove, spesso. Alcuni si sono camuffati da civili per perpetuarsi. Promettono pure loro un mondo nuovo, liberato da corrotti, faccendieri, venduti agli stranieri e dunque traditori della patria.

Print Friendly, PDF & Email

linterferenza

La censura annunciata è iniziata

di Fabrizio Marchi

Oggi Facebook ha censurato un nostro articolo che ricordava la ricorrenza dell’attacco della NATO contro la Jugoslavia avvenuto il 24 marzo del 1999, con la solita banale scusa in base alla quale l’articolo non è conforme agli standard della comunità.

In realtà si tratta della ben nota censura che Meta, che controlla Facebook, Instagram e Threads, ha deciso di applicare ai contenuti politici con una nota ufficiale del 9 febbraio scorso. Riporto di seguito il pregevole articolo de La Fionda che spiega quanto sta avvenendo e che sta passando (o meglio, è già passato) sotto silenzio: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/27691-laurent-ferrante-bavaglio-social-perche-nessuno-muove-un-dito-e-cosa-si-potrebbe-fare-invece.html

Come spiega l’articolo, verranno sistematicamente oscurati tutti «i contenuti politici, potenzialmente legati a temi quali le leggi, le elezioni o argomenti di natura sociale». Interrogati da utenti e giornalisti sulla vaghezza preoccupante di una tale definizione, i portavoce di Meta hanno balbettato risposte ancora più fumose, spiegando che la lista nera degli argomenti riguarderà le «hard news (politica, esteri, salute economia, ndr)» e la «critica sociale» inquadrata come «contenuti che identificano un problema che influenza le persone ed è causato dall’azione o inazione degli altri, il che può includere questioni come le relazioni internazionali o il crimine». In pratica, tutto.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Ucraina. Come l'Ue, isolata, rischia di danneggiare l'euro

di Pasquale Cicalese

Non commento l'attentato in Russia. Vi do invece un estratto dell'editoriale di Milano Finanza di oggi di Guido Salerno Aletta. Per inciso, andando sul sito, ho scoperto che gli abbonati sono triplicati e che il bilancio è buono. Segno che in termini di informazione economica, i commenti di alcuni editorialisti non seguono il mainstream. Guido Salerno Aletta e Marcello Bussi sono tra questi, entrambi miei amici. Ma ritorniamo a Guido Salerno Aletta e al Consiglio Europeo di questi giorni. Titolo dell'articolo: "Ucraina, l’Ue accelera sugli aiuti ma lo fa da sola. E rischia così di danneggiare l’euro".

Estratti: "E invece, in ordine all’utilizzo dei citati proventi derivanti dagli asset sovrani della Russia, titoli e fondi per circa 260 miliardi di euro che nel complesso sono stati bloccati nelle giurisdizioni dei Paesi partner del G7, dell'UE e dell'Australia, di cui oltre due terzi nell'Unione europea e per la gran parte depositati presso l’Euroclear, ci si trova di fronte a un’accelerazione sostanzialmente solitaria da parte di Bruxelles, che in quanto tale era stata fortemente sconsigliata anche dal Vice Presidente della Bce Luis de Guindos, in una intervista dello scorso 23 novembre.

Print Friendly, PDF & Email

coniarerivolta

Davvero non si trovano i lavoratori? Il mito alla prova dei numeri

di coniarerivolta

Sin dalla nascita della scrittura, ben 3500 anni fa e forse ancora prima, l’essere umano ha fatto ricorso al mito per darsi una spiegazione della realtà, per tramandare il sistema di valori e i principi di una società. Spesso, i miti servivano ad ammonire gli esseri umani a non compiere atti contro natura. Uno dei motivi ricorrenti del mito greco è la hybris, termine che sta a indicare appunto la tracotanza dell’essere umano, l’arroganza. Hanno peccato di hybris, ad esempio, Icaro, Sisifo o Prometeo. Tutti, a loro modo, arroganti verso gli Dei, ma archetipi della lotta dell’uomo per il raggiungimento della conoscenza.

Purtroppo, i nostri tempi amari e reazionari ci stanno consegnando un nuovo mito i cui personaggi, pur peccando di hybris e tracotanza, sono più interessati alla diffusione della menzogna – anche a costo di apparire ridicoli – che a squarciare i veli dell’ignoranza. Si tratta di un mito ben noto ai nostri lettori dato che ne abbiamo spesso smascherato le falsità e la pretestuosità ma che, tuttavia, è di recente tornato all’onore delle cronache. Si tratta del mito del “lavoro che, in Italia, c’è ma mancano i lavoratori”. Basta fare una piccola ricerca su Google per essere praticamente sommersi da risultati recenti.

Print Friendly, PDF & Email

fattoquotidiano

Stop dell’ateneo di Torino al bando con Israele: la successiva levata di scudi è degradante

di Paolo Ferrero

Voglio esprimere la mia piena solidarietà al Senato Accademico dell’Università di Torino che martedì scorso ha deciso di non partecipare a un bando del ministero degli Esteri italiano relativo al finanziamento di progetti di ricerca tra Italia e Israele. La decisione, assunta “visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza”, è stata in questi giorni attaccata in modo forsennato e domani vi sarà addirittura una manifestazione di protesta convocata sotto la sede del rettorato.

Di fronte alla scelta dell’Università di Torino di dare un segnale di dissenso riguardo al massacro in corso a Gaza, abbiamo assistito a una levata di scudi che la dice lunga sul degrado della nostra società.

In primo luogo, a Gaza cosa sta succedendo? In 5 mesi di bombardamenti indiscriminati e di attacchi militari continui, nella striscia di Gaza sono morti più di trentamila civili di cui quasi la metà bambini. In questa situazione catastrofica che nulla ha a che vedere con una guerra tra eserciti, la Corte internazionale di giustizia dell’Aia, il 26 gennaio ha stabilito che le azioni d’Israele nella Striscia di Gaza sono plausibilmente genocidarie e ha emesso una ordinanza che impone a Israele di adottare immediate misure per consentire la fornitura di servizi di base e assistenza umanitaria in favore dei palestinesi.

Print Friendly, PDF & Email

lavoroesalute

Figli non riconosciuti. Chi è mia madre?

di Alba Vastano

Fino a un decennio fa i figli non riconosciuti, restavano esclusi dalla possibilità di conoscere la madre biologica, vita natural durante. ‘La legge dei cento anni’ creava un ulteriore discrimine e un disagio sia psicologico che sociale nella vita dei figli di madre ignota. Accadeva negli anni passati, fino al 2013, quando è intervenuta in merito la Corte Costituzionale, con la sentenza 278, dichiarando l’incostituzionalità, sia pur parziale, del comma 7 della legge 184/83 art.28

In Italia, da inchieste recenti, sembra siano oltre 400mila i figli di madre ignota. Una collettività che un tempo era segnata con l’odioso marchio N.n (Nomen nescio) a sminuire l’identità, come fossero figli di un dio minore. Accadeva quando la madre biologica non riconosceva il figlio e chiedeva alle autorità competenti il diritto all’anonimato. La legge protegge a vita l’anonimato della madre. Di contro, però, la legge attuale non riconosce, né può risolvere automaticamente, così come è automatico per legge il diritto all’anonimato della madre, il desiderio legittimo del figlio, non riconosciuto alla nascita, di sapere chi è la madre biologica.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

La "Campagna d'Ucraina": le dichiarazioni (inquietanti) del capo di Stato maggiore francese

di Giuseppe Masala

Nonostante la levata di scudi arrivate da molte capitale europee sulle parole di Macron che ha ventilato l'ipotesi di un intervento di terra nel conflitto ucraino da parte della Nato, o di una coalizione di volenterosi capeggiata dalla Francia stessa, da Parigi continuano a giungere voci di preparativi per la Campagna d'Ucraina.

A tale proposito di particolare rilevanza è stato l'intervento del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito francese (Armée de Terre) Pierre Schill sul giornale Le Monde, nel quale ha dichiarato: «L’esercito francese è pronto. Qualunque sia l’evolversi della situazione internazionale, i francesi possono essere certi che i loro soldati risponderanno con prontezza. Per proteggere dagli attacchi e per tutelare gli interessi nazionali, l’esercito francese si prepara alle battaglie più difficili».

Una vera e propria dichiarazione d'intenti quella espressa del generale peraltro sul quotidiano più prestigioso dell'intera Francia. Segno che il momento è da considerarsi solenne e il popolo va preparato; del resto le stesse dichiarazioni di Macron avevano lo stesso evidente intento. Il generale, inoltre, conclude ribadendo un altro concetto fondamentale espresso da Macron: «La sfida è garantire che la forza dimostrata dalle truppe francesi inverta la tendenza in modo da scoraggiare gli attacchi alla Francia.

Print Friendly, PDF & Email

bastaconeurocrisi

La follia dell’austerità 2011-2013

di Marco Cattaneo

Sarà che sono passati più di dieci anni e la memoria collettiva è labile, ma ogni tanto rispuntano commentatori vari a sostenere che “in realtà l’Italia non ha mai fatto austerità” oppure che “beh sì c’è stata negli anni della crisi dei debiti sovrani ma era indispensabile perché Berlusconi stava portando il paese al fallimento”.

A questi signori, è bene ricordare quanto segue.

I pacchetti di interventi fiscali restrittivi (tagli e tasse) sono stati fatti trangugiare a viva forza all’ultimo governo Berlusconi a partire dalla primavera del 2011. Ovviamente questo non ha risolto la crisi dello spread e ne è risultata la caduta del governo e (a novembre) l’insediamento di Mario Monti.

Le feroci azioni di restrizione fiscale – IMU, legge Fornero, aumento dell’IVA, tagli a sanità e investimenti pubblici – non hanno minimamente risolto il problema della finanza pubblica.

Hanno invece provocato tredici trimestri complessivi di discesa del PIL reale, con cinque punti percentuali di decrescita cumulata (nel periodo in cui invece tutto il resto del mondo recuperava), decine di migliaia di fallimenti, quattro milioni di persone in più in povertà assoluta (in pratica, ridotte a fare la fila alla Caritas, o giù di lì).

Print Friendly, PDF & Email

piccolenote

Il confronto con la Russia: la realtà impone limiti

di Piccole Note

Beni russi congelati, c'è in ballo l'affidabilità delle banche occidentali. Gli appelli di Borrell

Gli annunci roboanti dei leader occidentali e gli asseriti successi ucraini vanno spesso a scontrarsi con la realtà. Così la proposta di usare gli interessi maturati dai beni russi congelati in Occidente per aiutare l’Ucraina – alla quale andrebbero più di tre miliardi di euro all’anno – ha creato una fibrillazione che ne ha impedito, almeno per ora, l’approvazione.

Il motivo è semplice e lo scrive la Reuters, spiegando che diverse banche hanno avvertito i leader della Ue di temere ritorsioni da parte della Russia, ma soprattutto che la decisione potrebbe portare “a una più ampia erosione della fiducia nel sistema bancario occidentale”.

Il pericolo è ovvio: i Paesi che hanno affidato i loro soldi a tali banche non possono non allarmarsi. I loro beni potrebbero condividere la stessa sorte, qualora entrassero in urto con l’Occidente. C’è il rischio che li ritirino per indirizzarli a banche più affidabili.

Per quanto riguarda, invece, i successi ucraini, si sta ponendo un’altra criticità. Mentre le sue forze vengono macinate sulla linea del fronte, Kiev sta cercando di ottenere dei successi tattici da poter ostentare al mondo, e in particolare ai suoi alleati, per segnalare che è ancora in grado di ferire il nemico e che quindi la guerra non è ancora persa.

Print Friendly, PDF & Email

kelebek3

Parabellum

di Miguel Martinez

Mi segnalano uno scritto dal titolo orwelliano-futurista, “Se vogliamo la pace, dobbiamo prepararci alla guerra“. Curiosamente, è esattamente il titolo che volevo dare al post di oggi.

L’articolo esalta la Guerra Buona (quella che dobbiamo fare perché, avete indovinato, siamo contro la guerra che vogliono fare i cattivi), non dimenticando però di ricordarci che la guerra crea anche ricchezza:

“Dobbiamo quindi essere pronti a difenderci e passare a una modalità di “economia di guerra“. È giunto il momento di assumerci la responsabilità della nostra propria sicurezza. Non possiamo più contare sugli altri o essere in balia dei cicli elettorali negli Stati Uniti o altrove.

Il nostro obiettivo dovrebbe essere di raddoppiare entro il 2030 i nostri acquisti [di prodotti militari] dall’industria europea, così da garantire una maggiore prevedibilità alle nostre imprese. Contratti pluriennali le incentiveranno inoltre ad aumentare la loro capacità di produzione. In questo modo sarà rafforzata la nostra industria della difesa, migliorata la nostra preparazione alla difesa e si creeranno inoltre posti di lavoro e crescita in tutta l’UE.”

Print Friendly, PDF & Email

quodlibet

Dio, uomo, animale

di Giorgio Agamben

Quando Nietzsche, quasi centocinquant’anni fa, formulò la sua diagnosi sulla morte di Dio, pensava che questo evento inaudito avrebbe cambiato alla radice l’esistenza degli uomini sulla terra. «Dove ci muoviamo ora? – scriveva – Non è il nostro un continuo precipitare? […] Esistono ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando attraverso un infinito nulla?». E Kirilov, il personaggio dei Demoni, le cui parole Nietzsche aveva attentamente meditato, pensava la morte di Dio con lo stesso pathos accorato e ne aveva tratto come necessaria conseguenza l’emancipazione di una volontà senza più limiti e, insieme, il non senso e il suicidio: «Se Dio c’è, io sono Dio… Se Dio c’è, tutta la volontà è sua e io non posso sottrarmi alla sua volontà. Se Dio non c’è, tutta la volontà è mia e sono costretto ad affermare il mio libero arbitrio… Sono obbligato a spararmi, perché l’espressione più piena del mio libero arbitrio è uccidere me stesso».

È un fatto sul quale non ci si dovrebbe stancare di riflettere che un secolo e mezzo dopo questo pathos sembra ora completamente sparito. Gli uomini sono placidamente sopravvissuti alla morte di Dio e continuano a vivere senza far storie, per così dire come se niente fosse.

Print Friendly, PDF & Email

osservatoriointernazionale per i diritti.png

Al Jazeera racconta la storia del 7 ottobre che i media occidentali non raccontano

di Peter Oborne

Un nuovo documentario rivela come il mainstream giornalistico si sia fatto megafono di accuse false e provocatorie

Persuasivo. Sobrio. Perspicace. Scrupoloso. L'unità investigativa di Al Jazeera ha prodotto un filmato che racconta quanto realmente accaduto il 7 ottobre.

Questo autorevole documentario non esita a descrivere nel dettaglio le atrocità e i crimini di guerra commessi da Hamas. Ma dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che molti dei resoconti spaventosi riferiti da fonti israeliane sono falsi.

Quelle storie fortemente provocatorie, che riguardassero accuse di stupro di massa o decapitazione e rogo di bambini, non erano supportate da prove o erano semplici bugie. Eppure, hanno preparato la strada alla ferocia omicida del successivo attacco israeliano a Gaza, che è stato ritenuto dalla Corte Internazionale di Giustizia un plausibile genocidio.

Al Jazeera analizza scrupolosamente come questi resoconti siano diventati di pubblico dominio. Ciò comporta che si approfondisca il ruolo della Zaka, l'unità israeliana di soccorso nelle emergenze, composta da paramedici addestrati che intervengono nei casi di atti terroristi e di omicidi.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Truppe UE-Nato in Ucraina? La Russia chiarisce le opzioni che si aprono

di Marinella Mondaini

Nell’ambito della Nato si svolgono discussioni sul possibile invio di contingenti militari in Ucraina. L’inaspettata dichiarazione di Emmanuel Macron che ha aperto tale scenario, ha provocato una dura reazione da parte della Russia, ma anche una reazione contrastante da parte dei membri dell’alleanza Nato. In seguito, il ministro degli Esteri ucraino, Dmitrij Kuleba ha tentato di giustificare Macron, dicendo che il presidente francese quando parlava di mandare i soldati francesi in Ucraina, intendeva gli istruttori francesi per addestrare i soldati ucraini secondo gli standard Nato, mentre nel governo francese hanno ventilato l’ipotesi che le truppe militari francesi potrebbero partecipare “senza varcare la soglia della guerra”, cioè svolgere compiti come lo sminamento, l’addestramento dei soldati ucraini o la lotta alle minacce alla sicurezza informatica.

Tuttavia, in Russia prendono molto sul serio le dichiarazioni bellicistiche di Macron sull’invio di truppe francesi a combattere contro la Russia, perché “non bisogna permettere che la Russia vinca”, la sconfitta della Russia sembra essere lo scopo esistenziale, perciò è indispensabile mandare le legioni francesi sul Mar Nero perché per la Nato esso è un punto chiave.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Perché ha vinto Putin

di Pino Arlacchi

Putin ha di nuovo vinto le elezioni, e il suo successo sembra essere un enigma per molti commentatori. Ho conosciuto e visitato più volte la Russia postcomunista, quella degli anni Novanta.

La Russia di Eltsin: uno Stato in agonia i cui massimi architetti e beneficiari sono stati i governi occidentali associati agli oligarchi stile Khodorkovsky e Berezovsky.

Uno Stato in eutanasia, amorevolmente assistito dalla finanza occidentale, che aveva colto l’occasione della caduta del comunismo per costruirci sopra una montagna di soldi. Sono state le banche europee e americane che hanno ricettato i danari degli oligarchi contribuendo a portare un grande Paese sull’orlo del fallimento.

L’élite criminale più vicina agli oligarchi amici di Eltsin era quella dei boss di Cosa Nostra. Stessa ferocia, stessa protervia politica mascherata, nei russi, da un grado di ricchezza, istruzione e status sociale di gran lunga superiori. Gli ex caprai di Corleone non hanno mai neanche sognato i livelli di opulenza e sofisticazione dei magnati criminali russi.

Print Friendly, PDF & Email

comedonchisciotte.org

E’ nata l’Europa di Brzezinski

di Fabrizio Bertolami

L'assetto prospettato dall'incontro di Macron, Scholz e Tusk era già uno dei punti centrale della strategia enunciata da Zbignew Brzezinski nel suo celebre saggio "La Grande Scacchiera" del 1997 in cui affermava che l'Ucraina dovesse aderire alla NATO e all’EU, disegnando così uno scenario geopolitico totalmente nuovo, diverso sia da quello "Mediterraneo" (Francia, Germania, Italia) sia da quello “Carolingio” (Francia, Germania, Benelux) in cui Francia, Germania, Polonia e Ucraina costituiscono un blocco capace di integrare le tre nazioni più popolose del continente e contemporaneamente in grado di incunearsi sino ai confini della Russia.

* * * *

Il 15 marzo a Berlino, durante un incontro a tre, il Presidente francese Macron, il Cancelliere tedesco Scholz e il neoleletto primo ministro polacco Tusk hanno siglato un accordo per fornire un supporto congiunto in termini di armamenti all’Ucraina.

“Utilizzeremo i profitti derivanti dai beni russi congelati in Europa per sostenere finanziariamente l’acquisto di armi per l’Ucraina”, ha detto Scholz elencando gli sforzi dell’Unione Europea per aumentare il sostegno a Kiev.

Print Friendly, PDF & Email

mondocane

Mosca: modello 11 settembre

di Fulvio Grimaldi

E’ relativamente indifferente se il terrorismo colpisce New York, “il Mondo Libero”, o la Russia, il “capofila delle autocrazie”. L’effetto deve riversarsi sulle popolazioni occidentali, da mobilitare verso l’accettazione degli sviluppi previsti dalle fasi finali della guerra contro l’umanità. Risultati programmati:

1°) Ulteriore stretta repressiva verso la sorveglianza capillare e totale, fatta passare per “sicurezza”, e ulteriore accelerazione verso l’ordine mondiale totalitario, priorità da cui tutte le resistenze, opposizioni, divergenze sono annichilite in virtù della preservazione della vita (vedi vaccino);

2°) Ritorno a Lepanto. Rilancio dello scontro di civiltà con l’Islam che, in attesa della resa dei conti finale con l’Eurasia, consente l’esasperazione della mobilitazione psicologica delle masse in Occidente e della conseguente militarizzazione mirata all’ esplosione di conflitti in aree idonee (Iran, Kosovo, Bosnia, repubbliche asiatiche, Africa) a garanzia della preminenza dell’apparato industrialmilitare e dei suoi profitti;

Print Friendly, PDF & Email

quodlibet

Etica, politica e commedia

di Giorgio Agamben

Occorre riflettere sulla singolare circostanza che le due massime che hanno cercato di definire con maggiore acutezza lo statuto etico e politico dell’umano nella modernità provengono dalla commedia. Homo homini lupus – cardine della politica occidentale – è in Plauto (Asinaria, v.495, dove mette scherzosamente in guardia contro chi non conosce chi sia l’altro uomo ) e homo sum, humani nihil a me alienum puto, forse la più felice formulazione del fondamento di ogni etica, si legge in Terenzio (Heautontim., v.77). Non meno sorprendente è che la definizione del principio del diritto «dare a ciascuno il suo» (suum cuique tribuere) sia stata dagli antichi percepita come la definizione più propria di ciò che è in questione nella commedia: una glossa a Terenzio lo enuncia senza riserve: comico è per eccellenza assignare unicuique personae quod proprium est. Se si assegna a ciascun uomo il carattere che lo definisce, egli diventa ridicolo. O, più in generale, ogni tentativo di definire ciò che è umano sfocia necessariamente in una commedia. È quanto mostra la caricatura, in cui il gesto di cogliere a ogni costo l’umanità di ciascun individuo si trasforma secondo ogni evidenza in una beffa, fa propriamente ridere.

Print Friendly, PDF & Email

comidad

Trump, un mito confezionato dai neocon

di comidad

Mai fidarsi di quegli esseri orribili che sono i “putiniani”, infatti te li ritrovi sempre a sostenere la NATO e le sue guerre; come è successo alla principessa e decana dei putiniani europei, la “sovranista” Marine Le Pen. La putiniana non solo si è astenuta in parlamento per non ostacolare l’ennesimo invio di armi di Macron a Kiev, ma ha persino avallato la fiaba/spot sull’eroico popolo ucraino che avrebbe fermato la Russia. In realtà le tre linee difensive le ha costruite la Russia e non l’Ucraina, ed è Kiev, insieme con la NATO e l’UE, a dichiarare che l’obbiettivo non è “fermare Putin”, bensì riconquistare i territori perduti; territori peraltro popolati da civili russofoni che vengono bombardati dall’esercito ucraino.

Qualcuno potrebbe pensare che Marine Le Pen si sia “melonizzata”, mentre invece le sue prese per i fondelli sono sempre state evidenti; come quando proponeva di far uscire la Francia non dalla NATO ma solo dal suo comando, per segnalare così la propria indipendenza. Oltre a produrre queste barzellette, Marine Le Pen è sempre stata una sostenitrice acritica delle spese militari, senza mai fare domande sul modello di difesa per cui sarebbero dovute servire; perciò si lasciava campo libero agli affari delle lobby delle armi.

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

Il terrorismo e la guerra contro la Russia

di Fabrizio Poggi

Alcune semplicissime osservazioni a proposito dell’attentato di Mosca, anche “terra-terra” si può dire, mutuate da varie “fonti”.

Le sanzioni euroatlantiche contro la Russia hanno dimostrato di non avere particolari effetti sull’economia russa, mentre ne hanno di sempre più manifesti su quelle “europeiste”.

Anche i miliardi di dollari e di euro sottratti alla spesa pubblica e gettati nel calderone del complesso militare-industriale occidentale per rimpinguare di armi i nazigolpisti di Kiev, dimostrano di non raggiungere l’effetto proclamato.

Non funziona nemmeno la chiamata urbi et orbi a “stringersi attorno all’Ucraina”: le masse popolari e i lavoratori occidentali non intendono più pagare il “sostegno all’Ucraina aggredita” con il precipitare dei propri livelli di lavoro e di vita.

Tanto più che anche la famosa “controffensiva di primavera” del 2023, a suo tempo presentata come moderna Vergeltungwaffe in veste banderista, si è risolta in una disfatta dietro l’altra per le truppe ucraine, rinsanguate con giovani e anziani accalappiati per le strade, privi di ogni motivazione e anzi assolutamente contrari a morire per gli interessi delle cricche euroamericane e delle élite oligarco-naziste di Kiev.

Print Friendly, PDF & Email

altrenotizie

Russia, il dito punta verso Kiev

di Fabrizio Casari

La paternità dell’assalto terroristico a Mosca è ancora da assegnare. Il presidente Putin si è rivolto alla nazione (e all’Occidente) assicurando che la Russia saprà scoprire e punire i responsabili senza nessun riguardo. L’attentato appare a tutti gli effetti una risposta destabilizzatrice alla vittoria politica delle elezioni della settimana scorsa, e proprio per questo mette nel mirino i peggiori nemici di Mosca, com’è ovvio che sia.

Gli Stati Uniti sono gli unici che sin dal primo momento successivo all’attentato si sono detti certi della responsabilità dell’Isis ma davvero non si capisce sulla base di quali certezze.

Mosca però ha proceduto a 14 arresti - dei quali 4 autori diretti dell’azione terroristica - che non sembrano confortare la tesi statunitense. Uno, di nazionalità tagika, avrebbe già iniziato a confessare ammettendo di essere stato reclutato con denaro per compiere il massacro e avrebbero riferito di reclutamento, importi ricevuti e modalità operative simili, confermando come si ignorassero gli uni con gli altri. I racconti degli arrestati che vengono fatti filtrare dal Cremlino, e che indicano in mercenari sconosciuti tra loro gli autori, confermerebbero quindi l’inconsistenza della pista Isis.

Print Friendly, PDF & Email

studiarebene.png

Cinque ipotesi sull’attentato più annunciato di sempre

di Sergio Mauri

L’ISIS dato per morto, ma ogni tanto alla bisogna redivivo, sembra sia (stato fatto tornare) in servizio alla grande. Un intervento tale, quello dell’ISIS, ex post, che veramente giustifica la mia affermazione, cioè quello “stato fatto tornare”.

Certamente, l’ISIS non è un’organizzazione antioccidentale, anzi, tanto è vero che non sembra aver colpito interessi statunitensi e israeliani, anche se farla passare per un grande affare degli Stati Uniti è un po’ troppo. Un ISIS composto da ceceni separatisti, da tagiki? Per ora non è dato sapere.

Tuttavia, appena poco più che 15 giorni fa l’ambasciata statunitense a Mosca aveva annunciato esserci il rischio di un attentato in un luogo affollato, seguita poi dall’ineffabile Regno Unito. Delle due l’ una: o l’attentato lo hai organizzato tu e quindi sai quello che deve succedere, oppure sei in contatto con chi lo ha organizzato. In entrambi i casi, la tua posizione non è “buona”.

Ora; cui prodest? Azzardo una serie di ipotesi del tutto personali:

1) una provocazione occidentale per far rispondere brutalmente i russi e quindi intervenire (gli occidentali) in Ucraina;

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

Gli antisemiti al governo di Tel AViv

di Dante Barontini

Nel linguaggio ordinario si è soliti chiamarla “eterogenesi dei fini”, indicando le conseguenze inattese o sorprendenti di comportamenti considerati logici in senso lineare.

Il pensiero dialettico, che cerca invece di rispettare e riflettere il movimento della realtà, è più pronto a riconoscervi il classico rovesciamento della “tesi” in “antitesi”. Che non è una “magia” astratta, ma una necessità del reale.

Scendiamo subito sul piano politico concreto, anche se occupandoci comunque di “concetti” che nella narrazione dominante sembravano saldi come la roccia pur essendo prodotti di un’operazione tanto furbesca quanto criminale.

Parliamo dell’identificazione assoluta tra “antisionismo, antigiudaismo e antisemitismo”, ovvero della pratica politica e comunicativa per cui si mette all’indice ogni critica all’operato dello Stato di Israele qualificandola come “antisemitismo”, “odio razziale verso gli ebrei” e amenità varie.

Coloro che hanno pensato, praticato e imposto questa ferrea identificazione tra concetti e soggetti diversi (un ebreo può non essere sionista; al ceppo semita appartengono anche tutti gli arabi, i siriaci, ecc; Israele è uno Stato come tutti gli altri, senza alcuna “eccezionalità” di origine divina, ecc) aveva immaginato un “meccanismo perfetto”.

Print Friendly, PDF & Email

altrenotizie

Russia, il trionfo di Putin

di Fabrizio Casari

Con una debordante vittoria elettorale di Vladimir Putin, si è conclusa la consultazione elettorale russa. Le operazioni di voto sono durate tre giorni, necessari per coprire il Paese più grande del mondo: un territorio immenso di oltre 17 milioni di chilometri quadrati, 11 fusi orari diversi e 112 milioni di elettori su 146 milioni di abitanti. Il dato che balza immediatamente all’attenzione è quello relativo alla partecipazione: un record storico, con il 77% degli elettori che ha votato, mentre in Occidente, mediamente, non si arriva al 50%. Dopo l’annunciato crollo dell’economia e la certa sconfitta militare in Ucraina, l’elenco dei desideri frustrati dell’Occidente si allarga.

La partecipazione al voto era infatti uno dei test che il mainstream atlantista e russofobo assegnava alla credibilità e affidabilità del processo elettorale e la sua percentuale ha dimostrato come i russi non siano affatto intimiditi dalle campagne mediatiche occidentali, che nell’intento di scoraggiare la partecipazione avevano annunciato possibili attentati, disordini ai seggi, proteste eclatanti contro Putin. Il fallimento delle ipotizzate proteste ha dimostrato anche come l’apparato spionistico occidentale abbia le unghie spuntate, che viva una crisi nella sua campagna di reclutamento.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Lotta di classe e speculazione immobiliare: le differenze tra Cina e occidente

di Leonardo Sinigaglia

“La lotta di classe è finita e l’hanno vinta i ricchi”: una frase che spesso ritorna in Occidente e che può corrispondere effettivamente alla realtà nell’immaginario collettivo di una parte di mondo in cui le crescenti diseguaglianze si sommano all’incontrastato monopolio della grande borghesia sul potere politico, sui media, sulla vita culturale e sulla produzione ideologica. In quanto base dello sviluppo sociale, la lotta di classe è inesauribile, almeno sino al limite teorico del superamento dei suoi presupposti, ossia la stessa divisione in classi. Essa caratterizza ogni sistema classista, quindi anche, ovviamente, quello capitalista, sia che nella contraddizione tra classe lavoratrice e borghesia la prima rappresenti l’aspetto principale, sia che questa posizione sia occupata dalla seconda. Ma ciò è vero anche per il socialismo, anch’esso sistema classista, dove però il rapporto tra borghesia e classe lavoratrice risulta invertito, con il potere politico conquistato da quest’ultima e assicurato dall’esercizio della dittatura del proletariato, con il controllo delle principali leve economiche e sociali.

“La lotta di classe esiste oggettivamente nella società socialista. Non va né sottovalutata né esagerata[1]: al mutare delle condizioni non viene meno l’esistenza della lotta, ma le sue forme.

Print Friendly, PDF & Email

roars

Da termometro a valutazione individuale: la resistibile ascesa dei test INVALSI

Redazione ROARS

Un vecchio adagio recitava che i test INVALSI servissero per migliorare il sistema di istruzione, che fossero anonimi e che non valutassero né il singolo studente, né l’insegnante. Si trattava di un semplice termometro: uno strumento che segnalava i punti di forza e i punti di debolezza della scuola italiana. Non bisognava demonizzare un termometro: ogni strumento, si sa, non è né buono né cattivo in sé. Dipende dall’uso che se ne fa. Questo racconto non ci aveva mai convinto. Origini e scopi dei test erano stati ben delineati dal trio Checchi-Ichino-Vittadini nel 2008 in un documento per l’allora ministra Gelmini: i test sarebbero dovuti progressivamente diventare lo strumento di regolazione dell’insegnamento e della popolazione studentesca. Da termometro di stato a certificazione algoritmica individuale, è stato un attimo. Una prevedibile e resistibile ascesa, quella dei test Invalsi: realizzatasi con sostegno politico e mediatico trasversale e irriducibile, nell’assenza di voci critiche radicali. Bene constatare che oggi, quando i buoi sono scappati dalle stalle, si levino petizioni e preoccupazioni diffuse. Noi sosterremo queste posizioni, benché tardive, perché continuiamo a credere che ogni costruzione umana e ogni fede, perfino quella nei test Invalsi, siano in realtà fatti profondamente politici, e quindi modificabili.

Print Friendly, PDF & Email

doppiozero

Antigone: Mito - Letteratura 1 a 0

di Annalisa Ambrosio

Sulla copertina dell’ultimo libro di Eva Cantarella per Einaudi troneggia un enorme titolo provocatorio: Contro Antigone, accompagnato da un sottotitolo importante e minuscolo: O dell’egoismo sociale. Ora, in un certo senso, il fatto che il titolo sia provocatorio è proprio l’oggetto del saggio in questione, perché l’autrice ci mostra per 104 pagine quanto sia forte e radicato il mito di Antigone, quanto questa eroina abbia guadagnato un posto d’onore nel sentire comune fino a divenire intoccabile. Non solo.

Cantarella cerca di capire che cosa ne sia stato di Antigone e della sua storia sofoclea, manipolata e piegata dalle generazioni di umani che si sono susseguite nel mondo. Quindi, nonostante questo sia l’ennesimo libro su Antigone, non è l’ennesimo libro su Antigone, di fatto è l’unico che non ne dipinga l’agiografia: ecco la promessa. E la promessa, in effetti, è mantenuta.

La ragione che ha spinto Eva Cantarella a prendere le parti di Creonte è antica e sentimentale: già quando si trovava sui banchi di scuola a leggere la tragedia di Sofocle, racconta, le stava stretta la versione dei fatti secondo la quale Antigone sarebbe una santa e Creonte il suo persecutore. Dopo una vita, le cose stanno ancora così, con la differenza che Cantarella non è più una tra le tante studentesse adolescenti del liceo Beccaria di Milano, ma una delle più note e riconosciute studiose di grecità in Italia, e allora un prestigioso editore le commissiona questo libro in cui finalmente può tentare di riabilitare pubblicamente Creonte.

Print Friendly, PDF & Email

piccolenote

Mosca: la strage al Crocus e le ambiguità dell'Occidente

di Piccole Note

L'attentato contro Putin. Per una volta alcuni attentatori sono stati catturati. Le troppe ambiguità Usa nella "lotta al terrore"

Mentre sale la conta dei morti dell’attentato al Crocus City Hall di Mosca e si attende un intervento di Putin, qualche riflessione. La strage avrebbe dovuto essere perpetrata prima delle elezioni presidenziali, tale la tempistica dettata dalla nota dell’ambasciata statunitense a Mosca che allarmava, il 7 marzo, di un attentato a Mosca “entro le prossime 48 ore“.

Qualcosa è andato storto, probabilmente una intensificazione dei controlli; e la cellula terroristica si è messa in sonno in attesa di tempi più adatti. E ieri ha colpito.

Vergognoso (o forse no, dal momento che è una dinamica usuale di questi due anni) che le autorità ucraine in un primo momento abbiano accusato Mosca dell’accaduto. La ragione? Una scusa per intensificare le operazioni di guerra in Ucraina.

 

Crocus: l’attentato contro Putin

Nel riportare le accuse di Kiev contro Mosca, Strana – poco dopo l’attentato e prima dell’asserita rivendicazione dell’Isis – commentava: “La domanda principale è: Putin aveva effettivamente intenzione di annunciare la mobilitazione e un’eventuale escalation, un ‘ultimatum nucleare’ all’Ucraina o all’Occidente, ecc.?”.

Print Friendly, PDF & Email

mondocane

25° dell’aggressione NATO --- IN SERBIA L’EUROPA SI SUICIDA --- Nasce la Sinistra Nato

di Fulvio Grimaldi

Byoblu-Mondocane da Belgrado – Fulvio Grimaldi al Convegno Internazionale, 21-24 marzo 2024, nel 25° anniversario dell’aggressione Nato. In onda domenica 21.30. Repliche, salvo imprevisti, lunedì 09.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00.

Quelle che vedete qui sopra sono le copertine di documentari che ho realizzato in Serbia nel corso dell’aggressione Nato del 1999 ed eventi successivi. Scusate se stavolta parto da una vicenda personale. Credo lo giustifichi il suo carattere emblematico per quanto riguarda il passaggio della stampa dall’informazione, nei paesi sedicenti democratici, alla propaganda di servizio all’Impero. Una transizione che ha coinvolto ciò che si dichiarava di sinistra, con conseguenze di cui stiamo vedendo gli esiti, tra il catastrofico e il criminale, nel tempo dello scatenamento bellico dell’Occidente politico.

Ci sono due eventi nella mia vita e professione che mi paiono investiti di valore paradigmatico, per quanto capitati a un semplicissimo cronista di strada.

Bloody Sunday, la Domenica di sangue di Derry, Irlanda del Nord, quando accadde che fossi l’unico giornalista internazionale in presenza a documentare la strage di 14 inermi manifestanti per mano dei parà britannici; e una riunione di redazione al TG3, la mattina del 25 marzo 1999, dopo la notte in cui la NATO aveva iniziato l’attacco alla Serbia che avrebbe visto 78 giorni di bombardamenti a tappeto, anche all’uranio impoverito. Genocidio non è un concetto che nasce a Gaza.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Per il voto in Russia, Mosca ringrazia l’Occidente e i golpisti di Kiev

di Fabrizio Poggi

«Il potere è rimasto fermo e il popolo fedele», così che l’attacco non poteva che fallire. Diremo più avanti di chi fossero queste parole e a cosa si riferissero.

Intanto, constatiamo il risultato del 87,28% dei voti per Vladimir Putin alle presidenziali russe del 15-17 marzo e l’affluenza record alle urne del 77,44% degli aventi diritto, pari a oltre 87 milioni, sui 112 milioni di elettori certificati lo scorso febbraio dalla Commissione elettorale russa.

Di fronte a queste cifre, è più comprensibile lo stupore dei liberal-reazionari euroatlantici, avvezzi a sproloquiare sul cielo plumbeo, all’indomani di ogni tornata elettorale di casa propria, pur di non spiegare il perché del fatto che la maggior parte delle accozzaglie elettoralistiche in giacca e cravatta riesca a mietere un successo dopo l’altro nella corsa a far allontanare le persone dai seggi.

Ancora più ”naturali” le reazioni degli intellettualoni clerico-liberali, dediti a sponsorizzare “dissidenti” (par di sentire i due canali RAI dell’epoca dei “martiri della fede” Sinjavskij e Daniel) antiputiniani e gli “oppositori democratici” in esilio volontario, tutti riuniti (cioè: quella mezza dozzina di soci d’affari) nel fantomatico “Mezzogiorno contro Putin”: gli uni e gli altri, cioè sponsor quartapellian-picierniani, e sponsorizzati della “opposizione a Putin”, impettiti a mugolare sulle «elezioni ingiuste e non libere».

Print Friendly, PDF & Email

guerredirete.png

In tempi di AI, ogni contenuto informativo è re

di Carola Frediani

 

Qualche giorno fa, commentando l’esplosione dell’intelligenza artificiale generativa (in particolare l’arrivo di Sora, il modello text-to-video di OpenAI) e riportando alcune riflessioni di ricercatori e giornalisti che lavorano con internet e le fonti aperte su come affrontare l’ondata di testi, foto, video sintetici, avevo proposto di rovesciare il paradigma. Invece di preoccuparci solo e tanto di tracciare la filiera dell’AI, pensare semmai di tracciare quella delle informazioni autentiche / verificate / contestualizzate.

 

Costituire una filiera dell’informazione

“Bisogna investire nel verificare e contestualizzare tutto quello che viene immesso in circolo dai media o da chiunque voglia fare informazione”, scrivevo nella newsletter Guerre di Rete. “Ricostruire e mettere a disposizione tutta la filiera non solo dell’AI, ma dei contenuti autentici. Permettere a tutti di risalire la corrente del flusso informativo a ritroso. I lettori come salmoni, esatto. Ogni artefatto informativo per quanto minuscolo non dovrebbe essere una monade slegata dal resto, ma dovrebbe avere una serie di connessioni che permettano di capire da dove arriva, che percorso ha fatto, assieme a chi o cosa altro stava, come è mutato, come è stato tagliato o modificato”.