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corto circuito

Piketty - l’agente Smith del capitale che non ha letto “Il Capitale”

Un libro così (Il Capitale nel XXI secolo, di Thomas Piketty uscito oggi in italiano) non meriterebbe certo una recensione, e forse nemmeno un commento: se si dovessero commentare tutte le esternazioni demenziale dei “luminari” della classe dominante non ci basterebbe tutta una vita. Questo libro però, vuoi perché nel titolo vorrebbe rievocare l’opera di Marx per poi falsificarla, o fosse altro perché si sta attirando un po’ di riflettori e quindi merita più di altri di essere decostruito, secondo noi merita un’occhiata più attenta (ma niente di più). Il “Corriere” ci fa addirittura un articolo, citando l’introduzione: basta commentarne poche righe per mettere in ridicolo questo ciarlatano della classe dominante.

“La crescita moderna e la diffusione delle conoscenze hanno permesso di evitare l’apocalisse marxista, ma non hanno modificato le strutture profonde del capitale e delle disuguaglianze, o non nella misura in cui si è immaginato potessero farlo nei decenni di ottimismo del secondodopoguerra. Quando il tasso di rendimento del capitale supera regolarmente il tasso di crescita del prodotto e del reddito — come accadde fino al XIX secolo e come rischia di accadere di nuovo nel XXI — il capitalismo produce automaticamente disuguaglianze insostenibili, arbitrarie, che rimettono in questione dalle fondamenta i valori meritocratici sui quali si reggono le nostre società democratiche.”

Quale apocalisse? Il rischio che “vincesse” l’Unione Sovietica? C’è ancora qualcuno che crede alla guerra fredda tra i due blocchi e non ha capito che l’unico scopo di Yalta fu quello di spartirsi le sfere di influenza tra gli imperialismi vincitori (tra cui quello americano, quello russo, ecc…) e immobilizzare il più possibile la Germania? O forse si riferisce al rischio di una rivoluzione internazionale dopo il 1917? Se Engels sosteneva che l’alternativa al socialismo sarebbe stata la barbarie, non vediamo proprio che cosa si sia riusciti ad evitare! Se mai, proprio perché l’Ottobre ha fallito nel suo tentativo di innescare una rivoluzione su più larga scala, siamo sprofondati nella barbarie (in caso Piketty avesse dei dubbi può farsi quattro chiacchiere con i genitori di chi è stato sgozzato in diretta web dall’Isis). Per Piketty due guerre mondiali nell’arco di 50 anni, e altri 50 anni di successivo “dopo guerra” che hanno prodotto gli stessi orrori delle due guerre precedenti, rappresnetano la “crescita”.

Il termine apocalisse, infine, suggerisce una terza interpretazione: quella che vorrebbe identificare la concezione della storia di Marx ed Engels con una sorta di messianismo ateo (B. Russell, K. Lowith e soci…). I fondatori del comunismo scientifico, invece, si limitarono semplicemente a studiare le tendenze dello sviluppo capitalistico: tendenze che, in barba a Piketty, si stanno manifestando, specie dal 2008 ad oggi, in tutta la loro (… “apocalittica”?…) evidenza. Continuiamo; il capitalismo produrrebbe “disuguaglianze insostenibili”.. beh a noi ne viene in mente subito una: quella tra chi detiene i mezzi di produzione e chi deve affittare la propria forza-lavoro in cambio di un salario! Come si possono avere “valori meritocratici” in una società basata su un furto di tempo? Cosa c’è di meritocratico nell’aver espropriato i lavoratori dei loro mezzi di produzione, mettendoli in una condizione di ovvia ricattabilità, e pagari una minima parte della loro giornata lavorativa?

Questo è il “Capitale” del XXI secolo: è il palesarsi delle tendenze che Marx ha scoperto alla fine dell’ottocento. Sono l’esplosione della legge del valore, il ricorso incessante alla finanza come controtendenza della caduta tendenziale del saggio di profitto, la conseguente creazione di strumenti finanziari tra il surreale e il delirante che hanno provocato i recenti sconquassi economici e politici.

Piketty, sveglia: il “Capitale” è, anche, quel sistema di privilegi che consente a chi non capisce assolutamente niente come te di guidare uno dei più grandi centri di << “ricerca” >> in Europa (l’EHESS). “Tuttavia, esistono strumenti in grado di far sì che la democrazia e l’interesse generale riprendano il controllo del capitalismo. […] La democrazia deve riprendere il controllo sul capitale”. Nessun interesse è più, ormai (da un pezzo), generale: dalla prima divisione in classe l’interesse è, ovviamente, un interesse di classe. Perché trionfi l’interesse generale, quindi dell’umanità come specie, ci deve essere un cambiamento radicale dopo il quale non sarà più necessario usare l’aggettivo “generale”, perché non ci sarà più la divisione in classi. E non sarà certo la democrazia a portare/permettere/veicolare questo cambiamento: la democrazia è semplicemente il miglior involucro del capitalismo essendo il parlamento il comitato d’affari della borghesia. Come può un involucro, una forma politica, prendere il controllo sul suo indomabile contenuto economico? Il capitale, soprattutto nel XXI secolo, caro Piketty, ha solo un’unica regola: che non ci sono regole, e che bisogna massimizzare il profitto. Se hai dei dubbi, vieni nel bel Paese e fatti un mese da Eataly, sponsor del Partito…Democratico!

Nessuna democrazia può governare ciò che è semplicemente ingovernabile.

Leggere queste boiate criminali rivestite da “scienza” economica (borghese) in salsa (perfino!) moralisteggiante non è apriori sconsigliabile, ma ci sembra quantomeno necessario denunciare la pochezza teorica di questo saggio, e il rischio, politico, di illudersi circa una qualche applicazione delle sgangherate ricette di Piketty.

Lungi dall’essere un “Marx 2.0”, come lo ha definito “The Economist”, il Nostro non ha probabilmente capito la portata nemmeno del Marx 1.0. Le tendenze studiate dal rivoluzionario di Treviri si sono manifestate, e si manifestano tutt’ora nel mondo che viviamo. Il “Marx 2.0” non sarà mai una persona fisica, il Marx 2.0 sono le stesse tendenze reali e immanenti della società in cui viviamo: perfino il cinema, infatti, con Inside Job, Capitalism, Debtocrazy, riesce a fornirci un affresco delle principali contraddizioni della nostra epoca. Nonostante la situazione sia di una chiarezza ormai cristallina, il rigurgito ideologico dell’ideologia dominante riesce comunque a produrre testi come quelli di Piketty.

La sola utilità di un libro come questo è di motivarci una volta di più a diffondere l’unica analisi scientifica del capitalismo: il marxismo. Le tendenze che troviamo studiate ne “Il Capitale” sono ormai evidenti, l’unica cosa da fare è usare dati ed esempi reperibili anche semplicemente nella nostra vita quotidiana per sottolineare ciò che è sotto gli occhi di tutti: questo modo di produzione è ormai putresciente, sta portando l’umanità ad una pericolosa inversione ad “U”, lontana dal suo stesso senso di sopravvivenza. Si tratta di un modo di produzione che è storicamente e socialmente superato, ma che mantiene il pericoloso potere economico e politico. La dis-umana ricetta di Piketty è di “riformarlo” per continuare a estrarre plusvalore, l’unica “ricetta” possibile è abolirlo per liberare l’umanità dalle sue catene.

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