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La cessione di sovranità

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Mai come in questi giorni l’ormai inflazionata espressione “cessione di sovranità” assume tutto il suo rilievo. Da mesi il governo discute della legge di bilancio, l’ex legge finanziaria, tramite la quale impostare la previsione economica del prossimo anno. La legge che determina dove reperire risorse economiche e come allocarle, quante e quali tasse pagare, il livello dei finanziamenti alla pubblica amministrazione e alle imprese statali e così via. Insomma l’atto che determina la natura politica di un governo. A seconda di come verranno redistribuite le risorse, dove verranno reperiti i fondi, come e quanto verranno finanziate le attività pubbliche, si specifica la differenza qualitativa fra le varie formazioni politiche. Questo processo politico è però terminato nel momento in cui i governi nazionali hanno devoluto alle istituzioni tecnico-economiche della UE le decisioni in merito a come impostare le varie leggi di bilancio degli Stati. In queste ore la Commissione Europea sta valutando la nostra legge di bilancio. Se convincerà i commissari, questa potrà essere approvata poi dal Parlamento. Se invece non dovesse convincere, la legge dovrà essere riscritta da capo. Per di più, se dovesse piacere alla Commissione, questa non potrà più essere cambiata dal Parlamento, che dovrà approvarla così com’è, e semmai litigarsi le briciole economiche, purché il tutto avvenga a saldi invariati.

Se questo è lo scenario in cui siamo immersi, cosa distingue un governo di “sinistra” da uno di “destra” se nei fatti l’atto fondamentale in base al quale si dividono politicamente i governi è deciso non dal governo medesimo, e neanche dal Parlamento, ma da un organo apparentemente a-politico, non scelto da nessuno, non ammantato neanche dalla formalità di un processo elettorale? In base a quale razionalità politica dovrebbe essere Katainen o Dombrovski, Moscovici o Junker, a dove sentenziare sulle scelte di un governo nazionale? Eppure oggi è così: nonostante tutti gli strepiti renziani o i controcanti berlusconiani o della famigerata “minoranzaPD”, nessuno ha il potere di incidere politicamente sulle scelte determinanti, perché tutti insieme – tutte le forze politiche che oggi fanno finta di litigare in Parlamento – hanno devoluto i poteri dello stesso ad istituzioni sovranazionali non eleggibili. Paradossalmente allora fa bene SeL: abbandonare ogni velleità politica di incidere sulla realtà, provando a scatenare guerre mediatiche sui matrimoni gay o l’utero in affitto. Ormai l’unico margine d’autonomia della politica è quello di decidere sui diritti sessuali della persona. Forse siamo noi quelli fuori dalla storia.

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