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ilsimplicissimus

Ode ai falsari di Napoli

di ilsimplicissimus

Evviva. Se c’è qualcuno che in questo Paese fa qualcosa di economicamente coerente sono proprio i falsari di Napoli che invadono il mercato di euro contraffatti. Infatti sono gli unici che fanno ciò che si dovrebbe fare, ma che purtroppo è impossibile fare all’interno dell’eurozona, vale a dire usare la leva monetaria per stimolare la crescita: e lo fanno concretamente a forza di piccoli e medi tagli che – se sottratti all’asfittico sistema criminale – avrebbero un effetto più benefico rispetto ai 300 miliardi di pura fantasia spacciati da Juncker e sniffati dai media di regime che ormai si accontentano di merce scadente e tagliata male. Di pessimi stupefacenti.

Ora la cosa potrà sembrare assurdo, ma non lo è affatto perché i falsari non agiscono diversamente dalle banche: creano denaro dal nulla. La credenza popolare secondo cui la banca quando presta denaro si serve di quello depositato dai correntisti, è priva di senso e non lo dico io, ma la banca d’Inghilterra: “In pratica la creazione di denaro differisce da vari malintesi popolari: le banche non agiscono solo da intermediari, dando in prestito i depositi effettuati presso di loro… Ogni volta che una banca fa un prestito, crea allo stesso tempo un corrispondente deposito sul conto del mutuatario, creando in tal modo nuovo denaro.”

Si può interpretare il meccanismo in vari modi, ma di fatto quando accendete un mutuo la banca vi fornisce unicamente un certificato di credito che solo in percentuale minima è coperto dai depositi. Il resto, il 99% o spesso anche di più, è una pura ipotesi che sarete voi, con il lavoro a rendere eventualmente effettivo. E non basta, perché il vostro mutuo, specie se vi sono dubbi di esigibilità, verrà immesso nel beato mondo delle scommesse finanziarie,creando nuovo e ulteriore denaro dal nulla. Quindi  la banca per farvi credito spende pochi euro in carta e in tempi di lavoro, mentre almeno i falsari sono costretti a investimenti  molto più corposi in termini di progettazione, disegno, stampa e organizzazione distributiva. Insomma creano più lavoro.

Dalla fine della parità aurea in effetti è ben difficile capire quale sia la sostanza del reato: prima, quando ogni banconota o moneta, aveva un corrispondente valore in oro, stampare soldi falsi significava immettere denaro senza copertura e dunque fasullo. Oggi di certo non è più così e in realtà il reato consiste solo nel non avere l’autorizzazione ufficiale ad immettere carta moneta, perché in una certa misura tutto il denaro è falso, è un atto di fede. Anche da un punto di vista tecnico le differenze sono poche perché la banca d’Italia tramite la zecca può stampare quante banconote vuole su richiesta delle banche per la sostituzione di biglietti vecchi o danneggiati o per rifornire bancomat e cassa clienti: non esistono limiti precisi perché si ritiene che che la immissione in circolazione di banconote sia un processo indotto dalla domanda ( vedi qui dalla Gazzetta ufficiale della Bce). Però anche l’immissione di biglietti formalmente falsi è anch’essa determinata dalla domanda solo che in questo caso essa cresce con la crisi ed è dunque anticiclica, rivolta all’economia reale, mentre il sistema di stampa monetaria tarato esclusivamente sulle banche ( che lavorano in gran parte su denaro elettronico) approfondisce la crisi  perché man mano che essa morde c’è meno richiesta di contante.

Dulcis in fundo, con il conteggio nel Pil delle attività criminali, anche la fabbricazione e lo spaccio di biglietti contraffatti entra nel conto ufficiale, generando una quantità di valore riconosciuto e ufficiale forse pari a quello nominale fabbricato nelle stamperie. Certo vedere le cose sotto questo punto di vista può apparire paradossale, ma non meno delle aporie del mercato e del capitalismo finanziario che teme i piccoli spacciatori di carta moneta come il diavolo perché è esso stesso il grande falsario.

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