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ilsimplicissimus

Francia, il fallimento socialista

di ilsimplicissimus

Alla fine ha vinto la Le Pen, nonostante tutti i tentativi di negarlo e le dinamiche derivanti dalle nuove strategie del sondaggio politico. Non solo perché il suo partito è quello arrivato in testa visto che gli altri si sono presentati in variegati raggruppamenti. Soprattutto il centro destra di Sarkozy, formalmente primo, ma costruito sull’alleanza con l’Udi e soprattutto con una galassia di formazioni locali interessate alla gestione territoriale e prive di senso in elezioni nazionali. Ha vinto anche perché il Front national non ha mai avuto un radicamento locale, è stato sempre assente dalle campagne e dai quartieri popolari. Così il balzo in avanti fino al 25% è ancor più significativo che la vittoria alle europee dove peraltro il Fn aveva ottenuto il 24%. In effetti è difficile trovare un caso più eclatante di mistificazione politica di quello attuato dai media europei.

Di contro c’è la disfatta socialista che viene in parte nascosta e contenuta dagli alleati di lista più radicali, ma non riscattata vista la sostanziale stagnazione (quando non arretramento come nel caso dei Verdi)  delle formazioni di sinistra. Così il partito che esprime il presidente e il governo ha preso una stangata storica ed è addirittura escluso da un quarto dei ballottaggi dopo averne vinto appena una manciata di distretti al primo turno.

Ma si consola e addirittura esulta col fatto che il fronte repubblicano ha resistito agli assalti lepenisti, svelando al contempo però una sostanziale identità di vedute tra il centro destra e il centro sinistra incardinata nel filo europeismo a tutti i costi e dunque anche nell’austerità e nelle sue ricette antisociali. La vittoria è in sostanza quella di un cartello, non di veri concorrenti. Perciò la domanda è: quanto può durare il gioco illusionistico, la falsa dialettica maggioranza – opposizione a parità di politica?

Certo non c’è da stare allegri per ciò che offre il convento del declino europeo in Francia come altrove: o una forma di fascismo internazionalista e finanziario o quello di vecchia marca nazionalista. O ancora qualche forma intermedia come quella ungherese che pare essere il modello della Lega: liberismo selvaggio in autoritarismo nazionale. Purtroppo si è arrivati a questo esito infausto a causa della degringolade ideologica delle sinistre e delle socialdemocrazie che hanno cessato da lungo tempo di essere un’alternativa credibile. Per quanto riguarda in specifico la Francia il peccato mortale risale a una decina di anni fa quando in occasione del referendum sulla costituzione europea, anche le sinistre radicali si pronunciarono per il sì, barattando una carta che palesemente umiliava i diritti del lavoro con l’astrattezza di un’opposizione di principio alla sovranità nazionale. Da allora c’è stato il distacco sempre più evidente e clamoroso tra le forze del lavoro e quello della sinistra politica che adesso sta arrivando a definitiva maturazione un po’ dappertutto, salvo in quei Paesi dove si sono create formazioni in grado di interpretare in modo diverso  il conflitto sociale.

In questo quadro l’unica maniera di sopravvivere dei vecchi socialismi, privi di un’offerta politica significativa, vittime non innocenti di manierismi ideologici in sostituzione di un’ideologia coerente, è quella di farsi direttamente destra nel tentativo di portare ai padroni del vapore non solo il mantenimento dello statu quo ante, ma anche un più facile scalpo del welfare, dei diritti e infine della democrazia stessa, come sta avvenendo in Italia. Nel momento stesso in cui hanno rinunciato a perseguire un europeismo sociale per farsi complici di quello liberista in nome di semplici idiosincrasie ossessive o salottiere, si sono condannate alla insignificanza o peggio alla dannazione di essere più realisti del re. Non è un caso che proprio in contemporanea con le elezioni francesi il sole 24 ore “scopra” che la tassazione sulla casa rappresentata da Imu e Tasi, è stata congegnata per colpire i ceti più deboli: il 20% di popolazione più povera è stata presa di mira con un aumento medio del 32% , mentre il quinto di popolazione più ricca ha potuto godere di uno sconto del 9%. A chi non verrebbe voglia di spazzarli via?

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