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linterferenza

La rivincita dell’Islam sciita nello Yemen

Stefano Zecchinelli

“Chi semina discordia fra sciiti e sunniti fa il gioco del colonialismo” sosteneva l’Imam Khomeini. La storia passata e recente sembrerebbe dargli ragione.

Molti analisti in questi giorni hanno denunciato gli interessi economici e geopolitici che stanno dietro l’aggressione saudita allo Yemen ma ben pochi hanno preso in esame la natura sociale della rivolta degli Houthi – il cui nome ufficiale del movimento è “Ansarola” – non  soffermandosi sul suo risvolto democratico e anticolonialista.

 

L’Iran come il nuovo Karl Marx

La frase in oggetto “Iran come nuovo Karl Marx”, non vuole essere uno scherzo; fu pronunciata niente meno che da Condoleeza Rice e possiamo leggerla sul Washington Post del 23 novembre 2012. Definizione emblematica che recentemente Bahar Kimyongur ha così commentato:”Se l’Iran deve essere paragonato a Marx, come afferma il falco dell’imperialismo USA, il regime dei Saud incarna, dal canto suo, fin dalla sua creazione nel 1744, la contro-rivoluzione e la tirannia di Adolphe Tiers, il becchino della Comune di Parigi”.

Cosa significa tutto questo? La lettura non è così difficile come sembra: la Repubblica Islamica dell’Iran, agli occhi di molti musulmani, incarna i principi e gli ideali di giustizia sociale costantemente calpestati dai regimi monarchici ed autoritari al servizio dell’occidente. Tutto ciò si riflette anche in Europa dove le masse nordafricane – pensiamo a paesi come Francia, Inghilterra o anche Italia – tendono in parte a “migrare” dal sunnismo allo sciismo. Dietro a questa scelta la volontà di dare una dimensione politica alla fede religiosa, fondata su principi di eguaglianza e giustizia sociale.

Dal 2012 al 2015 è cambiato qualcosa ? La linea di Israele e del suo neo confermato premier è sempre la stessa: l’eliminazione del bastione sciita, cioè l’Iran (e naturalmente netta chiusura ad ogni ipotesi di stato palestinese). Diversa la posizione di Obama e dello schieramento democrat americano (con delle defezioni al suo interno) che tenderebbe in questa fase a non esasperare lo scontro con l’Iran e addirittura a riaprire il dialogo con Assad. Lo scontro interno agli USA fra destra repubblicana (legata a quella israeliana) e liberal è del resto ormai palpabile. Chi avrà la meglio? A giudicare dagli ultimi sviluppi e in particolare dall’intervento di Netanyahu al Congresso americano, salutato da una vera e propria ovazione, sembrerebbe proprio che la stella di Obama stia tramontando.

 

Intervento nello Yemen: per conto di chi ?

La coalizione “sunnita” (fra molte virgolette) che interviene nello Yemen ha un chiaro orientamento filo-occidentale. Gli Stati Uniti stanno promuovendo la formazione di una sorta di “NATO araba” e la discussione verte soltanto su quale paese debba coordinarla: Egitto o Arabia Saudita? Questo il dilemma per Washington.

Soffermiamoci per un momento sull’Egitto: più volte abbiamo sottolineato, citando dati e documenti, quanto El Sisi sia funzionale ai progetti imperialistici statunitensi e israeliani (abbiamo visto come il mercato di sbocco dell’industria bellica israeliana fosse proprio l’Egitto). A tal proposito è di poche ore fa la notizia che sono stati sbloccati, dopo 20 mesi di stallo, i fondi americani per l’Egitto, si tratta 1,3 miliardi di dollari – come riporta Federico Pieraccini, esperto di questioni militari – Oltre ai soldi verranno consegnati gli armamenti bellici promessi tempo fa: – 12 F-16 – 20 missili Harpoon – 125 M1A1 Abrams tank kits.

Davvero niente male. Se nel 1962 il leader anticolonialista Nasser, in sostegno della rivoluzione nello Yemen, sosteneva che “la liberazione di Gerusalemme passa per la liberazione di Riyad’, oggi El Sisi si dimostra per quello che è, cioè un degno custode degli interessi non solo di Washington e Tel Aviv ma anche di Casa Saud. Riteniamo che il tutto non sia casuale.

Domanda: Nasser 1962, El Sisi 2015, il ciclo storico del panarabismo laico è davvero finito? La rivolta degli Houthi, di contro, sembrerebbe ridare vigore proprio all’Islam Politico.

Il leader della rivolta Al-Houthi ha accusato l’Arabia Saudita di essere “uno strumento economico sporco” al servizio degli USA e di Israele. Ancor più interessante quest’altra dichiarazione di Al-Houthi:”Quando i gruppi armati, tra cui Al-Qaeda, che rappresentano l’Arabia Saudita, sono stati sconfitti dai combattenti Ansarolá, Riyadh e suoi alleati hanno deciso di intervenire negli affari interni dello Yemen”.

Un dispaccio statunitense – non pubblicato in italiano – del 2010 ( documento nº 242073 dell’allora Segretario di Stato, Hillary Clinton) recita testualmente:

“los donantes de Arabia Saudita constituyen la fuente más significativa de financiación de los grupos terroristas suníes en todo el mundo… aunque Arabia saudita se toma muy en serio la amenaza del terrorismo interno… este país continúa siendo una base de apoyo crítico para Al-Qaeda, los talibanes, Lashkar e Tayba y otros grupos terroristas, que probablemente recaudan millones de dólares anualmente de fuentes saudíes, a menudo durante el hach y ramadán”.

http://www.hispantv.com/newsdetail/Arabia-Saudi/23088/Objetivo-inmediato-de-la-invasion-de-Al-Saud-a-Yemen-y-su-meta-final

Cosa se ne deduce? Certamente gli Usa sapevano della presenza di Al Qaeda nello Yemen (gli stessi dell’attentato a Charlie Hebdo? Coincidenza?) e sapevano anche che questa era appoggiata da Casa Saud, ma non si limitavano a tollerarla: la coprivano e la sostenevano con tanto di finanziamenti e di rifornimenti in armi. Urge la domanda: l’ISIS ed Al Qaeda a chi servono? Sono o non sono un grande affare per Washington e Tel Aviv ?

 

La rivolta degli Houthi: una rivolta popolare ed antimperialista

La rivolta degli Houthi è una rivolta popolare guidata dagli sciiti – ispirati al pensiero dell’imam Khomeini – che ha avuto il supporto di larghi strati della popolazione, quindi anche di settori sunniti: bisogna capire che è anche il fattore socioeconomico (cioè di classe) l’elemento unificante, e non soltanto quello religioso. Come avrebbe potuto essere rovesciato il regime dittatoriale di Hadi – che fra l’altro voleva dividere la regione in sei microstati – senza un sostegno popolare e sociale?

Nel 2006 la stragrande maggioranza dei sunniti sostenne gli Hezbollah contro l’aggressione israeliana; oggi, senza l’unità arabo musulmana, nello Yemen, questa rivolta non sarebbe stata possibile.

Un’ ulteriore domanda: l’Iran continua a sostenere la sunnita Hamas nonostante i molteplici scivoloni della componente politica del movimento di resistenza islamico palestinese. La solidarietà anticolonialista, del resto, deve andare ben oltre i dibattiti dottrinali. E’ bene che comincino a capirlo anche gli analisti eurocentrici.

Anche in questo caso la sinistra islamica ha risposto positivamente all’appello: gli Hezbollah e il Fronte popolare di liberazione palestinese si sono schierati con il popolo yemenita così come altre formazioni socialiste e islamiche che hanno condannato l’aggressione di Casa Saud sponsorizzata dall’occidente.

Ancora una volta in tutto ciò abbiamo un grande assente:la sinistra occidentale.

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