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manifesto

Allarme, son derivati

di Marco Bertorello

Nuova finanza pubblica. Le perdite da derivati per l'Italia sono superiori a quelle di tutti gli altri paesi dell'Unione europea messi insieme. Come è potuto accadere?

Le per­dite dello Stato ita­liano sui deri­vati richia­mano la sen­sa­zione di fre­ga­tura che si prova al momento di essere risar­citi da un’assicurazione per un inci­dente stra­dale o dome­stico. Al momento della sti­pula al cliente appa­iono solo i van­taggi, men­tre quando si tratta di essere sal­dati per un incon­ve­niente impre­vi­sto per cui si è assi­cu­rati si sco­pre che i det­ta­gli fanno la dif­fe­renza. Il saldo, dun­que, è spesso meno favo­re­vole di quello che ci attenderemmo.

Il caso delle per­dite dello Stato ita­liano negli inve­sti­menti in deri­vati durante la crisi del debito sovrano è stato sol­le­vato dall’economista Luigi Zin­ga­les agli inizi di marzo sul Sole 24 Ore: egli accu­sava lo Stato per­lo­meno di poca tra­spa­renza, mostrando una danza di numeri sulle per­dite (dif­fe­renze di miliardi tra le dichia­ra­zioni della respon­sa­bile del debito del Mini­stero e il rela­tivo sito) e con­clu­dendo con il pre­oc­cu­pato dub­bio se «con l’uso di deri­vati il Tesoro sta vera­mente ridu­cendo il rischio dei con­tri­buenti ita­liani o sta solo arric­chendo le ban­che d’investimento, tanto gene­rose nell’assumere ex fun­zio­nari del Tesoro?». (leggi qui la rispo­sta, sem­pre sul Sole 24 Ore, del diret­tore del Tesoro Vin­cenzo La Via)

Non a caso, sem­pre in quei giorni, alcune pro­cure inda­ga­vano su un con­tratto deri­vato sot­to­scritto dallo Stato ita­liano e la Mor­gan Stan­ley nel 1994, in cui esi­steva un diritto di recesso uni­la­te­rale eser­ci­tato dalla banca d’affari ame­ri­cana pro­prio in coin­ci­denza di un declas­sa­mento dei titoli ita­liani a opera di agen­zie di rating di cui Mor­gan Stan­ley era azionista.

Il costo di tale dub­bia ope­ra­zione era risul­tato di 2,5 miliardi tra la fine del 2011 e il 2012. In quel periodo il vice­pre­si­dente della Mor­gan era l’ex mini­stro del Tesoro di Ber­lu­sconi Dome­nico Siniscalco.

Ora Zin­ga­les, che non è certo un eco­no­mi­sta ere­tico, non si stu­pi­sce che l’Italia ricorra ai deri­vati per tute­larsi dai rischi del pro­prio debito sovrano, e nep­pure che la loro gestione evi­denzi delle per­dite con­ta­bili, poi­ché i deri­vati sul debito danno gua­da­gni quando i tassi d’interesse sal­gono e per­dite quando scen­dono, come è il caso odierno. Ciò che lo stu­pi­sce sono i diritti uni­la­te­rali per una riso­lu­zione del con­tratto anti­ci­pata, diritti che, l’esperienza inse­gna, ven­gono eser­ci­tati nei periodi più cri­tici per le ban­che, cioè quando hanno un’eccessiva espo­si­zione su titoli rite­nuti a rischio. Come accadde per l’appunto nel bien­nio 2011-12.

Inol­tre l’agenzia Bloom­berg ha evi­den­ziato che i deri­vati che fanno capo all’Italia ser­vano anche a cau­te­larsi da rischi come l’oscillazione delle valute o dei tassi d’interesse e che com­ples­si­va­mente ammon­tano a un valore nomi­nale pari a 159 miliardi e attual­mente hanno un valore di mer­cato nega­tivo per lo Stato pari a 46,2 miliardi.

Per­dite per il momento solo teo­ri­che, ma che potreb­bero diven­tare con­crete, qua­lora si chiu­des­sero anti­ci­pa­ta­mente i con­tratti, come nel caso di Morgan.

Il pro­blema è che non è dato sapere in quanti di quei con­tratti è pre­sente il diritto di chiu­sura anti­ci­pata uni­la­te­rale. Quel che è certo è che, attra­verso tale diritto uni­la­te­rale oppure a causa di una ristrut­tu­ra­zione di vec­chi con­tratti, si sono già pro­dotte per­dite reali per le casse dello Stato per 16,95 miliardi.

Tali per­dite per l’Italia sono supe­riori a quelle di tutti gli altri paesi dell’Unione euro­pea messi insieme. Come è potuto accadere?

Sem­bre­rebbe che nel periodo più acuto della crisi dei debiti sovrani l’Italia abbia effet­tuato una sorta di scam­bio con le isti­tu­zioni ban­ca­rie inter­na­zio­nali, per cui al garan­tire da parte di que­ste la pro­se­cu­zione dell’acquisto di titoli pub­blici evi­tando che le aste andas­sero a vuoto è stata cor­ri­spo­sta la rine­go­zia­zione di alcuni deri­vati. Ci si è garan­titi dai rischi imme­diati di fal­li­mento al prezzo di assu­mersi rischi di per­dite future.

Nulla è avve­nuto gra­tui­ta­mente e soprat­tutto dob­biamo ancora una volta regi­strare il fatto che siamo nelle mani delle grandi banche.

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