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manifesto

Atene e la Troika, una piccola storia ignobile

Sergio Cesaratto

Come spesso acca­duto ai paesi in via di svi­luppo, l’adozione di una moneta forte ha con­sen­tito alla Gre­cia alcuni anni di cre­scita attra­verso l’indebitamento estero, in par­ti­co­lare con le ban­che tede­sche e fran­cesi (que­ste ultime inter­me­dia­rie di fondi tede­schi). I governi greci si dimo­stra­rono ottimi clienti delle imprese di quei paesi le quali agi­rono spesso attra­verso la cor­ru­zione. Dal 2010 il rifiuto degli inve­sti­tori stra­nieri di rifi­nan­ziare un debito estero fat­tosi macro­sco­pico, ha con­dotto i paesi euro­pei a varie tran­che di soste­gno cul­mi­nate nella ristrut­tu­ra­zione del debito greco al prin­ci­pio del 2012.

Si cal­cola che dei 227 miliardi di pre­stiti euro­pei e del Fondo mone­ta­rio inter­na­zio­nale (Fmi), solo una minima parte (27m) siano stati uti­liz­zati dal governo greco per le spese cor­renti, il resto è andato nella resti­tu­zione dei debiti alle ban­che stra­niere, che così si sono riprese tutto, al paga­mento degli inte­ressi e alla rica­pi­ta­liz­za­zione delle ban­che gre­che. In cam­bio di que­sta «assi­stenza finan­zia­ria» la Gre­cia ha dovuto intra­pren­dere una dura auste­rità volta a ripri­sti­nare un avanzo dei conti con l’estero — tec­ni­ca­mente il saldo delle par­tite cor­renti — in modo tale che il paese non dovesse più ricor­rere a pre­stiti esteri. In effetti tale saldo è ora in pareg­gio o leg­ger­mente posi­tivo. Il prezzo è stato il crollo del Pil greco del 25%.

Quali sono oggi i ter­mini della que­stione? Un debito che non può essere pagato non verrà pagato, dicono gli eco­no­mi­sti, e di que­sto si rende conto anche la Troika. Se si con­fronta la dimen­sione del debito uffi­ciale 227m (più 27,7m con la Bce) con quella del Pil greco, circa 180m, si capi­sce bene per­ché. A meno che non sia più folle di quanto non sia già, l’Unione euro­pea è pro­ba­bil­mente pronta a offrire un sostan­ziale con­ge­la­mento di que­sto debito cari­can­dosi anche quello del FMI (32 m.) e della Bce, sì da ridurre dra­sti­ca­mente i tassi pagati da Atene.

L’Ue potrebbe sob­bar­carsi facil­mente que­sto carico emet­tendo titoli a tassi bas­sis­simi attra­verso il fondo salva stati (Efsf). La que­stione è però che, in cam­bio, Bru­xel­les e Ber­lino chie­dono la con­ti­nua­zione dell’austerità, vale a dire che la Gre­cia non chieda più un euro nel futuro. Ma qui c’è la linea rossa trac­ciata da Syriza, che molto è dispo­sta a ingo­iare, ma non una débâ­cle totale.

La verità è che la Gre­cia per ripren­dere a cre­scere non ha solo biso­gno di una can­cel­la­zione del debito (masche­rata da con­ge­la­mento) e dra­stica dimi­nu­zione degli inte­ressi, ma anche di ulte­riori pre­stiti esteri. E quest’Europa che si auto-mortifica con assurde poli­ti­che di auste­rità non ha alcuna voglia di elar­girli. Un’Europa diversa che adot­tasse poli­ti­che key­ne­siane di cre­scita non avrebbe pro­blema a soste­nere Atene, ma tale Europa non si intra­vede. La situa­zione per la Gre­cia fuori dall’euro non sarebbe in fondo dis­si­mile, nel senso che comun­que di un aiuto esterno avrebbe biso­gno diven­tando una pedina di gio­chi geo-politici poco pre­ve­di­bili. Sarà pos­si­bile che nei pros­simi giorni per evi­tare il peg­gio l’Ue con­ceda un pic­colo pre­stito ponte sì che Atene possa pagare la tran­che in sca­denza col Fmi (mai nes­sun paese si è sot­tratto ai paga­menti verso il Fondo). Ma que­sto farebbe solo gua­da­gnare qual­che giorno al redde rationem.

Quella greca è una vicenda di un pic­colo paese in ritardo eco­no­mico, ma non troppo dis­si­mile a quella in cui si potrebbe tro­varsi Pode­mos. Solo l’Italia, fuori dall’euro, avrebbe una chance seria. E tutti, inclusa la Fran­cia, avremmo forse una chance in un’Europa senza la Ger­ma­nia. C’è solo da augu­rarci che una crisi dell’euro ci avvi­cini a quest’esito.

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