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sinistra

Svimez

di Andrea Saba

Una parte rilevante dell'enorme debito pubblico italiano è conseguenza del fallimento della politica di sviluppo del mezzogiorno. La SVIMEZ, anziché limitare la sua attività di studio alla descrizione annuale della situazione meridionale, dovrebbe dedicare un ampia indagine per chiarire le cause del fallimento di una politica durata sessantacinque anni, dalla fondazione della Cassa del Mezzogiorno nel 1950.

In una prima fase, dedicandosi solo alla realizzazione di una nuova rete di infrastrutture, la Casmez fu certamente positiva. Sul modello della Tennessy Valley Authority godeva di una totale libertà economica e di decisione e le sue realizzazioni - es. l'acquedotto pugliese- sono ancora modelli imitati nel mondo. Con la creazione delle regioni, e il loro mediocre risultato, anche la Casmez perse vitalità. Ma il grande disastro è stato il tentativo di industrializzazione.

Proprio nella sede della SVIMEZ si svolse il grande dibattito sul “dualismo”. Napoleoni, Sylos-Labini, Fuà sostenevano, giustamente, che quando un sistema ha una parte industrialmente avanzata ed una con una attività industriale ridotta, la seconda non può sperare di vincere la concorrenza con l'industria del nord. Saraceno ed altri, invece, sostenevano che, compensando con consistenti incentivi finanziari e creditizi le imprese nascenti, il divario poteva essere superato. I governi, accogliendo questa tesi, disposero che con “l'intervento straordinario” le imprese potessero ricevere un contributo a fondo perduto del 40% del valore del capitale investito e credito a tasso ridotto per il rimanente dell'investimento.

Un contributo micidiale fu quello di accogliere la richiesta sindacale di salari uguali in tutta Italia, cosa giusta in via di principio, ma negativa quando la produttività del lavoro nel sud era meno della metà di quella del nord.

All'inizio nacquero imprese positive, specie nell'agro-alimentare, ma, in breve, corruzione, clientelismo ed anche criminalità scoprirono che questa massa di contributi a fondo perduto erano una fonte perenne di guadagno.

Da presidente dell'Istituto per l'assistenza allo sviluppo del mezzogiorno, IASM, ricordo un imprenditore calabrese che aveva ricevuto in regalo un contributo di 60 milioni per una fabbrica di pantofole. Piangeva disperato: la criminalità aveva minacciato di morte i suoi figli se non sganciava la metà del regalo ricevuto (è un regalo, devi dividere con noi !), poi l'amministrazione voleva un “pizzo”per ogni permesso burocratico. Gli consigliai di andarsene dal Sud e di chiedere un contributo con la legge Sabatini che prestava i soldi (non li regalava ) per l'acquisto di macchinari. E' la legge che ha consentito uno sviluppo straordinario del Veneto, delle Marche e della Toscana ed è alla base della creazione dei distretti industriali che sono uno dei vanti dell'economia italiana.

La Casmez erogava circa 2.300 miliardi di contributi a fondo perduto ogni anno: un flusso di spreco incalcolabile che ci ritroviamo nel debito pubblico.

Nel contempo si pensò, usando IRI ed ENI e concedendo enormi regali ad imprese private, di trasferire nel sud grandi imprese di base. Nacquero le famose “cattedrali nel deserto”che non potevano produrre effetti indotti per mancanza di una classe imprenditoriale adeguata. Poche cose positive: in parchi tecnologici come la Tecnopoli di Bari, il CSR4 di Cagliari, il centro tecnologico di Catania ed altri che hanno prodotto imprese di avanguardia come Microsoft e Tiscali, che però senza una collaborazione continua col mondo delle imprese non possono avere una azione continua e sistematica.

Nella mia esperienza una delle cose positive è stata la predisposizione di progetti di alto livello, regalarli alle amministrazioni locali che, davanti ad un progetto molto buono, lo realizzavano in modo positivo, come il porto turistico di Alghero, il distretto di Valvibrata a Teramo, l'area attrezzata artigianale di San Cipiriello, Partinico ed altre.

Credo che il sud disponga oggi di molte maggiori capacità imprenditoriali che stanno crescendo da sole nell'agro-alimentare, nelle nuove tecnologie ed in altri settori di avanguardia. E' necessaria una nuova politica industriale in cui la legge Sabatini, che ha funzionato benissimo, trovi un posto fondamentale per il finanziamento delle imprese.

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