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sollevazione2

2016: prepariamoci a vincere il referendum

di Leonardo Mazzei

Il successo di Renzi al Senato: regime o vittoria di Pirro?

Ormai è chiaro: la contro-riforma costituzionale sta passando. Il Senato diverrà un ente inutile, al di là del ridicolo (e non ancora definito) sistema elettorale che ne determinerà la composizione. Il governo avrà ancora più potere di fronte ad una Camera asservita al premier, frutto di un premio di maggioranza ben peggiore di quello previsto dal Porcellum. La platea che andrà ad eleggere il presidente della repubblica sarà ancora più sbilanciata a favore del partito di maggioranza relativa.

Renzi ha dunque avuto la sua vittoria d'autunno. Il mostro antidemocratico sta ormai prendendo la sua forma definitiva. Ad agosto avevamo ipotizzato quattro scenari per il passaggio autunnale a Palazzo Madama della sua contro-riforma. Il primo prevedeva l'approvazione del progetto renziano senza modifiche sostanziali, il secondo ipotizzava cambiamenti non solo cosmetici concordati con la minoranza del Pd, il terzo un nuovo accordo con Berlusconi in cambio di una modifica dell'Italicum, il quarto la bocciatura della contro-riforma o comunque di sue parti essenziali. 

Abbiamo invece avuto un mix delle prime tre ipotesi: la controriforma non ha subito cambiamenti sostanziali, la minoranza Pd si è accontentata di un confuso ritocco di facciata sull'elezione dei futuri senatori, Berlusconi (almeno ufficialmente) non ha ottenuto nulla in cambio, ma i suoi senatori sono spesso corsi in soccorso del vincitore predestinato. Totale e senza freni, invece, l'appoggio del nuovo gruppo parlamentare messo insieme dal trafficone Verdini. Suo, in definitiva, il marchio apposto sulla contro-riforma renziana. Un marchio che potrebbe presto tornare scomodo al capo del governo...

Nell'articolo già citato, sostenevamo che la prima ipotesi - quella di un successo renziano senza vere concessioni né a Berlusconi né alla minoranza interna - potesse, contrariamente alle apparenze, trasformarsi nella più classica Vittoria di Pirro.

Scrivevamo ad agosto:

«Paradossalmente, ognuno di questi due esiti – dunque anche quello vittorioso – presenterà a Renzi scenari assai pericolosi. Mentre la sconfitta aperta ci porterebbe ad una sorta di groviglio perfetto, la vittoria piena a settembre 2015 potrebbe rivelarsi fatale nel referendum confermativo dell’anno dopo. Infatti, una cosa è approvare una “riforma” costituzionale, per quanto orribile, con un’ampia maggioranza. Altra cosa approvarla in pratica con i voti di un solo partito, e per giunta neppure tutto. Un partito del 25%, sovra-rappresentato in parlamento solo grazie ad una legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla Consulta…»

Ora, è vero che il Pd formalmente non è stato solo. Ha raccolto i voti dei verdiniani, quelli mandati giù obtorto collo di Ncd, e quando è servito si sono aggiunti pure quelli di alcuniberluscones. Ed è vero anche che, sempre formalmente, il Pd si è ricompattato a livello parlamentare. Renzi ha dunque vinto con le sue forzature, o meglio - come noto anche ai ciechi - con le sue trattative sottobanco per assicurarsi i voti mancanti. Di queste pratiche tipicamente "costituzionali" pare si sia occupato il fiorentino Lotti. E questa volta - non come quando toccò a Berlusconi - nessuno a gridar scandalo per la compravendita dei voti!

Nonostante tutto il soccorso di questo sottobosco - e sarebbe questo il "rottamatore"? - i voti raggranellati sono stati spesso, ed in alcuni casi assai pesantemente, sotto la soglia di maggioranza assoluta dei 161 senatori. Non proprio una gran prova di forza. Tuttavia, Renzi ha vinto questo round. Ma quanto contano nel corpo elettorale i "verdiniani" ed i "berluscones" intenti solo a far durare la legislatura? E' presto detto: contano Zero. E quanto contano Ncd, i casiniani, e gli altri centristi sparsi? Poco più di zero.

Insomma il Pd è solo. La controriforma è sua. In questo momento anche la vittoria è sua. Ma cosa succederà al referendum confermativo, che dovrebbe tenersi nell'autunno 2016?

Prevedibilmente in quel passaggio il Pd sarà ancora più solo. E solissimo sarà il suo segretario tuttofare. Tra l'altro nessuno pensi che al ricompattamento del Pd a livello parlamentare corrisponda un'identica disciplina di voto della sua base tradizionale. L'attore Renzi predilige la parte dell'uomo solo al comando. Anzi, è l'unica che gli è congeniale. Bene, lasciamogliela recitare e forse ne vedremo delle belle.

Basterà tenere a mente due cose.

La prima è che bisognerà chiarire che il voto non sarà sul Senato, ma sull'approvazione o meno di un sistema istituzionale (includente ovviamente la legge elettorale) che apre di fatto la strada ad un vero e proprio regime.

La seconda è che bisognerà fare in modo che si tratti di un referendum su Renzi. Operazione che non dovrebbe essere così difficile. Se sul punto precedente (la denuncia della tendenza al regime) convergerà solo una minoranza, per quanto consistente, sullo schiaffo da dare a colui che questa tendenza interpreta confluiranno in molti di più.

Ricordiamocelo: Renzi governa con una maggioranza di seggi truffaldina, alla quale corrisponde soltanto una modesta minoranza relativa, oggi realisticamente attorno ad un terzo dell'elettorato. Egli vuol rendere questo truffaldino vantaggio attuale un privilegio stabile, scritto nella legge elettorale e in una costituzione all'uopo stuprata.

C'è un modo per impedirglielo, il referendum 2016. Lì varrà, forse per l'ultima volta, il principio "una testa, un voto". Il passaggio dalla Costituzione che fu di Terracini a quella del duo Renzi-Verdini può essere ancora fermato.

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