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labottegadelbarbieri

C’è vita a sinistra? Boh

Daniele Barbieri

Un dossier del quotidiano «il manifesto» con stupende vignette e tanta aria fritta

Voi vedete «vita» a sinistra? Io poca. A volte la trovo anche in alcuni fra i luoghi del conflitto sociale più aspro e questo mi rallegra. Invece dalle parti dell’organizzazione, di un programma minimo che unifichi alcune lotte in corso, che provi a ragionare su dove/come è meglio inceppare la macchina del nemico di classe… vedo purtroppo un gran deserto. Magari sbaglio; se dissentite fatemelo sapere.

Così questa estate ho alzato il classico sopracciglio quando il quotidiano «il manifesto» (ho già spiegato in “bottega” perché continuo, nonostante i suoi difetti, a comprarlo) ha aperto una lunga discussione intitolata «C’è vita a sinistra» senza neanche la decenza di un punto interrogativo.

A mio avviso la maggior parte degli interventi pubblicati conferma che “a sinistra in Italia non c’è vita” – o pochissima ne resta e ne nasce – a meno che per “sinistra” non si intendano quattro tromboni parlamentari o aspiranti tali, perennemente seduti con il culo sulle macerie italiane e nullafacenti (nel senso di vero lavoro sociale e/o politico).

Ne riparlo ora perché ieri è andato in edicola – a 50 centesimi – con «il manifesto» un supplemento («40 pagine, tutte a colori») intitolato «C’è vita a sinistra» che raccoglie tutti gli interventi giù pubblicati. Tanto a me sono piaciute le vignette, alcune geniali, quanto mi è sembrato desolante l’insieme degli interventi: a mio avviso su 54 se ne salvano 6 o 7… a esser buoni.

Chi sono io per dirlo? Un semplice lettore di 67 anni con una bassa pensione e qualche acciacco ma sempre desiderante e “rabbioso”, una persona che non cede alla disperazione e ama dare il suo piccolo contributo ai movimenti e alle sinistre (io preferisco il plurale).

Perché ho scritto – nonostante «40 pagine, tutte a colori» – “desolante l’insieme”? Non per caso su 54 interventi (50 uomini e 4 donne, una proporzione che non sarà colpa del “destino cinico e baro”) solamente 5 persone – a esser di manica larga – hanno legami con i movimenti sociali veri; e appunto solamente 6-7 nei loro scritti dicono qualcosa di meglio della solita lagna riscaldata.

L’indice, deciso dalla redazione, è agghiacciante: 22 interventi vengono classificati alla voce «partito» (è questo il problema principale dell’oggi?); 5 alla casella «Europa» (certo se è Stefano Fassina a spiegarci cosa fare stiamo a posto); 6 all’etichetta «Pd»; 3 immessi nel barattolo «Città»; 6 sono nella strana classificazione «Pessimisti/realisti» (ma Fausto Bertinotti non potrebbe tacere per i prossimi 327 anni?); solamente 3 si ritrovano alla voce «Lavoro» (non commento); 3 delle 4 donne presenti in tutto il fascicolo finiscono nel settore «donne» (come fossimo nel 1950?); un solo intervento riguarda la «Guerra» (in effetti una questioncella non di stretta attualità e della quale infatti la “sinistra sinistrata” italiana ha smesso di occuparsi); per finire ecco due contributi sotto la bella dizione «Nuova umanità», uno come «Pse», uno come «Questione studentesca» (la scuola dev’essere un altro problema secondario), poi c’è una «lettera» (di Oskar La Fontaine) «alla sinistra italiana», per chiudere con una «postfazione» scritta da Luciana Castellina.

Davvero disperante.

Del resto in questa fase «il manifesto» (avendo perso o cacciato giornaliste/i nonché cervelli fra i migliori che aveva) almeno sulla politica italiana non sa andare molto oltre Vendola, Cofferati e altri zombies con il contorno del “giovane” Civati. Sì, parlo di quel Cofferati che ha fatto il sindaco a Bologna in modo ignobile.

E infatti… proprio domenica scorsa «il manifesto» titolava, anzi ululava in prima pagina e in color “arancione”, «Partita aperta» perché al Quirino – un teatro – si sono incontrati un po’ di Sel, ex Pd ed ex M5 con le «star» (lo dicono loro) Fassina e D’attore. Tutto bellissimo: «la sinistra italiana c’è» conferma fin dall’inizio l’editoriale di Norma Rangeri: «l’unico limite tangibile era la scarsa presenza giovanile». Ma tu guarda, che stranooooo.

Ah, domenica a Roma – fa sapere «il manifesto» – c’erano anche «le assise dei movimenti no-triv e per l’acqua pubblica». Ovviamente altrove. Che c’entrano quelli con la sinistra? Che c’entra la sinistra con loro? Rido per non piangere.

«Una cosa buona e giusta» scrive Rangeri quel che accade al teatro Quirino: il nome dei riuniti al Quirino sarà «Sinistra italiana». Presuntuoso nel sostantivo, vista la situazione, e sbagliato quell’aggettivo «italiana». Perché da sempre – e oggi più che mai – la sinistra non dovrebbe essere nazionale. Anni fa Bruno Trentin propose di togliere la «i» da Cgil, perché si capisse che il sindacato era multietnico e internazionalista: un pazzo estremista quel Trentin.

Perciò grazie delle belle vignette, ne terrò parecchie: Mauro Biani è un genio. Il resto del supplemento lo userò per il rusco (come si dice qui in Emilia-Romagna) cioè per la monnezza (detto alla romana).

Comunque se lo trovate ancora in edicola costa solo 50 centesimi – «per 40 pagine tutte a colori» – perciò potete spendere senza timore. Alla peggio canterete come De Gregori: «è un ricordo che vale solo 10 lire», cioè 5 cents circa. E’ la svalutazione baby.

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