Print Friendly, PDF & Email
aldogiannuli

Allora, facciamo la guerra all’Isis?

di Aldo Giannuli

D’Alema ha proposto una azione di guerra contro l’Isis per debellare il “Califfato”. Molti altri ancora non l’hanno detto ma lo pensano. E, d’altro canto è la risposta più facile da dare alla rabbia popolare.

Escluso che si possano bombardare i casermoni delle banlieu da dove provengono alcuni dei terroristi che sarebbero stati identificati, non potendo essere certi di identificare ed arrestare i clandestini dell’Isis presenti in Europa in tempi brevi, l’unico obiettivo visibile ed a portata di mano  è quello, per cui la risposta immediata può essere quella. Ma sarebbe una mossa saggia?

Riflettiamoci un attimo: il nostro problema più urgente è stroncare la minaccia terroristica sul nostro territorio e radere al suolo il Califfato non azzererebbe quella minaccia. Se la memoria non mi inganna, aver abbattuto il regime dei talebani non eliminò la minaccia terroristica di Aq e dei gruppi più o meno collegati, visto che ci furono le stragi di Madrid, di Londra e così via. Quindi, Califfato o non Califfato, il problema di come sradicare la rete terroristica in Europa resterebbe.

Personalmente, essendo marxista, non sono un pacifista o un non violento e, pur odiandola, non escludo la guerra dal novero delle scelte politiche possibili (pur odiandola: ripeto), inoltre penso che il Califfato vada estirpato senza troppi complimenti e che questo sia possibile solo con la forza, prima o poi. Ma questo è un problema distinto dall’altro e lo terrei separato. Per ora il problema è quello di riattrezzare l’intelligence dei nostri paesi rendendola un po’ più efficace di quello che è stata sinora.

Poi c’è il problema dell’Isis che, ripeto, va tolta di mezzo, ma nelle forme, nei modi e nei tempi giusti. Fare l’ennesimo intervento occidentale sarebbe la ripetizione del solito errore, riducendo la questione alla solita guerra fra i “crociati” occidentali e l’Islam, cioè esattamente quello che gli jihadisti vogliono perché questo gli è funzionale a scalzare le classi politiche nazionali dei diversi paesi arabi. E non credo che questo ci convenga, anzi correremmo il rischio di vederci spuntare altri Califfati in giro per il Mondo (come è successo, per esempio in Nigeria con Boko Haram o in Libia con Derna) e magari la cosa prende fuoco in zone ultra pericolose come India-Pakistan oppure Indonesia. Non credo sia una prospettiva piacevole.

La questione del Califfato richiede due condizioni: che alla coalizione partecipino in primo luogo i paesi islamici  della zona ed, in secondo luogo, che della coalizione facciano parte anche Russia e Cina e magari anche l’India. Ma per ottenere la prima condizione è necessario che ci sia un minimo di progetto per il dopo che riprenda in considerazione l’assetto complessivo del Mena, visto che i confini scaturiti dalla fine dell’Impero Ottomano, sembra che non tengano più. E qui occorre rosilvere seriamente la questione palestinese.

Per ottenere la seconda condizione occorre lasciar perdere il pretesto ucraino e riprendere rapporti decenti con la Russia. Per ora si può armare convenientemente, quindi anche con armi pesanti ed aerei, i curdi e cercare di spingere i giordani ed i sunniti irakeni a far qualcosa in più. E per sostenere i curdi occorre fare bene il conto con Erdogan convincendolo che non è bello quello che sta facendo. Nel caso sia necessario, si può anche accompagnare il discorso con qualche sonoro ceffone, magari puntando al rovesciamento del suo governo, in fondo non sarebbe la prima volta ed il fatto che la Turchia sia un paese membro dell’Alleanza Atlantica non dovrebbe essere di impedimento, visto che la logica con cui si muove non sembra tanto leale nei confronti dell’Alleanza. O no?!

Ma per ora lascerei perdere progetti insensati come un intervento unilaterale degli euro-americani: abbiamo già dato.

Add comment

Submit