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lantidiplomatico

Colpo di mano a Mosul: l'Italia manda 500 soldati  in Iraq

di Alberto Negri

In cambio di che cosa torniamo in Iraq dopo le tristi memorie di Nassiriya? Per la sicurezza italiana la diga di Mosul è davvero secondaria e non è giustificato un intervento militare

Leggendo i giornali sembra che dopo gli ingegneri alla diga di Mosul arriveranno anche i soldati italiani: 500, il più forte concentramento di truppe occidentali in Iraq. 

Domanda ovvia: perché, visto che era così urgente, non ci sono andati gli americani che con l’occupazione del 2003 hanno disgregato l’Iraq? 

Risposta: gli americani hanno bisogno di complici per giustificare i loro disastri non di alleati e hanno chiesto al più vulnerabile, non a francesi o inglesi e tanto meno ai tedeschi. Obama ha ritirato i soldati Usa dall’Iraq e non vuole tornare indietro su questa decisione. Un conto è usare i corpi speciali per azioni mirate contro l’Isis, presentate al Congresso e al pubblico Usa come azioni anti-terrorismo, un altro è mettersi a fare il bersaglio fisso della guerriglia. Tralasciamo per un momento l’inefficacia di questa “lotta all’Isis” che nel 2014 ha occupato Mosul senza che gli Usa facessero una piega e dopo tre anni è ancora lì: anche questo dovrebbe essere motivo di riflessione.

Quindi si ricorre ai soldati italiani, disponibili soprattutto perché i vertici della Difesa hanno bisogno di “fare bilancio” con un’azione esterna.

In cambio di che cosa torniamo in Iraq dopo le tristi memorie di Nassiriya? Per la sicurezza italiana la diga di Mosul è davvero secondaria e non è giustificato un intervento militare, neppure per un appalto alla società Trevi.

Mezzi e uomini dovrebbero essere impiegati al limite su teatri che ci interessano di più come la Libia. Inoltre nel caso di offensiva su Mosul eventuali gruppi di jihadisti dell’Isis in fuga andranno anche da questa parte: li guarderemo passare con il binocolo?  

Ma questo Paese, come da molto tempo, non ha un vero e proprio governo, piuttosto prende decisioni dettate da esigenze contingenti ascoltando i consigli fin troppo interessati di alcuni vertici militari. Questo governo ha deciso di ignorare i funzionari del ministero degli Esteri e dell’Economia perché crede che siano soltanto dei burocrati, non degli esperti della loro materia: agisce per colpi di mano, non per ragionamento sui problemi. E’ superficiale. Basta vedere che documenti produce: striminziti appunti formato Excel, e spesso neppure quelli.  

Ma con la guerra non si scherza: ovviamente nessuno di loro ha la minima idea o esperienza. Spera che gli vada bene e non ci siano morti. Altrimenti a noi giornalisti toccherà scrivere i soliti pezzi contriti “che fanno piangere le mamme e ridere gli amici” (Giovanni Ceruti, op. cit.).

*Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autore.

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