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micromega

Las Vegas, gli effetti della bolla immobiliare e le ragioni dei "demagoghi"

Carlo Formenti

La città di Las Vegas sembra essere una di quelle in cui gli effetti dello scoppio della bolla immobiliare che ha scatenato la crisi del 2008 appaiono più evidenti: interi quartieri si sono svuotati e chi ne percorre le vie può riconoscere le case abbandonate dai giardini incolti e dalle finestre rotte. Secondo il New York Times queste abitazioni sono diventate una riserva di caccia per le tribù degli squatter che arrivano qui dalle zone più povere della Las Vegas Valley, o anche da luoghi assai più lontani, per prenderne possesso.

L’autore dell’articolo avrebbe potuto interrogarsi su chi è questa gente (spesso si tratta di intere famiglie, come quelle che attraversavano gli Stati Uniti per sfuggire ai morsi della crisi del 1929, un’epopea descritta da John Steinbeck nel romanzo “Furore”), avrebbe potuto intervistarli, raccontarci le loro storie, farci capire come si sono ridotti in queste condizioni. Ma si sa: l’etica americana (o meglio, l’etica delle classi dirigenti americane e quindi anche quella dei media mainstream) dà per scontato che se qualcuno cade in miseria la colpa è solo sua.

Quindi il servizio in questione si occupa di tutt’altro: racconta le paure degli onesti e bravi cittadini che si lamentano dell’insicurezza causata da questi ingombranti vicini che si allacciano all’elettricità dei loro box e rubano l’acqua dei loro impianti di irrigazione, che compiono piccoli furti, che si aggirano malvestiti e maleodoranti per le strade (così si abbassa il valore degli immobili della zona!); raccoglie le proteste dei poliziotti che sostengono di non avere abbastanza uomini e mezzi per ricacciare in strada quella marmaglia (e si vantano di alcune “imprese” andate a buon fine); asciuga infine le lacrime di una agente immobiliare che, quando è andata a visitare una di queste proprietà per verificarne le condizioni allo scopo di rimetterla in vendita (probabilmente lei stessa l’aveva venduta qualche anno fa a un disgraziato, convincendolo ad accendere un mutuo che non sarebbe mai riuscito a pagare e, dopo averlo torchiato, si è riappropriata della casa), si è vista aprire la porta da un paio di arroganti marmocchi che le hanno sventolato sotto il naso un falso contratto di affitto.

I falsi contratti sono uno degli espedienti con cui gli squatter si oppongono agli sgomberi, costringendo banche e immobiliari a offrire loro dei soldi per andarsene (un modo per evitare costosi procedimenti legali). Leggendo questa accorata perorazione sulla necessità di riportare l’ordine e la legalità a Las Vegas, non ho trovato una sola parola che descrivesse il punto di vista e le ragioni degli occupanti. Del resto è tempo di campagna elettorale e non a caso il NYT sostiene la candidatura di Hillary Clinton – paladina delle élite finanziarie – contro la “demagogia populista” dei Sanders e dei Trump.

Tuttavia ogni tanto anche sulle sue pagine si infiltra qualche notizia che corrobora gli argomenti dei “demagoghi”. Per esempio: sappiamo che mentre Sanders si batte per l’introduzione di un servizio sanitario pubblico per tutti cittadini, la Clinton sostiene un’estensione - limitata ad alcune fasce di età e di reddito - dei benefici del cosiddetto Obamacare, la modesta riforma che il presidente uscente ha introdotto, evitando accuratamente di ledere gli interessi delle assicurazioni private. Ebbene, un altro articolo rivela che sta crescendo il numero dei cittadini che, avendo aderito al programma Obamacare, si sentono rifiutare prestazioni da medici e ospedali, devono affrontare attese di settimane o mesi per poter effettuare certi esami, e finiscono così per rendersi conto che quella assicurazione li qualifica come pazienti di serie B.

Capito perché, secondo una recente ricerca promossa dall’Università di Harvard, risulta che la maggioranza dei giovani americani si definisce critica del capitalismo, se non francamente anticapitalista?

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