Print Friendly, PDF & Email

caratteriliberi

La terza guerra mondiale e il fondamentalismo islamico

di Giorgio Salerno

L’ultimo libro di Domenico Moro “La terza guerra mondiale e il fondamentalismo islamico” (2016, Imprimatur Ed.), saggio di geopolitica e di analisi economica e politica del mondo attuale, potremmo anche leggerlo come un ulteriore “capitolo” dello studio che l’Autore va conducendo da almeno dieci anni a questa parte, da quando apparve il suo “Nuovo compendio del Capitale” (2006, Ed. dell’Orso), proseguito con lo studio del “Club Bilderberg” (2013, Aliberti) e poi con il volume sulla “Globalizzazione e decadenza industriale” (2015, Imprimatur ed.).

In questo ultimo libro l’Autore fa chiarezza definitiva sull’ ideologia, nel senso di falsa coscienza, dello scontro di civiltà, delle generalizzazioni semplificatorie sull’Islam, sul ruolo della religione, mettendo in primo piano la preponderante importanza dei meccanismi economici soggiacenti alle vicende storiche. Come si è arrivati al punto in cui siamo? Corriamo veramente il rischio di una deflagrazione mondiale?

Una prima spiegazione chiama in causa le responsabilità dell’Occidente nell’ aver contribuito a distruggere gli stati laici arabi come l’Irak, la Libia, la Siria in parte, o averne condizionato l’evoluzione progressista (a questo proposito Moro ci ricorda che anche l’Italia contribui’ alla caduta del leader tunisino Bourguiba). Molti governi occidentali, a cominciare dagli USA, hanno intrattenuto relazioni con raggruppamenti islamici per utilizzarli in modo spregiudicato contro regimi o governi scomodi (vedi l’Afghanistan durante l’occupazione sovietica) e non certo per amore della democrazia ma per la difesa di interessi economici e geopolitici. Le petromonarchie del Golfo, alleate degli Usa come l’Arabia Saudita, il Quatar, ed il Kuwait, non hanno mai corso rischi di defenestrazioni.

Delegare ad altri il ‘lavoro sporco’, costituire contingenti di truppe indigene, non è un fenomeno nuovo ma usuale nella storia europea. L’Italia, ad esempio, utilizzo’ i famosi ascari, nel secondo conflitto mondiale. Oggi, secondo Moro, i nuovi ascari sono i foreign fighters, cittadini europei arruolati nella Jihad del Daesh o Isis, in un fronte di guerra ‘esterno’ che è l’altra faccia di un fronte di guerra ‘interno’. La crescita delle destre in Europa, di cui ne fu segno premonitore il grave attentato terroristico del neo-nazista norvegese Breivik che nel 2011 fece ben 77 morti, è il segno che in Europa si è creato un nuovo ‘popolo dell’abisso’, di londoniana memoria, di bianchi poveri, di figli di immigrati di seconda e terza generazione e di nuova immigrazione. Una realtà che Moro definisce un ‘terzo mondo domestico’ o una ‘colonia interna’: un esercito industriale di riserva con cui mantenere bassi i salari. Questa situazione determina una lotta fra poveri che assume rivestimenti religiosi o di scontri culturali tra civiltà.

Al ruolo della religione in generale, dell’Islam e del radicalismo islamico, nell’epoca della globalizzazione, Moro dedica la parte più corposa del libro. Per prima cosa corregge e confuta l’idea dell’immutabiltà delle religioni, di un’identità metafisica sempre uguale a sé stessa; al contrario cio’ che ha garantito la sopravvivenza e la vitalità delle religioni è stata la loro capacità di adattamento alle mutate situazioni storiche, di adattamento ai cambiamenti dei rapporti sociali e di produzione. La famosa affermazione marxiana sulla religione fa da sfondo, unitamente agli studi del grande storico marxista delle religioni Ambrogio Donini, all’analisi del fenomeno: “Anche oggi – scrive Moro – per una non piccola parte della popolazione europea (sia nativi sia immigrati) la religione (islamica e cristiana, ma anche, sebbene in misura inferiore, le religioni orientali come il buddismo) rappresenta l’unico modo che identità frantumate da una modernità sempre più alienante hanno di esprimersi.” (Sottolineatura mia,pag.51).

La religione islamica, ma non solo quella, è chiamata a rispondere alla perdita di senso nella vita di oggi. Una perdita di senso che si fa molto forte per milioni di immigrati e figli di immigrati in Europa e per milioni di persone che subiscono la distruzione di culture, stili di vita, modelli di consumo nel mondo globalizzato e, pasolinianamente, omologato. Secondo Moro il ‘ritorno’ della religione, nei paesi avanzati, prosegue parallelamente alla perdita di peso dello Stato e di rappresentatività dei parlamenti e dei partiti politici. In sostanza il restringimento degli spazi di democrazia, della partecipazione dei cittadini alla vita politica con la possibilità di influenzare il corso delle cose, apre la strada, soprattutto per le classi subalterne, a chi è capace di offrire un senso alla vita ; parafrasando il famoso slogan si potrebbe dire ‘meno Stato più Religione’.

Il Libro di Moro ci offre, accanto all’analisi rigorosa, anche una mole di informazioni e di fatti storici, passati e recenti, dalle avventure imperialistiche in Libia all’interventismo francese in Africa, dall’uso dell’Islam contro la sinistra ed i comunisti nell’Indonesia del 1965 all’islamizzazione del Pakistan con la dinastia dei Bhutto, per ricordarne solo alcuni.

E’ evidente, per l’Autore, che vada chiaramente distinto l’islamismo dal radicalismo islamico: come il cristianesimo l’islamismo è una religione che “non implica di per sé l’adesione ad un determinato orientamento politico e tantomeno alla Jihad e ad azioni violente…….Fra l’altro l’Islam è molto differenziato anche sul piano dottrinale, ad esempio vi sono importanti correnti quietistiche o addirittura mistiche , come il sufismo, che sono aliene dall’uso della forza” (pag. 65). Impossibile pensare, quindi, ad un Islam immutabile, immutato e monolitico (ricordiamo che si divise quasi subito tra sciiti e sunniti) ma che, al di là delle differenze dottrinali, come quelle tra cattolici e protestanti, ad esempio, esistono differenze profonde tra gli islamici come tra gli arabi ‘reali’. Chiunque viaggi nei paesi del Maghreb, dal Marocco alla Tunisia, e poi in quelli del Golfo come l’Arabia Saudita o il Quatar, paesi con la stessa religione e la stessa lingua, puo’ toccare con mano quanto siano diverse le abitudini concrete e gli stili di vita.

L’ascesa del terrorismo è stata parallela,ci ricorda l’Autore, alla progressiva perdita di influenza delle sinistre laiche arabe soprattutto dopo il crollo dell’URSS; gli stessi Fratelli Musulmani nacquero sulla base di una giusta lotta contro il colonialismo e l’imperialismo occidentale ma oggi “la protesta contro l’esistente tende ad utilizzare gli strumenti ideologici più ‘spontaneamente’ disponibili, quelli radicati nella tradizione storica (pag.86).

Dove si incontrano gli interessi occidentali e quelli dello jihadismo? Secondo Moro per l’imperialismo occidentale si tratta di eliminare Stati come l’Irak, la Libia, la Siria che sono di ostacolo al controllo dell’area mediterranea e mediorientale; per il radicalismo islamico si tratta di eliminare quegli Stati-nazione arabi occidentalizzati, secolarizzati e non osservanti del vero Islam. Questo rapporto, spesso anche contraddittorio, spiega il caso siriano con tutti i tentennamenti e gli ondeggiamenti seguiti dai Paesi occidentali fino all’intervento decisivo di Putin.

Il pregio della fatica di Moro, e che rende anche peculiare il suo libro è l’attenzione rigorosa e documentata portata sui fatti economici. La fase storica nella quale viviamo, secondo l’Autore, è contrassegnata da due fenomeni: la crisi strutturale del modo di produzione capitalistico e la mondializzazione dell’economia. Una crisi non congiunturale ma di lunga durata tanto da far parlare di stagnazione secolare ed accentuando il fenomeno della crescita diseguale; quando cio’ si verifica si determina una spinta a modificare i rapporti di forza economici, politici e militari. Ad esempio attaccare Hezbollah in Libano ed Assad in Siria vuol dire indebolire la Russia e l’Iran e dietro queste due potenze colpire il vero obiettivo, la Cina, molto legata all’Iran per ragioni economiche e politiche. Moro passa in rassegna tutte le guerre per procura che si svolgono sotto i nostri occhi e ci avverte che il militarismo e la guerra fanno parte integrante del processo di accumulazione del capitale perché “spese militari massicce permettono di sostenere l’economia contribuendo a rallentare ed in alcuni casi ad invertire il fenomeno della caduta del saggio di profitto” (pag 116). Per non parlare della guerra che distrugge capitale fisso e crea occasione di investimenti connessi alla ricostruzione post bellica.

Moro ci ricorda l’ammonimento di Papa Francesco perché se è vero che “Il confronto tra USA ed Europa da una parte e Russia e Cina dall’altra….mira ad impedire che la Cina ed altri Paesi possano debordare da un ruolo regionale a uno mondiale mettendo in discussione l’egemonia Usa ed occidentale” (pag. 126) non è azzardato parlare di una Terza guerra mondiale in atto condotta “a pezzi”, come ha detto Bergoglio. Guerre a pezzi, asimmetriche, di prossimità, per procura, per conto terzi fanno tornare di attualità l’alternativa luxemburghiana “socialismo o barbarie”.

Il libro di Moro ci aiuta a capire quello che accade, a vedere i movimenti reali dell’economia e degli interessi in gioco, a guardare al di là dei fenomeni visibili e più mediaticamente comunicativi (la strage di Charlie Hebdo, quella del Bataclan, e cosi’ via). La cassetta degli attrezzi che Moro utilizza è quella di Marx individuando nella caduta tendenziale del saggio di profitto la causa delle crisi ed anche la grande capacità del Capitale di trasformazioni planetarie come l’attuale globalizzazione trionfante.

Add comment

Submit