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Podemos e la "Quarta" socialdemocrazia

di Piemme

Alle porte delle decisive elezioni anticipate del 26 giugno, Pablo Iglesias, fondatore e segretario politico di Podemos, ha rilasciato il 13 giugno scorso, guarda caso al quotidiano El Pais vero e proprio organo dell'oligarchia eurista spagnola, un' intervista che lascerà il segno.

Senza mezzi termini annuncia che dopo le elezioni aspira a fare il Primo ministro, urne (e Re spagnolo) permettendo. Ben sapendo che Podemos, ammesso che diventi secondo partito dopo i Popolari di Rajoy, non avrà la maggioranza, ecco la novità, Iglesias propone un governo coi "socialisti".

L'ambizione gli ha dato alla testa? O si tratta di pura tattica per rubare voti al PSOE? 

Staremo a vedere. L'idea, apparentemente solo bizzarra, è invece una bestialità, visto che il PSOE è, tra i due pilastri su cui si regge il regime oligarchico, forse quella più importante. Per capirci: l'equivalente iberico del Pd.

Se teniamo conto che Podemos, sull'onda del Movimento 15m, sorse proprio per rappresentare l'opposizione dal basso contro entrambi i pilastri del regime neoliberista, la proposta di Iglesias è sorprendente.

Ma sentiamo che dice Iglesias:

«D. Perché il PSOE dovrebbe trovare un accordo con voi per darvi la Presidenza del governo, se non lo avete fatto quando Pedro Sánchez avrebbe potuto essere presidente?

R. I socialisti sono ad un bivio storico, davanti a due opzioni. O accordo con il PP o accordo con Podemos. Hanno cercato un accordo con Ciudadanos, ma non avevano i numeri. La decisione gli si porrà nuovamente. C'è un nuovo spazio di Quarta socialdemocrazia da costruire dopo il fallimento della Terza via. Noi non possiamo costruirlo da soli. Dobbiamo farlo con il Partito socialista. Accada quel che accada il 26 luglio, il PSOE rimarrà un partito fondamentale in Spagna. (...)

In politica è essenziale per capire i rapporti di forza. Senza il partito socialista non andremo al potere. Grazie a loro stiamo già governando nelle principali città spagnole e penso sia un bene che il PSOE assuma un ruolo collaborativo con noi».

Non finisce qui. Iglesias, a smentire che la sua proposta sia una mera manovra tattica, spiega invece che esiste una base ben solida per l'alleanza Podemos-PSOE. Quale?

Sentiamo:

«D. Maturare è cambiare? Mi chiedo se non susciti perplessità quale sia in realtà la posizione ideologica di Podemos. Intendo l’itinerario dal comunismo alla socialdemocrazia  compiuto in pochi mesi. Dove sta davvero Podemos?

R. Dal 2014 ho sempre detto che noi presentiamo un programma socialdemocratico. E’ sin dagli anni ’70 che l’eurocomunismo assunse elementi  chiave del programma della socialdemocrazia, quella di radici nordiche. Sotto la pressione del neoliberismo, negli anni '80 e '90, la socialdemocrazia imboccò quella che Tony Blair chiamò la Terza via. Questa fu messa in pratica da Schröder per poi essere sfrattato  e quindi  inghiottito da partiti conservatori. Questi ultimi stanno difendendo il dogmatismo nelle politiche economiche. Questo spazio aperto ha permesso la comparsa di forze politiche come la nostra. Siamo il risultato del fallimento della Terza via. La nostra socialdemocrazia risponde ad un criterio fiscale redistributivo ed espansivo, più difesa dei diritti sociali, scommettere sui consumi interni».

Quindi, si archivia la narrazione debole in stile grillino "non siamo né di destra né di sinistra", ma non, come si poteva sperare (e come lui stesso aveva più volte ribadito), per abbracciare un populismo democratico radicale. Il piatto che ci offre Iglesias è la vecchia minestra riscaldata  della socialdemocrazia (sic!). Da una narrazione ideale fiacca il Nostro è passato ad una narrazione pessima.

Che poi Iglesias si renda o meno conto che anche per porre fine all'austerità e fare qualche riforma redistributiva, dato il contesto, si deve rompere con la gabbia dell'Unione europea, non lo sappiamo. E questo comunque è un altro discorso, su cui dovremo tornare.

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