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“Resistere”

di Elisabetta Teghil

Nella stagione neoliberista la sussunzione della società nel capitale è completa. La resistenza si qualifica quindi in maniera diversa rispetto al passato perché non può essere semplicemente espressione della difesa di interessi particolari, ma, data la rottura unilaterale e drastica del patto sociale da parte del capitale, deve diventare necessariamente espressione di interessi sociali e perciò immediatamente politici.

Viviamo in un tempo che ha esteso il potere capitalistico della fabbrica alla società tutta. Il potere capitalistico si manifesta in tutte le dimensioni e articolazioni del sociale. Le forme economiche dello sfruttamento, cioè l’organizzazione capitalistica della società, è mutata nelle attuali condizioni. Questo deve essere presente nel nostro impegno, la consapevolezza di questo passaggio.

La voracità onnivora del capitale che vuole annullare ogni forma altra dal suo modello di società si manifesta oltre ogni misura umana immaginabile di sfruttamento e di ipotesi di guerra. Pertanto è necessario definire e praticare ogni misura che sfugga al comando capitalistico. In questa situazione non c’è altra alternativa. Il controllo nazista della popolazione, la criminalizzazione della povertà, la centralità della guerra e la guerra infinita corrispondono a questa società, al disegno imperialistico attraverso la società neoliberista. Il capitale che si è sviluppato oggi come sussunzione reale della società rappresenta la forma più alta dell’autoespansione capitalistica.

Tutto questo richiede risposte adeguate e all’altezza e non può che passare attraverso il rifiuto del comando globale, delle funzioni di gerarchia e di controllo territoriale che ne seguono.

I lavoratori e le lavoratrici sono accomunati a tanti altri segmenti della società e ai popoli del terzo mondo non solo e non tanto per elementi ideologici quanto nella forma comune dello sfruttamento. Un mondo variegato che è tutto dentro le stesse modalità di organizzazione del lavoro, dentro un comune sfruttamento che è divenuto globale E questo esige una costruzione di obiettivi comuni della lotta. Passaggio ineludibile per una presa di coscienza rivoluzionaria tanto più necessario quanto difficile perché il capitale nella stagione neoliberista è diventato un enorme vampiro che tende a riassorbire e a mistificare nel suo interesse tutte e tutti.

Perciò il modello neoliberista si presenta per quello che è: corruzione delle singolarità che vengono ridotte a merce, corruzione del modello democratico che viene ridotto a teatro dei burattini, controllo invasivo della popolazione, povertà forte e diffusa, guerre continue, informazione di regime, intimidazione e repressione per chi tenta di sottrarsi a questo ordine di cose.

Da questo giugno è vietato essere “senzatetto” in molte ricche cittadine americane: vietato fare l’elemosina, vietato dormire nei parchi pubblici, vietato sedersi sui marciapiedi. E’ una guerra legale senza precedenti contro i poveri/e, in Florida, nelle Hawai, in Virginia, in Oklaoma, in California. E’ vietato dormire in auto e sono previste multe per chi distribuisce cibo ai vagabondi. A marzo il comune di Verona aveva emesso un’ordinanza che comminava multe fino a 500 euro per chiunque desse soldi ai “questuanti” e agli “accattoni” per usare due termini tanto cari ai perbenisti, fuori da chiese, bar, ristoranti, negozi.

Il 10 giugno appena trascorso è entrata in vigore, nel silenzio più totale, la legge 85 del 30 giugno 2009 che dispone la creazione di una banca dati nazionale del DNA. Il sistema per la realizzazione della banca dati è fornito dall’Fbi e si chiama Codis (Combined Dna Index System).

Mentre fino ad ora per prelevare il Dna era necessario il mandato della magistratura, ora il prelievo è un’operazione di polizia. Come al solito e come sempre tutte queste misure repressive vengono veicolate con “nobili motivazioni” vale a dire la lotta al terrorismo e alla delinquenza, ma da quando è stata approvata la legge, il prelievo del Dna è già stato operato per situazioni di conflitto sociale come il NO Expò del 1 maggio a Milano e all’aeroporto di Bergamo e per le mobilitazioni antimilitariste in Sardegna. Il vero intento è monitorare, schedare, controllare, sorvegliare, punire, i soggetti sociali ritenuti refrattari e “pericolosi” per estendersi poi alla società tutta. A conferma che questa è una società nazista per le modalità e la capillarità del controllo, è una società ottocentesca per la guerra ai poveri.

La lotta non può essere categoriale, la resistenza non può essere corporativa, ma in qualsiasi ambito deve essere contro le forme di controllo, contro la gerarchia e la meritocrazia, contro le linee guida del dominio.

Sono queste le sfide che dobbiamo raccogliere, questo significa resistere.

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