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pianoinclinato

La chiesa è addobbata ma la sposa non ancora

by Beneath Surface

Hicks lasciò un po’ di polvere da rimuovere, ma il suo impianto teorico sembrava piacere, e Franco Modigliani contribuì con il paper Liquidity preference and the Theory of interest and money del 1944 in cui riprese il modello di Hicks e dimostrò che, tolti i casi della trappola della liquidità e della inelasticità degli investimenti ai tassi di interesse, si poteva costruire un modello che giungesse spontaneamente all’equilibrio economico pur partendo dalla disoccupazione keynesiana.

Il segreto stava nell’introdurre salari flessibili nel lungo periodo e rigidità nominali nel breve. (vds nota 1)

Modigliani infatti dimostrò che l’ipotesi di salari rigidi nel breve fosse sufficiente per determinare la situazione keynesiana, qualora fosse assunta data l’offerta di moneta, ma che la completa flessibilità nel lungo periodo permetteva di far equivalere salari reali e produttività marginale del lavoro e quindi portare il sistema all’equilibrio di piena occupazione.

Questo è il normalissimo riassunto che trovereste pari-pari scritto in ogni testo universitario.

Però contiene un “inghippo” da qualche parte, e ora lo analizzeremo per scoprirlo.

Le condizioni per cui si riesce a passare dal disequilibrio keynesiano di breve periodo all’equilibrio classico di lungo devono giocoforza poggiare su 5 ipotesi:

  1. informazioni perfette e complete,
  2. agenti razionali e assenza di illusione monetaria,
  3. aspettative sui prezzi sempre realizzate,
  4. nel sistema economico non vi siano attriti che impediscano il regolare funzionamento dei meccanismi di mercato,
  5. la domanda aggregata non varia al variare della distribuzione del reddito fra i soggetti.

Ipotesi del tutto naturali e realistiche, non trovate?

Se una sola di queste cinque ipotesi dovesse cadere, allora non si potrebbe garantire il riequilibrio nel lungo periodo. E se avete dei dubbi sulle 5 ipotesi, leggetevi qui di seguito il meccanismo di riequilibrio e provate a toglierne una o più di una.

Partiamo da una situazione di disoccupazione: questo equivale a dire che i risparmi sono superiori agli investimenti, cioè il tasso di interesse supera il tasso naturale, e che il salario monetario è superiore a quello che garantirebbe l’uguaglianza fra offerta e domanda di lavoro. Se però i salari monetari fossero flessibili nel lungo periodo, allora la contrattazione (anche sindacale) per garantire la piena occupazione farebbe scendere i salari monetari, determinando una riduzione dei salari reali e quindi una crescita della produzione. Si creerebbe quindi un eccesso di offerta sul mercato dei beni e servizi che spingerebbe verso il basso i prezzi i quali aumenterebbero la domanda reale di moneta che farebbe diminuire i tassi di interesse che favorirebbero gli investimenti e quindi la domanda aggregata, sostenendo così la produzione e il relativo livello di piena occupazione del lavoro.

E vissero tutti felici e contenti.

Analizzando bene la catena dei nessi logici ci si rende conto che la teoria classica è stata snaturata dai teorici della Sintesi con l’innesto di “varianti” keynesiane: il riequilibrio è sì dovuto a flessibilità salariale e ad un processo deflazionistico (1-0 per i Classici), ma è possibile mantenerlo esclusivamente con una variazione della quantità reale di moneta e quindi dei tassi di interesse e inoltre ipotizzando che sia all’opera un meccanismo tipo moltiplicatore keynesiano nel passaggio fra crescita degli investimenti e crescita del PIL (pareggio dei keynesiani).

Fin qua tutto legittimo, no? D’altronde stiamo riscrivendo la teoria economica, ovvio che qualcosa dovrà mutare fisionomia.

Ma a me l’impertinenza piace un sacco, e mi chiedo se un serio lettore messo a conoscenza dei fatti e delle ipotesi sarebbe altrettanto sicuro di voler abbracciare acriticamente questa teoria se sapesse che deve accettare ipotesi di mercati perfetti, informazione completa, razionalità eccelsa e “sfera di cristallo” gratis e all’opera 24h….

Volete una contro-deduzione sulla falsariga della catena di nessi sopra esposta per chiarirvi il problema?

Sedetevi e allacciate le cinture: La spiegazione dei nessi logici data sopra stona alle orecchie di chiunque accetta incertezza, asimmetrie informative e illusione monetaria: un imprenditore dovrebbe infatti accettare di aumentare la produzione pur sapendo che ci potremmo già trovare in una potenziale situazione di eccesso di offerta (è il classico motivo per cui l’imprenditore decide di ridurre la produzione, licenzia e abbiamo disoccupazione); inoltre, poiché il processo di riduzione dei salari monetari avviene sequenzialmente e non tramite un banditore walrasiano, allora è generalmente un processo del tipo trial and error in cui rimane per tutto il tempo alto il rischio di continuare a pagare un salario reale superiore alla produttività pur continuando a aumentare la produzione, quindi teoricamente in perdita (nel caso i mercati fossero concorrenziali, ipotesi che i neoclassici devono assumere anche per evitare problemi di frizioni nel sistema di aggiustamento spontaneo del mercato del lavoro).

E la frittata è servita.

Si noti tra l’altro la distanza rispetto al Keynes originale che (parere mio) postulava la scarsa o nulla flessibilità dei salari monetari ma soprattutto era scettico sulla possibilità che scendessero (salvo gravissime crisi economiche e disoccupazionali).

Il resto poi è deprimente: in ogni caso la catena logica sopra esposta si inceppa da sè in due casi particolari ma con i quali la Sintesi doveva tuttavia fare i conti perché appartenenti all’interpretazione che essa dava di Keynes, prima dei lavori di esegesi di Leijonufhvud e Tobin.

I casi sono quello della trappola della liquidità e quello della inelasticità degli investimenti ai tassi: nel primo caso il tasso di interesse non diminuirà mai malgrado l’aumento della moneta, nel secondo gli investimenti non reagiranno alla discesa dei tassi.

In questi due casi, “perfettamente keynesiani” per i nostri economisti del tempo, il loro bel schemino faceva acqua e loro ci si potevano fare aria.

La prossima volta vedremo che per fortuna arrivò Don Patinkin a sistemare le cose. Oppure no?


(nota 1) Modigliani perfezionò e integrò il suo modello del 1944 con un lavoro del 1963, The monetary mechanism and its interaction with real phenomena.

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