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Al di qua del Bene e del male: l’involuzione del bene e del male

di Jean Baudrillard

La fine dell’economia politica l’abbiamo sognata con Marx mediante l’estinzione delle classi e la trasparenza del sociale seguendo l’ineluttabile logica della crisi del capitale. Poi l’abbiamo sognata contro Marx nella negazione dei postulati dell’economia, alternativa radicale che nega ogni primato dell’economico o del politico, in prima come in ultima istanza: l’economia politica semplicemente abolita come epifenomeno, sopraffatta dal proprio simulacro e da una logica superiore.

Oggi non dobbiamo più nemmeno sognarla, questa fine. L’economia politica svanisce da sola sotto i nostri occhi, trasformandosi in una trans-economia della speculazione e sbeffeggiando la sua stessa logica (la legge del valore, quella del mercato, la produzione, il plusvalore, la logica stessa del capitale) in nome di un gioco dalle regole fluttuanti e arbitrarie, il gioco della catastrofe.

L’economia politica sarà pure finita, ma non come ci aspettavamo esacerbandosi fino alla parodia. La speculazione non è più plusvalore,, ma è l’estasi del valore, senza alcun riferimento alla produzione né alle sue condizioni reali. È la forma nuda e pura, la forma purgata del valore, che gioca solo con la propria rivoluzione e circolazione orbitale. È destabilizzandosi da sola in modo mostruoso, ironico in qualche modo, che l’economia politica cortocircuita ogni alternativa. Perché, cosa possiamo contrapporre a un simile gioco al rialzo che riprende a moso suo la forza del potlatch, del poker,della sfida alla logica, e rappresenta in qualche modo il passaggio alla fase estetica e delirante dell’economia – che è il modo più singolare di porvi fine, più originale in fondo di tutte le nostre utopie politiche?  Davanti a questo salto mortale, la teoria può effettuare un doppio salto mortale per mantenersi in vantaggio?

La grande idea nietzschiana della transvalutazione di tutti i valori è stata realizzata esattamente all’inverso, nell’involuzione di tutti i valori. Non siamo andati al di là, ma al di qua del Bene e del Male, al di qua del Vero e del Falso, al di qua del Bello e del Brutto – non per eccesso, ma per difetto. Non c’è stata trasmutazione né superamento, ma dissoluzione e indistinzione.

Noi sognavamo una mutazione trasgressiva, per eccesso, del valo­re. Si è invece realizzata una mutazione regressiva, recessiva, involu­tiva. Diesseits von Gut und Bose. Requiescat Nietzsche. Alla trasmutazione abbiamo sostituito la commutazione dei valori alla loro trasfigurazione reciproca l’indifferenza l’uno verso l’altro e la confusione. La loro trans-svalutazione in qualche modo. La congiuntura contemporanea, della riabilitazione di tutti i valori e della loro commutazione indifferenziata, è la peggiore che si possa immaginare.

Anche la distinzione fra l’utile e l’inutile non può più essere man­ tenuta, vista l’eccessiva funzionalità che la loro contaminazione implica – è la campana a morto per il valore d’uso.

Il vero si dissol­ve nel più vero del vero, nel troppo vero per essere vero – è il regno della simulazione. Il falso si riassorbe nel troppo falso per essere falso – è la fine dell’illusione estetica. E la perdita del male ancora più dolorosa di quella del bene, quella del falso anora più dolorosa di quella del vero.

Oggi tentiamo di riabilitare tutti i valori uno per uno,ma quel che non sappiamo più ricreare è l’elettricità della loro contraddizio­ne. Lo stesso avviene per i valori individuali: li abbiamo riabilitati non nella loro tensione dialettica con il sociale, ma allo stesso titolo del sociale, come capolavori in pericolo.

Svuotati di quella tensione negativa diventano equivalenti, sostuibili. Traspaiono gli uni attraverso gli altri – il bene atraverso .il male, il falso attraverso il vero, il brutto attraverso il bello, il maschile attraverso il femminile, e reciprocamente.

Ognuno guarda storto attraverso l’altro. Strabismo generalizzato del valore.

Siamo lontani da una tensione e una collisione dei valori corrispondente a un loro potenziamento, così come lo scontro fra materia e antimateria corrisponderebbe a una liberazione definitiva di energia. Quando il falso recupera tutta l’energia del vero, o l’inverso, abbiamo l’arte, o l’illusione. Quando il reale assorbe tutta l’energia dell’irreale, siamo alla finzione. Invece, quando ilvero perde anche la sua energia inversa,quella dell’immaginario, allora siamo alla simulazione, il grado più basso dell’illusione. Quando il bene perde anche l’energia del male, siamo al grado più basso della morale.

Lo stesso accade a tutti i sistemi, compresi i sistemi di valore, caratterizzati dalla perdita di riferimento e dal superamento del proprio scopo. Andati al di là della loro determinazione e del loro principio, diventano metastatici, nel senso letterale di un qualsiasi processo biologico che s’irradi per tutto il corpo. Per questo il sesso non è più nel sesso, il politico non è più nel politico, ma sono altrove. Anche l’estetica in quanto tale è come un virus filtrante. Tutte le categorizzazioni si dissolvono a profitto di una specie d’ipersincretismo, di omeostasi e di confusione.

Ma questa specie di superfusione libera, d’irradiazione, di virulenza del valore, al termine della quale questi investe, o meglio infetta, ogni cosa in un processo epidemico irrefrenabile, è la conseguenza di un passaggio al di là del valore o, invece, il segno dell’impossibilità di negarsi in quanto tale? Al di là del valore noi ci siamo già, con i flussi borsistici e la deriva dei capitali – per limitarci solo all’economia. Ma è questa l’utopia realizzata del valore? Sembra piuttosto che il valore in quanto tale abbia scelto una strategia fatale, che abbia scelto di andare al di là del proprio scopo mediante una liberazione totale della propria energia nel vuoto, una liquidazione totale e na disperata fuga in avanti.Al destino del valore si può contrapporre solo quello della forma.

Tutte le forme si sono successivamente degradate in valori, così come le diverse forme di energia si degradano in calore. Degradazione nell’estetica come valore, nella morale come valore, nell’ideologia come valore. Ma i valori in quanto tali si degradano e finiscono per confondersi, all’interno di un universo frattale, aleatorio e statistico, nell’indifferenza e nell’equivalenza secondo un’accelerazione perpetua simile al moto browniano delle molecole.

Abbiamo così perduto il valore d’uso, poi il buon vecchio valore di scambio, volatilizzato dalla speculazione, e perdendo anche il valore-segno a profitto di una segnaletica indefinita, ogni logica differenziale del segno a profitto di una circolazione informatica indifferenziata. Il segno in quanto tale non è più quello che era. Entropia fisica, entropia metafisica: ogni valore è posto sotto il segno dell’entropia, come ogni differenza sotto il segno dell’indifferenza. Tutto quel che vive di differenza perirà nell’indifferenziato. Tutto quel che vive di valore perirà nell’equivalenza. Tutto quel che vive di senso perirà nell’insignificanza. È proprio perché non sappiamo più cosa sia vero e cosa falso, cosa sia bene e cosa male, cosa abbia valore e cosa non ne abbia, che ci troviamo costretti a immagazzinare tutto, a registrare tutto, a conservare tutto, dal che deriva una svalutazione senza appello. È proprio perché non    c’è più alcun criterio di valore che accumuliamo all’infinito oppure è proprio perché ci siamo messi a immagazzinare, ad accumulare, ad aggiungere il reale al reale e l’informazione all’informazione che ognivalore è diventato indifferente e indeterminabile? Anche questo è indeterminabile.

Contro il gioco differenziale del valore, il gioco duale della forma: reversibilità e metamorfosi. Le forme non si differenziano l’una dall’altra, sono tutte singolari e incomparabili. È proprio perché sono incomparabili che noi le viviamo, al pari del linguaggio , come una felice catastrofe – o come la dualità incomparabile del maschile e del femminile, che esistono solo per sedursi senza mai riconciliarsi. Né attiva, né passiva, né oggetto, né soggetto, né singolare, né plurale: tale è la modalità duale e reversibile che mantiene tra una forma e l’altra una distanza radicale e una segreta intelligenza – una connessione predestinata.

Anche la metamorfosi è una felice catastrofe: è quella incessante di un sesso nell’altro, delle idee le une nelle altre, delle tonalità, delle parole e dei colori. È quella dell’umano nell’inumano, e viceversa, attraverso il ciclo completo delle apparenze, delle forme, delle sostanze: vegetale, minerale, animale, umano – ma perché non altre forme, sovraumane, dal momento che l’umano non è più la ragione ultima della storia?

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