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USA troppo ambiziosi? Ecco cosa succede in Asia

di Pierluigi Fagan

C'è una sproporzione tra l'obiettivo massimo USA (controllare l'intero mondo e impedire il formarsi di strutture multipolari) e le capacità di perseguirlo

La geopolitica americana ha tre problemi

Il primo è contingente ed è la transizione tra vecchia e nuova presidenza

Il secondo è procedurale, nel senso che gli USA sperano di controllare il mondo con le armi mentre il principale competitor, la Cina, ha i soldi. Le armi però creano disordine, i soldi invece creano ordine e in più - in questa fase mondiale - sono soggetti al principio di scarsità. 

Il terzo è il più serio. Manovrare contemporaneamente Europa, Medio Oriente, Russia, Cina-Asia, con un occhio all'Africa e al Sud America, sembra palesare il rischio a cui vanno incontro tutti gli imperi: l'overstretching (l'allargamento eccessivo, il sovraccarico, la spremitura esorbitante delle capacità, ndr). 

L'overstretching ha sia aspetti quantitativi (troppo impegni che portano al fallimento logistico), sia aspetti qualitativi, ovvero l'incapacità di gestire cose più grandi delle proprie obiettive capacità.

I due articoli linkati in coda all'articolo dicono da una parte (The Guardian) che gli USA vogliono perseguire con sempre più insistenza il loro pivot to Asia, dall'altra (La Stampa) che le Filippine, ritenute base certa e sicura per fare perno nell'area, stanno diventando tutt'altro che una piattaforma certa e sicura. Non è improbabile che dietro il riposizionamento dell'uomo forte di Manila, Rodrigo Duterte, ci siano contatti diplomatici con i cinesi per risolvere in un qualche modo (soldi, investimenti) il contenzioso sulle isolette che la corte dell'Aja avrebbe riconosciuto di sovranità filippina. 

Ma più in generale, all'ultimo incontro ASEAN, c'è stato un diffuso sconcerto generale per il fatto che gli USA, dopo aver pressato e stressato tutti con mezzi leciti e illeciti per la firma del TPP, sono proprio coloro che ora non vogliono più ratificarlo

Il primo ministro thailandese pare abbia ironicamente consigliato agli americani di dare una miliardaria commessa ai cinesi per farsi rifare la rete ferroviaria interna agli States, di modo da rasserenare gli animi e spandere pace e concordia per il bene di tutti. 

The Guardian dice anche che Singapore, Indonesia e Filippine sono più che altro preoccupate dall'insorgenza islamista e le ambiguità americane con la madre del fenomeno (Arabia Saudita) di certo non rassicurano. 

Henry Kissinger - a suo tempo - sostenne che per gli americani, la mentalità asiatica sarebbe stata impossibile da penetrare e gestire.

Sembrerebbe quindi manifestarsi una sproporzione tra i compiti che gli USA si vogliono dare per l'obiettivo massimo (praticamente il controllo dell'intero mondo e l'impedimento del formarsi di strutture multipolari) e le capacità di perseguirlo

Gli USA hanno da tempo devastato la propria rete diplomatica che ormai non esiste più e sembrano guidati solo dal proprio complesso militare-industriale che storicamente non è mai idoneo a gestire cose complesse. Gestire la complessità multipolare con il militare è come dilettarsi nel cucito con i guanti da boxe

Hanno terminato la loro capacità di spesa e non sono più in grado di varare un Piano Marshall. Quando offrono un trattato commerciale per poi oliare la loro penetrazione militare, prima spingono, poi si ritraggono. Firmano accordi di tregua (Siria) e poi li bombardano.

Nel mondo nuovo multipolare, la prima qualità da preservare per la percezione pubblica che gli stati avranno tra loro stessi, sarà la reputazione perché la convivenza si fa difficile e s'impone un qualche codice di condotta educata, altrimenti è caos per tutti. E a nessun governo, di nessun tipo, piace il caos. 

Gli USA, non sembrano averlo capito e diventano oggi giorno di più, più imbarazzanti e preoccupanti.

https://www.theguardian.com/./us-will-sharpen-military-edge.

http://www.lastampa.it/./filippine-duterte-annu./pagina.html

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