Print Friendly, PDF & Email

eddyburg

L’ avvenire mediterraneo dell’Italia

di Piero Bevilacqua

«Se l’Europa non ci dà ascolto, faremo da soli» ha sbruffato Renzi di fronte alle crescenti chiusure dei governi dell’Unione, che non vogliono farsi carico dei migranti in fuga da guerre e miseria. Ma come faremo da soli, noi, abitanti di una penisola in mezzo al Mediterraneo, che non ha frontiere se non tra le valli delle Alpi? Eppure in questa espressione di sfida si può limpidamente scorgere la differenza che corre tra uno statista, figura quasi scomparsa, che guida il proprio paese con lungimiranza strategica e un qualunque rappresentante del ceto politico. Vale a dire quella figura oggi prevalente di professionista, perennemente in campagna elettorale, che usa le leve del potere pubblico per affermare e conservare il proprio. Uno sguardo ai membri dei governi europei ci offre un campionario desolatamente esaustivo. Il moto di Renzi, naturalmente, è un abbaiare dei cani alla luna. Ed è noto che quella solitaria protesta non ha mai cambiato la sorte dei cani sulla Terrai, né il corso dei moti lunari.

Eppure, se Renzi fosse uno statista potrebbe davvero sparigliare le carte, con una mossa che toglierebbe il sonno a non pochi governi. Il ritiro unilaterale e immediato dei nostri soldati, circa 4.500, dai vari teatri di guerra e il disimpegno economico del nostro stato in spese belliche: oltre 29 miliardi di € nell’anno 2015, circa 80 milioni di € al giorno secondo i dati dell’agenzia indipendente Sthockolm International Peace Research (SIPRI).

Uno sperpero immenso di denaro pubblico con cui non solo potremmo organizzare una dignitosa accoglienza dei migranti, ma fare di questi la leva demografica e sociale per la riorganizzazione del nostro territorio, dando un nuovo slancio alla vita economica e sociale dell’intero paese. Lo sforzo che oggi l’Italia sostiene per fare guerre camuffate dovrebbe essere interamente rivolto all’interno, a fronteggiare la più grande sfida che il paese ha davanti a sé nel suo immediato futuro. Dovrebbe apparire chiaro, infatti, che le chiusure sempre più ottuse e feroci degli stati del Nord Europa ai disperati che fuggono da guerra e miseria, trasformeranno l’Italia da paese di transito in mèta finale e permanente.

Il passo che un vero statista dovrebbe compiere è uscire dalla Nato. Oggi esistono buone ragioni per disfare la struttura dell’Alleanza atlantica. Essa non aveva più ragioni di esistere dopo il tracollo del Patto di Varsavia. Eppure sotto il dominio americano essa ha continuato la sua opera, provocando danni immensi e incalcolabili all’umanità intera. Rammentiamo qui brevemente, tralasciando le guerre balcaniche, che sotto lo scudo statunitense, almeno una parte di paesi Nato ha invaso l’Afganistan, intrapreso la rovinosa guerra in Iraq (dalle cui macerie è sorta l’Isis, il più sanguinario fenomeno di terrorismo internazionale dei nostri tempi), ha invaso e devastato la Libia. Ma anche in Europa, la politica americana della Nato è fonte di tensioni crescenti e di conflitti armati (Ucraina) .Rinfocolando i risentimenti antirussi di molti paesi dell’Est, ha fatto rinascere antichi nazionalismi e spinto la Russia verso un irrigidimento sempre più autoritario, favorendo platealmente il potere personale di Putin. 

Chi possiede intelligenza delle cose del mondo deve riconoscere che gli USA hanno necessità di ricreare la figura di un grande Nemico esterno, venuto a mancare dopo il crollo dell’URSS. Ne hanno bisogno per ragioni di politica interna, per mantenere il consenso tra il popolo americano, sempre più deluso e lacerato. E per conservare il loro blocco di alleanze internazionali. Ma anche per ragioni economiche: la costosissima macchina industriale-militare degli USA ha bisogno di utilizzare, con guerre locali, ma anche di vendere i suoi prodotti. E i paesi Nato costituiscono la sua migliore ( anche se non unica) clientela. Il caso degli acquisti dei caccia F35 da parte dell’Italia - paese che per norma costituzionale ripudia la guerra - è la spia più clamorosa della disposizione e della pratica servile dei nostri governanti verso questo potere opaco e dispendioso che sfugge a ogni controllo democratico.

L’uscita dalla Nato potrebbe favorire il processo di unificazione dell’Europa. Dopo la Brexit sarebbe più agevole la costituzione di una difesa europea comune, una difesa leggera, assai meno dispendiosa di quella affidata ai singoli stati, non soggetta agli interessi commerciali USA. L’Italia, insieme alla Spagna, al Portogallo, alla Grecia potrebbe mettersi alla testa di questa coraggiosa svolta politica, in grado di trascinare anche la Francia, se il senso del bene comune tornasse a brillare tra i socialisti di quel paese. Noi ne abbiamo necessità vitale. Il modo in cui evolverà il continente africano nei prossimi anni deciderà molte cose dell’avvenire del nostro Paese. Occorre una grande politica verso i paesi del Mediterraneo e non la si può realizzare con i dogmi fallimentari dell’ordoliberalismo tedesco. Mentre su questo blocco di paesi si potrebbe progettare un euro.2, una moneta euromediterranea, che segni una via d’uscita dal più grave errore fondativo dell’Unione Europea. 

Comments

Search Reset
0
Claudio
Friday, 14 October 2016 17:09
Sulla questione emigrazione, oggetto centrale del suo scritto, sul quale non ho commentato, aggiungo: fatto salve le sue argomentazioni, credo che dovremmo smetterla di unirci ai piagnistei dei nostri governanti, accusandoli invece per come in ben settant’anni abbiano addirittura peggiorato la situazione del nostro meridione e non siano ora capaci a gestire centralmente il problema degli emigranti, lasciati vergognosamente a comuni e regioni, questioni che invece la Germania ha saputo almeno in parte risolvere, sia con l’unificazione della Germania Est, sia con una gestione meno scandalosa di quella italiana, sul suolo nazionale, ospitando oltre un milione di essi. Sulla questione migranti sentiamo spesso abbaiare contro i paesi nordici, ma a parte la questione dei salvataggi in mare, in cui l’Italia, dopo averne lasciato affogare oltre mille in due ritardati interventi, sta agendo praticamente da sola, essa ospita molti meno migranti degli altri paesi europei. Infatti i dati 2015 riportati da Limes del 10/08/16 per ogni mille abitanti, ci dicono che ne ospita 17,4 la Svezia, 9,8 la Norvegia, 8,9 la Svizzera, 8,4 l’Austria, 8,3 Cipro, 5,2 l’Olanda, 5,0 la Serbia, 4,8 la Danimarca, 4,1 la Francia, 3,9 la Germania… e soltanto 1,9 l’Italia e la Gran Bretagna.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Claudio
Wednesday, 12 October 2016 21:23
La sua tesi mi pare apprezzabile e condivisibile, ma non credo che sia attuabile per via delle eccessive debolezze intrinseche del sistema paese, Se non erro abbiamo il terzo debito pubblico del mondo, siamo ai vertici mondiali anche per la corruzione in senso lato, in quanto a sistema economico è da oltre vent'anni che non si cresce, infine abbiamo un sistema bancario che rischia il default. Quest'insieme di fattori ne fanno un paese assai fragile e ricattabile da un sistema finanziario globale che ha tutti i mezzi a disposizione per metterci a cuccia, se non si ubbidisce agli ordini e si cerca d'alzare la testa come lei suggerisce. La tornata speculativa del 2011 insegna.
Inoltre, prima di prendersela con la Germania, che senza ombra di dubbio ha le sue grosse colpe, bisognerebbe avere il coraggio di guardare in casa nostra. Quale fiducia possiamo dare alla Germania e agli altri paesi nordici, se i sacrifici sono stati imposti soltanto alle classi sociali più deboli, se le moltissime aziende che fanno capo agli enti locali che non operano ma hanno soltanto un consiglio d'amministrazione per poter regalare uno stipendio ai politicanti e sindacalisti trombati non vengono chiuse, se continuiamo a pagare le pensioni d'oro ed altro ancora, se le varie burocrazie apicali continuano a riscuotere emolumenti nell'ordine di due/tre volte quelli dei corrispondenti gradi dei paesi più sviluppati, se abbiamo fatto finta di eliminato le province sulla carta e ora vogliamo ripetere il giochetto col senato, in compenso però quando si è trattato di portare avanti la riforma del lavoro non si è scherzato, lì si è andato giù duro, tanto da essere d'esempio per la Francia e per vai altri paesi (imperialistici).
Anche sull'entrata nell'euro, siamo proprio sicuri che sia stato il peggior sbaglio politicamente commesso dal nostro paese? Se avessimo avuto le lirette non si è mai chiesto a quanto ammonterebbe il tasso d'interesse che avremmo pagato sul mastodontico debito pubblico, sugli assai scarsi investimenti e sui mutui, o quanto pagheremmo i prodotti energetici e le altre merci importate? Se si fa un po' di conti e non ci si limita a ripetere triti luoghi comuni che spacciamo per verità lapalissiane, probabilmente tali affermazioni non le faremmo..
Like Like Reply | Reply with quote | Quote

Add comment

Submit