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lantidiplomatico

Le relazioni tra Ue e Cina... decise dalla NATO

di Manlio Dinucci

Accademia di marxismo presso l’Accademia cinese di scienze sociali Associazione politico-culturale Marx XXI Forum Europeo 2016 / La “Via Cinese” e il contesto internazionale Roma, 15 ottobre 2016 Il ruolo di Usa e Nato nel rapporto della Ue con la Cina

Vado subito al nodo della questione. Penso che non si possa parlare di relazioni tra Unione europea e Cina indipendentemente dall’influenza che gli Stati uniti esercitano sull’Unione europea, direttamente e tramite la Nato. Oggi 22 dei 28 paesi della Ue (21 su 27 dopo l’uscita della Gran Bretagna dalla UE), con oltre il 90% della popolazione dell’Unione, fanno parte della Nato, riconosciuta dalla Ue quale «fondamento della difesa collettiva».

E la Nato è sotto comando Usa: il Comandante supremo alleato in Europa viene sempre nominato dal Presidente degli Stati uniti d’America e sono in mano agli Usa tutti gli altri comandi chiave. La politica estera e militare dell’Unione europea è quindi fondamentalmente subordinata alla strategia statunitense, su cui convergono le maggiori potenze europee. Tale strategia, chiaramente enunciata nei documenti ufficiali, viene tracciata nel momento storico in cui cambia la situazione mondiale in seguito alla disgregazione dell’Urss. Nel 1991 la Casa Bianca dichiara nella National Security Strategy of the United States: «Gli Stati Uniti rimangono il solo Stato con una forza, una portata e un'influenza in ogni dimensione - politica, economica e militare - realmente globali. Non esiste alcun sostituto alla leadership americana».

Nel 1992, nella Defense Planning Guidance, il Pentagono sottolinea: «Il nostro primo obiettivo è impedire che qualsiasi potenza ostile domini una regione le cui risorse sarebbero sufficienti a generare una potenza globale. Queste regioni comprendono l'Europa occidentale, l'Asia orientale, il territorio dell'ex Unione Sovietica, e l'Asia sud-occidentale». Nel 2001, nel rapporto Quadrennial Defense Review – pubblicato una settimana prima della guerra Usa/Nato in Afghanistan, area di prmaria importanza geostrategica nei confronti di Russia e Cina – il Pentagono annuncia: «Esiste la possibilità che emerga in Asia un rivale militare con una formidabile base di risorse.

Le nostre forze armate devono mantenere la capacità di imporre la volontà degli Stati uniti a qualsiasi avversario, così da cambiare il regime di uno Stato avversario od occupare un territorio straniero finché gli obiettivi strategici statunitensi non siano realizzati». In base a tale strategia, la Nato sotto comando Usa ha lanciato la sua offensiva sul fronte orientale: dopo aver demolito con la guerra la Federazione Jugoslava, dal 1999 ad oggi ha inglobato tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre della ex Jugoslavia, tre della ex Urss, e tra poco ne ingloberà altri (a partire da Georgia e Ucraina, questa di fatto già nella Nato), spostando basi e forze, anche nucleari, sempre più a ridosso della Russia. Contemporaneamente, sul fronte meridionale strettamente connesso a quello orientale, la Nato sotto comando Usa ha demolito con la guerra lo Stato libico e ha cercato di fare lo stesso con quello siriano. Usa e Nato hanno fatto esplodere la crisi ucraina e, accusando la Russia di «destabilizzare la sicurezza europea», hanno trascinato l’Europa in una nuova guerra fredda, voluta soprattutto da Washington (a spese delle economie europee danneggiate dalle sanzioni e controsanzioni) per spezzare i rapporti economici e politici Russia-Ue dannosi per gli interessi statunitensi. Nella stessa strategia rientra il crescente spostamento di forze militari Usa nella regione Asia/Pacifico in funzione anticinese.

La U.S. Navy ha annunciato che nel 2020 concentrerà in questa regione il 60% delle sue forze navali e aeree. La strategia statunitense è focalizzata sul Mar Cinese Meridionale, di cui l’ammiraglio Harris, capo del Comando Usa per il Pacifico, sottolinea l’importanza: da qui passa un commercio marittimo del valore annuo di oltre 5 mila miliardi di dollari, compreso il 25% dell’export mondiale di petrolio e il 50% di quello di gas naturale.

Gli Usa vogliono controllare queste rotte in nome di quella che l’ammiraglio Harris definisce «libertà di navigazione fondamentale per il nostro sistema di vita qui negli Stati uniti», accusando la Cina (cito) di «azioni aggressive nel Mar Cinese Meridionale, analoghe a quelle della Russia in Crimea». Per questo la U.S. Navy «pattuglia» il Mar Cinese Meridionale. Sulla scia degli Stati uniti arrivano le maggiori potenze europee: lo scorso luglio la Francia ha sollecitato l’Unione europea a «coordinare il pattugliameto navale del Mar Cinese Meridionale per assicurare una regolare e visibile presenza in queste acque illegalmente reclamate dalla Cina».

E mentre gli Stati uniti installano in Corea del Sud sistemi «anti-missile» ma in grado di lanciare anche missili nucleari, analoghi a quelli installati contro la Russia in Romania e prossimamente in Polonia, oltre che a bordo di navi da guerra nel Mediterraneo, il segretario generale della Nato Stoltenberg riceve il 6 ottobre a Bruxelles il ministro degli esteri sudcoreano, per «rafforzare la partnership della Nato con Seul». Questi e altri fatti dimostrano che in Europa e in Asia viene attuata la stessa strategia. È il tentativo estremo degli Stati uniti e delle altre potenze occidentali di mantenere la supremazia economica, politica e militare, in un mondo in forte trasformazione, in cui emergono nuovi soggetti statuali e sociali.

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