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coordinamenta

“Daspo di vita”

di Elisabetta Teghil

Nella fase attuale la socialdemocrazia riformista si fa parte attiva del processo di naturalizzazione del neoliberismo offrendosi come strumento di costruzione del consenso. Da una parte invitando i subalterni/e a sempre maggiori sacrifici in nome della “crisi” e dei presunti sprechi del passato, dall’altra cercando di dirottare e mobilitare il popolo di sinistra in battaglie di opinione a sostegno delle mire imperialiste sul fronte esterno, dall’Afghanistan passando per la Somalia, la Jugoslavia, la Libia e via dicendo per arrivare alla Siria in nome dell’esportazione della democrazia e delle guerre umanitarie e, sul fronte interno, propagandando una necessità di “sicurezza”, “decoro”, legalità, convivenza civile e così detto “rispetto” per il “bene pubblico”, mutuando, tra l’altro, termini come quello di “bene comune” dal lessico di sinistra con un’operazione che è stata ed è lo strumento principe della socialdemocrazia riformista per il coinvolgimento anche della sinistra antagonista.

Con l’affermarsi del neoliberismo per decisione unilaterale è saltata l’alleanza tra la borghesia imperialista o iper borghesia e la borghesia burocratica di Stato e la media e piccola borghesia, un’alleanza che era stata definita nel periodo fascista e che era stata rinnovata nel secondo dopoguerra nella stagione democristiana.

Una stagione caratterizzata da una struttura industriale di Stato, da una forte burocrazia e da una miriade di piccole industrie, piccole imprese artigianali, piccole aziende agricole, piccoli negozi che partecipavano a vario titolo al blocco di potere. In questa stagione l’iper borghesia ha ridotto il peso economico e politico delle classi intermedie e la tendenza è di allargare la platea degli estromessi dal benessere economico e dai centri decisionali. Pertanto in questa situazione si sono definiti nuovi sistemi di consenso non basati su un sistema clientelare e consociativo. Si usano strumenti della sociologia borghese con un linguaggio di sinistra. Di questa cultura si fa portatore l’autoproclamatosi polo progressista e per accreditarsi e mobilitarsi si presenta come alternativo ad un presunto polo conservatore e con questo grimaldello coinvolge in battaglie a sostegno del “nuovo”, del progressista, dell’umanitario, dell’ecologico, dell’antisessista e coinvolge  strati di popolazione che si fanno irretire dal lessico di sinistra rinunciando ad ogni analisi di classe e, addirittura, facendosi strumentalizzare e conducendo lotte che vanno contro i propri interessi.

In Italia la vittoria della borghesia imperialista o iper borghesia comporta l’imposizione da parte della stessa della propria valorizzazione e perciò ne scaturisce la necessaria ridefinizione degli assetti istituzionali. Questo era il senso del referendum, risultato maturo del lungo percorso del PCI in tutte le sue sigle successive e dei sindacati confederali che si sono fatti strumento per la realizzazione del neoliberismo qui da noi. Il tutto in un paese storicamente a sovranità limitata qual’ è l’Italia.

Questo è il senso del ridimensionamento della borghesia di Stato come un problema di tangenti e di moralità ed altresì dell’abolizione dell’art.18 come affermazione dovuta e necessaria della meritocrazia. Criteri da espandere nel mondo della scuola, compreso quello universitario che tradotti in soldoni significano bloccare la mobilità sociale che sia pure entro certi limiti la scuola comportava, reintrodurre i licenziamenti ad ogni piè sospinto con la scusa della lotta ai “fannulloni”, un attacco a tutto campo al costo del lavoro, non solo quello immediatamente leggibile come stipendio ma anche a quello indiretto servizi, stato sociale, sanità, trasporti… un allargamento della platea dei poveri e un aumento delle disuguaglianze sociali.

Per fare questo viene portata avanti una lettura che si nasconde dietro parole colte e difficili, ma che non è altro che becera propaganda, sulla fine delle classi, sulla morte del marxismo e del comunismo. E’ in questo scenario che le risorse si trovano solo e soltanto per le forze securitarie e per le agenzie non governative, per le Ong, che spingono per depoliticizzare il conflitto e dargli dei connotati presunti neutrali, per gli osservatori, per la class action, per le associazioni di categoria.

E’ proprio di queste ore l’approvazione da parte del consiglio dei ministri di un provvedimento “Norme in materia di sicurezza urbana nonché a tutela della sicurezza delle città e del decoro urbano”. Questo decreto contiene norme per “risolvere le problematiche delle aree metropolitane e dei grandi Comuni: degrado, diffusa insicurezza percepita, marginalità sociale e aree a rischio. Fino a definire nelle norme la sicurezza urbana come «bene pubblico». Si dovrebbero stipulare patti tra il Prefetto e il Sindaco riguardo gli spazi colpiti dal cosi detto degrado, lo smercio di prodotti contraffatti, l’abusivismo compreso quello dell’occupazione degli alloggi, l'”accattonaggio invasivo”… Inoltre è prevista la possibilità di imporre il divieto di frequentazione di pubblici esercizi ed aree sul modello del Daspo a soggetti condannati per reati di particolare allarme sociale. L’allontanamento previsto fino a dodici mesi diventa da uno a cinque anni per chi spaccia droga nelle discoteche. Può essere disposto anche per chi lede il decoro urbano, anche con l’esercizio della prostituzione “in modo ostentato” (a proposito, chi decide e con quali criteri che il modo è “ostentato?) con multe da 300 a 900 euro. Infine chi sporca la città viene condannato dal giudice a ripulire, riparare o rimborsare le spese. Nasce il «Comitato metropolitano», un organismo presieduto insieme dal prefetto e dal sindaco rivolto all’analisi delle questioni di sicurezza urbana.

Già ora la città e i territori sono invasi dalle telecamere, per fare la carta d’identità sono necessarie le impronte digitali, il controllo del DNA è diventato prassi talmente consolidata e comune che fra poco, come per le impronte digitali, sarà obbligatorio per tutta la popolazione, l’uso del braccialetto elettronico viene comminato sempre più spesso, microchip, tornelli, metal detector…invadono la nostra quotidianità. Ma perché nessuno/a si ribella? Perché nessuno/a rifiuta di dare le proprie impronte digitali? La distruzione dei tornelli da parte degli studenti di Bologna è uno dei pochissimi atti in questa direzione.

Dopo il Daspo ai tifosi, dopo il Daspo di piazza ora c’è il Daspo di vita.

In questo quadro la forma politico/giuridica Stato-Nazione andrà se pur lentamente scomparendo per far posto ad una forma sovranazionale di comando non solo economico ma anche politico-istituzionale-militare. Il potere in Italia che si è fondato su un intreccio di aree di influenza tra grande capitale multinazionale privato e grande capitale pubblico con la mediazione dei partiti, si trova in questa stagione nella necessità di ridefinire i suoi equilibri, ma il PD come l’iper borghesia è vorace. Il primo vuole ridurre i cascami della sinistra radicale ad un ruolo di servizio, come vuole del resto fare l’iper borghesia con la restante borghesia.

Gettiamo qualche granello, smascheriamo il PD, raccontiamo come non si presenti più direttamente con la sua sigla, ma di fatto egemonizzi di nuovo l’indistinto popolo di sinistra con iniziative che non si presentano immediatamente come sue ma che di fatto sono figlie legittime del suo progetto come, in campo internazionale, la sponsorizzazione dei così detti ribelli, due esempi per tutti l’aggressione alla Libia e alla Siria e come, in campo nazionale, la mobilitazione SeNonOraQuando e NonUnaDiMeno.

Ai comunisti che mangiavano i bambini e ai cosacchi che facevano bere i loro cavalli nelle fontane di piazza San Pietro si è sostituito lo spauracchio degli anarcoinsurrezionalisti, delle frange violente dei notav, dei “terroristi”, ma anche di tutti quelli e quelle che non collaborano e osano uscire dai confini imposti dallo Stato etico di impianto nazista che PD e collaterali portano avanti nella loro naturalizzazione del neoliberismo nel nostro paese.

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