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resistenze1

Scusate, ma non c'è rimedio

Zoltan Zigedy

crisi economica italiaLawrence Summers è una superstar tra gli economisti borghesi. Ha ricoperto posizioni direttive alla Banca Mondiale, al Dipartimento del Tesoro USA e più di recente nell'amministrazione Obama. Oltre all'insegnamento ed agli incarichi amministrativi, ha svolto consulenze e collaborato con istituti finanziari. La sua consulenza è ricercata da governi e multinazionali. E non si è mai fatto intimidire dalle posizioni contrarie.

Fin dal crack del 2008, gli economisti mainstream hanno nascosto i loro peggiori timori per arrivare oggi a definire l'evento come un rallentamento insolitamente brusco del ciclo economico. Naturalmente gli economisti si dovevano arrampicare sui vetri per spiegare il collasso virtuale del settore finanziario, il panico e l'andare in fumo di migliaia di miliardi di dollari.

All'epoca, dominava una disperazione generalizzata, una sensazione diffusa di incombente tragedia. Ma, con una memoria corta, gli economisti hanno ricostruito l'evento come un severo, ma gestibile (e gestito) aggiustamento periodico del normale corso del capitalismo.

All'alba della crisi, i commentatori ammettevano una lenta "guarigione", ma tuttavia concordavano sul fatto che l'economia globale fosse rientrata in rotta.

Summers dissentiva da questa visione, come avrebbe dovuto.

Per Summers, una produttività ostinatamente bassa, bassi o negativi tassi di interesse a lungo termine, crescita fiacca, episodi deflazionistici ed altre deficienze economiche sono segni di qualcosa di cronicamente sbagliato nell'economia globale, qualcosa di più sistemico dell'ordinario ciclo degli affari. Egli vede l'economia come intrappolata in una routine (prendendo a prestito l'espressione  utilizzata in un articolo di Bloomberg Businessweek), una routine di "secolare stagnazione". Ora, "secolare stagnazione" è una vecchia espressione che Summers ruba all'economista della Grande Depressione Alvin Hansen, il quale vide il periodo dopo il crack del 1929 come un'era di cronico malessere economico.

In un periodo di severo diniego da parte degli intellettuali, iniettare l'osservazione di Hansen nella discussione corrente è una mossa radicale. Sfida la convinzione che l'economia sia sana; mette alla prova la nozione che l'economia si autocorregge (dopo una piccola messa a punto); e sfida la convinzione che il corso corrente della manipolazione monetaria (bassissimi tassi di interesse) possano essere uno stimolo sufficiente ad aver ragione di otto anni di bassa, tremolante crescita.

Summers, invece, argomenta che la "stagnazione secolare" è la nuova normalità - una sorta di equilibrio basato su una ripresa rachitica. Per l'economia mondiale, questo significa crescita insufficiente per alzare i livelli di vita, per attaccare la diseguaglianza, sostenere gli investimenti e mantenere e migliorare le infrastrutture. Per come cattura e descrive lo stato corrente dell'economia globale, la fotografia di Summers non è troppo lontana dal bersaglio: l'attività economica globale è stata tiepida fin dal crack del ventunesimo secolo.

Ma com'è noto, questa è solo una fotografia - forse un'osservazione accurata - e non una teoria. Naturalmente è un quadro dell'economia mondiale molto più accurato di quello di molti dei suoi colleghi che vedono rifiorire la ripresa. Per mettere in piedi una teoria, Summers ha bisogno di una variabile indipendente - una causa od un insieme di cause - che giustifichi la prevalenza della "stagnazione secolare". Ha bisogno di una giustificazione esplicativa di come la "stagnazione secolare" è arrivata ad infettare l'economia globale.

Egli crede di aver individuato questa variabile indipendente, la causa della "stagnazione secolare" in un'insufficiente domanda di beni e servizi e da un'associata propensione al risparmio anziché all'investimento.

Spiegazioni di tal fatta non sono nuove, comunque. Esse divennero comuni dopo la Grande Depressione e sotto l'influenza dell'opera di John Maynard Keynes. Sin da allora, la Legge di Say, l'asserita legge universale per cui la fornitura di beni e servizi trova un equilibrio di mercato nella domanda, è stata abbandonata da quasi tutti gli economisti (naturalmente Marx attaccò la Legge di Say giusto un secolo prima! E Malthus lo fece ancora prima di lui!). Gli economisti accademici, così come molti marxisti dell'ultima ora, caddero sotto l'incantesimo delle teorie del sottoconsumo - l'ottica per cui le crisi capitalistiche sono generate da uno squilibrio tra ciò che l'economia produce e ciò che i consumatori intendono o possono acquistare. In accordo con ciò, essi attribuiscono le recessioni economiche alla mancanza di sufficiente domanda per sostenere l'offerta esistente o la crescita dell'offerta di beni.

Più oltre, gli aderenti a questa teoria attribuirono i decenni di relativa stabilità economica del secondo dopoguerra all'abilità dei capitalisti di "risolvere" il problema dello squilibrio attraverso vari meccanismi: il welfare state, la spesa militare, il patto tra il capitale ed il lavoro, la programmazione capitalista, l'intervento dello Stato, ecc. Tutte queste presunte soluzioni ai disturbi economici (o alle crisi capitalistiche) presuppongono che il problema da risolvere sia l'insufficienza della domanda.

Questa teoria è attraente sotto diversi punti di vista. Primo, è facile da capire: riconosce una potenziale disparità all'interno del capitalismo tra la potenzialità produttiva dell'economia e la potenzialità di acquisto dei consumatori che sono contemporaneamente manodopera sfruttata, una disparità che intuitivamente sembra un problema plausibile per una morbida operatività del capitalismo

Secondariamente, è accettabile da tutti coloro che difendono il capitalismo: per ogni caduta della domanda, c'è una potenziale prescrizione di politica economica che possa iniettare domanda dentro l'economia accompagnandosi ad ogni e qualsiasi linea politica. Dalla guerra con la sua spesa militare al massiccio welfare governativo o alla spesa per infrastrutture, per il fascismo come per la socialdemocrazia di sinistra, esiste un rimedio all'insufficienza della domanda. Fino all'ostinata stagnazione-inflazione degli anni settanta, quasi tutte le guerre politico-economiche-ideologiche sono state combattute su quale fosse la migliore, più efficiente o socialmente giusta soluzione per il problema della domanda (incluse le guerre - lo ripeto - tra molti marxisti).

In terzo luogo, la teoria del sottoconsumo alloca le disfunzionalità - le crisi - sulla superficie del sistema capitalista e non nella sua struttura più profonda ed essenziale. Gli strumenti analitici degli economisti borghesi inquadrano le dinamiche del sistema negli stretti termini dell'interazione tra domanda ed offerta. E questi strumenti sono i più convenienti e assertivamente ortodossi.

 

Un'alternativa marxista

Il marxismo cerca più a fondo nella struttura del capitalismo le sorgenti delle crisi: il marxismo rifiuta gli strumenti dell'economia borghese; il marxismo comprende il capitalismo non come un sistema che possa soffrire disfunzionalità, ma come uno che deve imbattersi nelle proprie crisi.

In tal modo, Marx ed i successivi pensatori marxisti sondarono in profondità i meccanismi del capitalismo per individuare il processo fondamentale che alimenta la produzione e la riproduzione capitalistica. Egli ha scoperto quel fondamentale processo di accumulazione, quella distribuzione socialmente e legalmente garantita di una crescente quantità di ricchezza della società nelle mani dei soli che possiedono i mezzi materiali di produzione. Il capitalismo funziona bene se e solo se il processo di accumulazione funziona bene. Essenziale per questo suo funzionamento è un robusto sfruttamento dei lavoriatori, cioè di coloro che creano la ricchezza della società; questo è il "come" dell'accumulazione. E, naturalmente, il "cosa" dell'accumulazione è il profitto o il plusvalore; quella porzione della ricchezza sociale in espansione che finisce nelle mani dei capitalisti.

Così, nella nostra necessariamente semplificata rappresentazione dell'accumulazione e del suo ruolo centrale nella teoria della crisi di Marx, le avvisaglie della crisi devono essere ravvisate nel calo dei tassi di profitto o negli impedimenti allo sfruttamento. Diversamente dalle episodiche, periodiche e stocastiche disfunzionalità dell'economia causate da un "surriscaldamento" dell'economia, dagli squilibri, dalla corruzione o da fattori non economici, le crisi sistemiche hanno origine nel processo di accumulazione. La necessità delle crisi capitalistiche sorge dall'acquisizione senza limiti dei profitti che inevitabilmente supera le limitate possibilità di investimento e di ulteriore generazione di profitti. Come ha spiegato Maurice Dobbs, parafrasando Marx: " … precisamente poiché la produzione capitalistica è produzione per il profitto, la 'sovraproduzione di capitale' diventa possibile nel senso di un volume di capitale accumulato che è discordante con il mantenimento del precedente livello di profitto".

Le crisi sistemiche (ad. es. 1929, 2008) arrivano di solito in un periodo di iper accumulazione, con domanda ed investimenti rafforzati dall'incremento dei prestiti. Per allocare una crescente massa di capitale (profitti accumulati) in un contesto di limitate e sempre meno flessibili opportunità di investimento, si prendono sempre maggiori rischi. L'eccessivo debito, il rischio di instabilità e la prospettiva di avere ancora più debito e rischio è la ricetta per la crisi, una caratteristica delle crisi capitalistiche.  O prende piede l'avversione al rischio, la quale porta alla stagnazione o alla recessione economica, o il debito ed il rischio continuano a salire verso valori insostenibili.

Negli esempi storici di crisi sistemiche, non c'è prova che un crack - un severo declino economico - sia stabilmente preceduto da o concomitante con un simile declino marcato della domanda. Se la teoria del "sottoconsumo" fosse credibile, un chiaro e persistente declino della domanda sarebbe un antecedente causale della crisi.

C'era, comunque, una sovraproduzione di capitale in cerca di opportunità di rendimento diminuite nel crac del 2007-2008. Molti commentatori del mainstream notarono "la ricerca di rendimento" nel periodo precedente. E' la pressione sul tasso di profitto che segnala il pericolo e la possibilità di una crisi. Naturalmente la crisi - la recessione - riduce la domanda come risultato di un'attività economica in declino e della disoccupazione; la domanda insufficiente segue, ma non è causa della crisi. La spiegazione causale di Summers basata sulla domanda per quello che lui chiama "stagnazione secolare" fallisce nello spiegare i fatti.

Questo non tanto per negare, comunque, che generare nuova e ulteriore domanda - incentivo - giochi un ruolo nell'arrestare i peggiori effetti del declino economico. Il pacchetto di incentivi del 2009 (specialmente i massicci programmi di investimento nella Repubblica Popolare Cinese) ha generato sufficiente attività per arrestare un ulteriore declino del capitalismo globale. Comunque, esso ha fallito nel correggere i difetti nel processo di accumulazione, difetti che stanno nuovamente venendo alla luce nelle crescenti modalità della crisi di oggi: diminuzione dei tassi di produttività e di profitto, tassi di interesse negativi che allontanano gli investimenti dai rifugi sicuri, debiti gonfiati (per automobili o prestiti per studenti), e investimenti ad alto rischio.

La storia del New Deal ha insegnato che l'investimento pubblico, come rimedio alla stagnazione del settore privato, può solamente essere un sostitutivo del processo di accumulazione ma non può farlo ripartire. La recessione inaspettata del 1937-38 ha dimostrato che la precedente attività di incentivo del settore pubblico non ha riportato il capitalismo indietro sui suoi passi e, senza un'ulteriore investimento pubblico, il sistema sarebbe vacillato ancora.

Lawrence Summers si distingue dai propri colleghi che propongono una fiaba infantile della storia della ripresa economica e della prosperità. Essi prendono un mercato azionario artificialmente dinamizzato ed una bolla automobilistica gonfiata col debito come segni di ripresa, mentre proprio questi segni indicano l'opposto. Gli economisti mainstream trattengono il respiro mentre i tassi di profitto, gli aumenti di produttività e la crescita dell'occupazione subiscono uno stabile declino.

Summers, l'allarmista, comprende meglio. Egli vede un'economia vacillante, ma la sua analisi e i suoi rimedi sono difettosi. Il bromuro può solo alleviare il fallimento fondamentale dell'economia globale, un fallimento implicito nel sistema e non risolvibile a meno di non sostituire il sistema. Le proposte di Summers volte ad un massiccio investimento pubblico nelle infrastrutture USA, in energia pulita ed istruzione sono istanze pregevoli. La nascita di un movimento politico che lotti per queste istanze sarebbe un gradito sviluppo. Porterebbe sollievo contro qualcuna delle avversità imposte dal capitalismo, ma non potrebbe riparare il processo di accumulazione. Non "guarirebbe" il capitalismo.


Da zzs-blg.blogspot.it
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

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