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effimera

La storia dell’umanità ci insegna a immaginare l’alternativa

Jade Lindgaard intervista David Wengrow

Pubblichiamo un’intervista di Jade Lindgaard, redattore di Médiapart, a David Wengrow, sul libro di David Graeber & David Wengrow, The Dawn of Everything: A New History of Humanity, Penguin Books Ltd, 2021. L’intervista, che si è svolta a Parigi il 21 novembre 2021, è stata pubblicata su Mediapart il 27 novembre scorso. Ne proponiamo la lettura in italiano perché presenta il nuovo libro del rimpianto David Graeber, che ci ha lasciati improvvisamente nel 2020[1]. Si tratta di un testo affascinante che merita molta attenzione e plauso. V’è però una lacuna: la ricostruzione storica millenaria che i due autori propongono sembra ignorare un aspetto cruciale e cioè che il dominio di alcuni uomini sulla maggioranza degli altri esseri umani ha origine con l’impadronirsi da parte di tali uomini delle capacità di costruirsi e usare armi in grado di uccidere animali e umani. È questo “potere militare” che permette loro di assoggettare le donne e gli uomini non aggressivi e non abili all’uso delle armi e quindi di relegarli alla condizione di dominati[2]. In altre parole, il potere militare – cioè il potere di dare la morte – può essere considerato all’origine dell’accumulazione del potere economico e politico. Traduzione di Turi Palidda.

Graeber 1200x600Per migliaia di anni gli umani hanno sperimentato infinite variazioni di forme di potere. Potere a volte precario, a volte matriarcale, a volte autoritario e brutale, ma a volte anche egualitario e relativamente libero, anche su larga scala, scrivono David Graeber e David Wengrow in un libro che sembra una bomba. Si tratta di una compendio molto ricco, di portata politica esplosiva. In The Dawn of Everything: A New History of Humanity, David Graeber e David Wengrow, rispettivamente antropologo e archeologo, tracciano la genealogia dell’organizzazione dominante delle società contemporanee: lo stato-nazione, con forti disuguaglianze e una distribuzione gerarchica del potere, una buona dose di violenza e crudeltà, un’economia definita dalla proprietà privata. Tornando alla domanda posta da Jean-Jacques Rousseau nel 1755 su “l’origine e la base delle disuguaglianze tra gli uomini”, scoprono fino a che punto la filosofia dell’Illuminismo fosse segnata dai pensieri indigeni del Nord America.

Lo shock di questa rivelazione storica li mette sulla traccia che lavoreranno insieme per quasi dieci anni: non esisteva un periodo benedetto in cui i cacciatori-raccoglitori vivevano in piccole comunità libere ed egualitarie. Ma per quanto possiamo tornare indietro nella storia degli esseri umani, hanno sperimentato varie forme di organizzazioni di potere: potere a volte stagionale, a volte matriarcale, a volte autoritario e brutale, ma a volte anche egualitario e relativamente libero, anche su grandi scale urbane.

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labottegadelbarbieri

Louis Althusser: affabulatore, filosofo e militante

di Mauro Antonio Miglieruolo

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L’interesse personale sui lavori di Louis Althusser (nato nel 1918 nei pressi di Algeri, morto a Parigi nel 1990) è data dai compiti che, in quanto filosofo e militante, si era proposto ed è riuscito a realizzare. È la necessità di questi compiti che lo determina in quanto intellettuale. Riuscire a farsi comprendere: il rigore e la precisione dei concetti, fa tutt’uno con lo stile scelto per esprimerli. L’emergenza di tale necessità valorizza Althusser in quanto filosofo ma un filosofo del tutto particolare. Perché il problema (suo e nostro) non è di produrre (o leggere) filosofia, ma di prendere posizione in filosofia; nonché di fornire – a chi legge – gli strumenti affinché a sua volta possa prendere posizione in filosofia. Che per Althusser è lo stesso che prendere posizione all’interno della lotta fra le classi, la filosofia essendo uno dei tanti terreni su cui borghesia e proletariato si affrontano in vista di scontri a un livello sempre più alto.

Essendo il suo scopo immediatamente politico il linguaggio, di conseguenza, è il più semplice che possa sussistere (senza impoverire i concetti elaborati). Collocandosi con coerenza ed efficacia all’interno della combinazione della triade “precisione, chiarezza, rigore logico” le sue pagine diventano perciò accessibili a chiunque sia in possesso della cultura media degli acculturati (quali quelle che può fornire la frequentazione di una scuola secondaria, più qualche lettura marxista); nonché a chiunque provi l’urgenza di capire e abbia la caparbietà necessaria per affrontare le piccole fatiche che comporta leggerle: chiunque abbia la voglia di farlo nonostante non si tratti di pagine volutamente e apertamente ludiche; essendo comunque consapevole che al termine della lettura, nonostante i numerosi distinguo, gli incisi e le sottigliezze teoriche (che Althusser non si risparmia e non ci risparmia) si finirà con il venirne comunque a capo. Il complotto verrà smascherato, l’assassino assicurato alla legge.

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jacobin

Gramsci globale

di Marzia Maccaferri*

L'autore italiano più citato al mondo ha violato l'ortodossia marxista e problematizzato il rapporto tra cultura e potere, tra politica ed economia, tra rivoluzione e restaurazione. Ecco come il suo pensiero si è diffuso in tutto il pianeta

gramsci jacobin italia 1536x560Antonio Gramsci non ha bisogno di presentazioni. Il pensatore politico antifascista è uno degli autori italiani più citati – sicuramente il marxista italiano più citato di sempre – e uno dei filosofi marxisti più celebrati del Novecento.

Gran parte del fascino di Gramsci risiede nella storia della sua vita e della sua morte prematura, divisa tra lotta politica e impegno intellettuale, tra la prigione di Benito Mussolini e le occupazioni di fabbrica, e nel suo status unico all’interno della tradizione marxista. Gramsci ci ha lasciato trentatré quaderni, scritti a mano in carcere e pieni di oltre duemila riflessioni, annotazioni, allusioni e traduzioni. Alla sua leggenda duratura contribuiscono anche la natura frammentaria delle sue opere e il destino avventuroso, persino misterioso, del recupero e della pubblicazione dei taccuini da parte del Partito comunista italiano all’inizio della Guerra fredda.

Gramsci è stato il primo marxista a sostenere che la cultura non è semplicemente espressione delle relazioni economiche sottostanti ma, soprattutto, uno degli elementi dell’egemonia, che ha descritto come il processo di costante rinegoziazione del potere e dell’ideologia mutevole che definisce la politica moderna e le società capitalistiche. La sua analisi raffinata del potere sociale come elemento più complesso di una semplice questione di dominio e subordinazione, in cui le istituzioni e la produzione culturale di massa popolare e letteraria giocano un ruolo sottile, ha potuto funzionare in tutto il mondo, dall’India all’Argentina, dalla Spagna e al continente africano e dagli Stati uniti alla Gran Bretagna.

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minimamoralia

Mark Zuckerberg nel metaverso

di Marco Montanaro

metaverso 640x420Dovremmo esser grati ogni volta che altri esseri umani ci permettono di essere altrove grazie alle loro opere. Poeti, artisti, musicisti, registi, sceneggiatori. Da qualche decennio però il nostro altrove preferito è creato anche, forse soprattutto, da ingegneri, sviluppatori, CEO di piccole aziende divenute poi gigantesche, più importanti di interi stati e continenti.

Poco meno di trent’anni fa, l’altrove digitale si presentava come un carnevale notturno in cui si indossavano maschere – i nickname – e costumi piuttosto pittoreschi – gli avatar – per ballare in feste sconosciute e sovvertire, potenzialmente, le regole della vita di ogni giorno. Era tutto lentissimo, nettamente separato dalla nostra esperienza quotidiana da interfacce fisiche, prima ancora che virtuali, piuttosto ingombranti: modem, schermi e cassettoni di computer fissi, mouse, tastiere e tanti, tantissimi cavi.

Sul finire degli anni ’90 abbandonai i videogiochi, la mia primissima esperienza d’altrove digitale, per gettarmi a capofitto in quella prima internet di siti, forum, chat d’ogni sorta. Online potevi conoscere un sacco di gente, per quanto in incognito, che non avresti mai potuto incontrare nella vita reale. Persone verso cui, a parte rarissimi casi, non avevi alcuna responsabilità – proprio come in un videogioco.

Quella internet era molto utile in provincia, dove tutto sembrava distante dai centri della vita contemporanea, per sentirsi vivi. Per sentirsi vivi era fondamentale – nonché meraviglioso – smettere di essere sé stessi con la propria forma fisica, la propria faccia, i propri pensieri, la pesantezza della vita d’ogni giorno.

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iltascabile

La politica della rabbia

Una conversazione di Franco Palazzi con Alessandro Mantovani*

Schermata 2021 11 02 alle 12.37.44 1Quando Alessandro Magno si accorse che tra i personaggi illustri di Corinto, l’unico che non si era presentato per omaggiarlo era il filosofo Diogene di Sinope, andò lui stesso a cercarlo. Trovatolo disteso al sole, l’imperatore si offrì di esaudire qualunque richiesta e così il filosofo rispose che, sì, Alessandro poteva fare qualcosa per lui: spostarsi, dal momento che gli stava facendo ombra.

Questo celebre episodio narrato da molti storici antichi è passato alla storia come emblematico nella comprensione di quel poco della filosofia cinica che è sopravvissuto alla storia. Proprio in questa corrente, tesa al primato della vita pratica su quella teorica, l’autore del Tascabile Franco Palazzi rintraccia la radice di un atteggiamento antagonistico che fa dell’oppressore il bersaglio della rabbia e di un’irriverenza dissacrante in grado di produrre una postura radicale dell’agire politico.

La politica della rabbia. Per una balistica filosofica è un saggio che si prefigge di risemantizzare la rabbia all’interno del discorso politico. A partire dal modello dei cinici rintraccia tre modelli coerenti con questa prospettiva (Valerie Solanas, Malcom X e Audre Lorde) e passa poi a definire e individuare come una prassi rinnovata della rabbia esista oggi e possa esistere nel futuro, calcando le orme di movimenti contemporanei, in particolar modo quello femminista di Non Una di Meno.

* * * *

Nel tuo saggio scrivi che la filosofia intrattiene una relazione “mancata” con la rabbia, da sempre indagata “con la lente della condotta morale individuale, senza interrogarsi sulle implicazioni più propriamente politiche”; eppure il tuo testo – il cui intento è peraltro sbilanciare il rapporto tra teoria e prassi in favore di quest’ultima – è puntellato di riferimenti teorici a Benjamin, Foucault, Cartesio e altri. Perché oggi necessitiamo di una filosofia della rabbia?

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coku

Il General intellect nella Divina Commedia di Dante

di Gennaro Scala

dantePer quale motivo Dante colloca l'invettiva contro Firenze all'inizio del Canto XXVI dell'erno, qual è il suo rapporto con la parte dedicata ad Ulisse? Considerata l'attenzione di Dante per questi particolari, pensiamo solo alla teoria politica dei due soli posta esattamente al centro della Commedia (Pur. XVI), non può essere casuale che la più dura invettiva contro Firenze sia collocata all’inizio del «canto di Ulisse». Partiremo con questo interrogativo, che mi è servito da orientamento nella labirintica creazione dantesca in cui, tra le figure memorabili della Commedia, si staglia quella di Ulisse, cercando di capire meglio il significato dell'invettiva:

Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande,

che per mare e per terra batti l’ali,

e per lo ’nferno tuo nome si spande!

Com'è noto, i versi richiamano la targa del Palazzo del Capitano del Popolo (Bargello), fatto costruire nel 1255 dal «Governo del primo popolo», in seguito alla sconfitta dei cavalieri ghibelllini. Un passo dell'iscrizione ricalcava quasi alla lettera i versi della Pharsalia di Lucano riguardanti la potenza romana: «que mare, que terras, que totum possidet orbem».

Dante, appartenente all'Arte dei medici e degli speziali (fra le Arti maggiori) fu uno dei sei priori, la massima carica nel governo detto del Secondo popolo di Giano della Bella, che istituì gli Ordinamenti di giustizia che escludevano dal governo della città i “magnati” appartenenti alle grandi famiglie. Gli anni che vanno dal Governo del primo popolo fino alla fine del secolo furono di grandi trasformazioni, videro il rapido ingrandimento della città e il sorgere di una proto-borghesia composta soprattutto da grandi mercanti e imprenditori appartenenti alle Arti maggiori, e artigiani appartenenti alle Arti minori, la «gente nova» dai «subiti guadagni».

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doppiozero

Parisi: la fisica per salvare il Pianeta

di Mario Porro

e0eef78dd9d32d44cc003860cb65517b xlPrima che il conferimento del premio Nobel lo portasse alla ribalta, Giorgio Parisi aveva ricevuto nel 1992 un altro premio, per alcuni versi ancor più significativo, quello dedicato a Ludwig Boltzmann, il fisico tedesco strenuo difensore dell’atomismo, morto suicida nel 1906. Oltre ad aver dato fondamentali contributi nell’ambito della termodinamica, Boltzmann aveva aperto promosso, insieme a J. W. Gibbs, lo sviluppo della meccanica statistica, lo studio cioè dei fenomeni che coinvolgono grandi numeri, insiemi composti da una molteplicità di elementi in interazione, come le molecole di un gas. Non potendo determinare le singole traiettorie delle molteplici particelle che formano un sistema complesso, si deve ricorrere a metodi probabilistici, un lavoro che ha ricevuto contributi fondamentali dall’avvento dei computer. Non possiamo stabilire con esattezza il prodursi di un evento, come non possiamo prevedere la traiettoria di volo di un singolo storno fra le decine di migliaia che compongono lo stormo svolazzante nei cieli autunnali di Roma (un esempio caro a Parisi); possiamo però indicare la probabilità del prodursi di un processo, indicare la forma che potrebbe disegnare l’apparente caos dello stormo in fuga dagli assalti di un falco.

La “complessità” era diventata oggetto dell’interesse scientifico a partire dagli anni Settanta, anche se gli studi che ne avevano segnato l’inizio erano già emersi con gli articoli del meteorologo Edward Lorenz (occorre ricordare l’“effetto farfalla”?), risalenti al 1963 ma passati quasi sotto silenzio. Anche se c’era chi, come Carlo Emilio Gadda, narratore di dinamiche caotiche, aveva abbozzato, nella Meditazione milanese del 1928, fra mentalità ingegneresca e suggestioni filosofiche, una “teoresi” fedele al “senso della complessità” che rintracciava ovunque nella realtà.

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sinistra

Un conflitto politico-ideologico del 1957

Le allegorie marinare di Italo Calvino, di Maurizio Ferrara e di Giorgio Galli

di Eros Barone

header Italo Calvino 1Le fiabe sono vere.

I. Calvino

 

La gran bonaccia delle Antille

di Italo Calvino 1

Dovevate sentire mio zio Donald [Palmiro Togliatti], che aveva navigato con l’ammiraglio Drake [Stalin], quando attaccava a narrare una delle sue avventure.

Zio Donald, zio Donald! – gli gridavamo nelle orecchie, quando vedevamo il guizzo di uno sguardo affacciarsi tra le sue palpebre perennemente socchiuse, – raccontateci come andò quella volta della gran bonaccia delle Antille!

– Eh? Ah, bonaccia, sì, sì, la gran bonaccia… – cominciava lui, con voce fioca. – Eravamo al largo delle Antille, procedevamo a passo di lumaca, sul mare liscio come l’olio con tutte le vele spiegate per acchiappare qualche raro filo di vento. Ed ecco che ci troviamo a tiro di cannone da un galeone spagnolo [la Democrazia Cristiana]. Il galeone stava fermo, noi ci fermiamo pure, e lì, in mezzo alla gran bonaccia, prendiamo a fronteggiarci. Non potevamo passare noi, non potevano passare loro. Ma loro, a dire il vero, non avevano nessuna intenzione di andare avanti: erano lì apposta per non lasciar passare noi. Noialtri invece, flotta di Drake, [il Partito comunista italiano] avevamo fatto tanta strada non per altro che per non dar tregua alla flotta spagnola e togliere da quelle mani di papisti il tesoro della Grande Armada e consegnarlo in quelle di Sua Graziosa Maestà Britannica la Regina Elisabetta [l’Unione Sovietica]. Però ora, di fronte ai cannoni di quel galeone, con le nostre poche colubrine non potevamo reggere e così ci guardavamo bene dal far partire un colpo. Eh, sì, ragazzi, tali erano i rapporti di forza, voi capite.

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sinistra

Per le strade della disumanizzazione*

Introduzione

di Elena Cuomo

9788838250965 0 536 0 75Inedite forme di offesa alla dignità umana e di erosione dello sviluppo della vita sfidano la politica: l’umanità è quasi al tracollo.

La contemporaneità declina in diversi non-luoghi la perfetta coesistenza della società del benessere e del disfarsi della pienezza del senso dell’umano. Anche se non di rado si rinvengono diverse tracce nel dibattito contemporaneo a indicare una volontà di ripresa dalla vertigine disumanizzante, che la storia odierna sta incarnando, non è possibile porsi nella condizione dell’attesa e rifiutare la responsabilità di discutere per contribuire, sia pur in minima parte, da uomini e donne di questo tempo a una presa di coscienza collettiva1.

Il progressivo modificarsi del rapporto con se stesso e con gli altri, dalla burocratizzazione che da tempo trasforma gli uomini in funzionari2, fino alla violenza sistematica nei confronti di milioni di esseri umani, appena considerati come corpi, si va consolidando un processo di disumanizzazione che assume il volto della fabbricazione di morte.

Tutto ciò incide con forza sul vissuto quotidiano e riapre la discussione filosofica ed etica proprio sulla specificità dell’umano. Gli esiti della ricerca scientifica e tecnologica e le trasformazioni politiche ed economiche in atto suscitano forti perplessità e richiedono un ripensamento che coinvolga anche la sfera giuridica.

Proprio in ordine alle spinte di adeguamento e armonizzazione delle norme ai mutamenti in atto nei fenomeni sociali con rilievo politico, un gruppo di esperte ed esperti, filosofi della politica, sociologi e giuristi, sta di recente sollecitando in Italia la riapertura della discussione nelle sedi appropriate, circa l’intersezione dello sfruttamento e della tratta di esseri umani, coltivando la consapevolezza che la democrazia non consiste solo nelle procedure che legittimano i poteri pubblici, ma anche nella realizzazione dei valori costituzionali di dignità, libertà e uguaglianza3.

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commonware

Questa recensione contiene spoiler: La vittima muore

di Erica Fontana

Recensione di  Una donna promettente, Due estranei e I May Destroy You

promising young woman2Quando film che pretendono di criticare lo status quo vincono agli Oscar, significa che c'è qualcosa sotto. Significa anche che dovremmo vederli.

Il frustrante lavoro di guardare questi film ci dirà poco o niente sulle lotte che pretendono di rappresentare, ma ci darà molti indizi sul modo in cui quelle stesse lotte vengono riassorbite e risignificate. Se non avete ancora visto Una donna promettente e Due estranei non preoccupatevi, ho fatto il duro lavoro per voi per mostrarvi che, nonostante tutti i discorsi emotivi degli Oscar, questi film rafforzino esattamente ciò che pretendono di criticare.

C'è qualcosa di particolarmente insoddisfacente in Una donna promettente. Sarà il fallimento della donna già suggerito nel "promettente" del titolo, o il fatto che le pretese del film di essere un "thriller di vendetta" che "chiede conto alla società" cadano nel vuoto. Ma forse questo doppio fallimento racconta involontariamente una verità; la ripetuta e inappagante affermazione del trauma da parte della protagonista e la totale incapacità del film di essere “thrilling” riflettono il discorso politico dominante, che non fa altro che affermare ripetutamente il nostro essere vittime.

Se non l'avete visto, il film va più o meno così: la protagonista, Cassandra, vendica lo stupro e la successiva morte della sua amica andando ripetutamente nei club, fingendo di essere molto ubriaca, e poi, quando qualche "bravo ragazzo" la porta a casa e comincia a fare sesso con lei, lo affronta. Solitamente questo comporta uno scambio di battute in cui lei fa notare agli uomini che stavano per violentarla. Si fa anche allusione (un segno rosso in un quaderno) al fatto che lei potrebbe essersi impegnata in qualche atto di violenza contro alcuni di loro, anche se non viene mai mostrato.

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chartasporca

Pensare tutto, curare nulla. Contro la medicalizzazione del dolore

di Simone Raviola

IMG 6312 scaledÈ un mondo della morte – un tempo si nasceva vivi e a poco a poco si moriva. Ora si nasce morti – alcuni riescono a diventare a poco a poco vivi.

Roberto Bazlen

Il tempo della cura

Il nome della nostra epoca è “cura”, il suo essere “vita”. Non si tratta di una questione semplicemente sanitaria. Le pieghe attraverso cui la questione si apre e si chiude, si mostra e si cela, sono molteplici. Tuttavia, con metodo e dedizione, è possibile isolare un nodo in cui tutte le fila s’intrecciano trovando il loro senso. La malattia, o disfunzionalità nel lessico della contemporaneità, è condannata a priori; l’invasione di psicofarmarci, terapie, yoga e libri di self help nel mercato dei beni di massa ne è il sintomo più lampante. La cura è oggi l’ennesimo prodotto da consumare, afflitti come siamo dalle perverse e distorte metastasi del desiderio.

«La salute come bene economico», scriveva Gottfried Benn nel 1931, «sei nuovi istituti con uno stanziamento di due milioni di dollari per la ricerca volta a sostenere i vasi e la circolazione sanguigna: un affare economico che permette di rinviare di dieci giorni in media l’inizio dell’inabilità lavorativa e quindi si ammortizza come un investimento al quattro per cento». Quanto conta una malattia? La salute si razionalizza, se ne fa dunque una ratio, un calcolo. Il corpo e la mente vengono messi a rendita, territorio di contesa e di profitto. «Inoltre», continua Benn, «il vago, nervo delle forme di labilità, della frequenza nei bisogni fisici e delle nevrosi intestinali -: mense con alimentazione ricca di calcio, terapia stabilizzante, tutto detraibile dalle dichiarazioni dei redditi come reinvestimento, calcolato dal punto di vista dell’industria, significa un aumento di cavalli vapore del 3,27 per cento».

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la citta futura

Strutturare i soggetti storici. Un paio di riflessioni a partire da Carducci

di Roberto Fineschi

La personalità e la parabola politica di Giosuè Carducci è emblematica del complesso rapporto tra intellettuale e movimento politico, continuamente oscillante tra esigenze di autonomia e necessità organiche di un'organizzazione strutturata. Se l'individualismo lirico rischia di sfociare in posizioni idealistiche, l'intellettuale organico può essere schiacciato da meccaniche che ne cancellano l'autonomia

external contenthiu4w3Se le vacanze in Maremma ti portano a Bolgheri e Castagneto, non si può non pensare a Carducci; e se per hobby ti occupi di teoria politica, non puoi non metterti a riflettere su una figura il cui sviluppo politico e intellettuale fornisce spunti interessanti. Innanzitutto bisogna tenere a mente che il nostro è, intellettualmente, un gigante: la sua poesia può piacere o meno o essere più o meno “invecchiata”, ma si tratta di un individuo colto, brillante, audace, reinventore delle metrica classica nella modernità, grande critico letterario. Talvolta non si percepisce fino in fondo la dimensione veramente assoluta di siffatte menti, come quelle di Dante, Leopardi ecc., le cui capacità sono letteralmente sbalorditive; studiare attraverso la poesia il loro lato più umano e intimo occulta talvolta la loro assoluta eccezionalità. Ma non di questo intendo parlare.

Carducci è figlio di un medico mazziniano, democratico radicale, che in prima persona si espone nelle lotte nazionali, ma con una evidente dimensione sociale. Nel ’48 a Castagneto – pure lì c’è la rivoluzione – riesce a mediare tra rivendicazioni contadine e rigidità padronale trovando un compromesso che garantisce una, seppur parziale, redistribuzione delle terre incolte (le “preselle”). Profondamente anticlericale, non teme le conseguenze delle sue prese di posizione e questo porta la famiglia a peregrinare a lungo per l’opposizione dei potentati locali (abbandonano Bolgheri perché durante la notte prendono a fucilate l’abitazione del “mangiapreti”).

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Vie di fuga

di Miguel Martinez

la nuova geolander a spirano 575867.largeI.

La nostra vita è sempre più virtualizzata.

Anzi, la virtualizzazione è ormai una condizione indispensabile per sopravvivere. Non puoi riempire il modulo più semplice, senza dare almeno un indirizzo mail e il numero di un cellulare.

La virtualizzazione assume innumerevoli forme diverse: dalla carta d’identità con il chip elettronico alle istruzioni al drone che porta esplosivi, al navigatore sull’auto…

La cosa fondamentale è capire che queste virtualizzazioni apparentemente diverse, sono separate tra di loro soltanto da un sottile muro di password, o da leggi la cui applicazione è quasi impossibile controllare.

Non possiamo nemmeno contare sul muro della concorrenza, come quello che una volta separava la sfera statunitense da quella sovietica del mondo: Amazon, Google, Facebook/Whatsapp/Instagram, Apple, Samsung, Microsoft sono ciascuno un monopolio nel proprio campo, intimamente legato agli altri monopoli; e tutti sono legati a stati-nazione (USA e secondariamente, Cina) con i propri interessi di dominio militare.

I dati possono scivolare da una categoria all’altra, per negligenza anche nostra, per hackeraggio, per modifica a qualche clausola contrattuale che comunque pochissimi leggono, o magari perché una ditta fallisce e i suoi creditori hanno diritto a spartirsi i capitali, tra cui giocano un ruolo decisivo proprio i dati.

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mondorosso

La tendenza comunista nella Divina Commedia

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

Pubblichiamo un nostro breve saggio per il 700° anniversario della morte di Dante, saggio intitolato “La tendenza comunista nella Divina Commedia”

maxresdefault“Maledetta sia tu, antica lupa” (la lupa rappresenta il simbolo dantesco che indica avidità, cupidigia di beni materiali e desiderio di “subiti guadagni”) “che più di tutte l’altre bestie hai preda per la tua fame sanza fine cupa’” (Purgatorio, canto ventesimo, versi 10/12)

Non vi sono dubbi che Dante Alighieri (1265/1321) sia considerato giustamente come uno dei principali poeti del mondo occidentale godendo, quasi senza soluzione di continuità, di grande popolarità a partire dalla morte del geniale poeta-filosofo fiorentino fino all’inizio del terzo millennio.

Oltre alla fama acquisita da Dante in terra italiana, va sottolineato altresì come sul piano internazionale la Divina Commedia venne tradotta in latino (lingua allora universale) nel 1416 e in lingua catalana nel 1429, mentre alcuni canti risultarono disponibili in lingua spagnola già agli inizi del Quattrocento; la prima traduzione della Commedia si verificò invece in lingua francese nel 1597 e in inglese nel 1802, mentre negli Stati Uniti d’America apparve nel 1867 una splendida traduzione curata dal poeta H. W. Longfellow.

Se in lingua cinese i primi tre canti dell’Inferno vennero a loro volta pubblicati nel 1921 e l’intera Commedia risultò via via disponibile a partire dal 1948, va altresì rilevato che il 20 ottobre del 2011 cento milioni di cinesi seguirono in diretta televisiva l’inaugurazione nella città di Ningbo di una grande statua di bronzo raffigurante Dante, collocata vicino a una delle più grandi librerie del gigantesco paese asiatico[1].

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paginauno

La Cancel Culture e il Woke Capitalism

di Giovanna Baer

I valori progressisti come strumento di branding delle imprese, il “radicalismo sociale” e il “radicalismo economico”

manolo chretien RpC 9e0ORNM unsplash 750x375Il 7 luglio dello scorso anno un gruppo di giornalisti, scrittori e docenti universitari (e fra loro alcune delle più celebrate menti del dibattito civile americano, fra cui Noam Chomsky) ha pubblicato su Harper’s Magazine un documento condiviso dal titolo A letter on justice and open dibate (“Una lettera sulla giustizia e la libertà di dibattito”) (1) che ha fatto molto discutere. La lettera parla di una dinamica esplosa sulla scena pubblica americana solo in tempi recenti, ma i cui effetti – secondo i firmatari – rischiano di paralizzare l’esercizio del libero pensiero. Le istituzioni culturali statunitensi stanno in effetti affrontando un momento di dura prova. Le proteste per la giustizia razziale di Black Lives Matter e in generale dei movimenti che chiedono una maggiore uguaglianza e inclusione sociale sono riuscite a ottenere grandi risultati (per esempio la riforma dei Corpi di polizia), ma hanno anche “intensificato una nuova serie di atteggiamenti morali e di impegni politici che tendono a indebolire le nostre norme sulla libertà di espressione e di tolleranza delle differenze in favore del conformismo ideologico”. Il libero scambio di informazioni e idee, la linfa vitale di una società liberale, sta diventando ogni giorno più ristretto, sostituito, secondo i firmatari, dall’intolleranza verso i punti di vista opposti, il facile ricorso alla pubblica gogna e all’ostracismo, e la tendenza a dissolvere questioni politiche complesse in un’accecante certezza morale.