Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

gliasini

Il Congo non si salverà

di Franco Bordignon e Giacomo D'Alessandro

Franco Bordignon è un padre saveriano di origine veneta che ha passato gli 80 anni e da 50 opera in Congo, dove ha scelto di restare anche sotto i regimi e le violente guerre che hanno attraversato questa zona dell’Africa. Nel Kivu è un’istituzione, avendo contribuito a progetti politici, di sviluppo sociale, idrico e rurale, a cooperative e a canali di controinformazione. L’ho incontrato a Bukavu nel corso di tre viaggi nel 2018, 2021 e 2022 (G.D.).

Gli uccelli interno asini 10 1536x1128Lo scenario del Kivu, l’Est della Repubblica Democratica del Congo, in questi anni non è cambiato di molto. Cambiano i colori politici e poco altro. Ad ogni elezione si spera in una rinascita del paese, ma negli anni abbiamo capito che un presidente nominato non è un presidente scelto dal popolo. L’ex presidente Kabila ha ancora un forte margine di manovra, mentre l’attuale Tshisekedi passa il tempo a girare il mondo per “diffondere apparenze”. La compravendita dei deputati è all’ordine del giorno… In conclusione chi ha interesse ad occuparsi della gente? 

La gente del Congo è abbandonata a se stessa da decenni. Ma il Kivu, dove ci troviamo, è invaso da gruppi armati (163 secondo le Nazioni Unite), alcuni locali, altri dei paesi confinanti Rwanda, Burundi e Uganda. Non nascono così per caso, ma da una serie di fattori: il fatto che i giovani non abbiano nessun avvenire, il fatto che nell’esercito si creino fazioni dissidenti; in ogni caso, esistono al soldo di qualcuno, altrimenti non starebbero in piedi. Qualcuno che ha bisogno di loro per garantirsi lo sfruttamento delle miniere e i traffici di materie prime. Non è poi escluso che gli eserciti regolari li utilizzino per fare il “lavoro sporco”, cioè azioni di cui i governi non possono macchiarsi ufficialmente. 

Da un paio di anni le province del Nord Kivu e dell’Ituri sono governate dai militari (Etat de siège), ma vi sono forti dubbi sulla presenza di infiltrati legati al Rwanda o all’Uganda. E si vantano di eliminare ogni giorno che passa ribelli e gruppi armati. In realtà è molto complicato capire le diverse affiliazioni e fedeltà, si comincia a parlare perfino di accordi tra gruppi ribelli e gruppi jihadisti che entrano in questa zona dell’Africa dopo averne destabilizzate altre. Quel che è certo è che chi vive qui ha notizie di morti ammazzati tutti i giorni, di sevizie e razzie nei villaggi.

Print Friendly, PDF & Email

vocidallestero

Scomode verità sulla guerra in Bosnia

di Kit Klaremberg e Tom Secker*

Su Strategic Culture un ampio resoconto di numerosi documenti declassificati delle forze di pace canadesi di stanza in Bosnia dimostra come le guerre per procura statunitensi siano caratterizzate da un modello ricorrente di operazioni sotto falsa bandiera e messe in scena a scopo propagandistico, con l'obiettivo di sabotare ogni possibile negoziato di pace e spianare la strada ai falchi della guerra della NATO

bosnia titoloUna serie di file di intelligence inviati dalle forze di pace canadesi espongono operazioni segrete della CIA, spedizioni illegali di armi, importazione di combattenti jihadisti, potenziali 'false flag' e messe in scena su atrocità di guerra.

Il mito consolidato della guerra in Bosnia è che i separatisti serbi, incoraggiati e diretti da Slobodan Milošević e dai suoi accoliti a Belgrado, cercarono di impadronirsi con la forza del territorio croato e bosniaco al fine della creazione di una "Grande Serbia" irredentista. Ad ogni passo, hanno epurato i musulmani di quelle terre in un genocidio deliberato e concertato, rifiutandosi a qualsiasi colloquio di pace costruttivo.

Questa narrazione è stata diffusa in modo aggressivo dai media mainstream dell'epoca e ulteriormente legittimata dal Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY) creato dalle Nazioni Unite una volta terminato il conflitto. Da allora nella coscienza occidentale questa storia è diventata assiomatica e indiscutibile, rafforzando la sensazione che il negoziato equivalga invariabilmente ad arrendevolezza, una mentalità che ha consentito ai falchi della guerra della NATO di giustificare molteplici interventi militari negli anni successivi.

Tuttavia, una vasta raccolta di cablogrammi di intelligence inviati dalle truppe di peacekeeping canadesi in Bosnia al quartier generale della difesa nazionale di Ottawa, pubblicato per la prima volta da Canada Declassified all'inizio del 2022, smaschera questa narrazione come una cinica farsa.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Cina, la terra rara: “officina” e “miniera” del Mondo

di Flavia Manetti

1440x810 cmsv2 9a9c1a92 d8b0 5724 80e2 81fa61acda4f 4092616Dagli anni ’70, la Cina ha accettato di divenire, per l’Occidente, la fabbrica del mondo. Dalle iniziali zone a regime speciale di Shenzhen alle sterminate fabbriche di Zhengzhou. Giganteschi insediamenti industriali che hanno prodotto e ancora producono su commissione dei capitali occidentali. La proletarizzazione ed urbanizzazione di milioni e milioni di contadini è stata possibile anche grazie al diritto, garantito dallo Stato, di mantenere il possesso dei terreni agricoli dei villaggi di provenienza. Un diritto che anche la borghesia cinese (oltre che – in primis - il capitalismo occidentale) vorrebbe limitare per disporre da una parte di più “api operaie” da spremere come limoni e dall’altro di un “esercito industriale di riserva” metropolitano che non se ne torni nei villaggi di appartenenza (come successo con il lockdown alla Foxconn1) ma sia costretto, se necessario, a rimpiazzare protestatari e rivoltosi con operai più docili e ricattabili.

 

Le Terre Rare : da efedrina delle nuove transizioni economiche del capitalismo a “materie prime critiche” per l’imperialismo

Ma la Cina è anche la “miniera del mondo” di terre rare. Cosa sono le terre rare? In inglese : Rare Earth Metals, e’ un gruppo di 17 elementi chimici (Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Samario, Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio, Lutezio, Ittrio, Promezio e Scandio). Rare non già per la loro scarsa presenza quanto per la loro difficile identificazione, estrazione e lavorazione e che hanno, inoltre, un devastante impatto ambientale.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Guerra “igiene” del capitale. Il conflitto in Ucraina nell’attuale fase imperialista

di Carla Filosa, Enzo Gamba, Francesco Schettino

720x410c50765rfghNazione, classe, democrazia

La necessità di affrontare il fattore guerra, non solo nei suoi passaggi cronologici, ma soprattutto nel suo significato di fase imperialistica mondiale, non può disattendere una riflessione ulteriore almeno sui concetti di nazione, classe e democrazia, il cui senso risulta prevalentemente confuso o proprio ormai sconosciuto.

Nell’accezione moderna di nazione (F. Chabod, 1943-44)[1] si affermava un principio romantico di unità dell’individualità storica, dalle caratteristiche di tradizione e di pensiero non solo etniche e linguistiche, di un particolare quindi, di contro a tendenze livellatrici, cosmopolitiche, universalizzanti, quali quelle ereditate dall’Illuminismo, mentre la direzione specificamente politica era lasciata allo stato. Pertanto, non solo elementi naturalistici (clima-terreno), ma tendenze politiche e religiose nei costumi e usanze, anima, spirito, libertà che nulla avevano a che fare con il successivo sviluppo nazionalistico connotato dal razzismo, come comunità di sangue, del suolo, congiuntamente a una preminenza aggressiva in antitesi all’unitaria idea di Europa. A tale concezione liberale, che non facciamo fatica a riconoscere oggi quale involontaria base della destra nostrale e non solo, si contrapponeva un’altra visione nazionale, sorta sempre in Europa, non già idilliaca ma interna alla consapevolezza della conflittualità della realtà materiale e storica.

Che la “fratellanza delle nazioni” di cui scriveva Engels nel 1845[2] si sia dispersa - proprio ad opera dell’ipocrita “cosmopolitismo egoistico-privato della libertà di commercio” allora così definito - sembra oggi un’ovvietà o addirittura una condizione mai esistita. Quella prospettiva di “fratellanza”, successiva alla Rivoluzione francese e predisposta dal progressivo avanzare del socialismo europeo ottocentesco, aveva lasciato intravedere, allora, che: “la democrazia, al giorno d’oggi, è il comunismo”.

Print Friendly, PDF & Email

perunsocialismodelXXI

USA, NATO, UE l'abbraccio inscindibile fra i tre dell'apocalisse

di Carlo Formenti

copertinauhhI. Le guerre illegali della NATO. Sul libro di Daniele Ganser

Daniele Ganser è uno storico svizzero che insegna all'Università di San Gallo, dirige l'Istituto Svizzero per la Ricerca sulla Pace e l'Energia ed è autore di libri che hanno suscitato l'ira degli ayatollah atlantisti, come La storia come mai vi è stata raccontata. Gli eserciti segreti della NATO, uscito in edizione italiana qualche anno fa per i tipi di Fazi. Sempre Fazi manda in libreria il suo ultimo lavoro, Le guerre illegali della NATO, che si spera possa insufflare qualche dubbio nelle teste di quelli che si bevono le balle di un sistema mediatico occidentale ormai ridotto a dispensatore di veline per conto di Washington. Eppure questo libro, che i detrattori hanno già iniziato a bollare come “complottista”, non svela alcunché di nuovo o inedito: si limita perlopiù a riportare ciò che gli stessi vertici dell'Amministrazione Usa e dell'Alleanza Atlantica hanno ammesso qualche anno dopo eventi che i media avevano manipolato per ingannare l'opinione pubblica mondiale (del resto, se le menzogne emergono dopo un congruo intervallo di tempo il loro impatto è nullo, o comunque non basta a rimediare al danno provocato all'epoca in cui sono state diffuse).

Ma passiamo ai contenuti del libro a partire dal titolo. Perché Ganser definisce illegali le guerre della NATO? La risposta è che nessuno dei conflitti (con l'eccezione della prima guerra contro l'Iraq provocata dall'invasione del Kuwait) scatenati da Washington e dai suoi alleati soddisfa i requisiti fissati dall'ONU nel 1945, secondo i quali la guerra come metodo di risoluzione del conflitto fra le nazioni aderenti all'Organizzazione è ammessa solo in due casi: il diritto all'autodifesa e un mandato formale da parte del Consiglio di sicurezza.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

La tesi fallace degli "opposti imperialismi" e perché schierarsi per il Multipolarismo

di Leonardo Sinigaglia

720x410c50cfrewasChe si tratti delle violenze e delle speculazioni dei colossi energetici, finanziari, farmaceutici o agroalimentari, al centro vi è sempre l’imperialismo statunitense. Ciò è dovuto al fatto che in questa fase storica, al vertice della piramide del potere, vi sono i cartelli finanziari (i maggiori dei quali sono Vanguard Group, State Street e Black Rock) che hanno in Washington, nelle sue forze armate e nel suo “soft power” il principale strumento d’azione. L’imperialismo americano è ciò che ha consentito per anni il neo-colonialismo del Fondo Monetario Internazionale, le “rivoluzioni colorate” e la crescita del potere dei grandi capitali al punto di poter sfidare, e vincere, gli stessi Stati nazionali.

Quello americano non è l’unico imperialismo presente al mondo, ma riassume e controlla tutti quelli rimasti. L’imperialismo francese o quello inglese sono sostanzialmente subalterni a quello americano.

Ma la dittatura internazionale di questo viene oggi efficacemente messa in discussione dal processo di costruzione di un mondo multipolare. Cos’è l’imperialismo americano? L’imperialismo americano è la sottomissione violenta dell’Umanità agli interessi geostrategici delle lobbies di Washington. Cos’è il multipolarismo? Il multipolarismo è l’alternativa a tutto ciò, base per riaffermare la sovranità democratica e l’autodeterminazione dei popoli.

Nel suo discorso del 30 settembre il Presidente Vladimir Putin definiva l’epoca che stiamo attraversando come segnata da “trasformazioni rivoluzionarie”. Ciò è completamente vero, perché appare sempre più chiaro come il mondo segnato dalla “fine della Storia”, il mondo dell’egemonia statunitense sia ormai in fase di decomposizione.

Print Friendly, PDF & Email

machina

«La guerra capitalista»

Una discussione su centralizzazione dei capitali, nuovi imperialismi e guerra

Francesco Pezzulli intervista Stefano Lucarelli

0e99dc 5854be6d69f9416893732eeb286f02d0mv2Pubblichiamo la prima di una serie di interviste che la sezione sudcomune sta portando avanti sul tema del capitalismo digitale. Il curatore della sezione Francesco Pezzulli dialoga qui con Stefano Lucarelli sui temi del libro che ha scritto insieme a Emiliano Brancaccio e Raffaele Giammetti, La guerra capitalista, edito da Mimesis e in uscita oggi, 25 novembre. 

* * * *

Nel testo appena pubblicato di cui sei autore insieme ad Emiliano Brancaccio e Raffaele Giammetti (La guerra capitalista, Mimesis, 2022 https://www.mimesisedizioni.it/libro/9788857592336), scrivete che «la guerra capitalista è la continuazione delle lotte di classe con mezzi nuovi e più infernali». Puoi illustrarci i termini della questione e come mai giungete a questa conclusione?

Noi siamo partiti da un fatto: la cosiddetta «legge» di centralizzazione dei capitali in sempre meno mani, originariamente teorizzata da Marx, può essere verificata empiricamente. Se ci pensi si tratta di un tema che è stato sempre messo in secondo piano dagli studiosi contemporanei di Marx, ma che in realtà oggi è molto più rilevante rispetto, per esempio, alle riflessioni sulla caduta tendenziale del saggio di profitto. L’analisi della centralizzazione dei capitali tutto sommato era restata sullo sfondo anche nelle analisi critiche del processo di globalizzazione diffusesi soprattutto nella seconda metà degli anni Novanta. E comunque non era mai stata analizzata con gli strumenti adeguati. Oggi in effetti – come mostriamo nel libro – trova una conferma nei dati.

Print Friendly, PDF & Email

acropolis

Un nuovo non allineamento

di Tim Sahay

“Mentre il vecchio movimento non allineato era ancorato a imperativi morali – decolonizzazione, antirazzismo, disarmo nucleare – questa versione nascente manca di un programma sociale ed etico positivo. Nasce invece dalla fredda logica commerciale e di sicurezza dello sviluppo.” Inserito nella crisi permanente – permacrisis — e irreversibile del sistema/economia-mondo globale il “non allineamento” multipolare servirà alle élite emergenti globali postcoloniali di negoziare le condizioni della propria partecipazione al caos climatico, il saccheggio e la devastazione di vite umane già compromesse nei propri paesi come in molti paesi piccoli in Africa, Asia e America. È la voce disperata e forte di questi Paesi che deve venire allo scoperto. Abbiamo sentito la loro voce nell’ultima Assemblea delle Nazioni Unite. Sono loro il nuovo Movimento dei Paesi non Allineati, fondato sulla Libertà, la Pace e la Giustizia sociale e Climatica [AD]

glossa vavel 0 copiaNel marzo di quest’anno, con l’intensificarsi della guerra della Russia in Ucraina, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi si è recato a Nuova Delhi per parlare con il suo omologo indiano S. Jaishankar. “Se la Cina e l’India parlassero con una sola voce, il mondo intero ascolterebbe”, ha affermato Wang. “Se la Cina e l’India si unissero, il mondo intero presterebbe attenzione”. Le scale geopolitiche iniziarono presto a inclinare la strada dell’India.

Ad aprile, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva fatto il suo primo viaggio a Delhi, dove ha gettato le basi per diverse settimane di frenetici accordi UE-India per un vasto programma che va dalla difesa alla produzione verde.

Il mese successivo, in un vorticoso tour di tre giorni in Germania, Danimarca e Francia, il primo ministro Narendra Modi ha vinto le concessioni che i politici indiani bramavano da oltre due decenni, che vanno dagli investimenti di energia verde, ai trasferimenti tecnologici e agli accordi di armi, mettendo carne sulle ossa di un moribondo partenariato strategico UE-India.

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

Gli Stati Uniti stanno conducendo una nuova guerra fredda: una prospettiva socialista

di Vijay Prashad - John Ross

guerra alla guerra manifestazioneIl 23 maggio 2022, in occasione del World Economic Forum di Davos (Svizzera), l’ex Segretario di Stato americano Henry Kissinger ha fatto alcune osservazioni sull’Ucraina che hanno colpito nel segno.

Piuttosto che farsi prendere “dall’umore del momento“, ha detto Kissinger, l’Occidente – guidato dagli Stati Uniti – deve consentire un accordo di pace che soddisfi i russi. “Proseguire la guerra al di là di questo punto“, ha detto Kissinger, “non significherebbe liberare l’Ucraina, ma scatenare una nuova guerra contro la Russia stessa“.

La maggior parte dei commenti dell’establishment della politica estera occidentale ha sgranato gli occhi e ha respinto i commenti di Kissinger.

Kissinger, che non è un pacifista, ha tuttavia indicato il grande pericolo di un’escalation non solo verso l’istituzione di una nuova cortina di ferro intorno all’Asia, ma forse verso una guerra aperta e letale tra l’Occidente e la Russia, oltre che con la Cina.

Questo tipo di esito impensabile era troppo anche per Henry Kissinger, il cui capo, l’ex presidente Richard Nixon, parlava spesso della “teoria del pazzo” nelle relazioni internazionali; Nixon disse al suo capo di gabinetto Bob Haldeman che aveva “messo la mano sul pulsante nucleare” per terrorizzare Ho Chi Minh e farlo capitolare.

Durante il periodo che ha preceduto l’invasione illegale dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel 2003, ho parlato con un alto funzionario del Dipartimento di Stato americano che mi ha detto che la teoria prevalente a Washington si riduce a un semplice slogan: “dolore a breve termine per un guadagno a lungo termine“.

Print Friendly, PDF & Email

lavoroesalute

Basi di guerra da nord a sud. L’Unità d’Italia rifatta dalla Nato

di Antonio Mazzeo*

Il sempre più evidente coinvolgimento nella guerra fratricida Russia-Ucraina di alcune delle principali basi ospitate in territorio italiano si accompagna al colpo di acceleratore che le forze armate nazionali, USA e NATO hanno dato ad alcuni programmi (vecchi e nuovi) di ampliamento e potenziamento del dispositivo bellico

1656516380842 GettyImagesL’ultima missione di spionaggio sui cieli dell’Europa dell’Est è stata tracciata dai radar lo scorso 14 ottobre. Un Gulfstream E.550 CAEW del 14° Stormo dell’Aeronautica militare italiana dopo essere decollato dallo scalo romano di Pratica d Mare ha raggiunto prima i confini della Polonia con l’Ucraina e poi quelli con l’enclave russa di Kaliningrad. Un’operazione ormai di routine da quando le forze armate di Mosca hanno invaso l’Ucraina. Il velivolo in dotazione ai reparti di volo italiani aveva fatto il suo debutto nelle aree di conflitto l’8 marzo 2022 con una missione d’intelligence nello spazio aereo della Romania fino ai confini con Moldavia e Ucraina e le sempre più agitate e militarizzate acque del Mar Nero. Da allora i Gulfstream E.550 di Pratica di Mare sono uno degli attori più richiesti dai comandi NATO che coordinano le operazioni aeree di sorveglianza e “contenimento” dei reparti di guerra della Federazione russa in territorio ucraino.

Basati sulla piattaforma del jet sviluppato dall’azienda statunitense Gulfstream Aerospace, appositamente modificato e potenziato dalla israeliana Elta Systems Ltd. (società del gruppo IAI), i velivoli in dotazione all’Aeronautica italiana non sono semplicemente dei “radar volanti”, ma possiedono anche compiti di “gestione” delle missioni alleate nei campi di battaglia e di disturbo delle emissioni elettroniche “nemiche”. “Gli aerei CAEW hanno funzioni di sorveglianza aerea, comando, controllo e comunicazioni, strumentali alla supremazia aerea e al supporto alle forze di terra”, spiega lo Stato maggiore dell’Aeronautica.

Print Friendly, PDF & Email

sbilanciamoci

La Germania, rapporti aperti con la Cina

di Vincenzo Comito

Germania CinaIl modello economico tedesco, a cui l’Italia è legata per le subforniture, ha bisogno di revisione ma intanto ha deciso di andare in direzione opposta a Usa e Ue continuando a annodare legami con la Cina. Una opzione alternativa al decoupling stigmatizzata in Italia.

Nell’ultimo periodo la quasi totalità della stampa occidentale si è scagliata con veemenza contro la Germania e in particolare contro il cancelliere Olaf Scholtz ritenuto colpevole di molti delitti; intanto quello di aver concesso l’acquisto di una quota di minoranza in una società del porto di Amburgo ad una impresa cinese, mentre sembrava anche in procinto di permettere ad un’altra società di Pechino la presa di controllo in una società che produce chip (decisione poi rientrata), quello poi sempre verso Scholtz di voler effettuare un viaggio in Cina, che si è svolto come previsto, accompagnato da molti rappresentanti della grande impresa del paese teutonico, infine quello di aver pronunciato anche a Pechino, oltre che in patria, parole contrarie al decoupling e all’isolamento della Cina.

Da rilevare che a suo tempo Angela Merkel in sedici anni di governo aveva visitato la Cina 12 volte. Da sottolineare anche, incidentalmente, che il governo Draghi, durante la sua esistenza, ha invece bloccato un tentativo dei cinesi di acquisire una partecipazione in una società del porto di Trieste, nonché in una piccola società che produce chip, oltre che in diverse altre iniziative, di cui qualcuna molto rilevante (l’Iveco), mentre ha stracciato sostanzialmente l’accordo relativo alla Via della seta concluso dal governo precedente.  

Print Friendly, PDF & Email

porfido

Il sorgo e l'acciaio

Introduzione

di collettivo Chuǎng*

Chuǎng: Il sorgo e l'acciaio. Il regime sviluppista socialista e la costruzione della Cina contemporanea, Porfido Edizioni, 2022

copertina e1667406658644Alla fine del XVI secolo, uno dei primi resoconti in forma estesa sulla vita in "Cina" venne pubblicato in Europa per mano di un mercenario portoghese di nome Galeote Pereira, combattente contro i Birmani per conto del Regno di Ayutthaya nella prima guerra moderna dell'Asia orientale. Divenuto in seguito pirata, saccheggiò le province costiere che si aff avano sul Mar Cinese Meridionale, all'alba di quella che sarebbe diventata una secolare ondata di pirateria favorita dalla crescita del mercato globale. La dinastia Ming rispose con la sua Campagna di Sterminio della Pirateria, e Pereira fu catturato nel Fujian ed esiliato nell'interno, riuscendo a fuggire solo anni dopo in Europa grazie alla corruzione e all'aiuto di alcuni mercanti portoghesi a Guangzhou. Il resoconto di tale esperienza, edito e pubblicato con l'aiuto dei Gesuiti, fu uno dei rari racconti di prima mano sulla "Cina" disponibili dai tempi di Marco Polo. Ma se Marco Polo era giunto da un'Europa arretrata e provinciale per osservare dall’interno la civiltà allora più avanzata del mondo, incarnata della dinastia Yuan (mongola), Pereira, d'altro canto, arrivava da un'Europa ormai trasformata approdando in una "Cina" altrettanto mutata, entrambe alle porte di un grande caos. Si trattava di una congiuntura agli albori del mondo capitalista caratterizzata dalla totale incertezza. Il dado era tratto, ma il quadro non appariva ancora stabilizzato. Con la più grande marina, la tecnologia più avanzata ed una produttività agricola senza precedenti, la dinastia Ming rimaneva la struttura politica più estesa e potente del mondo. Eguagliava e superava l’Europa ad ogni livello, e la questione della “fallita” transizione della Cina al capitalismo (nota come “Problema di Needham”) sarebbe diventata una sorta di enigma iniziatico per i futuri studiosi della regione. L’arrivo di Pereira si situava nel mezzo del declino Ming, causato in parte dall’esplosione dell’industria dell’argento portoghese e spagnola e dalle nuove reti commerciali, di cui lo stesso Pereira era un prodotto.

Print Friendly, PDF & Email

comuneinfo

Là dove tutto il mondo è prigione

di Patrizia Cecconi

17317436192 8dfefa460b oCerto, quando si parla di storia – e in maniera particolare delle sue pagine più crudeli e intollerabili – c’è sempre un’origine precedente, più lontana. Eppure ci sarebbe da scommettere che, perfino tra i sostenitori più irriducibili dell’affermazione del diritto ad esistere dei Palestinesi, oggi siano molto più conosciute le pagine della Nakba, l’esodo del ’48, che quelle degli anni Sessanta, prima e dopo la guerra-lampo dei sei giorni, un prototipo per molte delle illusioni guerrafondaie contemporanee. Peccato perché, come ricorda Patrizia Cecconi in questa bella ed eloquente recensione di un libro imperdibile – “La prigione più grande del mondo. Storia dei territori occupati” di Ilan Pappé -, è proprio nei primi anni Sessanta che a Givat Ram viene elaborato il progetto sionista dell’annessione che serve a spiegare ancora meglio di ogni altra cosa l’Apartheid e i crimini israeliani del nostro tempo. È su quella collina, nel quartiere che ospita la Knesset e il parco dell’Università ebraica, che venne deciso come realizzare e gestire per più di mezzo secolo la più grande prigione del pianeta. Sappiamo questo grazie all’enorme lavoro, tenace quanto lucido e appassionato, di uno storico israeliano, Ilan Pappé. Uno studioso che ha saputo restituire alla ricerca delle verità della storia uno straordinario coraggio, fino a farne preziosa linfa di una resistenza che da decenni incanta il cuore di milioni di persone disseminate in ogni angolo del mondo.

* * * *

Era la primavera del 2012 quando andai a Beit Jala, nei pressi di Betlemme, per scoprire da vicino cosa stava succedendo nella colline e nella valle del Cremisan che Israele, nella sua incontenibile ingordigia,  cercava di annettersi grazie al mostro di cemento che violenta il paesaggio, le vite e i diritti dei palestinesi.

Print Friendly, PDF & Email

cumpanis

Maduro alla Cop27, la voce dei popoli in difesa dell’umanità

di Geraldina Colotti*

IMMAGINE ARTICOLO COLOTTICaracas. “Cambiare il sistema, per cambiare il clima e cominciare a salvare il pianeta”, ha efficacemente riassunto il comandante Chávez il 16 dicembre del 2009, durante la Conferenza internazionale sul cambio climatico. Nel 1992, Fidel Castro, aveva pronunciato uno storico e profetico discorso, al Vertice della Terra di Rio de Janeiro: “Un’importante specie biologica – aveva detto – corre il rischio di sparire per la rapida e progressiva liquidazione dalle sue condizioni naturali di vita: l’uomo. Ora prendiamo coscienza di questo problema quando è quasi tardi per impedirlo…”.

Il presidente Maduro, che accompagnava il comandante come suo ministro degli Esteri quando questi pronunciò lo storico discorso aprendo la porta del vertice ai movimenti popolari, ha ricordato entrambi discorsi in occasione della Cop 27. La 27ma conferenza delle Nazioni unite sul cambio climatico, in corso in Egitto dal 6 al 18 novembre, si svolge a Sharm El Sheikh. Una sede, si legge sul sito delle Nazioni Unite dedicato all’evento, che non è stata scelta a caso: “circondata da due spettacolari aree protette, Sharm El-Sheikh è un posto che ispirerà i partecipanti a combattere il cambiamento climatico e a proteggere il pianeta”. Tuttavia, ha commentato Maduro, ci sono discorsi che si parlano addosso, pronunciati da quegli stessi responsabili del disastro in corso, e altri, invece, propositivi, che provengono da chi più subisce il danno.

Facendo riferimento agli eventi atmosferici che si succedono in ogni parte del pianeta, con sempre maggior frequenza e drammaticità, come si è visto con la caduta di intense e continue precipitazioni, che hanno di recente colpito la popolazione de las Tejerias, il presidente venezuelano ha rimarcato che già non c’è più tempo.

Print Friendly, PDF & Email

marx xxi

Il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era è il marxismo del XXI secolo

di He Yiting

Presentiamo la traduzione dal cinese dell’articolo scritto a metà giugno del 2020 dal compagno He Yiting, allora vice direttore della prestigiosa Scuola di Partito centrale del partito comunista cinese, avente per oggetto la funzione e ruolo su scala mondiale del pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era.

Buona lettura

f pensiero partito xi universita scuola jinping verra qfikIl pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era è il marxismo del 21 secolo: questa è la definizione scientifica del Partito comunista cinese sulla rilevanza storica attribuita al pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era, oltre ad essere anche la prima volta che il nostro Partito per denominare gli ultimi risultati della cinesizzazione del marxismo utilizza “secolo” come parametro.(1)

Il marxismo fin dalla sua comparsa ha superato confini geografici e barriere temporali mosso dalla forza della verità, si è diffuso attraverso i cinque continenti e i quattro oceani seguitando a evolversi nel tempo; ha influenzato profondamente il corso generale della storia globale, modellandola razionalmente e mutandone sensibilmente l’aspetto.

Come ha sottolineato il Segretario Generale Xi Jinping nel suo discorso alla conferenza di commemorazione del 200° anniversario della nascita di Marx: “La ricchezza spirituale lasciataci da Marx che più ha valore ed autorevolezza è senz’altro la teoria scientifica che porta il suo nome: il marxismo. Come una magnifica alba, questa teoria ha illuminato il cammino dell’umanità nella sua indagine sulle leggi della storia e nella ricerca della propria emancipazione.”

Non è possibile affermare che le conquiste teoriche marxiste di ogni paese e di ogni popolo possano essere inserite negli annali del pensiero dell’umanità e venir considerate forme di marxismo del secolo, non tutte possono acquisire il titolo di “marxismo del secolo”.

Perché il marxismo possa essere definito secondo il criterio di “secolo”, riteniamo debbano sussistere tre condizioni: in primis l’obiettivo di ricerca teorica deve essere un modello/campione rappresentativo del mondo; in secundis il risultato teorico deve avere valenza storica a livello mondiale e infine in tertiis, che l’efficacia della prassi modifichi il mondo reale.