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acropolis

Un nuovo non allineamento

di Tim Sahay

“Mentre il vecchio movimento non allineato era ancorato a imperativi morali – decolonizzazione, antirazzismo, disarmo nucleare – questa versione nascente manca di un programma sociale ed etico positivo. Nasce invece dalla fredda logica commerciale e di sicurezza dello sviluppo.” Inserito nella crisi permanente – permacrisis — e irreversibile del sistema/economia-mondo globale il “non allineamento” multipolare servirà alle élite emergenti globali postcoloniali di negoziare le condizioni della propria partecipazione al caos climatico, il saccheggio e la devastazione di vite umane già compromesse nei propri paesi come in molti paesi piccoli in Africa, Asia e America. È la voce disperata e forte di questi Paesi che deve venire allo scoperto. Abbiamo sentito la loro voce nell’ultima Assemblea delle Nazioni Unite. Sono loro il nuovo Movimento dei Paesi non Allineati, fondato sulla Libertà, la Pace e la Giustizia sociale e Climatica [AD]

glossa vavel 0 copiaNel marzo di quest’anno, con l’intensificarsi della guerra della Russia in Ucraina, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi si è recato a Nuova Delhi per parlare con il suo omologo indiano S. Jaishankar. “Se la Cina e l’India parlassero con una sola voce, il mondo intero ascolterebbe”, ha affermato Wang. “Se la Cina e l’India si unissero, il mondo intero presterebbe attenzione”. Le scale geopolitiche iniziarono presto a inclinare la strada dell’India.

Ad aprile, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva fatto il suo primo viaggio a Delhi, dove ha gettato le basi per diverse settimane di frenetici accordi UE-India per un vasto programma che va dalla difesa alla produzione verde.

Il mese successivo, in un vorticoso tour di tre giorni in Germania, Danimarca e Francia, il primo ministro Narendra Modi ha vinto le concessioni che i politici indiani bramavano da oltre due decenni, che vanno dagli investimenti di energia verde, ai trasferimenti tecnologici e agli accordi di armi, mettendo carne sulle ossa di un moribondo partenariato strategico UE-India.

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contropiano2

Gli Stati Uniti stanno conducendo una nuova guerra fredda: una prospettiva socialista

di Vijay Prashad - John Ross

guerra alla guerra manifestazioneIl 23 maggio 2022, in occasione del World Economic Forum di Davos (Svizzera), l’ex Segretario di Stato americano Henry Kissinger ha fatto alcune osservazioni sull’Ucraina che hanno colpito nel segno.

Piuttosto che farsi prendere “dall’umore del momento“, ha detto Kissinger, l’Occidente – guidato dagli Stati Uniti – deve consentire un accordo di pace che soddisfi i russi. “Proseguire la guerra al di là di questo punto“, ha detto Kissinger, “non significherebbe liberare l’Ucraina, ma scatenare una nuova guerra contro la Russia stessa“.

La maggior parte dei commenti dell’establishment della politica estera occidentale ha sgranato gli occhi e ha respinto i commenti di Kissinger.

Kissinger, che non è un pacifista, ha tuttavia indicato il grande pericolo di un’escalation non solo verso l’istituzione di una nuova cortina di ferro intorno all’Asia, ma forse verso una guerra aperta e letale tra l’Occidente e la Russia, oltre che con la Cina.

Questo tipo di esito impensabile era troppo anche per Henry Kissinger, il cui capo, l’ex presidente Richard Nixon, parlava spesso della “teoria del pazzo” nelle relazioni internazionali; Nixon disse al suo capo di gabinetto Bob Haldeman che aveva “messo la mano sul pulsante nucleare” per terrorizzare Ho Chi Minh e farlo capitolare.

Durante il periodo che ha preceduto l’invasione illegale dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel 2003, ho parlato con un alto funzionario del Dipartimento di Stato americano che mi ha detto che la teoria prevalente a Washington si riduce a un semplice slogan: “dolore a breve termine per un guadagno a lungo termine“.

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lavoroesalute

Basi di guerra da nord a sud. L’Unità d’Italia rifatta dalla Nato

di Antonio Mazzeo*

Il sempre più evidente coinvolgimento nella guerra fratricida Russia-Ucraina di alcune delle principali basi ospitate in territorio italiano si accompagna al colpo di acceleratore che le forze armate nazionali, USA e NATO hanno dato ad alcuni programmi (vecchi e nuovi) di ampliamento e potenziamento del dispositivo bellico

1656516380842 GettyImagesL’ultima missione di spionaggio sui cieli dell’Europa dell’Est è stata tracciata dai radar lo scorso 14 ottobre. Un Gulfstream E.550 CAEW del 14° Stormo dell’Aeronautica militare italiana dopo essere decollato dallo scalo romano di Pratica d Mare ha raggiunto prima i confini della Polonia con l’Ucraina e poi quelli con l’enclave russa di Kaliningrad. Un’operazione ormai di routine da quando le forze armate di Mosca hanno invaso l’Ucraina. Il velivolo in dotazione ai reparti di volo italiani aveva fatto il suo debutto nelle aree di conflitto l’8 marzo 2022 con una missione d’intelligence nello spazio aereo della Romania fino ai confini con Moldavia e Ucraina e le sempre più agitate e militarizzate acque del Mar Nero. Da allora i Gulfstream E.550 di Pratica di Mare sono uno degli attori più richiesti dai comandi NATO che coordinano le operazioni aeree di sorveglianza e “contenimento” dei reparti di guerra della Federazione russa in territorio ucraino.

Basati sulla piattaforma del jet sviluppato dall’azienda statunitense Gulfstream Aerospace, appositamente modificato e potenziato dalla israeliana Elta Systems Ltd. (società del gruppo IAI), i velivoli in dotazione all’Aeronautica italiana non sono semplicemente dei “radar volanti”, ma possiedono anche compiti di “gestione” delle missioni alleate nei campi di battaglia e di disturbo delle emissioni elettroniche “nemiche”. “Gli aerei CAEW hanno funzioni di sorveglianza aerea, comando, controllo e comunicazioni, strumentali alla supremazia aerea e al supporto alle forze di terra”, spiega lo Stato maggiore dell’Aeronautica.

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sbilanciamoci

La Germania, rapporti aperti con la Cina

di Vincenzo Comito

Germania CinaIl modello economico tedesco, a cui l’Italia è legata per le subforniture, ha bisogno di revisione ma intanto ha deciso di andare in direzione opposta a Usa e Ue continuando a annodare legami con la Cina. Una opzione alternativa al decoupling stigmatizzata in Italia.

Nell’ultimo periodo la quasi totalità della stampa occidentale si è scagliata con veemenza contro la Germania e in particolare contro il cancelliere Olaf Scholtz ritenuto colpevole di molti delitti; intanto quello di aver concesso l’acquisto di una quota di minoranza in una società del porto di Amburgo ad una impresa cinese, mentre sembrava anche in procinto di permettere ad un’altra società di Pechino la presa di controllo in una società che produce chip (decisione poi rientrata), quello poi sempre verso Scholtz di voler effettuare un viaggio in Cina, che si è svolto come previsto, accompagnato da molti rappresentanti della grande impresa del paese teutonico, infine quello di aver pronunciato anche a Pechino, oltre che in patria, parole contrarie al decoupling e all’isolamento della Cina.

Da rilevare che a suo tempo Angela Merkel in sedici anni di governo aveva visitato la Cina 12 volte. Da sottolineare anche, incidentalmente, che il governo Draghi, durante la sua esistenza, ha invece bloccato un tentativo dei cinesi di acquisire una partecipazione in una società del porto di Trieste, nonché in una piccola società che produce chip, oltre che in diverse altre iniziative, di cui qualcuna molto rilevante (l’Iveco), mentre ha stracciato sostanzialmente l’accordo relativo alla Via della seta concluso dal governo precedente.  

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porfido

Il sorgo e l'acciaio

Introduzione

di collettivo Chuǎng*

Chuǎng: Il sorgo e l'acciaio. Il regime sviluppista socialista e la costruzione della Cina contemporanea, Porfido Edizioni, 2022

copertina e1667406658644Alla fine del XVI secolo, uno dei primi resoconti in forma estesa sulla vita in "Cina" venne pubblicato in Europa per mano di un mercenario portoghese di nome Galeote Pereira, combattente contro i Birmani per conto del Regno di Ayutthaya nella prima guerra moderna dell'Asia orientale. Divenuto in seguito pirata, saccheggiò le province costiere che si aff avano sul Mar Cinese Meridionale, all'alba di quella che sarebbe diventata una secolare ondata di pirateria favorita dalla crescita del mercato globale. La dinastia Ming rispose con la sua Campagna di Sterminio della Pirateria, e Pereira fu catturato nel Fujian ed esiliato nell'interno, riuscendo a fuggire solo anni dopo in Europa grazie alla corruzione e all'aiuto di alcuni mercanti portoghesi a Guangzhou. Il resoconto di tale esperienza, edito e pubblicato con l'aiuto dei Gesuiti, fu uno dei rari racconti di prima mano sulla "Cina" disponibili dai tempi di Marco Polo. Ma se Marco Polo era giunto da un'Europa arretrata e provinciale per osservare dall’interno la civiltà allora più avanzata del mondo, incarnata della dinastia Yuan (mongola), Pereira, d'altro canto, arrivava da un'Europa ormai trasformata approdando in una "Cina" altrettanto mutata, entrambe alle porte di un grande caos. Si trattava di una congiuntura agli albori del mondo capitalista caratterizzata dalla totale incertezza. Il dado era tratto, ma il quadro non appariva ancora stabilizzato. Con la più grande marina, la tecnologia più avanzata ed una produttività agricola senza precedenti, la dinastia Ming rimaneva la struttura politica più estesa e potente del mondo. Eguagliava e superava l’Europa ad ogni livello, e la questione della “fallita” transizione della Cina al capitalismo (nota come “Problema di Needham”) sarebbe diventata una sorta di enigma iniziatico per i futuri studiosi della regione. L’arrivo di Pereira si situava nel mezzo del declino Ming, causato in parte dall’esplosione dell’industria dell’argento portoghese e spagnola e dalle nuove reti commerciali, di cui lo stesso Pereira era un prodotto.

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comuneinfo

Là dove tutto il mondo è prigione

di Patrizia Cecconi

17317436192 8dfefa460b oCerto, quando si parla di storia – e in maniera particolare delle sue pagine più crudeli e intollerabili – c’è sempre un’origine precedente, più lontana. Eppure ci sarebbe da scommettere che, perfino tra i sostenitori più irriducibili dell’affermazione del diritto ad esistere dei Palestinesi, oggi siano molto più conosciute le pagine della Nakba, l’esodo del ’48, che quelle degli anni Sessanta, prima e dopo la guerra-lampo dei sei giorni, un prototipo per molte delle illusioni guerrafondaie contemporanee. Peccato perché, come ricorda Patrizia Cecconi in questa bella ed eloquente recensione di un libro imperdibile – “La prigione più grande del mondo. Storia dei territori occupati” di Ilan Pappé -, è proprio nei primi anni Sessanta che a Givat Ram viene elaborato il progetto sionista dell’annessione che serve a spiegare ancora meglio di ogni altra cosa l’Apartheid e i crimini israeliani del nostro tempo. È su quella collina, nel quartiere che ospita la Knesset e il parco dell’Università ebraica, che venne deciso come realizzare e gestire per più di mezzo secolo la più grande prigione del pianeta. Sappiamo questo grazie all’enorme lavoro, tenace quanto lucido e appassionato, di uno storico israeliano, Ilan Pappé. Uno studioso che ha saputo restituire alla ricerca delle verità della storia uno straordinario coraggio, fino a farne preziosa linfa di una resistenza che da decenni incanta il cuore di milioni di persone disseminate in ogni angolo del mondo.

* * * *

Era la primavera del 2012 quando andai a Beit Jala, nei pressi di Betlemme, per scoprire da vicino cosa stava succedendo nella colline e nella valle del Cremisan che Israele, nella sua incontenibile ingordigia,  cercava di annettersi grazie al mostro di cemento che violenta il paesaggio, le vite e i diritti dei palestinesi.

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cumpanis

Maduro alla Cop27, la voce dei popoli in difesa dell’umanità

di Geraldina Colotti*

IMMAGINE ARTICOLO COLOTTICaracas. “Cambiare il sistema, per cambiare il clima e cominciare a salvare il pianeta”, ha efficacemente riassunto il comandante Chávez il 16 dicembre del 2009, durante la Conferenza internazionale sul cambio climatico. Nel 1992, Fidel Castro, aveva pronunciato uno storico e profetico discorso, al Vertice della Terra di Rio de Janeiro: “Un’importante specie biologica – aveva detto – corre il rischio di sparire per la rapida e progressiva liquidazione dalle sue condizioni naturali di vita: l’uomo. Ora prendiamo coscienza di questo problema quando è quasi tardi per impedirlo…”.

Il presidente Maduro, che accompagnava il comandante come suo ministro degli Esteri quando questi pronunciò lo storico discorso aprendo la porta del vertice ai movimenti popolari, ha ricordato entrambi discorsi in occasione della Cop 27. La 27ma conferenza delle Nazioni unite sul cambio climatico, in corso in Egitto dal 6 al 18 novembre, si svolge a Sharm El Sheikh. Una sede, si legge sul sito delle Nazioni Unite dedicato all’evento, che non è stata scelta a caso: “circondata da due spettacolari aree protette, Sharm El-Sheikh è un posto che ispirerà i partecipanti a combattere il cambiamento climatico e a proteggere il pianeta”. Tuttavia, ha commentato Maduro, ci sono discorsi che si parlano addosso, pronunciati da quegli stessi responsabili del disastro in corso, e altri, invece, propositivi, che provengono da chi più subisce il danno.

Facendo riferimento agli eventi atmosferici che si succedono in ogni parte del pianeta, con sempre maggior frequenza e drammaticità, come si è visto con la caduta di intense e continue precipitazioni, che hanno di recente colpito la popolazione de las Tejerias, il presidente venezuelano ha rimarcato che già non c’è più tempo.

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marx xxi

Il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era è il marxismo del XXI secolo

di He Yiting

Presentiamo la traduzione dal cinese dell’articolo scritto a metà giugno del 2020 dal compagno He Yiting, allora vice direttore della prestigiosa Scuola di Partito centrale del partito comunista cinese, avente per oggetto la funzione e ruolo su scala mondiale del pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era.

Buona lettura

f pensiero partito xi universita scuola jinping verra qfikIl pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era è il marxismo del 21 secolo: questa è la definizione scientifica del Partito comunista cinese sulla rilevanza storica attribuita al pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era, oltre ad essere anche la prima volta che il nostro Partito per denominare gli ultimi risultati della cinesizzazione del marxismo utilizza “secolo” come parametro.(1)

Il marxismo fin dalla sua comparsa ha superato confini geografici e barriere temporali mosso dalla forza della verità, si è diffuso attraverso i cinque continenti e i quattro oceani seguitando a evolversi nel tempo; ha influenzato profondamente il corso generale della storia globale, modellandola razionalmente e mutandone sensibilmente l’aspetto.

Come ha sottolineato il Segretario Generale Xi Jinping nel suo discorso alla conferenza di commemorazione del 200° anniversario della nascita di Marx: “La ricchezza spirituale lasciataci da Marx che più ha valore ed autorevolezza è senz’altro la teoria scientifica che porta il suo nome: il marxismo. Come una magnifica alba, questa teoria ha illuminato il cammino dell’umanità nella sua indagine sulle leggi della storia e nella ricerca della propria emancipazione.”

Non è possibile affermare che le conquiste teoriche marxiste di ogni paese e di ogni popolo possano essere inserite negli annali del pensiero dell’umanità e venir considerate forme di marxismo del secolo, non tutte possono acquisire il titolo di “marxismo del secolo”.

Perché il marxismo possa essere definito secondo il criterio di “secolo”, riteniamo debbano sussistere tre condizioni: in primis l’obiettivo di ricerca teorica deve essere un modello/campione rappresentativo del mondo; in secundis il risultato teorico deve avere valenza storica a livello mondiale e infine in tertiis, che l’efficacia della prassi modifichi il mondo reale.

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contropiano2

“Il neocolonialismo è morto”. Sul mondo multipolare

Investig’Action intervista Mohamed Hassan

colonialismo la regina e mortaPubblichiamo la traduzione di questa lunga intervista a Mohamed Hassan – curata da Grégoire Lalieu del collettivo Investig’Action e co-autore di “La Strategie du chaos” e “Jihad made in USA” – pubblicata il 26 ottobre sul sito del collettivo.

Paesi che si rifiutano di tagliare i ponti con la Russia. I dirigenti turchi che sfidano le minacce di Washington. L’Arabia Saudita che disobbedisce a Biden. L’America Latina che vira “a sinistra”. Una parte dell’Africa che volta le spalle ai suoi vecchi e nuovi “padrini” neo-coloniali. È chiaro che il mondo sta cambiando. E Mohamed Hassan ci aiuta a vederlo più chiaramente, anche per le prospettive “rivoluzionarie” che si aprono per le classi subalterne europee, oltre che per i popoli del Tricontinente.

Questo in una situazione in cui anche gli Stati Uniti non solo stanno perdendo la propria egemonia all’esterno, ma soffrono una crisi sociale che avrà dei precisi riflessi anche nelle vicine elezioni Mid-term dell’8 novembre.

Afferma giustamente Hassan: “oggi ci sono 500.000 senzatetto per le strade degli Stati Uniti e il loro tasso di mortalità è salito alle stelle. Ci sono anche due milioni di prigionieri su un totale di undici milioni in tutto il mondo. Il tasso di povertà infantile è del 17%, uno dei più alti del mondo sviluppato secondo il Columbia University Center on Poverty and Social Policy. L’imperialismo sta distruggendo gli Stati Uniti dall’interno e non ha impedito ai due grandi rivali, Russia e Cina, di conquistare potere. Questo aumento di potere indebolisce le posizioni dell’imperialismo statunitense nel mondo.”

Un mondo è al crepuscolo, un altro sta sorgendo sullo sfondo di uno scontro sempre acuito tra un blocco euro-atlantico ed i suoi satelliti ed uno euro-asiatico in formazione.

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giubberosse

Laboratorio Ucraina

di Enrico Tomaselli

Ogni guerra è, tra le altre cose, un terreno di sperimentazione. Classicamente lo è per le armi: nuovi prodotti dell’industria bellica, se positivamente testati nella realtà di un conflitto, ne ricavano il miglior lancio pubblicitario possibile. Ma talvolta una guerra rappresenta anche l’occasione per verificare molte altre cose; ed in questo, la guerra in Ucraina non fa eccezione

ilgiornale2 2022080815283761 576a6aa9eb682063f33a8b63b63c1821 2560x1580 1Armi, industria e strategie

Il conflitto che si sta combattendo, naturalmente, focalizza tutta l’attenzione su due aspetti: le conseguenza politiche ed economiche della guerra e la tragedia delle morti e delle distruzioni che si infliggono reciprocamente i contendenti. Pure vi sono altri aspetti non meno importanti, che però rimangono esclusi dal dibattito pubblico, restando confinati in un ambito assai specialistico – e per sua natura tendenzialmente riservato.

Una prima questione, tra quelle appunto minori, è relativa alle armi impiegate dalle forze combattenti. E, sotto questo profilo, la guerra in Ucraina è assai interessante per più di un motivo.

Innanzitutto, è il primo vero conflitto in cui è direttamente coinvolta la Russia post-sovietica. Sia le guerre cecene, che l’intervento in Siria, infatti, non sono assimilabili a questo, poiché qui a fronteggiare l’esercito russo c’è un altro esercito regolare, di un paese con decine di milioni di abitanti e non un sia pur ben organizzato esercito guerrigliero. Ciò costituisce quindi un’ottima occasione per osservare e valutare modalità e capacità di combattimento delle forze armate russe e soprattutto dei suoi armamenti.

Sotto questo aspetto, la guerra offre molteplici chiavi di lettura. Pur essendo un conflitto tutto sommato asimmetrico, non solo per l’evidente sproporzione tra le parti ma anche – ad esempio – per il totale dominio dell’aria da parte di uno dei due, una parte significativa della guerra stessa si svolge sul terreno, con un confronto tra forze meno squilibrate a livello tattico. Per quanto da entrambe le parti si faccia largo uso di mezzi e sistemi d’arma ancora d’epoca sovietica e siano, quindi, tutto sommato poco presenti armi moderne, si possono comunque osservare alcuni aspetti interessanti.

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contropiano2

“Sull’Irlanda”… e sulla Catalunya

di Andrea Quaranta

Catalogna bandieroneLa riedizione degli scritti di Marx e Engels Sull’Irlanda è una iniziativa fondamentale per approfondire la riflessione su quei contesti nei quali popoli differenti sono ancora in lotta per la loro emancipazione: è il caso della Catalunya, di Heuskal Herria, della Corsica e di molte altre situazioni in cui la contraddizione nazionale è tutt’altro che risolta.

La nuova edizione di PGreco è arricchita dalla corposa introduzione di Marco Santopadre che, oltre a fornire diversi e interessanti spunti interpretativi, mette ordine nella questione riportata alla ribalta dalla crescita del movimento indipendentista catalano e rivelatasi problematica per la sinistra di classe europea, tutt’altro che unanime riguardo alle nazioni senza stato del continente.

In questo contesto la riproposizione delle riflessioni contenute in Sull’Irlanda ha prima di tutto il grande merito di riportare l’attenzione sul pensiero originale dei fondatori del marxismo e di fare piazza pulita delle semplificazioni interessate e dei luoghi comuni circolati con successo anche “a sinistra”.

La raccolta permette infatti di seguire passo dopo passo il pensiero di Marx e Engels sulla questione nazionale irlandese, un pensiero la cui complessità (compresi i ripensamenti espliciti) segnala non i limiti bensí la vitalità e la ricchezza di un’analisi che, se non rappresenta una teoria compiuta della nazione, consegna però alla sinistra di classe gli strumenti fondamentali per sviluppare il proprio percorso nell’intricata materia.

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lacausadellecose

Una ciocca di capelli in Iran?

di Michele Castaldo

Protesta donne iranianeInutile girarci intorno la questione è seria e complicata: l’Occidente ha sviluppato e costruito – attraverso la sua storia – un modello di rapporti sociali che il resto del mondo guarda con ammirazione e sgomento al tempo stesso, proprio mentre si avvia verso il crack il paese simbolo del liberismo, gli Usa. Dall’Iran all’India, o alla stessa Cina si moltiplicano i fenomeni di emulazione di costumi sorti in Occidente e che pongono la donna al centro della scena sociale, politica, culturale, religiosa e quant’altro ancora. Saranno anche minoritari certi episodi, ma segnano il senso di una tendenza destinata più a rafforzarsi che a ridursi. Altrimenti detto: l’Occidente ha sviluppato il culto del liberismo individualistico, ovvero il senso della libertà assoluta dell’individuo.

Come si affrontano tematiche così complicate e importanti che investono milioni di persone nei diversi continenti? Cerchiamo di ragionare sulla cosa senza veli ideologici, come purtroppo spesso si fa, o per partito preso come i tifosi di una squadra di calcio, ma entrando nel merito e cercando di storicizzare la questione, partendo sempre dai fatti per quello che sono realmente e non per quello che si vorrebbe che fossero, per ricavare le idee corrette su di essi.

«Le donne insorgono pubblicamente contro la polizia morale, una istituzione che sorveglia minuziosamente i comportamenti femminili», scrive Sergio Romano sul Corriere della sera di domenica 16 ottobre 2022. Posta nei termini in cui la pone Sergio Romano, chi oserebbe dare torto alle donne «che insorgono pubblicamente»? Qualunque persona, qui da noi, dotata di buon senso direbbe: ma che malfattori questi governanti persiani, questi islamici retrogradi, questi conservatori reazioni e chi più ne ha più ne metta.

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effimera

Eurafrica. Le origini coloniali dell’Unione Europea

Prefazione

di Étienne Balibar

confronto in africa coloniale tra il coloniale europeo e gli africani o tribu africana engr castelli 1884 illustrazione o incisione d epoca 2dfbxahPubblichiamo la prefazione di Étienne Balibar al libro di Peo Hansen e Stefan Jonsson, Eurafrica le origini coloniali dell’Unione europea. Il libro, pubblicato in inglese, è stato recentemente tradotto in francese, da La Découverte, accompagnato da questo testo di Balibar. Su questo importante volume, Effimera ha pubblicato anche una recensione di Ludovic Lamant. La traduzione è di Salvatore Palidda.

Peo Hansen and Stefan Jonsson, Eurafrica: The Untold History of European Integration and Colonialism, Bloomsbury Publishing PLC, 2015

Peo Hansen et Stefan Jonsson, Eurafrique. Aux origines coloniales de l’Union européenne, préface d’Étienne Balibar, La Découverte, 2022

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Le circostanze in cui, in extremis, scrivo questa prefazione cui tenevo molto, sia per la stima che ho per gli autori, sia per l’importanza della questione che indagano, mi obbligano a essere breve. Ma non mi inducono a rinunciarvi, anzi.

Chiunque sia interessato all’Africa dovrebbe leggere questo libro e anche chiunque sia interessato all’Europa. E quindi chiunque sia interessato al mondo, di cui non c’è dubbio che l’Africa e l’Europa, insieme e separatamente, sono attori imprescindibili. Ma perché “Eurafrica”, questo strano composto (allo stesso tempo vicino eppure molto diverso, genealogicamente, da certi altri di cui si sente molto parlare in questo momento, come “Eurasia”)? Siamo abituati soprattutto forse sotto forma di aggettivo a “relazioni euro-africane”, “partenariato euro-africano”, apparentemente del tutto innocenti, puramente descrittivi.

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eticaeconomia

Una visione eterodossa della Cina*

di Pompeo Della Posta

Pompeo Della Posta sostiene che parlando della Cina, i media europei si soffermano molto spesso sugli aspetti negativi che la caratterizzano, ignorando o sottostimando, quelli positivi e che ciò rischia di alimentare una crescente contrapposizione con l’UE, oltre a quella, già evidente, fra USA e Cina. Della Posta tenta di riequilibrare la narrativa su quel paese, con l’intento di favorire il mantenimento di un contesto di comprensione e dialogo con l’UE e aiutare così le prospettive di pace in un contesto internazionale sempre più difficile

ling tang ybroaf1cn3i unsplashIl XX Congresso del Partito comunista cinese, che si apre proprio mentre vengono licenziate queste note, vedrà, con ogni probabilità, la riconferma di Xi Jinping come Segretario generale del Comitato centrale per i prossimi 5 anni. La sua eventuale conferma sarà possibile grazie ad una modifica costituzionale del precedente limite di 2 mandati. Sotto la sua guida, iniziata 10 anni fa la percezione che il mondo ha della Cina è profondamente mutata. Nel parlare del “paese di mezzo”, infatti, i media europei si stanno soffermando in maniera crescente sugli innegabili aspetti critici che lo caratterizzano (ad esempio la censura operata sull’informazione), spesso utilizzando esclusivamente un metro di giudizio occidentale, senza porli in prospettiva storica, geografica o culturale e senza considerare la specificità di un paese popolato da 1 miliardo e 400 milioni di persone. Sono generalmente del tutto ignorati o sottostimati quelli positivi (fra le poche eccezioni vi è un articolo della Harvard Business Review che sottolinea “ciò che l’Occidente sbaglia sulla Cina”).

Tutto questo sta condizionando il sentimento comune nei confronti di quel paese, ma soprattutto rischia di alimentare la contrapposizione frontale con l’Unione europea (UE) , che andrebbe ad aggiungersi a quella, già evidente, fra Stati Uniti (USA) e Cina, con conseguenze per le prospettive future di pace nel mondo.

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cumpanis

Unione europea: l’ottobre imperialista

di Fosco Giannini

Dalla rimozione del piano Musk per la pace al decreto Zelensky per la continuazione della guerra; dalla Risoluzione Ue per le armi all'Ucraina al "portafolio digitale": un itinerario per il rafforzamento del polo imperialista europeo

1663251563948 APL’informazione generale verso i popoli dell’Unione europea, verso i 450 milioni circa di cittadini e lavoratori dei 27 Paesi dell’Ue appare, oggi più che mai, oscura e incodificabile. Ma, appunto, appare, poiché in verità l’oscurità e l’incodificabilità, già ai primi tentativi di lettura razionale degli eventi, ai primi tentativi di metterli in relazione tra loro, si mostrano per ciò che sono: strumenti prescelti dalla “voce” dell’asse angloamericano ed europeo per la costruzione e l’imposizione del verbo imperialista, per la “verità” costruita in laboratorio, per un pensiero di massa che sempre più vuol essere ridotto a “batterio sintetico”.

La “vox” unica imperialista – ben più temibile, per i suoi sterminati “eserciti”, della pur orrenda Vox spagnola di Santiago Abascal, per la quale Giorgia Meloni lavora – manipola i fatti come un giocatore delle “tre campanelle”: li racconta e ce li porge o enfatizzandone i dettagli a sé favorevoli o rimuovendone quelli a sé sfavorevoli, confondendo, inoltre, la loro stessa sequenza, la loro conseguenzialità, in modo che il “batterio sintetico” del pensiero omologato non possa mai stabilire i nessi tra un fatto e l’altro. Il gioco delle “tre campanelle” è considerato dal diritto italiano una truffa e chi lo pratica un’associazione a delinquere. Nella differenza di verdetto giuridico tra una truffa perpetrata sui tavolini di una sagra del tartufo e l’orrore della costruzione scientifica di un senso comune di massa accecato sin dalla nascita, vi è tutta la verità sulla potenza del capitale.

Alla luce di questa premessa proviamo a “rileggere” i fatti accaduti in questa prima porzione di ottobre, fatti sui quali la “vox” imperialista, il fronte unico angloamericano ed europeo hanno lavorato al fine di epurare da essi elementi di pericolo per l’Impero e al fine di svuotarli di nessi e conseguenzialità. Dunque, di senso.