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lantidiplomatico

L'UE non riesce a sganciare l'America Latina dalla Russia per portarla nella sua orbita

di Fabrizio Verde

720x410c5 bhiudytIl sud globale ha una visione del mondo nettamente differente dal nord come si è visto plasticamente dalle differenze emerse rispetto al conflitto in Ucraina nel vertice UE-Celac. 

L’Europa trascinata nel conflitto contro la Russia da Washington e che al contempo ha iniziato a rivaleggiare anche con la Cina, ancora per volontà degli Stati Uniti, ha un disperato bisogno di alleati.  

Per questo motivo la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha fatto del suo meglio per "catturare il Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva nella sua rete" lunedì mattina a Bruxelles, come evidenzia la Süddeutsche Zeitung.

Nel corso di una conferenza stampa congiunta, la von der Leyen non ha lasciato dubbi sul fatto che consideri il brasiliano "uno dei più stretti amici dell'Europa" e sulla sua soddisfazione per il fatto che dal gennaio di quest'anno Lula sia tornato alla guida del Brasile al posto del populista di destra Jair Bolsonaro. Il capo della Commissione Europea "ama sostenere grandi parole con grandi somme di denaro", quindi ha "messo sul tavolo" 45 miliardi di euro, ovvero quanto l'UE intende investire in America Latina e nei Caraibi entro il 2027. Ciò avverrà nell'ambito di un'iniziativa chiamata Global Gateway, attraverso la quale l'UE intende promuovere progetti infrastrutturali in tutto il mondo ed espandere così la propria influenza.
 
Lula ha ringraziato e sorriso affabilmente. "Ma è rimasto davvero colpito?”, si chiede la pubblicazione tedesca.

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sinistra

La politica dei naufragi

di Guido Mandarino

Migrants Tenerife scaledIl naufragio di Pylos e quello di Cutro sono stati l’occasione per i governi europei per ribadire la necessità di aumentare i controlli e limitare i flussi dei migranti, ovviamente per evitare il ripetersi di queste stragi. Ed è stata anche l’occasione per la denuncia ormai seriale delle insufficienze dei sistemi di soccorso e delle leggi sulla sempre più restrittiva regolamentazione delle frontiere.

Non è il caso di unirsi a questo impianto scenico. Per chi ha a cuore la vita di coloro che scappano dai loro paesi per trovare una situazione migliore non va bene la solidarietà posticcia né la denuncia della scarsa democraticità dei nostri governi.

I naufragi in mare sono una delle conseguenze delle politiche di contenimento e deterrenza dell’Unione Europea che partono da lontano e che nel Patto Europeo sull’immigrazione e l’asilo del 2020 hanno solo una tappa. Controllare e reprimere l’immigrazione irregolare, prevenire i flussi costituendo un cordone sanitario sempre più ampio e militare. È su questa legalità che nascono le tragedie del mare. Vediamone il contesto.

 

Crisi globale, migrazione globale

Già nel 2017 il rapporto dello European Political Strategy Centre del 2017 descriveva i 10 trend che caratterizzano l’odierna immigrazione (che viene fatta risalire al 2001). Curiosamente gli autori non si sono resi conto di come dal 2001, elencando “chi emigra”, il “perché si emigra”, e il “da dove” provengono i flussi, si ottiene un dato univoco e cioè che il fenomeno migratorio è diventato “universale”: riguarda uomini, famiglie, donne, bambini; si fugge dalla crisi economica, dalla carestia, dai disastri ambientali e si fugge dal cosiddetto “sud globale”.

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materialismostorico 

La Grande Convergenza e il revival del colonialismo occidentale

di Stefano G. Azzarà (Università di Urbino)

Schermata del 2023 07 05 18 55 391. Dal “guevarismo” alla riabilitazione del colonialismo

In un libro del 1931, Der Mensch und die Technik, un Oswald Spen­gler impegnato a combattere la Repubblica di Weimar ma soprattutto a impedire che la sua crisi avesse un esito rivoluzionario, e dunque inten­zionato a delegittimare i comunisti che intendevano riproporre l’espe­rienza bolscevica in Germania, notava che «anche i popoli “sfruttati” all'interno dei paesi europei e degli Stati Uniti», in spregio alla retorica internazionalista dei partiti marxisti (compresa la SPD), hanno in realtà a loro volta «beneficiato dello sfruttamento internazionale». Anche le classi subalterne, anche gli operai che lamentano rumorosamente la sot­tomissione del regime di fabbrica e l’estrazione di plusvalore, a guardar bene, hanno goduto e godono di un «lussuoso tenore di vita», se con­frontato con quello dei popoli extraeuropei. E questo in virtù dell’«alto salario dell'operaio bianco», un salario di lusso che «si basa esclusiva­mente sul monopolio fondato dai capitani d'industria» e dunque sulla compartecipazione ai sovraprofitti coloniali1 .

Si trattava certamente di un espediente retorico, volto a contrapporre alla versione marxista del socialismo quella versione “nazionale”, già esposta in Preupentum und Sozialismus (1919)2, che postulava un inte­resse comune e una comune responsabilità tra l’operaio e l’imprenditore, entrambi al servizio della comunità. Nelle sue parole c’era tuttavia qual­cosa di vero, dato che a suo tempo anche Lenin aveva inquadrato questo fenomeno e aveva dovuto mettere in guardia dal socialsciovinismo della socialdemocrazia, la quale con Bernstein e altri suoi esponenti aveva pen­sato già diversi anni prima di risolvere la questione sociale tramite l’espansione coloniale3.

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italiaeilmondo

Guerra russo-ucraina: l’insurrezione di Wagner

La corsa selvaggia di Yevgeny Prigozhin

di Big Serge

e5924ef7 3195 4933 9f4f 0e2a32865ca4 1200x800Questa analisi che traduco e pubblichiamo mi pare in assoluto la migliore e la più equilibrata tra tutte le moltissime comparse sinora sulla vicenda dell’insurrezione armata delle milizie Wagner; forse anche perché coincide con la mia, pubblicata il 25 giugno scorso*: si tenga dunque in considerazione il possibile conflitto di interessi, nel mio giudizio positivo.

L’analisi di Big Serge sfugge al pericolo principale, che in casi simili è: sovrainterpretare. Una miriade di informazioni impossibili da verificare, manipolazioni a tutto spiano, emozioni al calor bianco: è in casi come questo che la nebbia della guerra clausewitziana sale più fitta. Per farsi un’idea, invece, è necessario attenersi a quel che è possibile valutare con un minimo sindacale di attendibilità, non farsi travolgere dai pregiudizi e dalle ipotesi onnicomprensive che spiegano tutto, in breve sospendere il giudizio su tutto ciò che non suoni autentico, e tenersi pronti a cambiare idea se il contesto muta con il passare dei giorni.

L’Autore, inoltre, ha ben chiaro che “nel nostro tempo prevale un modello analitico: c’è una macchina che prende istantaneamente vita, accogliendo voci e informazioni parziali in un ambiente di estrema incertezza e risputando formule che corrispondono a presupposti ideologici. L’informazione non è valutata in modo neutrale, ma è costretta a passare attraverso un filtro cognitivo che le assegna un significato alla luce di conclusioni predeterminate.

In altre parole, la maggior parte dell’informazione e dei commenti, sia nei media ufficiali, sia nelle fonti che si vogliono “critiche” e “alternative”, corrisponde a quel che Leszek Kolakowski chiamava “la quinta operazione”. Nelle quattro operazioni aritmetiche – addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione – il risultato consegue ai fattori, e non è noto prima che l’operazione aritmetica sia eseguita.

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sbilanciamoci

Le nuove mosse di Biden contro la Cina

di Vincenzo Comito

Iniziata da Trump, la strategia anticinese americana prosegue con Biden e crescenti pressioni verso alleati europei e imprese restii a recidere i legami con il paese asiatico. Ursula von der Leyen esegue, passando però dal “decoupling” – sganciamento economico – al “derisking”

china usI risultati del decoupling di Trump

Secondo le informazioni pubblicamente disponibili, è stato a suo tempo sotto la presidenza Obama, di cui ricordiamo il suo slogan Pivot to Asia, che il governo statunitense ha cominciato a preoccuparsi fortemente per la crescita cinese e da allora i tentativi di bloccare, o almeno di frenare, l’emergere del paese asiatico sulla scena mondiale sono diventati sempre più aggressivi, mentre ancora oggi non mostrano certo segni di indebolimento.

È con Trump che apparentemente si comincia a tentare di fare sul serio; il presidente, mentre invitava, peraltro con molto scarso successo, le imprese Usa a lasciare la Cina, introduceva dazi rilevanti su una parte consistente delle merci cinesi, mentre cercava al contempo di bloccare le tecnologie Huawei e ZTE nel 5G, spingendo i paesi alleati a fare altrettanto.

Ma le sue azioni non hanno portato apparentemente a grandi risultati, come mostrano ad esempio le cifre e le valutazioni tratte da un recente articolo apparso sul South China Morning Post (Yukon Huang, 2023). Il deficit commerciale Usa – secondo le cifre avanzate dall’autore – è stato nel 2022 superiore a quello dell’anno in cui Trump si è insediato. Il peso delle importazioni cinesi sul Pil è passato dal 31% del 2017 al 34% del 2022. È vero che la quota della Cina è scesa nel periodo considerato dal 22% al 17%, ma le esportazioni complessive della Cina verso il mondo sono sempre cresciute e in particolare verso quei paesi (Vietnam, Messico, India ed altri) che hanno sostituito la Cina su alcune tipologie di merci. Nella sostanza questi paesi hanno riesportato verso gli Usa semilavorati forniti loro da Pechino. Incidentalmente molte imprese cinesi hanno aperto delle fabbriche in tali paesi, da dove esportare poi negli Stati Uniti.

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cumpanis

Turchia: la vittoria di Erdogan mette in discussione il futuro della NATO?

di Fulvio Bellini

Immagine per home articolo TURCHIA.jfif Premessa: lo strano concetto di democrazia propagandata in Italia

Il 28 maggio scorso si è svolto il ballottaggio per l’elezione del Presidente turco tra il candidato uscente Recep Tayyip Erdogan e lo sfidante Kemal Kılıçdaroğlu. Il 14 maggio, in concomitanza del primo turno delle presidenziali, si erano svolte anche le elezioni generali per la composizione del nuovo parlamento. L’esito delle elezioni ha visto la vittoria di Erdogan che, grazie ai 27.834.692 (52,18%) consensi ricevuti, ha ottenuto il terzo mandato consecutivo. Se si sommano i gli incarichi come Primo ministro e Capo dello Stato, Erdogan si trova ai vertici del potere turco da vent’anni, avendo preso la guida del governo il 14 marzo del 2003. Se si guarda ai risultati delle elezioni parlamentari, la compagine del Presidente confermato, Partito della Giustizia e dello Sviluppo è risultato il più votato. Personalmente nutro un certo rispetto nei confronti di Radio Radicale che nasce dalla sua linea editoriale netta e trasparente, anche se non condivisibile: atlantismo senza tentennamenti, russofobia e cinofobia spinti al loro eccesso, apprezzamento dell’attuale stato di vassallaggio della UE nei confronti degli Stati Uniti, promozione dei diritti civili ma solo se disgiunti da quelli sociali ed economici, i quali vanno ignorati, liberismo senza limiti in economia, privatizzazioni di ogni servizio e di ogni risorsa. In estrema sintesi: libertà totale per la borghesia, elevazione dei suoi capricci e delle sue perversioni al rango di diritti civili. Se si sceglie Radio Radicale si sa chi si ascolta. Non è una notazione marginale, esistono radio intellettualmente disoneste, le quali condividono in gran parte la piattaforma politica radicale ma si travestono da radio di sinistra: il riferimento a Radio Popolare è puramente voluto.

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lantidiplomatico

I fattori dietro la (sorprendente) tenuta economica della Russia

di Giacomo Gabellini

720x410c50kiuhnsaL’offensiva militare, economica, finanziaria e commerciale scatenata dal cosiddetto “Occidente collettivo” contro la Federazione Russa nasce da una palese sottovalutazione «della coesione sociale della Russia, del suo potenziale militare latente e della sua relativa immunità alle sanzioni economiche». L’intera campagna sanzionatoria imposta da Stati Uniti ed Unione Europea, in particolare, si fondava sulla previsione che la Russia non sarebbe stata in grado di reggere un lungo periodo di pressione economica e finanziaria esterna, in virtù della debolezza strutturale, dell’arretratezza e degli squilibri che caratterizzano il suo sistema produttivo.

I dati indicano che, alla fine del febbraio 2022, la Russia registrava un debito pubblico corrispondente ad appena il 12,5% del Pil, una posizione finanziaria netta fortemente positiva e riserve auree pari a circa 2.300 tonnellate. L’oro riveste una rilevanza particolare, trattandosi del tradizionale “bene rifugio” che tende sistematicamente a rivalutarsi proprio in presenza di congiunture critiche come quella delineatasi per effetto dell’attacco all’Ucraina. Stesso discorso vale per tutte le commodity di cui la Russia è produttrice di primissimo piano, dal petrolio al gas, dall’alluminio al cobalto, dal rame al nichel, dal palladio al titanio, dal ferro all’acciaio, dal platino ai cereali, dal legname all’uranio, dal carbone all’argento, dai mangimi ai fertilizzanti.

L’incremento combinato dei prezzi delle materie prime e dei prodotti raffinati i cui mercati risultano fortemente presidiati dalla Federazione Russa – la cui posizione si è ulteriormente rafforzata con l’incorporazione dei giacimenti di carbone, ferro, titanio, manganese, mercurio, nichel, cobalto, uranio, terre rare di vario genere e idrocarburi non convenzionali presenti nei territori delle repubbliche secessioniste di Donec’k e Luhans’k – ha per un verso penalizzato enormemente la categoria dei Paesi importatori netti, in cui rientra gran parte dell’“Occidente collettivo”.

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lantidiplomatico

"La strategia imperialistica Usa in Europa ha radici lontane. In Ucraina assistiamo all'ultimo atto"

Alessandro Bianchi intervista Giulio Palermo

imperialismo usa"La distruzione delle risorse materiali dell’Ucraina è la prerogativa per l’accaparramento delle sue risorse materiali e umane nella fase di ricostruzione". Giulio Palermo, economista autore con la nostra casa editrice di "Il conflitto russo-ucraino" (LAD, 2023), ci rilascia una lunga e illuminante intervista per argomentare e attualizzare le sue tesi ad oltre un anno dall'inizio dell'operazione speciale russa.

"Il continente europeo costituisce la scacchiera ma gli scacchi sono per lo più americani e russi e, sullo sfondo, cinesi. La strategia europea per l’Europa semplicemente non esiste. Esistono interessi economici convergenti e divergenti tra settori e tra stati". Stiamo vivendo una fase di cambiamenti epocali ma per quel che riguarda i processi finanziari Giulio Palermo invita alla prudenza perché il ruolo del dollaro nel breve e medio periodo resta ancora forte. Ma nel lungo periodo i movimenti tellurici saranno inevitabili. "Anche se per il momento questo processo sembra portare alla progressiva chiusura tra blocchi contrapposti, la crescita di un sistema di relazioni internazionali meno sbilanciata su un singolo attore è vista da molti paesi con interesse. La Cina e la Russia hanno le carte in regola per guidare questo processo, sia economicamente, sia politicamente, sia anche militarmente. E a un certo punto anche i paesi europei dovranno fare le loro scelte. È nel corso di queste trasformazioni reali dei rapporti economici, politici e militari che si ridefinirà nel tempo il ruolo del dollaro, il suo ridimensionamento e la fine della sua egemonia, non attraverso semplici accordi per denominare i contratti in rubli o in renminbi.", chiosa l'economista.

* * * *

D. Nel suo "Conflitto russo-ucraino" porta avanti la tesi che l'imperialismo Usa abbia come obiettivo principale l'Europa attraverso il pretesto ucraino. Ad oltre un anno dall'inizio del conflitto a che punto siamo?

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lantidiplomatico

"Bisogna chiudere il G7"

di Vijay Prashad*

Si tratta di un organismo antidemocratico che usa il suo potere storico per imporre i propri interessi ristretti a un mondo che è alle prese con una serie di dilemmi più pressanti

720x410c50mjytfdeDurante il vertice del Gruppo dei Sette (G7) del maggio 2023, i leader di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti hanno visitato il Museo della Pace di Hiroshima, vicino al luogo in cui si è tenuto l'incontro. Non farlo sarebbe stato un atto di immensa scortesia.

Nonostante le numerose richieste di scuse da parte degli Stati Uniti. da parte degli Stati Uniti per aver sganciato una bomba atomica su una popolazione civile nel 1945, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha rifiutato. Ha invece scritto nel libro degli ospiti del Peace Memorial: "Che le storie di questo museo possano ricordare a tutti noi i nostri obblighi di costruire un futuro di pace".

Le scuse, amplificate dalle tensioni del nostro tempo, assumono interessanti ruoli sociologici e politici. Le scuse suggerirebbero che i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki del 1945 sarebbero stati sbagliati e che gli Stati Uniti non avrebbero concluso la loro guerra contro il Giappone assumendo la superiorità morale.

Le scuse contraddirebbero anche la decisione degli Stati Uniti, sostenuta pienamente da altre potenze occidentali oltre 70 anni dopo, di mantenere una presenza militare lungo la costa asiatica dell'Oceano Pacifico (una presenza costruita sulla base dei bombardamenti atomici del 1945) e di usare questa forza militare per minacciare la Cina con armi di distruzione di massa ammassate in basi e navi vicine alle acque territoriali cinesi.

È impossibile immaginare un "futuro di pace" se gli Stati Uniti continuano a mantenere una struttura militare aggressiva che va dal Giappone all'Australia, con l'intento esplicito di disciplinare la Cina.

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lantidiplomatico

Africa. La lotta contro il colonialismo oggi

di Tanupriya Singh

720x410c50lkgcLa Giornata della liberazione dell’Africa, il 25 maggio, segna la fondazione dell’Organizzazione dell’unità africana (Oua) nel 1963. Sebbene l’idea di "liberazione" sia stata da allora rimossa nella lettera, e anche nello spirito, dalle commemorazioni ufficiali della giornata, le forze radicali l’hanno mantenuta nella loro lotta contro il capitalismo.

Sessanta anni fa, il 25 maggio, il primo ministro e presidente del Ghana, il leader rivoluzionario anticoloniale Kwame Nkrumah si presentò davanti ad altri 31 capi di Stato africani nella capitale etiope di Addis Abeba e dichiarò: "La lotta contro il colonialismo non finisce con il raggiungimento dell’indipendenza nazionale".

"L’indipendenza è solo il preludio di una nuova e più impegnativa lotta per il diritto di gestire autonomamente i propri affari economici e sociali... senza essere ostacolati da controlli e interferenze neocoloniali schiaccianti e umilianti".

Dobbiamo essere uniti o periremo”, sottolineava Nkrumah, riconoscendo che, mentre i paesi del continente africano si stavano "liberando dal giogo del colonialismo", a questi successi "corrispondeva un intenso sforzo da parte dell’imperialismo per continuare a sfruttare le nostre risorse creando divisioni tra di noi".

Nkrumah parlava in occasione della fondazione dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA) nel 1963, sforzandosi, insieme ad altri leader, di costruire una visione panafricanista di un continente unito sotto una moneta, una zona monetaria e una banca centrale comuni, nonché di un governo unito e di una difesa comune sotto un Alto comando africano.

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cumpanis

La Gran Bretagna si propone per affiancare gli Stati Uniti nella guida dell’Occidente

di Fulvio Bellini*

“Marx aveva avuto ragione una prima volta, l’aristocrazia aveva ceduto il passo alla borghesia, ma aveva avuto ragione una seconda, la borghesia si dimostrò immediatamente incapace di ricoprire il ruolo di classe dirigente egemone, non essendo stata in grado di soffocare sul nascere la rivoluzione bolscevica in Russia prima e quella comunista in Cina poi”

Immagine per home articolo Bellini.jfif 1Premessa: la rivoluzione borghese ha fallito

Una rilevante parte dell’opera di Karl Marx si è imperniata sulla descrizione della rivoluzione borghese ai danni dell’aristocrazia di origine feudale, che ancora nel XIX secolo occupava posti di comando in Europa, e con la quale la borghesia trionfante della Rivoluzione francese e della successiva epopea napoleonica doveva ancora spartire il controllo dello stato. Lo abbiamo sottolineato in passati articoli, sotto un certo punto di vista, nel vecchio continente il delicato equilibrio tra borghesia ed aristocrazia, tipico ad esempio dell’élite britannica, ha determinato la nascita della Banca d’Inghilterra prima e del Gold Standard poi; negli Stati Uniti, dove la classe aristocratica con le sue patenti regie ed i suoi privilegi derivanti era inesistente, la borghesia poté esprimere liberamente la propria visione politica e quindi, nonostante due tentativi, una Banca degli Stati Uniti paragonabile a quella inglese non esistette mai, ed il “dollar standard” fu il modello finanziario per la conquista dell’ovest, fatta cioè con carta moneta. In Europa, l’equilibrio tra borghesia ed aristocrazia si ruppe definitivamente a favore della prima con la fine della Grande Guerra, ed il tramonto di antiche dinastie come quella degli Asburgo, degli Hohenzollern e dei Romanov portò con sé la classe che aveva governato dai tempi della caduta dell’Impero romano.

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nucleocomunista

Controffensiva ucro-NATO: bestiale e sanguinaria scommessa che l'imperialismo perderà

di Nucleo Comunista Internazionalista

ucraina tank russia afpIn tutta evidenza siamo alla soglia di un passaggio cruciale nel braccio di ferro armato in Ucraina fra le forze Nato/Occidente collettivo e imperialista contro quelle dello Stato russo. Vogliamo fissare qualche “concetto” di ordine generale sull’imminente cosiddetta “controffensiva” Ucro-Nato, sul senso del suo previsto e preventivato esito cioè il massacro di quanti più uomini possibile. Già iniziata secondo i puntuali report del compagno Paolo Selmi (1) che segnalano in 1725 i soldati ucraini morti (mandati al massacro) nel primo giorno (16 maggio) della kontrastup, “dal febbraio 2014 ad oggi la giornata peggiore”!

Mykhailo Podolyak, consigliere politico di Zelensky che ha accompagnato il quisling nel suo gran tour europeo afferma al Corriere della Sera (13 maggio) che ”da questa fase dipenderà anche la sicurezza globale e il processo politico in Europa”. Il consigliere del quisling di Kiev così tratteggia i contorni della stra-annunciata e strombazzata “controffensiva” che dovrebbe ricacciare indietro i russi verso i confini violati il 24 febbraio 2022: “Bisogna capire che non si tratta di una singola battaglia ma che si svolge nell’arco di una settimana. No, certo che no. Una controffensiva è composta di un gran numero di azioni diverse in numerose direzioni che si svolgeranno in un periodo di tempo prolungato”.

Qualcuno, forse, si fa leggermente prendere troppo la mano. Forse e leggermente: da una delle gazzette mainstream più filo-atlantiche (“diretta-news” dal sito de la Repubblica 13 maggio) leggiamo addirittura:

ora 01.04 - Ucraina, l'arsenale di Kiev è pronto a sfondare: “Putin non ha tempo”.

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lantidiplomatico

Il conflitto in Ucraina, il ruolo degli USA e le categorie marxiste dell'imperialismo

di Hervé Baron*

Palermo, Giulio (2022): Il conflitto russo-ucraino. L’imperialismo USA alla conquista dell’Europa, L.A.D. EDIZIONI, Roma, pp. 120, € 13, ISBN: 9791280401151

720x410c50mtrsÈ una verità universalmente riconosciuta, soprattutto dopo il triennio 1989-91, che la Storia sia finita e che le categorie del marxismo siano state, una volta e per sempre, screditate.

Ebbene, si tratta di una falsa verità, come ben dimostra il libro di Giulio Palermo (d’ora innanzi: l’autore) intitolato: Il conflitto russo-ucraino. L’imperialismo USA alla conquista dell’Europa, e completamente costruito sulla “classica” categoria marxista[1] di imperialismo.

Voglio subito aggiungere che, nella maturazione del mio punto di vista, ho potuto beneficiare, oltre che della lettura del testo, anche di un confronto con l’autore in persona.

Tuttavia, prima di entrare nel merito del testo, vi sono alcune questioni che vanno sviscerate. Innanzitutto, dato che, come ripeteva Althusser, non esistono letture innocenti, voglio dichiarare subito di quale lettura lo scrivente è colpevole: di una lettura anarco-socialista[2].

In secondo luogo, mi preme fare una premessa metodologica. In effetti, come forse anche i lettori si saranno resi conto, stiamo vivendo strani tempi, tempi in cui il dibattito tende ad essere appiattito su prese di posizione che presentano, sempre più, due caratteristiche:

  1. In primo luogo si tratta di prese di posizione moralistiche, del tipo: noi (che facciamo parte della maggioranza o del mainstream) siamo i “buoni”, gli altri (che fanno parte della minoranza) sono i “cattivi”;
  2. In secondo luogo si tende, sempre più, all’unilateralità, tra l’altro usando modalità che anche l’autore rileva all’interno del suo libro. Tanto che nel terzo capitolo, per esempio, apprendiamo che:

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resistenze1

La guerra è imminente. Fate sentire la vostra voce. Ora!

di John Pilger

War2 680x566 1 544x430Nel 1935, si tenne a New York il Congresso degli scrittori americani, seguito da un altro due anni dopo. Questi congressi chiamarono a raccolta "centinaia di poeti, romanzieri, drammaturghi, critici, scrittori di racconti e giornalisti" per discutere del "rapido sgretolarsi del capitalismo" e dell'incombere di un'altra guerra. Furono eventi elettrici ai quali, secondo un resoconto, parteciparono 3.500 persone e più di mille furono respinte.

Arthur Miller, Myra Page, Lillian Hellman, Dashiell Hammett mettevano in guardia sulla crescita del fascismo, spesso mascherato, e che la responsabilità di parlare spettava a scrittori e giornalisti. Vennero letti i telegrammi di sostegno di Thomas Mann, John Steinbeck, Ernest Hemingway, C Day Lewis, Upton Sinclair e Albert Einstein.

La giornalista e romanziera Martha Gellhorn si schierò a favore dei senzatetto e dei disoccupati, e di "tutti noi sotto l'ombra di una grande potenza violenta".

Martha, che divenne una cara amica, mi disse più tardi, davanti al suo consueto bicchiere di Famous Grouse e soda: "La responsabilità che sentivo come giornalista era immensa. Ero stata testimone delle ingiustizie e delle sofferenze della Depressione e sapevo, come tutti noi, cosa sarebbe successo se non si fosse rotto il silenzio".

Le sue parole riecheggiano nei silenzi di oggi: sono silenzi riempiti da un consenso di propaganda che contamina quasi tutto ciò che leggiamo, vediamo e sentiamo. Vi faccio un esempio.

Il 7 marzo, i due più antichi quotidiani australiani, il Sydney Morning Herald e The Age, hanno pubblicato diverse pagine sulla "minaccia incombente" della Cina.

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lafionda

L’attacco con i droni al Cremlino è stato veramente una “false flag” russa?

di Paolo Cornetti

copertinaibhiuI fatti

Mosca, mercoledì 3 maggio, ore 02:27 (locali) del mattino.

La Piazza Rossa è già completamente imbandita a festa in vista delle celebrazioni della Giornata della Vittoria (День Победы – Den’ Pobedy), anniversario della resa incondizionata delle forze naziste.

Gli spalti pronti ad ospitare cittadini ed autorità sono già stati montati e spiccano i colori bianco, blu e rosso della Federazione Russa. Anche il mausoleo che ospita la salma di Lenin è stato coperto da imponenti strutture dalle quali risalta la data del 9 maggio.

Nel silenzio del cielo notturno di Mosca improvvisamente si sente un rumore, un drone vola in direzione del Cremlino e si schianta contro la cupola del Palazzo del Senato (Сенатский дворец – Senatskiy Dvorets) e prende fuoco.

Il Palazzo del Senato, situato nel perimetro interno del Cremlino, è la residenza presidenziale, ma il nome non deve ingannare. Non si tratta né di un luogo adibito ai lavori parlamentari né il luogo dove dorme il presidente Putin (che si trova a Novo-Ogaryovo, nell’ovest della capitale). Il Palazzo del Senato ospita invece tutta l’amministrazione presidenziale, in particolare l’ufficio esecutivo del presidente, posto all’interno della “Sala Ovale”, e stanze per gli incontri di rappresentanza e gli eventi internazionali. L’edificio è situato all’interno di un’area considerata – ovviamente – di estrema sicurezza ed è interdetta al pubblico.