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contraddizione

Il Clinamen greco

Riflessioni sulla questione greca e le potenziali conseguenze

di Francesco Schettino

tav04Gli ultimi di giugno, e i primi del luglio del 2015 sono, senza dubbio, tra i giorni al tempo stesso più drammatici ed interessanti degli ultimi anni, se non altro per l’imprevedibilità degli eventi che si avvicenderanno sino a domenica 5 luglio; in quella data verrà celebrato, in uno dei momenti più solenni da quando l’Unione europea è stata creata, il celeberrimo referendum greco che chiederà al popolo ellenico di esprimersi sull’accettazione delle condizioni poste dalle “istituzioni” in relazione alla questione del debito pubblico.

Sono oramai ampiamente noti i fatti che negli scorsi giorni hanno determinato l’interruzione delle contrattazioni tra la ex-troika (ora istituzioni) ed il governo ellenico, rappresentato da Tsipras e dal ministro dell’economia Varoufakis, evento che ha indotto proprio il capo del governo a consultare il “popolo” sull’opportunità di proseguire o interrompere la lunga trattativa: volendoli riassumere – chiedendo al lettore la licenza di non essere estremamente rigorosi nell’esposizione –, le proposte del governo greco, basate principalmente sul recupero dell’evasione fiscale e l’aumento della tassazione dei grandi patrimoni e dei capitali, si sono scontrate pesantemente con le esigenze delle istituzioni di continuare a vessare i lavoratori greci attraverso l’aumento della tassazione indiretta, anche su ben di prima necessità, tagliando pensioni e stipendi degli impiegati pubblici e prolungando l’età pensionabile con effetto quasi immediato.

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micromega

“L'Europa destabilizzata dal potere di ricatto dei creditori”

Marta Fana intervista Vladimiro Giacchè

renzi merkel 510 2 7 2015Le ultime vicende sulla crisi greca hanno mostrato come un governo democratico, fedele al suo mandato elettorale, possa mettere in discussione la governance europea, rigida su regole punitive che nulla hanno a che fare con la virtuosità dei paesi dell’eurozona. Il fallimento più grande è proprio l’architettura della UE e dei suoi Trattati, che negano la possibilità di agire su obiettivi realmente strutturali, come l’occupazione, la capacità produttiva e i redditi. In questo contesto, la moneta unica è uno strumento di potere funzionale ad interessi altri, quali la stabilità dei prezzi e delle banche.

Se è vero che bisogna rimettere in discussione regole e obiettivi europei, allo stesso tempo è necessario capire in quali tempi queste modifiche possono intervenire. Più i tempi sono lunghi più è inevitabile che anche la moneta unica possa essere rimessa in discussione, in quanto strumento di potere.

Ne parliamo con Vladimiro Giacché, economista e Presidente del Centro Europa Ricerche.

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alfabeta

Non si è ancora fatta sera

Franco Berardi Bifo

denaro soldi euroL’Europa è unita come lo fu nel 1941

Il futuro dell’Unione europea è iscritto nell’esito del referendum che Alexis Tsipras è stato costretto a convocare per il 5 luglio, ma comunque vada questo referendum, - che vinca improbabilmente il no al ricatto e all’umiliazione, o che vinca dolorosamente il sì al ricatto e all’umiliazione, - il futuro d’Europa è segnato. Finirà nel sangue, dopo un lungo periodo di miseria e umiliazione. La Jugoslavia del 1993 su scala continentale: questo è ciò che ha prodotto l’arroganza finanziaria, questa è la vendetta del Fondo Monetario Internazionale.

Ne La questione della colpa (Die Schuldfrage), un testo del 1946, Karl Jaspers, il filosofo tedesco che viene considerato uno dei padri dell’esistenzialismo, distingue il carattere "metafisico" della colpa da quello “storico”, per ricordare che se ci siamo liberati del nazismo come evento storico, ancora non ci siamo liberati da ciò "che ha reso possibile" il nazismo, e precisamente la dipendenza della volontà e dell’azione individuale dalla potenza ingovernabile della tecnica, o meglio della catena di automatismi che la tecnica iscrive nella vita sociale.

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vocidallestero

Tirannia europea?

di Jacques Sapir

Il prof. Jacques Sapir si pronuncia in maniera come sempre molto chiara sull’atto di forza da parte delle istituzioni UE, che in occasione della crisi greca si sono ormai inoltrate in una deriva in cui la posta in gioco non è più il debito, ma i principi della democrazia e della sovranità nazionale

euro cappioAlexis Tsipras aveva deciso di indire un referendum il 5 luglio, per chiedere al popolo sovrano di decidere sulla diversità di posizioni che lo contrappone ai creditori della Grecia. Aveva preso questa decisione in seguito alle minacce, le pressioni e gli ultimatum che aveva dovuto affrontare durante gli ultimi giorni di trattative con la cosiddetta “troika” – la Banca centrale europea, la Commissione europea e il Fondo Monetario Internazionale. In tal modo, con un gesto che può essere qualificato come “gollista”, ha deliberatamente riportato nell’arena politica un negoziato che i partner della “troika” volevano mantenere nell’ambito tecnico e contabile. Questo gesto ha provocato una reazione dell’Eurogruppo di estrema gravità. Siamo in presenza di un vero e proprio abuso di potere che è stato commesso nel pomeriggio di questo 27 giugno, quando l’Eurogruppo ha deciso di tenere una riunione senza la Grecia. Quello che è in gioco ora non è solo la questione del futuro economico della Grecia. E’ la questione dell’Unione europea, e della tirannia della Commissione e del Consiglio, che è stata posta apertamente.

 

La dichiarazione di Alexis Tsipras

Il testo della dichiarazione fatta da Alexis Tsipras la notte dal 26-27 giugno sulla televisione di stato greca (ERT), da questo punto di vista è molto chiara:

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effimera

Grecia: e ora?

di Andrea Fumagalli

crisi greciaLa trattativa tra il governo greco e i creditori (Brussel Group, ma sempre Troika) si è conclusa con un nulla di fatto. La Grecia (novello Davide) non ha la possibilità di spuntarla con la plutocrazia europea (il vecchio Golia). Ma la partita non si chiude ora, non finisce qui…

La possibilità che la Grecia e i creditori possano trovare un accordo è oramai del tutto tramontata.
All’inizio di questa settimana di travaglio e di passione, l’offerta del governo Tsipras di venire incontro ad alcune richieste della Troika (aumento parziale Iva e dell’età pensionabile, seppur in tempi lunghi) per recuperare i 400 milioni di differenza tra le parti (pari allo 0,002 del Pil Europeo!) aveva fatto credere che fosse possibile giungere a una soluzione.

Invece il risultato è stato esattamente l’opposto.

 

L’irrigidimento dei creditori

Abbiamo infatti assistito a un irrigidimento delle posizioni dei creditori. Il primo, tra loro, è stato il Fmi, poi, il 26 giugno, è stato il turno dell’Eurogruppo. Perché tale irrigidimento, quando si era quasi vicino al traguardo di un accordo economico utile a tutti?

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fattoquotidiano

Grexit: quelli che ‘la democrazia trionfa (ma anche no)’

di Alberto Bagnai

tsipras merkel 675 675x275La decisione presa dal premier greco di indire un referendum sull’austerità (rectius: sull’opportunità di accettare o respingere il piano di “salvataggio” delle “istituzioni”, che poi sarebbero la troika) ha scatenato nei nostri lidi la solita tifoseria da stadio: chi inneggia al trionfo della democrazia, chi ostenta scetticismo.

Non se ne abbiano i tromboni sfiatati del “primato della politica”: per valutare il senso politico di questa mossa il dato dal quale partire resta quello economico. È strano che questo non venga compreso soprattutto a sinistra, dove una volta andava di moda una cosa chiamata materialismo storico. Ma non entriamo in questo. La cosa importante è capire che l’austerità non è una bizza, né una virtù, della signora Merkel. L‘austerità è la conseguenza inevitabile dell’adozione dell’euro: se non puoi svalutare la moneta, per promuovere le esportazioni dalle quali ottenere la valuta forte necessaria per saldare i debitori esteri, devi svalutare il lavoro. I colleghi “appellisti”, quelli che con toni fra il dickensiano e il deamicisiano da anni ci frantumano le gonadi con l’idea che un euro senza austerità sia possibile (errore blu per il quale boccerebbero e bocciano i loro studenti del primo anno) dovranno rassegnarsi.

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manifesto

«Il golpe della Troika contro il governo Tsipras»

Intervista a Christian Marazzi

L’economista Chri­stian Marazzi: «La Troika in Grecia come i mili­tari in Cile con Allende. L’aggressione è un avver­ti­mento a Pode­mos in Spa­gna. Oggi biso­gna andare allo scon­tro, a piedi scalzi e con le armi della verità. Dob­biamo isti­tuire la demo­cra­zia reale in Europa». «La vit­to­ria del No al refe­ren­dum è impor­tante, ma l’esito della crisi non è scon­tato. La Grecia è sola»

01desk2f01 grecia atene protesta referendum euro 71Per Chri­stian Marazzi, eco­no­mi­sta e autore de Il dia­rio di una crisi infi­nita (Ombre Corte), «il refe­ren­dum indetto da Tsi­pras dome­nica in Gre­cia è una mossa eroica. Non vedo un ten­ta­tivo di addos­sare la respon­sa­bi­lità di una scelta sulle spalle del popolo greco di fronte ad una impasse evi­dente della trat­ta­tiva. Ci vedo invece un atto di grande one­stà e verità».

 

Molti sosten­gono invece che quello di Tsi­pras sia un atto di dispe­ra­zione.

Niente affatto. La sua è una resa dei conti con le poli­ti­che neo­li­be­ri­ste che in Gre­cia si sono rive­late per quello che sono sem­pre state: un attacco siste­ma­tico alla demo­cra­zia, un totale disprezzo delle classi lavo­ra­trici, il per­se­gui­mento cri­mi­nale di poli­ti­che di arric­chi­mento dei più ric­chi. Oggi biso­gna andare allo scon­tro, non c’è altra solu­zione. Que­sta bat­ta­glia va fatta a piedi scalzi, con le armi della verità, con­tro la stra­te­gia della men­zo­gna della Troika e dei mass-media che misti­fi­cano i dati eco­no­mici e sociali e ser­vono gli inte­ressi dei poteri forti.

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vocidallestero

Mario Draghi e il Santo Graal

di Frances Coppola

In questo articolo di Frances Coppola, il Santo Graal di Mario Draghi è l’euro, la moneta unica per cui interi popoli sono pronti a sacrificarsi in nome della redenzione dalla loro condizione. Perché la moneta non è solo fatto economico, ma sociale, storico e identitario, e l’euro è stato vissuto dai paesi periferici come biglietto per il club dell’Europa ricca e come promessa di prosperità. Ma l’euro, sostiene la Coppola, non ha radici nella storia e nella cultura europea, è una moneta unica fasulla fondata sulla menzogna: sostiene di promuovere l’unità europea, ma è impostata per creare e mantenere frammentazione e diffidenza; sostiene di preservare la sovranità, ma per garantire la propria sopravvivenza richiede ai suoi Stati membri di cedere il controllo delle loro economie e, sempre più, delle loro politiche; sostiene di portare prosperità, ma la sua eredità è la depressione. L’euro non sopravviverà, ma prima di crollare dovrà essere spogliato di tutta la sua lucentezza fasulla, e nel modo in cui viene trattata la Grecia dalle “istituzioni” ne stiamo vedendo le prime avvisaglie.

mario draghi 6 634683 tnIn risposta ad un commento sul mio recente post su Target2 e ELA, ho detto questo:

Non ci sono “euro greci” o “euro tedeschi”. Ci sono solo euro europei. Quindi la BCE non scambia euro greci e tedeschi alla pari. Entrambi i paesi stanno usando la stessa moneta, che è prodotta dall’Eurosistema. Le Banche Centrali Nazionali non sono enti autonomi, fanno parte dell’Eurosistema. Non creano le proprie valute: insieme, creano la moneta unica.

Ecco come funziona una moneta unica. Se ci sono più “banche centrali” all’interno di un’area a moneta unica – come ce ne sono ad esempio negli Stati Uniti – esse non emettono le proprie valute. La Federal Reserve di St. Louis non emette dollari di St. Louis. Produce dollari degli Stati Uniti. Come fa la Fed di Minneapolis, e la Fed di New York, e la Fed di Atlanta, e così via. Le dodici banche della Federal Reserve producono collettivamente una sola valuta, il dollaro USA.

Quindi la persona che ha sostenuto che gli euro greci e quelli tedeschi sono scambiati alla pari dalla BCE, che è il prezzo sbagliato, è nel torto, no?

Se l’euro fosse davvero una moneta unica, sarebbe nel torto. E questo era l’assunto dal quale partivo nella mia risposta.

Ma a pensarci bene, qualcosa non quadra del tutto. La struttura dell’Eurosistema non è quella di una moneta unica. Nessun’altra area monetaria ha “banche centrali” individuali per ciascuno dei suoi stati membri.

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mauropoggi

To Grexit or not to Grexit

Mauro Poggi

grexit1John Weeks è professore emerito alla University of London’s School of Oriental and African Studies, autore del bel libro “Economics of the 1%“, dove sostiene che l’egemone dottrina economica neoliberista ignora deliberatamente le proprie contraddizioni logiche per potere sostenere teorie vergognosamente reazionarie a favore dei ceti privilegiati. Mi sono imbattuto in Weeks un paio di anni fa, guardando un video di The Real News della raccapricciante intervista in inglese di Mario Monti al programma di Fareed Zaakaria. L’allora Primo ministro italiano confessava, in buona sostanza e con faccia tosta inenarrabile, che gli obiettivi di consolidamento fiscale e riforme strutturali, per i quali era stato nominato al governo, ancorché pienamente realizzati non potevano produrre miglioramenti economici a meno che la Germania non avesse provveduto ad espandere la propria domanda interna per consentire l’aumento delle esportazioni italiane, giacché con la politica economica in atto (testuale) “in effetti stiamo distruggendo la nostra domanda interna“.

Chiamato a commentare le affermazioni di Monti sui concetti di riforme strutturali e consolidamento fiscale, Weeks – prima di entrare nel dettaglio, aveva esordito con  un giudizio sintetico: “Rubbish, spazzatura”. (Vale la pena ascoltare sia l’intervista di Monti che quella di Weeks nel video che ho linkato, entrambe – ciascuna per il suo verso, significative).

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conness precarie

Grentry. Il dominio della finanza in Europa e la sua crisi

∫connessioni precarie

grentry 300x300Il dato tecnico è semplice: le cosiddette «istituzioni» (il nuovo nome della Troika ottenuto dal governo greco) hanno molto di più da perdere che non la Grecia. Nei quotidiani economici più importanti questa verità è ormai affermata non solo tra le righe: in caso di default greco, e ancor di più di Grexit, a rimetterci maggiormente sarebbero i paesi più esposti nei confronti della Grecia, in particolare Francia e Germania, e gli altri creditori. In modo impietoso Wolfgang Munchau ha recentemente scritto che, se questa circostanza si verificasse, Angela Merkel e Francois Hollande «passerebbero alla storia come i più grandi perdenti finanziari». Il meccanismo di stabilità europeo (ESM) è sì una gabbia per i paesi che ricevono e contraggono debiti, ma è anche un dispositivo attraverso il quale il problema dell’esigibilità dei crediti maturati si riversa inevitabilmente sui paesi creditori. Il fallimento dei primi è un problema finanziario anche e soprattutto per i secondi. L’articolo è stato pubblicato sul «Financial Times» e tradotto dal «Sole24ore»: lo hanno dunque potuto leggere anche quei commentatori, redattori e governanti italiani che pure si ostinano a ripetere un mantra privo di fondamento, secondo il quale al centro della contesa vi sarebbero i nostri soldi o, variazione sul tema, la «credibilità» della Grecia. Hans-Werner Sinn, economista membro del consiglio consultivo del ministero dell’economia tedesco, ha inoltre osservato che un altro mantra, quello della «fuga dei capitali» privati dalla Grecia, dovrebbe preoccupare i paesi riceventi quanto e forse più della Grecia.

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tysm

Democrazia fine corsa: la Grecia, l’Europa e noi

Intervista a Etienne Balibar

L’intervista, rilasciata ad Atene da Etienne Balibar il 4-5-2015, è stata pubblicata originariamente dalla rivista Grèce Hebdo La redazione di TYSM ringrazia sia Etienne Balibar che la rivista per le autorizzazioni a tradurre e pubblicare. La traduzione è di Alessandro Simoncini

grecia A metà del 2012 lei ha dichiarato: “siamo tutti greci, siamo tutti europei”, e ha affermato che la distruzione della Grecia susciterebbe quella dell’Europa nel suo insieme. A che punto siamo oggi?

Innanzitutto, non sono il solo a dire questo. Si tratta di una formula utilizzata da un gran numero di intellettuali interni alla sinistra, nella quale vi sono divergenze di giudizio molto profonde sulla questione dell’Europa. Verosimilmente, nella situazione attuale queste divergenze si sono aggravate. La questione non si limita al fatto che occorra un’Europa unita, ma ci impone di sapere qual è il rapporto tra la sopravvivenza dell’Europa e la salvezza del popolo greco. Dal canto mio, mantengo una posizione per la quale questa sopravvivenza e questa salvezza non vadano affatto da sé. Penso che l’avvenire della Grecia sia nell’Europa, non un’Europa qualsiasi ma un’Europa che bisogna costruire. O, per dirla in modo più negativo, penso che l’espulsione, l’uscita della Grecia dall’Europa avrebbe delle conseguenze molto gravi per la Grecia stessa. Mi sembra di intendere che questo sia il punto di vista della maggioranza del popolo greco, ma non è necessariamente il punto di vista di tutti i greci.

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vocidallestero

Il Financial Times delude nuovamente

Francesco Giavazzi sulla Grecia

di Karl Whelan

Ospitando regolarmente le opinioni di persone del calibro di Hans-Werner Sinn e Niall Ferguson, la pagina editoriale del Financial Times sta guadagnando la sfavorevole reputazione di pubblicare spazzatura sull’economia. Questo nuovo articolo del professore italiano Francesco Giavazzi sulla Grecia (“I greci hanno scelto la povertà, facciamoli andare per la loro strada”) primeggia con la sua combinazione di imprecisione e infelici stereotipi nazionali

clip image015 6 Giavazzi ritiene che dopo “Cinque anni di negoziati che non hanno conseguito praticamente nulla” l’UE starebbe meglio senza la Grecia. Sostiene che l’attenzione dell’Unione Europea sulla Grecia l’ha distratta da altre questioni e conclude

“Ma l’euro non può essere un sostituto per una maggiore integrazione politica. Infatti, senza tale integrazione, l’euro non può sopravvivere – e oggi, la Grecia si frappone su questa via”.

Voglio offrire alcuni commenti sul pezzo di Giavazzi, a cominciare con la sua affermazione che siano state fatte poche riforme negli ultimi cinque anni.

 

Nessun progresso in cinque anni? Pubblico Impiego

L’analisi di Giavazzi degli ultimi anni in Grecia è la seguente:

“Cinque anni di negoziati che non hanno ottenuto praticamente nulla (le poche riforme che erano state adottate, come una piccola riduzione del numero esagerato di dipendenti del settore pubblico, da allora sono state rovesciate dalla coalizione guidata da Syriza). E’ abbastanza chiaro che i greci non hanno alcun desiderio di modernizzare la loro società. Si preoccupano troppo poco di un’economia rovinata dal clientelismo“

Prima di tutto esaminiamo una specifica affermazione nell’articolo di Giavazzi, che la riduzione dei dipendenti del settore pubblico è stata piccola ed ha fatto marcia indietro. La relazione del 2014 della Commissione Europea sulla Grecia contiene la seguente tabella sull’occupazione pubblica greca.

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brancaccio

I mercati scommettono su Grexit.  E la sinistra insegue Matteo Salvini

L. Sappino intervista Emiliano Brancaccio

“L’Italia non è al sicuro: l’Eurozona è insostenibile. E invece di fermare i migranti bisognerebbe fermare i capitali a caccia di vantaggi fiscali”.

170006424 2a0c94be cd40 496a ad11 b0ee1f8f9cd3«Se le destre propongono di arrestare i flussi di immigrati, contro di esse bisognerebbe proporre di arrestare i movimenti indiscriminati di capitale a caccia di vantaggi fiscali, bassi salari e alti profitti». Emiliano Brancaccio parla con l’Espresso della crisi dell’eurozona, tutt’altro che risolta. «Letta vi ha detto che per lui l’uscita della Grecia non è una prospettiva realistica? Nel breve termine può essere che abbia ragione», spiega l’economista critico, tra i promotori del “monito” pubblicato già nel 2013 sul Financial Times dove si prevedeva, a causa delle politiche di austerity, la deflagrazione dell’eurozona: «Ma i mercati continuano invece a scommettere sull’uscita dall’Euro». E l’Italia, per Brancaccio, dunque, non deve sentirsi al sicuro, nonostante i dati positivi ripresi dal governo: «Esaltarsi per dati mensili è grottesco. Anche fossero confermate le previsioni più ottimistiche, a fine anno avremmo un milione di posti di lavoro in meno del 2008». Andiamo nel dettaglio, con Brancaccio, soffermandoci anche sul successo di Salvini alle elezioni: «La Lega, come gli altri movimenti di destra, cavalca la lotta all’immigrazione solo come diversivo per evitare di affrontare le vere cause della crisi economica e sociale. Anzi Salvini condisce la xenofobia con una una spruzzata di liberismo fiscale: la flat tax, vale a dire un’aliquota unica per tutti, ricchi o poveri che siano».

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effimera

Grecia: la danza sull’abisso

di Francesca Coin e Andrea Fumagalli

chicken1La trattativa in corso tra Grecia e Brussel Group sta arrivando alla fase decisiva. A partire dalla tensione degli ultimi giorni, ricostruiamo la storia del debito greco per svelare gli inganni di un’informazione che racconta solo la versione dell’Europa dei più forti e per far meglio comprendere quale sia la posta in gioco per il futuro di una vera Europa sociale. Un futuro che dipende dal fatto che le politiche d’austerity vengano per sempre bannate. E ora che pure la Spagna s’è desta vuoi vedere che anche l’Italia…

* * * * *

Dopo un tira e molla di dichiarazioni di diverso segno, la trattativa tra la Grecia e i creditori istituzionali ha sancito la deadline finale: è il 30 di giugno. Il governo Tsipras ha infatti ufficialmente chiesto di accorpare le quattro tranche di pagamenti al FMI in unica tranche a fine giugno, come lo stesso regolamento del Fmi prevede. Sarebbe la seconda volta in cui tale clausola di accorpamento verrebbe adottata dagli anni Settanta a oggi.

L’ammontare complessivo è di circa 1,6 miliardi di Euro, ma tale cifra è solo l’antipasto. Entro la fine dell’anno le altre scadenze (sempre in termini di interessi) ammontano ad altri 1,4 miliardi al Fmi e ben 7,7 miliardi alla Bce.

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euronomade

Il tempo dei barbari dentro la crisi

di Euronomade

image1618«Ogni rapporto di egemonia (ossia di persuasione) è necessariamente un rapporto pedagogico» diceva Gramsci riferendosi tanto alle persone quanto alle istituzioni. Tradotto nella situazione europea del presente, possiamo sostenere che vi sia fiducia nelle regole e, anzitutto, in chi le trasmette? In tutta evidenza, no!

Al netto delle questioni etiche, delle distinzioni tra fini, della ricerca del bene e della cosa migliore, – fra etica e neoliberismo vi è uno iato incolmabile, com’è noto –, quel consenso che, in termini materialistici, «nasce storicamente dal prestigio (e quindi dalla fiducia) derivante al gruppo dominante dalla sua posizione» si regge sulla «funzione di quel gruppo nel mondo della produzione». È dunque arduo sostenere che godano di fiducia le classi dirigenti e le classi politiche europee, le classi della finanza e le classi del debito: tant’è vero che hanno bisogno di pescare nell’archivio dell’orientalismo per fare breccia nella resistenza della Grecia di Syriza, allorché il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha definito il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis “dilettante, perditempo e giocatore d’azzardo”. Contumelie simili le abbiamo viste lanciate, negli ultimi otto anni di crisi, contro Papandreou fino a Samaras, pur d’imporre e recuperare crediti e debiti; di consolidare un regime di messa a valore della Grecia, quale angolo arretrato di un’Europa stimabile e rispettosa; di estrazione violenta di rendita e profitto dalle periferie sottosviluppate; d’imbrigliamento della mobilità della forza lavoro, in un continuo tentativo di ricostruire il rapporto di sfruttamento e la capacità di valorizzazione, favorendo nuove accumulazioni sulla cooperazione e sul lavoro vivo.