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Brexit: cosa significa uscire dall’Unione europea

di Valigia Blu

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Introduzione

Si sta parlando molto degli effetti politici della Brexit, ma che succede effettivamente se il Regno Unito lascia l’Unione europea? Riprendendo l’ampio lavoro fatto da Full Fact, organizzazione britannica indipendente di fact-checking, abbiamo provato a descrivere le possibili conseguenze che ci saranno riguardo importanti temi, come il commercio, le finanze pubbliche, gli investimenti esteri, l’immigrazione, il lavoro e i diritti umani.

 

Commercio

L'Unione Europa è il principale partner commerciale del Regno Unito, con il 53,2% delle importazioni di beni e servizi e il 44,6% delle esportazioni nel 2015, come certificato dall’Office for National Statistics (l’istituto statistico del Regno Unito). Come cambierà il rapporto commerciale tra Ue e Regno Unito non si può ancora sapere, dipenderà infatti dall’accordo che sarà raggiunto.

Prima del voto del 23 giugno scorso, il Regno Unito era all’interno del mercato unico europeo, regolato dalla libera circolazione di persone, merci, servizi e denaro. Nel caso in cui il Regno Unito negoziasse l’uscita, la sua condizione sarebbe simile a quella di un qualsiasi paese appartenente all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), di cui fanno parte 161 Stati.

 

Barriere doganali

In questo caso si applicherebbe la clausola della “nazione più favorita”, che salvaguarda la parità “esterna” tra i diversi Stati, che significa a tutti i paesi membri dell’OMC si applicano le stesse condizioni adottate nei confronti del paese più favorito (quello che ha il minor numero di restrizioni). In questo modo, si potrà evitare che Ue e Regno Unito introducano reciprocamente dazi doganali discriminatori o punitivi.

In pratica, quando il Regno Unito uscirà dall’Ue, il commercio libero finirà e l’Unione europea applicherà ai prodotti e servizi britannici al massimo la stessa della tariffa riservata alla “nazione più favorita”, che negli ultimi decenni è calata. Questo significa che lo svantaggio di non appartenere all’Ue si è molto ridotto rispetto a 20 anni fa.

Nel 2013 la tariffa media per i prodotti non-agricoli era al 2.3%, anche se per altri è molto più alta, tipo per le automobili è al 10%.

 

Barriere non tariffarie

Riguardano una serie di misure che riducono le importazioni e comprendono norme “antidumping” (il “dumping” si ha quando un’azienda vende un prodotto con un prezzo all’esportazione inferiore al prezzo praticato nel mercato di provenienza) e alcuni parametri standard che i prodotti devono rispettare, come l'etichettatura, l’imballaggio e i requisiti sanitari.

 

Servizi commerciali

Significative sono le esportazioni di servizi verso l'Unione europea: nel 2014 il Regno Unito ha esportato infatti servizi dal valore di 84 miliardi di sterline verso l'Ue (37% di tutte le esportazioni del Regno Unito verso l'Ue). Le importazioni (sempre di servizi) sono state invece di 63 miliardi (il 22% di tutte le importazioni provenienti dall'Ue).

Senza ulteriori negoziati, il commercio del Regno Unito nel settore dei servizi con l'Unione europea sarà disciplinato dall'accordo generale dell'OMC sul commercio dei servizi, denominato GATS. Questo accordo prevede che i paesi membri dell'Unione (e gli altri firmatari) scelgano per quali settori dei servizi sono disposti a ridurre le restrizioni commerciali e la tempistica in cui lo desiderano fare.

Infatti, in generale, i mercati dei servizi sono molto più regolamentati a livello nazionale dei mercati dei beni. Gli esportatori al di fuori dell’Ue dovranno affrontare differenti livelli di accesso al mercato nei singoli Stati membri. Se il Regno Unito farà degli scambi commerciali ai sensi del GATS, il suo accesso al mercato sarà molto più limitato di quello che è attualmente.

Quando il Regno Unito lascerà l’Unione europea, una società di servizi britannica che ha sede in altri paesi membri potrebbe trovarsi a dover sottostare anche alle autorità regolatorie del paese in cui si trova.

 

L’uscita dalla Ue con un negoziato

Al di là della condizione di "nazione più favorita", Ue e Regno Unito potrebbero negoziare un accordo preferenziale. Ad esempio, il Regno Unito potrebbe ottenere un accordo di libero scambio con l'Ue che gli permetterebbe, a differenza di un'unione doganale, di impostare le proprie tariffe commerciali con i paesi esterni all’accordo.

Per l’Ue il Regno Unito resta un mercato importante, visto che nel 2014 con lo stesso aveva un surplus commerciale di 59 miliardi di sterline. Dal canto suo, sempre nel 2014, il Regno Unito ha registrato un deficit commerciale con 20 dei 27 Stati membri dell'Ue e un deficit di 27 miliardi di dollari solo con la Germania. Considerazioni commerciali che potrebbero spingere a trovare un accordo di libero scambio Regno e Ue. È probabile che ci sarà da valutare uno scambio costi-opportunità tra il livello di accesso al mercato unico e la maggiore libertà dalle normative comunitarie.

 

Finanze pubbliche

Secondo i dati presenti in un rapporto del Parlamento britannico sull’impatto della Brexit, nel 2015 il Regno Unito ha contribuito con 13 miliardi di sterline al bilancio dell’Unione europea, ottenendo risorse comunitarie pari a 4,5 miliardi di sterline. Il contributo netto del Regno Unito è stato quindi di 8,5 miliardi.

UK payments to EU budget since 1973

Tuttavia, per quanto un’uscita dall’Unione europea possa far pensare a un recupero di questo saldo negativo, l’impatto sulle finanze pubbliche non può essere calcolato esclusivamente attraverso il rapporto tra uscite ed entrate.

Uno studio del ministero del Tesoro fa notare come i finanziamenti dell’Ue non siano a fondo perduto, ma destinati a progetti specifici ed erogati per il raggiungimento di obiettivi ben precisi.

Le priorità di investimento sono definite attraverso accordi di partnership con la Commissione europea e includono: il rafforzamento del mercato del lavoro e delle politiche educative, la riduzione del rischio di esclusione sociale, la promozione degli investimenti nella ricerca e nella competitività, il sostegno a un’economia attenta all’ambiente e all’efficienza delle risorse energetiche.

In particolare, i fondi sono destinati a progetti che interessano le aree più in difficoltà e non passano attraverso il controllo del governo ma vengono erogati direttamente ai settori privati o agli istituti di ricerca. In base agli accordi presi per il 2014-2020, nel Regno Unito sarebbero dovuti partire 17 programmi operativi finanziati dai fondi per la coesione sociale dell’Unione europea.

Non è detto, dunque, che il governo segua le priorità indicate dagli accordi con la Commissione europea e che continui a finanziare aree geografiche e settori attualmente finanziati dai programmi europei.

Nel 2013 l’Ue ha finanziato progetti per 1,4 miliardi di sterline che hanno consentito, tra i tanti, la nascita del centro per le nano-tecnologie alla Swansea University, l’European Marine Energy Centre (EMEC), Place, train and maintain, dedicato all’introduzione al lavoro di persone con disabilità di apprendimento, Inspire, destinato al reinserimento professionale dei cosiddetti Neet (persone non impegnate nello studio, né nel lavoro né nella formazione).

 

Investimenti esteri

Una volta lasciata l’Ue, il Regno Unito potrà di nuovo negoziare accordi internazionali con gli altri paesi per poter attrarre investimenti. Gli esperti non sono in grado di stabilire, tuttavia, se la Brexit si tradurrà in un vantaggio o meno. Nel 2014, circa la metà degli investimenti in Gran Bretagna proveniva da paesi di area Ue, il 24% dagli Usa e il 28% da altri Stati.

Secondo il rapporto del Parlamento britannico, nel complesso, far parte integrante dell’Unione europea è uno dei fattori importanti di attrazione di capitali e investimenti. Per poter compensare l’impatto dell’uscita, il Regno Unito dovrà essere capace di creare un sistema di regolazioni più attrattivo per gli investitori di qualsiasi parte del pianeta.

 

L'impatto dell'immigrazione sull'economia

Nel caso in cui il Regno Unito decidesse di bloccare la libera circolazione delle persone sul suo territorio ed estendere ai cittadini dei paesi dell’Ue le stesse regole previste per i non europei, potrebbe registrarsi una riduzione dell’arrivo di lavoratori migranti sia poco sia altamente qualificati.

Secondo la Camera di Commercio e dell’Industria di Londra, nel lungo periodo questo scenario potrebbe indebolire l’economia e le possibilità per le imprese di scambi commerciali nazionali e internazionali.

I settori più colpiti potrebbero essere l’industria del turismo e del cibo (il 13% dei lavoratori non sono britannici), quella manifatturiera (11%), i servizi di assistenza e il lavoro d’ufficio (10%). L’impatto potrebbe variare da regione a regione: Londra, con la sua alta concentrazione di lavoratori provenienti dal resto d’Europa, potrebbe essere interessata più di altre città.

 

Businnes

Le imprese saranno le più coinvolte dalla Brexit, in quanto l’Ue legifera in diversi importanti ambiti che le riguardano: specifiche dei prodotti, concorrenza, termini di occupazione, salute e sicurezza, protezione del consumatore.

 

Regolamentazione

Nel caso in cui il Regno Unito si ritirasse dall'Ue e dallo Spazio economico europeo (SEE) e decidesse di uscire dal mercato unico, potrà liberamente regolamentare le imprese come riterrà più opportuno (questo però non significherà la fine delle normative comunitarie, perché il governo conserverà indubbiamente la sostanza di alcune di queste norme). Azione invece che non sarà resa possibile nel caso in cui il Regno Unito negoziasse un rapporto con l’Ue simile a quello di Norvegia e Svizzera, dove l’accesso al mercato unico è legato all’accettazione di molte leggi dell’Unione europea.

 

Fallimenti

Le leggi comunitarie in materia fallimentare sono state ideate per coordinare le questioni tra i paesi membri dell'Unione Europea e per fermare quelli coinvolti nelle “compravendite” in giro per l’Unione europea alla ricerca di regole fallimentari più vantaggiose.

In caso di Brexit, le regole comunitarie sui fallimenti non si applicheranno più automaticamente al Regno Unito. Cosa significherà questo per i casi di fallimento delle imprese britanniche nelle corti dei restanti paesi membri dell'UE (e di quelle dei paesi dell’Unione nel Regno Unito) lo si saprà solo dal tipo di risultato che si otterrà dai negoziati per l’uscita.
Una possibilità potrebbe essere che il Regno Unito adotti un sistema simile a quello stabilito dalle regole comunitarie, ma per far questo il governo britannico avrebbe dovuto raggiungere un accordo con l’Ue. Una seconda opzione prevede invece di fare affidamento su altre leggi già in vigore nel Regno Unito per le questioni al di fuori dell'UE.

 

Appalti pubblici

Molti degli appalti pubblici nel Regno Unito sono regolati da norme comunitarie, spesso viste come eccessivamente burocratiche e limitanti. Ciò detto, queste leggi offrono alle imprese inglesi l'opportunità di diventare fornitori dei settori pubblici di altri paesi e rendono più facile per il settore pubblico del Regno Unito raggiungere una gamma più ampia di potenziali fornitori.

Il governo britannico dovrà decidere se vorrà un accordo con gli altri Stati per aprire reciprocamente i loro mercati degli appalti pubblici. Un modo per farlo sarebbe quello di partecipare individualmente come singolo paese negli appalti per beni e servizi dell'Organizzazione mondiale del commercio.
Ma questo vuol dire che il Regno Unito dovrebbe permettere ai fornitori degli altri paesi di partecipare alle sue gare d’appalto, nelle quali dovrebbe seguire un certo tipo di procedure, potenzialmente eliminando alcuni oneri prima previsti dalle norme UE.

 

Servizi finanziari

Una quantità enorme delle regolamentazioni dei servizi finanziari esistenti deriva dall’Unione europea. A causa delle sue dimensioni e della sua influenza, il Regno Unito ha spesso fatto riforme su questo settore, controllando solo retrospettivamente che fossero in linea con le regole dell’Ue. Per questo motivo è probabile che diverse norme restino in vigore anche dopo l’uscita, anche se non nella stessa forma e misura.

Tuttavia, tutto dipenderà dal tipo di accordo che verrà preso. Una soluzione potrebbe essere il cosiddetto “approccio svizzero”. Il paese elvetico ha deciso di mantenere rapporti molto stretti con l’Unione europea, aprendo all’interno dei paesi membri (e in particolare proprio a Londra) diverse succursali di fornitori di servizi finanziari che sono al di fuori dell’area economica europea. Il Regno Unito potrebbe trovarsi nella stessa situazione della Svizzera oppure potrebbe addirittura esercitare l’influenza di Londra come centro finanziario e ottenere un accordo più vantaggioso con l’opportunità di poter operare anche dall’esterno dell’area economica europea.

 

Tassazione

L’unica differenza rispetto a prima potrebbe riguardare l’Iva. Infatti, diverse leggi europee stabiliscono regole comuni tra i paesi membri rispetto a questa imposta e alle accise su prodotti specifici, come l’alcool, ad esempio. L’Ue prevede un tasso standard del 15% e un’aliquota ridotta del 5% su alcuni beni o servizi.

Per quanto, durante la campagna elettorale, si fosse fatta strada l’ipotesi che in caso di Brexit, il governo britannico avrebbe abolito l’Iva sulle bollette energetiche per renderle più sostenibili per i cittadini, il fatto che l’Iva sia già al 17% (e, quindi, superiore agli standard previsti dall’Ue) fa ritenere che difficilmente verrà rimossa.

Rispetto alle misure di contrasto all’evasione fiscale, infine, è probabile che il Regno Unito decida di mantenerne alcune introdotte dall’Ue, come ad esempio lo scambio di informazioni a livello comunitario sulle spese fiscali delle singole imprese.

 

Immigrazione

Se il governo britannico negozia un accordo per mantenere il Regno Unito fuori dall’Unione europea ma dentro l’area economica europea, la libera circolazione dei cittadini dell’Ue potrà continuare, come ad esempio nel caso della Norvegia e dell’Islanda.

Solo se il Regno Unito esce dall’area economica europea può eliminare anche la libera circolazione dei cittadini dell’Unione. In linea di massima, le stesse regole che si applicano ora nei confronti dei cittadini non appartenenti all’Unione europea diretti nel Regno Unito si applicherebbero anche a quelli provenienti dall'UE che per ottenere un visto dovrebbero qualificarsi come turisti, lavoratori, studenti o familiari di qualcuno che è già nel Regno Unito.

L’Unione Europea, a sua volta, potrebbe applicare le stesse restrizioni ai cittadini britannici che volessero viaggiare o vivere in Europa, visto che l’Ue tende a richiedere lo stesso trattamento per i cittadini dei paesi terzi suoi partner.

Infine, indipendentemente dai negoziati, la circolazione (libera oppure no) dei cittadini non appartenenti all’Ue rimarrà esattamente com’è adesso.

 

Cittadini europei in UK

Durante la campagna referendaria nessuna indicazione è stata data riguardo i cittadini europei che già vivono nel Regno Unito. È possibile che chi già vive in UK potrà restare anche dopo l’uscita. Ma non è chiaro al momento.

 

Controllo dei confini

Il Regno Unito non fa parte dell’area Schengen, quindi ha già attualmente il controllo dei proprio confini. Questo non significa però che può impedire ai cittadini dell’Unione europea e dello spazio economico europeo (SEE) di entrare nel proprio Stato, se questi hanno un passaporto valido. Di conseguenza, non può controllare l’immigrazione degli europei verso il Regno Unito.

Indipendentemente da quello che accade nel Regno Unito, la legge europea sulla libera circolazione continuerà a essere valida in Irlanda. Per questo i confini tra Irlanda e Irlanda del Nord (che fa parte del Regno Unito) potrebbero diventare un punto debole degli sforzi futuri del governo britannico di controllare l’immigrazione europea.

 

Asilo politico

Il Regno Unito continuerà ad aver responsabilità verso le persone che chiedono asilo, anche dopo aver lasciato l’Unione europea, come specificato nella Convenzione di Ginevra e nella Convezione Europea dei diritti umani, entrambe sottoscritte dal governo britannico.

 

Diritti umani

In caso di uscita dall’Ue il Regno Unito non sarà più tenuto a seguire le leggi europee in materia di diritti umani, come la Carta dei diritti fondamentali, separata dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, molto dibattuta nel Regno Unito e istituita prima della nascita dell’Unione europea. Chiunque ritenga che le leggi del Regno Unito violino i propri diritti umani potrà rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) di Strasburgo (che non fa parte dell’Ue) le cui sentenze il Regno Unito dovrà rispettare. Inoltre, il Regno Unito ha una propria legge sui diritti umani in linea con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

 

Le leggi sul lavoro

L’uscita dall’Unione europea potrebbe avere un impatto significativo sulle leggi sul diritto del lavoro: associazioni dei datori di lavoro potrebbero richiedere infatti cambiamenti di queste norme che derivano dall’Ue: ferie annuali, l’agenzia per i diritti dei lavoratori, il part-time, paternità, maternità, congedo parentale, protezione del rapporto di lavoro al momento del trasferimento dell’azienda e norme contro la discriminazione. Se il Regno Unito lasciasse l'Unione tutte queste norme, ipoteticamente, potrebbero essere modificate.

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