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orizzonte48

Il trilemma di Rodrik e l'applicazione Varoufakis

Welcome into the ordoliberalist game!

di Quarantotto

10001. Vi ricordate il trilemma di Rodrik (formulato già nel 2007)?

 http://stephanewald.tumblr.com/post/4637642778/the-eur-trilemma

In realtà esso è un ragionamento di tipo logico-deduttivo che prefigura delle alternative, cioè delle relazioni di "incompatibilità" tra formule di organizzazione generale della società ("globalizzazione", sovranità nazionale e preservazione della democrazia), in un contesto internazionalizzato.

Si tratta, quindi, della individuazione dei limiti "reali" degli spazi d'azione politica dei governi, data la compresenza, nel mondo contemporaneo, di diverse modalità istituzionalizzate di interazioni tra Stati - generalmente attraverso trattati internazionali di natura economica- che ormai plasmano e vincolano la realtà socio-economica.

Il trilemma di Rodrik svolge, perciò, la funzione di una "actio finium regundorum" che toglie attendibilità alle fantasie o "sogni" circa il fatto che, date queste stesse tendenze ormai istituzionalizzate, un futuro radioso ci attenda.

Rodrik ci avverte, in modo indiretto ma palese, che, se si assumono certi vincoli e finchè questi sono operanti, i politici al governo negli Stati nazionali non possono propagandisticamente raccontare ai propri "governati", che si possano raggiungere obiettivi, - in specie di benessere e democrazia-, che in realtà sono stati rinunciati in partenza (dai politici stessi).

E, per di più, rinunciati senza averne informato i propri elettori: trovarsi a fronteggiare il trilemma di Rodrik è già una prima abdicazione della democrazia, perchè presuppone un quadro di trattati internazionali sul cui "vero volto" i decisori politici non abbiano detto la verità a coloro nel cui interesse dovrebbero agire!

Fenomeno, peraltro, in piena, ennesima, ri-produzione con riguardo al TTIP...

tumblr ljpfyz3ckb1qzrvnl

 

2. Questa funzione di mappatura del reale e di definizione delle "rotte" percorribili, rendendo impossibili alterazioni politico-propagandistiche, è evidente nella stessa formulazione riassuntiva del trilemma di Rodrik.

Lo traiamo da questo post di Giuliano Garavini del 15 dicembre 2011 (!):

 "...democrazia, sovranità nazionale e globalizzazione economica sono obiettivi che possono essere perseguiti solo a coppie.

Secondo Rodrik, se si vuole perseguire l'iperglobalizzazione economica e mantenere la sovranità nazionale bisogna rinunciare ad elementi sostanziali di democrazia.

Se si vuole salvare la globalizzazione e garantire allo stesso tempo la possibilità di scelte democratiche, bisogna rinunciare alla centralità della nazione in favore di autorità democratiche globali.

Se invece si intende salvare lo Stato nazione e la democrazia politica, allora bisogna rinunciare all'iperglobalizzazione e limitarne l'azione in alcuni settori.

Quest'ultima scelta è la soluzione preferita da Dani Rodrik: le diversità sociali e culturali fra i popoli del mondo impedirebbero una vera e propria democrazia globale.(ndr: Rodrik, con la sua intelligenza al servizio della democrazia, civile ed economica, ha la stessa identica intuizione di Hayek, solo operante in senso esattamente opposto a quanto da questi auspicato).

Il trilemma descritto qui sopra, applicato a quell'esempio di sistema economico regionale che è l'Unione europea, spiega al meglio le diverse alternative che si presentano oggi ai cittadini europei. Anche nell'Unione europea, Stati nazionali, democrazia politica e Mercato unico imperniato sull'euro, non possono essere perseguiti tutti e tre allo stesso tempo, ma solo a coppie.

Se infatti si vuole salvare il Mercato unico (e con esso l'euro) e allo stesso tempo la sovranità nazionale bisogna rinunciare a quote significative di democrazia politica. Rodrik chiama questa opzione la "regola aurea": un meccanismo in cui per sopravvivere i governi nazionali dovrebbero perseguire solo politiche adatte ad attrarre capitali e a godere della fiducia dei mercati, e dunque gli ambiti delle scelte democratiche sarebbero estremamente limitati.

Al contrario, se si vuole mantenere partecipazione democratica e Stati nazionali bisogna rinunciare all'euro e al Mercato unico e ritornare al tempo del "Mercato comune" - il modello di integrazione europea esistente fino metà degli anni '80 - in cui non vi era piena libertà di movimento dei capitali e gli Stati potevano proteggere, in caso anche legiferando in autonomia, le caratteristiche essenziali dei propri compromessi sociali e dei servizi pubblici.

In ultimo, se l'obiettivo è quello di preservare l'euro e allo stesso tempo la democrazia partecipativa, bisogna necessariamente sacrificare quote sostanziali di sovranità nazionale. Occorre cioè creare un governo democratico e federale dell'economia che possa legiferare in materia di politica economica e non solo.

L'illusione che questo "trilemma" non esista sta facendo prevalere nei fatti la prima opzione. Deve essere chiaro che il percorso tracciato da Merkel e Sarkozy il 9 dicembre scorso a Bruxelles, e appoggiato dall'attuale governo italiano, va esattamente nella direzione di ridurre, fino a renderli inconsistenti, i margini delle scelte democratiche."

 

3. Una piccola notazione a margine del post ora citato: non conosco Giuliano Garavini, ma colpisce il fatto che, nella "fatidica" fase terminale del 2011, avesse ben chiari i termini della €uro-questione che, invece, la presunta punta avanzata del sindacalismo CGIL, quello che si dice far capo alla Fiom di Landini, appare tutt'ora ignorare.

Questa "singolarità", cioè la contraddittorietà tra le conoscenze a disposizione di chiunque volesse attingere a ben accessibili "risorse" culturali, e enunciazione irrealistica delle cause e delle soluzioni della crisi attuale, descrive in un certo senso anche la vicenda Syriza, Tsipras e...Varoufakis, rispetto alla governance europea che soprassiede alla trojka, cioè al governo dei creditori e al dominio del ripristino della "fiducia dei mercati".

Oggi in molti sono colpiti dalla "resa" di Varoufakis di fronte alla Lagarde.

Ma si tratta di un risultato, del tutto scontato, una volta che programmaticamente, cioè già in sede elettorale, Syriza aveva rimunciato ad affrontare il problema del "vincolo" derivante dai trattati €uropei rispetto alla propria democrazia sovrana.

 

4. Solo Lapavitsas, in netta minoranza, aveva posto correttamente il  problema in anticipo e nei suoi esatti termini, esplicitamente collimanti con lo stesso trilemma di Rodrik.

Come abbiamo già rammentato, parlando della Grecia al "bivio" della sovranità (proprio all'interno dei "corni" del trilemma):

...Lapavitsas se ne era uscito con questa interessante serie di affermazioni:

"D. Sembra che lei identifichi la sinistra con la linea che sostiene l'uscita dall'euro, perché?

R. Per me, questa linea è l'unica che apre alla possibilitá di fare politiche di sinistra radicale che cambino i rapporti di forza a favore del lavoro e contro il capitale; politiche necessarie per recuperare il danno provocato dalla crisi ai paesi europei negli ultimi anni. Sono politiche sensate, fondamentali, come ridistribuzione, controllo o nazionalizzazione delle banche, riorganizzazione della produzione. Secondo me questi cambiamenti sono impossibili restando dentro l'unione monetaria, e rappresentano l'esatto contrario di ciò che oggi significa l'Unione Europea."

Infatti, lo stesso Lapavitsas, del tutto condivisibilmente, ci dice:

"A volte la sinistra (ma aggiungerei, la democrazia tout court, ndr.) ha bisogno dello Stato-Nazione per proteggere i diritti dei lavoratori e i diritti democratici, non c’è nessun altro modo.

I governi di Grecia e Portogallo non possono cambiare la struttura dell’Unione Europea, peró possono intervenire in Grecia e Portogallo. Naturalmente il mio non è un argomento nazionalista. In certe occasioni si possono usare i meccanismi di uno Stato Nazione per creare una corrente internazionale".

 

5. Il punto, mai abbastanza focalizzato,  è che qualunque delle due soluzioni del "trilemma" che includa la conservazione della "democrazia", - sia questa a scapito della sovranità nazionale (federalismo, col governo sovranazionale dei "trasferimenti") o, piuttosto, avversa alla cogenza della "internazionalizzazione" (ripristino della sovranità monetaria e, di conseguenza, fiscale dei singoli Stati)- è comunque vietata espressamente dai trattati coi fatidici, e fondamentali (quanto, inspiegabilmente, passati sotto silenzio) artt. 124 e 125 TFUE.

Cioè i paesi dominanti, nell'inevitabile ottica liberoscambista (macroregionale) dell'intero disegno, non hanno mai voluto, nè che fosse anche solo contemplata l'istituzione di una tale meccanismo solidale di fiscalità federale, nè che il vincolo monetario e la sua banca centrale indipendente "pura" fossero (col divieto di acquisto diretto di ogni forma di debito statale ex art.123 TFUE) in alcun modo modificabili e, più ancora, reversibili.

Per questo "non c'è solidarietà senza verità", e dunque, la verità è che la solidarietà, insieme con la democrazia sovrana, sono state in partenza sacrificate dai trattati UE-UEM.

Ancora una volta, bisogna tenere ben presenti le clausole dei trattati che si firmano: date queste premesse, lo sappiamo, l'austerità correttiva, coi successivi trattati applicativi, incluso quello con la trojka, erano mere conseguenze dovute. Non sarebbero state "dovute" solo se il paese debitore avesse (saggiamente e finchè fosse stato ancora "in forze") deciso di uscire dalla moneta unica.

I paesi dominanti che hanno imposto il contenuto del trattato, nelle persone dei loro governanti e delle forze che li sostenevano (e li sostengono), avevano infatti accettato preventivamente il chiaro disegno ordoliberista del trattato di Maastricht  e, ovviamente, della moneta unica.

E nel disegno ordoliberista, l'internazionalizzazione del capitale e della moneta prelude al ferreo governo dei mercati e alla riduzione della democrazia a "metodo idraulico" (cioè, si vota purchè il risultato sia predeterminato dal controllo mediatico e svincolato dai valori della democrazia sostanziale).

Ora, è intuitivo che anche i paesi che hanno subìto in posizione di debolezza gli stessi vincoli internazionali, al momento della decisione di negoziare, concludere e poi ratificare nei parlamenti, i relativi trattati, sono stati guidati da una classe dirigente che aderiva e accettava il disegno ordoliberista, più o meno consapevolmente.

In Grecia come in Italia.

Il risultato è uno e uno solo.

All'interno del vincolo dei trattati, essendo esclusa la possibilità giuridica della piena democrazia nazionale, dovranno dunque accedere al governo solo partiti che si dichiarino compatibili con ordoliberismo e metodo della democrazia idraulica.

Al più, uno Stato-simulacro deprivato di sovranità effettiva, come la Grecia (e come tutti gli ex-Stati sovrani aderenti all'UEM),  potrà fruire di una mediazione USA (!) che supplisca al voluto difetto di meccanismi di solidarietà fiscale, in una presunta "Unione" europea governata solo dall'ordine sovranazionale dei mercati (finanziari).

"US Wants to Mediate Talks Between Athens, International Creditors - Greece"

In termini pratici, a nessun partito che miri al ripristino della democrazia sostanziale, cioè di quella costituzionale del lavoro, sarà più permesso di governare.

A meno che non abbia il coraggio, la forza e la consapevolezza di saper abbandonare senza indugi il "vincolo esterno"...

 

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