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carmilla

Il nuovo disordine mondiale / 25: Fratture della guerra estesa

di Sandro Moiso

«Grand Continent», Fratture della guerra estesa. Dall’Ucraina al metaverso, LUISS University Press, Roma 2023, pp. 170, 18 euro

Gazamoibh.jpg«Grand Continent» è una rivista online consacrata alla geopolitica, alle questioni europee e giuridiche e al dibattito intellettuale con lo scopo di “costruire un dibattito strategico, politico e intellettuale”. Nata nell’aprile 2019, è pubblicata dal Groupe d’études géopolitiques, associazione indipendente fondata presso l’École normale supérieure nel 2017. A partire dal 2021 è integralmente pubblicata in cinque lingue diverse: francese, tedesco, spagnolo, italiano e polacco.

Gli articoli sono scritti da giovani ricercatori e universitari, ma anche da esperti e intellettuali di vario indirizzo, come: Carlo Ginzburg, Henry Kissinger (†), Laurence Boone, Louise Glück, Toni Negri(†), Olga Tokarczuk, Thomas Piketty, Élisabeth Roudinesco e Mario Vargas Llosa.

«Grand Continent» ha animato un ciclo di seminari settimanali presso l’École normale supérieure, nonché un altro di conferenze trasmesse da Parigi in numerose città europee e divenuto un libro, Une certaine idée de l’Europe, pubblicato dall’editore Flammarion nel 2019 (con scritti di Patrick Boucheron, Antonio Negri, Thomas Piketty, Myriam Revault d’Allonnes ed Elisabeth Roudinesco). Gli articoli della rivista sono stati ripresi in numerosi quotidiani e media internazionali.

Fratture della guerra estesa è il secondo volume cartaceo di «Grand Continent», il primo pubblicato anche in italiano. Uscito per la LUISS University Press, pur presentando contenuti per molti punti di vista ampiamente discutibili, si rivela comunque di grande interesse per chiunque voglia affrontare i problemi connessi all’attuale età della guerra e della crisi dell’ordine occidentale del mondo seguito sia alla fine della guerra fredda e alla fine dell’URSS che alla successiva crisi apertasi con la fine della globalizzazione o, almeno, di ciò che l’Occidente intendeva come tale.

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linterferenza

Per un nuovo ordine multipolare, contro unipolarismo USA e dominio del capitale finanziario

di Alessandro Valentini

Per un soggetto politico rivoluzionario all’altezza del XXI secolo, non si può prescindere dalla lezione teorica e pratica marxista che ci viene oggi dall’Oriente, rispetto a un marxismo occidentale ingessato o mal interpretato, in una parola agonizzante

brics.jpgUn nuovo tornante della storia

Con l’inizio dell’operazione militare speciale della Russia in Ucraina siamo a un nuovo tornante della storia, una di quelle situazioni nuove che si presentano dopo tantissimi anni, un tornante paragonabile alla Rivoluzione francese o a quella dell’Ottobre del 1917.

Per questa ragione è da respingere la tesi, cara anche a una certa sinistra, che la guerra in Ucraina sia una guerra imperialistica tra gli USA e la NATO da una parte e la Russia e i suoi alleati dall’altra, simile al grande conflitto mondiale del 1914/18. Il confronto storico è più simile alla grande coalizione che fu costituita in Europa per soffocare la Rivoluzione francese o alla guerra civile nella giovane Repubblica dei soviet tra i bianchi, sostenuti attivamente da una coalizione occidentale, e i bolscevichi, dopo la presa del potere nel 1917, allo scopo di restaurare il regime zarista. È evidente che in Francia il fine era quello di riportare al potere la monarchia assolutista e in Unione Sovietica di impedire che le idee rivoluzionarie socialiste potessero diffondersi in tutto l’Occidente.

 

Dal capitalismo al dominio del capitale finanziario

Alla base dello scontro, politico e militare, vi è la volontà da parte dell’Occidente collettivo di contrastare, anche con la guerra, la costruzione di un ordine mondiale multipolare. La cosiddetta “guerra mondiale a pezzi” ha questo segno chiaro, netto, e si è potuta scatenare solo dopo che gli accordi di Bretton Woods, che nel 1944 avevo stabilito la convertibilità del dollaro in oro, furono messi in discussione da Nixon nel 1971.

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intelligence for the people

A 75 anni, l’Alleanza Atlantica si fonda su una narrazione fittizia

di Roberto Iannuzzi

La NATO è un anziano boss, costretto a mentire a se stesso pur di prolungare il proprio declinante potere, perpetuando una scia di divisioni e conflitti nel vecchio continente e nel mondo

571e08c4 f41c 4beb b044 6c1e37a4329e 2048x1365L’Organizzazione del Trattato Nord-Atlantico è stata definita dai suoi sostenitori l’alleanza più “duratura” e “di maggior successo” della storia. Quest’anno, la NATO celebra i 75 anni di vita. Per festeggiare la ricorrenza, il consueto vertice annuale dell’Alleanza si terrà a Washington, dove i ministri degli esteri degli originari 12 paesi membri firmarono il trattato il 4 aprile 1949.

La data è stata ricordata, la scorsa settimana, da una frettolosa celebrazione a Bruxelles, sede del quartier generale dell’organizzazione, ormai estesa a ben 32 paesi.

L’atmosfera è stata tuttavia guastata dalle preoccupazioni su come rafforzare le difese ucraine, tenuto conto che l’atteso pacchetto di aiuti statunitensi da 60 miliardi di dollari è tuttora bloccato al Congresso, e che un’eventuale elezione di Donald Trump alla Casa Bianca creerebbe ulteriori problemi alla coalizione che sostiene Kiev.

 

Una NATO “a prova di Trump”

“Trump-proofing” è l’espressione all’ordine del giorno nei corridoi di Bruxelles – rendere la NATO “a prova di Trump”. Nel quartier generale dell’Alleanza serpeggia il timore reale che, se il comportamento degli USA nei confronti dell’organizzazione dovesse cambiare a seguito di una nuova presidenza Trump (essenzialmente all’insegna di un crescente disimpegno americano), la NATO stessa potrebbe addirittura cessare di esistere.

Da qui l’esigenza di discutere i possibili modi per “isolare” il ruolo della NATO in Ucraina dalle incertezze della politica americana.

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voltairenet

Il pericolo di una guerra mondiale è reale?

di Serge Marchand, Thierry Meyssan

Una guerra atomica è possibile. La pace mondiale dipende dall’abilità degli Stati Uniti, sotto ricatto dei “nazionalisti integralisti” ucraini e i “sionisti revisionisti”. Se Washington non fornirà loro le armi per massacrare i russi e i palestinesi di Gaza non esiteranno a scatenare l’Armageddon

220698 1 48ae9.jpgLe guerre in Ucraina e a Gaza hanno suggerito a molti responsabili politici di primo piano il paragone tra l’attuale periodo e gli anni Trenta del secolo scorso, inducendoli a evocare la possibilità di una guerra mondiale. Sono timori fondati o semplice retorica per spaventarci?

Per rispondere alla domanda riassumeremo fatti che il pubblico ignora, ma che sono noti agli specialisti. Lo faremo con distacco, correndo il rischio di sembrare insensibili a questi orrori.

Innanzitutto distinguiamo tra il conflitto in Europa orientale e quello in Medio Oriente. Hanno solo due punti in comune:

– Non rappresentano una posta significativa in sé, ma una sconfitta dell’Occidente, già battuto in Siria, segnerebbe la fine dell’egemonia occidentale sul mondo.

– Sono entrambi alimentati da un’ideologia fascista, quella dei “nazionalisti integralisti” ucraini di Dmytro Dontsov [1] e quella dei “sionisti revisionisti” israeliani di Vladimir Ze’ev Jabotinsky [2]; due gruppi alleati dal 1917, ma entrati in clandestinità durante la guerra fredda, quindi sconosciuti al grande pubblico.

Per contro, tra i due conflitti esiste un’importante differenza:

– Sul campo di battaglia combattono con la stessa furia, ma i “nazionalisti integralisti” sacrificano i propri connazionali (in Ucraina sono rimasti pochissimi uomini validi di meno di trent’anni), i “sionisti revisionisti” sacrificano invece persone loro estranee: i civili arabi.

Queste guerre rischiano di generalizzarsi?

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comedonchisciotte.org

Anche l’Italia è un paese fuorilegge?

di Franco Maloberti

photo 2023 02 05 20 13 35 656x430.jpgHo letto un articolo di un americano, Karl Sanchez, che sul suo Substack [1] si pone la stessa domanda relativamente agli USA. La sua analisi parte dalla carta delle Nazioni Unite e, in particolare, l’articolo 2, che al punto 3 dice:

Tutti i Membri risolveranno le loro controversie internazionali con mezzi pacifici in modo che la pace, la sicurezza e la giustizia internazionali non siano messe in pericolo.

Sembra evidente che quanto disposto da questo punto e i successivi siano disattesi non solo dagli USA ma anche da tutte le nazioni che fanno parte della NATO, inclusa l’Italia, e, quindi, sarebbero tutte fuorilegge. Per quanto ci compete, non si può pensare che le controversie tra Russia e Ucraina abbiano riguardato in qualsiasi modo l’Italia, e che l’autorizzino a parteggiare, assieme al cosiddetto occidente, per “difendere” una fazione. In verità, sono stati gli USA, a cui siamo “associati”, che hanno soffiato sul fuoco, istigando e finanziando i contrasti. Tutti sanno che Victoria Nuland è stata protagonista e artefice della politica statunitense in Ucraina (dalla gestione della “rivoluzione del Maidan” nel 2014 al radicamento del controllo di Washington sul governo di Kiev). Il tutto è documentato, incluso il fatto che gli USA hanno investito al dicembre 2013 cinque miliardi di dollari, come ufficialmente indicato dal Dipartimento di Stato USA nel documento [2] e dichiarato dalla stessa Nuland alla US-Ucraine Foundation Conference del 13 dicembre 2013. Solo i ciechi e le cheerleader che si fanno chiamare giornalisti non lo vedono. Dove siano i mezzi pacifici per risolvere le controversie è un mistero e sarebbe bene che il nostro ministro della difesa, ad esempio, spiegasse come le armi inviate in Ucraina (con elenco secretato) siano mezzi pacifici usati dall’Italia per risolvere le controversie internazionali. Se le armi non sono un mezzo che favorisce la pace, allora si deve parlare, anche per l’Italia, di comportamento fuorilegge.

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intelligence for the people

Israele vs Iran: attacco all’ambasciata iraniana a Damasco, e nesso libanese

di Roberto Iannuzzi

L’uccisione del generale iraniano Mohammed Reza Zahedi, nel bombardamento dell'ambasciata, rappresenta un attacco diretto al legame che unisce Hezbollah all’Iran

863c5571 c748 47bc a64c ee7659b8d43a 780x470Il 1° aprile 2024, un attacco aereo israeliano ha raso al suolo il consolato iraniano a Damasco, essenzialmente una pertinenza dell’adiacente ambasciata di Teheran nella capitale siriana.

L’operazione, nella quale sono rimasti uccisi sette membri della forza Quds della Guardia Rivoluzionaria iraniana (IRGC, secondo l’acronimo inglese) fra cui tre generali, ha rappresentato un’escalation senza precedenti nella “guerra ombra” fra Israele e Iran.

Quest’ultima si protrae da decenni, (inclusi attacchi cibernetici israeliani contro le installazioni nucleari iraniane, e omicidi mirati a danno degli scienziati nucleari di Teheran) e ha visto un primo inasprimento con lo scoppio della guerra civile siriana nel 2011.

Ben presto trasformatasi in un pericoloso conflitto regionale e internazionale combattuto in Siria, tale guerra ha visto Israele scontrarsi con forze iraniane, con il partito sciita libanese Hezbollah, e con altri alleati locali di Teheran in territorio siriano.

Un secondo salto di qualità nello scontro fra i due paesi è avvenuto all’indomani dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, e ha visto Israele contrapporsi ad alleati di Teheran come Hezbollah in Libano, le milizie sciite filoiraniane in Siria e Iraq, e il movimento sciita di Ansar Allah (anche noto come gli “Houthi”, dal nome del suo fondatore) nello Yemen.

Il bombardamento di precisione condotto da Israele il 1° aprile, a quanto pare tramite due caccia F-35, ha preso di mira un incontro tra ufficiali iraniani e leader della Jihad Islamica palestinese incentrato sulla guerra in corso a Gaza.

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giubberosse

Fermare gli stranamore

di Enrico Tomaselli

coverlg home.jpgCome è stato più volte detto su queste pagine, un serio problema per l’occidente collettivo, e segnatamente per quella sua parte che si raccoglie all’ombra della NATO, è quella sorta di autismo che la contraddistingue – laddove con questo termine si intende alludere alla barriera di incomunicabilità che viene costantemente eretta tra il pensiero (diplomatico e strategico) delle leadership e la realtà effettuale. E c’è in particolare un aspetto che ne risulta significativamente problematico, e che prescinde da qualsivoglia valutazione di merito, e cioè l’incapacità di comprendere le ragioni del nemico. Purtroppo, l’azione della propaganda, che si è sin dall’inizio focalizzata sulla disumanizzazione del nemico, ha creato una sorta di effetto boomerang, per cui le stesse élite politiche occidentali ne sono rimaste vittime, perdendo di vista un aspetto invece fondamentale.

È questo un meccanismo mentale persino classico, nella sua prevedibilità: poiché si deve negare in nuce che il nemico possa avere delle ragioni, si finisce col misconoscerle, e conseguentemente col non comprendere il come e il perchè delle sue azioni presenti e future.

Nello specifico, rifiutarsi di considerare l’approccio russo al conflitto che lo oppone all’occidente, si traduce nella incapacità di valutare e prevedere correttamente quali potrebbero essere le prossime mosse. Non a caso, infatti, queste valutazioni oscillano costantemente tra estremi opposti, che vedono la Russia ora come un’orda barbarica impaziente di attaccarci, ora come un paese in rotta e prossimo al tracollo.

La realtà, invece, ci dice che le scelte di Mosca rispondono a una logica ben chiara e precisa, che a sua volta è limpidamente riconducibile a quelli che per i russi sono i propri interessi strategici.

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intelligence for the people 

Le opposte narrazioni sull’attentato di Mosca: Stato Islamico o pista ucraina?

di Roberto Iannuzzi

E’ possibile che i servizi ucraini abbiano organizzato l’attacco al Crocus City Hall, eventualmente servendosi della rete del terrorismo islamico come copertura?

2fc49ec2 8362 4837 88e1 aca9ad957638 1280x721A una settimana dal terribile attentato che ha visto uomini armati fare irruzione nel Crocus City Hall (un’affollata sala da concerto a Krasnogorsk, sobborgo di Mosca), aprire il fuoco contro gli spettatori, e incendiare la sala uccidendo circa 140 persone, sull’accaduto si sono consolidate due narrazioni contrapposte.

La prima è quella diffusa dai governi e dai media occidentali, secondo la quale la Russia è stata vittima di un attacco da parte di una specifica branca dello Stato Islamico (spesso indicato come ISIS) – quella che si fa chiamare “Stato Islamico della Provincia del Khorasan” (ISKP, secondo l’acronimo inglese più corretto, ma sono state usate anche altre sigle, come ISIS-K e IS-K).

La seconda è quella russa, la quale, pur non scartando del tutto la tesi dell’estremismo di matrice islamica, ritiene che i mandanti vadano ricercati a Kiev.

La narrazione occidentale sostiene che l’invasione russa dell’Ucraina avrebbe “distratto” Mosca da minacce come quella dell’estremismo islamico. Washington afferma anche di aver messo in guardia – invano – il governo russo, nei giorni precedenti l’attentato, sulla possibilità che luoghi affollati divenissero bersaglio di attacchi da parte di estremisti.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha appoggiato la versione americana, dichiarando alla stampa che “le informazioni in nostro possesso…così come quelle dei nostri principali partner, indicano in effetti che è stata un’entità dello Stato Islamico a istigare questo attacco”. Egli ha aggiunto che sarebbe “cinico e controproducente” per Mosca addossare la colpa all’Ucraina.

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pierluigifagan

Trittico mediorientale

di Pierluigi Fagan

locandinapg1.jpgPubblicherò a seguire, ben tre diversi articoli di analisi di ciò che sta succedendo e potrebbe in prospettiva succedere in Medio Oriente, con epicentro Israele Gaza. Purtroppo, essendo la faccenda complessa, non si può far di meno. Complesso non significa perdersi in nuvolaglie di incertezze indeterminate, quella si chiama confusione. Complesso è ricostruire il groviglio di variabili, loro interrelazioni spesso non lineari, dentro relazioni tra vari sistemi e sottosistemi, dentro contesti in evoluzione, per certi tratti di tempo. Buona lettura ai coraggiosi! [I testi provengono da post mattutini sulla mia pagina fb e forse a qualcuno potrebbe interessare il dibattito che spesso ne è scaturito].

* * * *

LA TERRA PROMESSA (27.03.04)

Perché si chiama “geopolitica”? Be’ perché come insegnano le cartine di Luisa Canali su Limes, tutti i discorsi che fai a parole sulla politica, li devi mettere su una cartina geografica, no? Avete presente? Il territorio, le coste, i fiumi, i monti, i laghi… L’ora di geografia era in genere un relax, ma forse vi siete rilassati troppo visto la vasta ignoranza che circola in materia. In più, visto che siete tendenzialmente idealisti, ‘ste brutte robe concrete della realtà, vi impicciano il libero svolazzo e non le amate troppo. Ravvedetevi se volete capire qualcosa del mondo intorno a voi, il mondo si sta muovendo parecchio di recente.

Allora, dovete sapere che sono anni che si coltiva l’idea di creare un Grande Medio Oriente con Israele pacificato con una parte del mondo arabo di area Golfo alle spalle.

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Dal mondo unipolare verso un mondo multipolare

di Enrico Vigna*

schermata 2024 03 25 alle 17.33.30Da alcuni anni il mondo è mutato e si stanno trasformando gli equilibri e le architetture geopolitiche, economiche e strategiche mondiali. Una mutazione veloce, quasi debordante, che procede tuttora a un ritmo incalzante. I vecchi equilibri/relazioni/alleanze fra le potenze mondiali e i rispettivi campi di influenza, vengono bruscamente rimessi in discussione sul piano militare, politico, economico, culturale e persino spirituale. Piaccia o meno, la storia ci presenta questa situazione. Come evolverà o si svilupperà o regredirà saranno, come sempre, la storia e i fatti a sancirlo. Ma negare ciò che sta avvenendo o sottovalutarlo equivale, oggettivamente, a vivere fuori dalla realtà o in dimensioni autoreferenziali dottrinarie; nel contempo, si tratta di non idealizzare o rendere idilliaco un processo che è storico e materiale, quindi suscettibile ed esposto, nei suoi passaggi, a continue modifiche, limiti, contraddizioni o reversibilità oggettive.

Dalla seconda metà del XX secolo fino al 1989, il mondo ha vissuto un’era bipolare, con due campi: da una parte l’Urss, i Paesi socialisti, ma in questo campo rappresentato dall’Urss, va ricordato, vi erano collocati, spesso in modo non formalizzato od organico, i tre quarti dell’umanità (movimento non allineati, i Paesi liberatisi dal colonialismo, i movimenti o fronti antimperialisti in lotta, o Paesi come la Francia che, in difesa della propria indipendenza, non aderiva alla Nato. Dall’altra parte, il blocco Usa/Nato con i Paesi subalterni atlantisti.

Questa fase storica si concluse con la distruzione e dissolvimento dell’Urss e del suo campo, a inizio anni ‘90, ed è stata, di fatto, un’era unipolare, esauritasi da poco. 

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intelligence for the people

Metamorfosi di Macron, crisi dell’asse franco-tedesco, e frantumazione dello spazio politico europeo

di Roberto Iannuzzi 

Le bellicose dichiarazioni del presidente francese sono il sintomo di una profonda crisi delle leadership europee, non la riposta a una reale minaccia russa

07df0a7f 7fc8 457c a804 08e1a9bd6c44 1079x693Quella che a fine febbraio era apparsa a molti come una boutade del presidente francese Emmanuel Macron (“l’invio di truppe occidentali in Ucraina non può essere escluso”), si è trasformata con il passare dei giorni nel cavallo di battaglia del capo dell’Eliseo.

In un’agguerrita intervista televisiva in prima serata, lo scorso 14 marzo, Macron ha rincarato la dose. Descrivendo ancora una volta il conflitto ucraino in termini esistenziali (“Se la Russia dovesse vincere, le vite dei francesi cambierebbero”, “Non avremmo più sicurezza in Europa”), il presidente francese ha ribadito che l’Occidente non dovrebbe permettere alla Russia di vincere.

Spiegando che tutte le precedenti linee rosse sono state oltrepassate dall’Occidente in Ucraina (inviando missili e altri sistemi d’arma che inizialmente si riteneva impensabile fornire a Kiev), egli ha lasciato intendere che neanche l’invio di soldati dovrebbe essere considerato un tabù (in effetti, militari occidentali sono già in Ucraina).

 

Ambiguità strategica

Chiarendo che non sarà mai la Francia a prendere l’iniziativa militare attaccando i russi in territorio ucraino, il presidente francese ha mantenuto una voluta ambiguità sull’effettiva possibilità di inviare truppe e sugli eventuali obiettivi di una simile missione, definendola “ambiguità strategica”.

Egli ha sottolineato di nuovo questi concetti in un’intervista al quotidiano Le Parisien, di ritorno da una riunione del cosiddetto Triangolo di Weimar (che raggruppa Germania, Francia e Polonia) a Berlino.

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pierluigifagan

Europa nel dramma della realtà

di Pierluigi Fagan

europa dramma della realtaLa tesi dell’articolo (che deriva da un post su un social) sarà analizzare la condizione di progressiva alienazione di Europa dalla realtà. Europa (sua cultura, politica, mentalità media distribuita, senso comune) si trova oggi conficcata in una ragnatela di impossibilità pratiche e culturali basate su una sostanziale nevrosi da negazione del tempo e del mondo circostante. Alla fine, ci ricollegheremo a due brevi fotografie su alcuni aspetti di questa fuga dal reale su base info-digitale, sintomo del fatto che la negazione nevrotica sta procedendo in psicosi. Più il mondo è aguzzo e ispido, più tattilmente setose le superfici dei nostri smartphone.

Da tempo segnalammo la necessità di cominciare a separare il vago concetto di occidentalità, tornando alle due componenti storico-culturali forti costitutive del sistema, quella europea e quella anglosassone anche se ormai più propriamente statunitense. Europa e USA si trovano su linee divergenti di condizione, prospettiva e tradizione. Ma se USA fa o tenta di fare la realtà in molti modi, Europa è semplicemente in fuga dal reale. Cosa è successo, cosa sta succedendo, cosa del reale spaventa irrimediabilmente Europa, perché sembra che improvvisamente ci troviamo assediati da “difficoltà insormontabili”, tanto da fuggire da ogni consapevolezza in maniera tanto più patologica quanto più avanzano le contrarietà degli eventi?

 

1. PROSPETTIVA INTERROTTA

Una prospettiva è una proiezione nel tempo della continuità dell’esistente. L’essenza della prospettiva è la prevedibilità.

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ilpungolorosso

Dall’Ucraina ai paesi baltici (a nord) alla Romania (a sud), il fronte di guerra NATO-Russia si estende

di Il Pungolo Rosso

Von der Leyen e ZelenskyHa dell’incredibile la sottovalutazione – da parte delle formazioni che si vogliono anti-capitaliste – delle manovre occidentali in corso per allargare a dismisura il fronte di guerra con la Russia, a nord nei paesi baltici e a sud in Moldova.

Nei primi due anni dall’invasione del territorio ucraino da parte della Russia il protagonista indiscusso, in ambito NATO, del “sostegno” all’Ucraina (ovvero: alla macellazione di ucraini) è stato l’asse Wall Street-Pentagono che ne ha tratto dei grandissimi benefici, sia diretti (per l’industria del gas e l’industria bellica) sia indiretti (per i pesanti danni inferti al socio pericoloso concorrente Germania). Ma con le crescenti difficoltà che sta incontrando Biden a profondere in questa opera altamente umanitaria altre decine di miliardi di dollari, il testimone è passato all’Unione europea, anche in questo caso con un’esaltante performance dell’industria bellica tedesca (+40% di fatturato in due anni) e italiana (una festa dopo l’altra per la Leonardo, l’ultima è la partecipazione alla costruzione di 12 sottomarini nucleari Columbia per la marina statunitense).

Inevitabile il rilancio francese. Ed ecco Macron salire alla ribalta invitando tutti a prepararsi alla guerra contro la Russia – il primo a evocare in pubblico questa “necessità” era stato l’ex-capo di stato maggiore britannico. Salvo, poi, attenuare in parte la sua affermazione, ribadendo che per l’Europa e per la Francia la sconfitta della Russia in guerra è “questione esistenziale” (questa la formula esistenzialista in voga). Alla lettera:

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analisidifesa

Il bellicismo dell’Europa disarmata

di Gianandrea Gaiani

5373234147675460049 121 002 1.jpgL’attenzione di politica e media si è concentrata negli ultimi giorni sulle elezioni presidenziali russe (il cui esito era scontato) e al dibattito circa l’impegno diretto di truppe europee al fianco di quelle ucraine e l’invio di maggiori e più potenti armamenti a Kiev.

Un dibattito aperto dalle dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron circa il possibile invio di truppe francesi in Ucraina, ravvivato dall’invito del Papa a Kiev a negoziare la pace con la Russia ora che la situazione per le truppe ucraine si fa sempre più precaria, il tutto in un contesto un po’ isterico di continui proclami di sostegno all’Ucraina “fino alla vittoria” e di moniti all’opinione pubblica in Europa affinché si prepari alla guerra contro la Russia.

L’incontro trilaterale dei giorni scorsi tra i leader di Francia, Germania e Polonia si è svolto in questo clima “bellicista” pur con il cancelliere Scholz che si oppone all’invio dei missili da crociera Taurus e di truppe tedesche in Ucraina.

Un “triangolare” che ha mostrato ancora una volta le divisioni interne alla UE ma che soprattutto ha voluto evidenziare quali siano oggi le “potenze di riferimento” del Vecchio Continente: il fatto che l’Italia non sia stata invitata ha offerto il destro al vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani per lanciare un monito. “Ognuno è libero però non dà un messaggio forte a Putin il fatto che due-tre-quattro Paesi si riuniscano quando invece dovrebbe riunirsi tutta l’Unione Europea. La coesione dell’Europa dà un messaggio di compattezza e determinazione all’Ucraina e a Putin, invece di rinforzarci così ci indeboliamo anche politicamente”.

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lantidiplomatico

Dall'Ucraina a Gaza: la crisi definitiva dell'imperialismo USA

di Alfred McCoy - TomDispatch

720x410c50.moiuiyduoGli imperi non crollano semplicemente come alberi abbattuti. Invece, si indeboliscono lentamente man mano che una serie di crisi ne prosciuga la forza e la fiducia, fino a quando non iniziano improvvisamente a disintegrarsi. È stato così per gli imperi britannico, francese e sovietico; così è ora per l'America imperiale.

La Gran Bretagna affrontò gravi crisi coloniali in India, Iran e Palestina prima di precipitare a capofitto nel Canale di Suez e nel collasso imperiale del 1956. Negli ultimi anni della Guerra Fredda, l'Unione Sovietica affrontò le sue sfide in Cecoslovacchia, Egitto ed Etiopia prima di schiantarsi contro un muro invalicabile nella guerra in Afghanistan.

Il giro di vittoria dell'America post-Guerra Fredda ha subito la sua crisi all'inizio di questo secolo con le disastrose invasioni dell'Afghanistan e dell'Iraq. Ora, all'orizzonte della storia si profilano altre tre crisi imperiali a Gaza, Taiwan e Ucraina, che potrebbero trasformare cumulativamente una lenta recessione imperiale in un declino troppo rapido, se non in un collasso.

Per cominciare, mettiamo in prospettiva l'idea stessa di crisi imperiale. La storia di ogni impero, antico o moderno, ha sempre comportato una successione di crisi - di solito superate con abilità nei primi anni dell'impero, per poi essere gestite in modo sempre più disastroso nell'era del declino. Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando gli Stati Uniti divennero l'impero più potente della storia, i leader di Washington gestirono con abilità crisi del genere in Grecia, Berlino, Italia e Francia, e in modo meno abile ma non disastroso nella guerra di Corea che non finì mai ufficialmente.