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Prove di guerra: buona la prima?

Aggiornato alle 22.30 del 24.11

Federico Dezzani

3056Aggiornamento ore 22.30

Turkey, like every country, has the right to defend its territory and its airspace” dice il sempre evanescente Barack Obama, sottolineando che non ha dettagli aggiuntivi da fornire circa l’abbattimento del SU-24 russo. Anche il segretario della NATO, il norvegese Jens Stoltenberg, ammette candidamente che tutte le informazioni di cui dispone l’Alleanza nord atlantica sono di provenienza turca ed il portavoce americano dell’operazione Inherent Resolve, colonnello Steve Warren, sposa senza esitazioni la tesi turca “dell’incursione russa”: l’intera apparato militare occidentale, incredibilmente, sembra dipendere da Ankara.

Sorge quindi il dubbio: la Turchia ha agito sicura della protezione della NATO e magari su istigazione della medesima?

Secondo i russi, il bombardiere Su-24 al momento dell’abbattimento per mano di un F-16 turco volava in territorio siriano, ad un chilometro dal confine e la dinamica è più che plausibile considerato che già nel marzo del 2014 Ankara si era arrogata il diritto di abbattere un MiG di Damasco senza che questo sconfinasse. Il caccia turco non avrebbe inoltre proceduto con la consueta prassi di instaurare un contatto visivo e/o radio con il velivolo “intruso”, scortandolo fuori dallo spazio aereo di competenza anziché abbatterlo.

Cosa ha indotto il presidente Recep Erdogan ad avventurarsi su un terreno così insidioso? Tre sono probabilmente le ragioni:

  1. la recente distruzione sotto le bombe russe di quasi un migliaio di camion cisterna e dei campi petroliferi nei pressi di Raqqa, ha danneggiato irrimediabilmente la capacità di Ankara di approvvigionarsi di greggio a buon mercato, traffico due volte illegale perché a sostegno dell’ISIS ed in violazione dell’embargo petrolifero;
  2. la progressiva avanzata dell’Esercito Arabo Siriano verso nord, aumenta quotidianamente la pressione sui ribelli turcofoni armati e finanziati da Ankara:
  3. l’abbattimento del SU-24 di oggi vanifica gli sforzi tattici di Vladimir Putin di ristabilire normali rapporti diplomatici ed economici con l’Europa sull’onda della strage di Parigi del 13/11, formalmente perpetrata dall’ISIS.

La giornata di oggi segna poi un altro salto di qualità nella guerra per procura tra russi ed angloamericani in Siria: uno degli elicotteri MI-8 impegnati nella ricerca del SU-24 abbattuto sarebbe stato infatti colpito da un missile anticarro BGM-71 TOW di fabbricazione americana, recentemente fornito ai ribelli di Al-Nusra e dell’ISIS attraverso canali sauditi. Il ministero della Difesa russa però nega il fatto affermando che l’elicottero in questione, danneggiato da armi leggere, è atterrato in territorio neutrale.

Vladimir Putin, ospite del re di Giordania (l’abbattimento del SU-24 mira anche a sabotare il lavorio diplomatico di Mosca sul dossier siriano), ha definito la mossa di Ankara “una pugnalata alla schiena” ed ha stigmatizzato il comportamento della Turchia che, anziché mettersi in contatto con Mosca dopo l’accaduto, si è rivolta immediatamente agli alleati occidentali: “Erdogan vuole dunque che la Nato si metta al servizio dello Stato islamico?” chiede ironico il presidente russo.

Le “serie ripercussioni” minacciate da Putin non si sono fatte comunque attendere: i bombardieri russi in missione saranno d’ora in avanti scortati da caccia, a largo di Laodicea stazionerà l’incrociatore Moskva equipaggiato con i letali missili terra-aria S-300 ed ogni contatto militare con Ankara è da oggi sospeso. Sostanzialmente, al primo sconfinamento od aggressione di un velivolo turco, Mosca si arroga il diritto di neutralizzare la minaccia.

Se si ripetesse la stessa dinamica di oggi, Ankara avrebbe diritto di invocare l’articolo 4 dell’Alleanza nord atlantica (le Parti si consulteranno quando, secondo il giudizio di una di esse, ritengano che l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una di esse siano minacciate) convincendo gli alleati, o perlomeno gli angloamericani, al rispetto dell’articolo 5?

Questo recita:

Le Parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o nell’America settentrionale, costituirà un attacco verso tutte, e di conseguenza convengono che se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa individuale o collettiva riconosciuto dall’art.51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’impiego della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale.

Se così fosse, la prossima aggressione turca, seguita da una risposta russa, implicherebbe l’inizio delle ostilità tra la NATO e la Russia, con un probabile, rapido, coinvolgimento di Iran e Cina.

Anche sugli altri fronti la tensione sale inesorabile:

  • dopo il sabotaggio dei tralicci elettrici che riforniscono la Crimea, Mosca ha oggi bloccato i rifornimenti di gas all’Ucraina e valuta di fare altrettanto per il carbone;
  • in Nord Africa procede la destabilizzazione di Egitto e Tunisia con attentati dinamitardi targati ISIS che hanno indotto oggi le autorità tunisine a proclamare trenta giorni di stato d’emergenza.

Man mano che il sistema euro-atlantico affonda, si avvinghia alla comunità internazionale per trascinarla con sé nell’abisso.

***

Martedì 24/11/2015, ore 12.30

Come abbiamo da mesi segnalato in questo blog, gli indicatori economici (caduta del commercio mondiale, deflazione incipiente, Stati Uniti d’America sulla via di un’ennesima recessione nonostante i tassi della FED siano a zero dal 2008) puntano verso un brusco rallentamento dell’economia, che le economie occidentali non sono più in grado di sopportare senza adottare soluzioni finanziarie non ortodosse o alterare la distribuzione dei redditi  all’interno della società: essendo queste due soluzioni escluse a priori dalle oligarchie finanziarie anglofone, la terza opzione adottabile è la guerra.

Abbiamo anche evidenziato che il Medio Oriente si candida a svolgere il ruolo che ebbero i Balcani nel 1914: periferici rispetto alle grandi potenze, ma centrali nel processo che conduce allo scoppio della guerra.

E’ notizia di questa mattina che un bombardiere tattico SU-24 russo è stato abbattuto dalle forze armate turche: Ankara sostiene che il velivolo è stato colpito da due F-16 nello spazio aereo turco mentre Mosca afferma che il jet è stato oggetto della contraerea turca nello spazio aereo siriano. L’ipotesi degli F-16 avvalora ovviamente la tesi dello sconfinamento, mentre quella dell’abbattimento tramite missili terra-aria corrobora l’ipotesi che Ankara abbia colpito il jet mentre sorvolava il territorio di Damasco.

L’abbattimento si sarebbe infatti verificato nei pressi del villaggio di Yamadi, a nord di Laodicea: nella zona è in corso da sabato scorso una rapida avanzata dell’Esercito Arabo Siriano, coperto dall’aviazione russa, verso il confine con la Turchia, respingendo verso nord i ribelli del FSA, ISIS ed Al-Nusra supportati, come non ci stancheremo mai di ripetere, da angloamericani, israeliani, turchi e monarchie sunnite.

Di seguito è riporta la cartina della situazione militare aggiornata: il Su-24, abbattuto oggi, era coinvolto nelle operazioni per ripulire il territorio siriano ancora occupato dai ribelli (in verde).

laodicea

L’ordine di abbattere il jet russo sarebbe partito direttamente dal premier turco,  Ahmet Davutoglu, lo “stratega” del presidente Recep Erdogan, che cavalcando la strategia angloamericana di balcanizzazione del Medio Oriente ha trasformato la politica estera di Ankara dall’iniziale “zero problemi coi vicini” all’attuale strategia di destabilizzazione dei vicini, nella speranza di rispolverare gli antichi fasti ottomani.

Le autorità turche, appena abbattuto il jet, hanno invocato la solidarietà dell‘Alleanza Nord Atlantica di cui sono membri ed è prevista nelle prossime ore una consultazione della NATO: il segretario generale del patto nord atlantico, il norvegese Jens Stoltenberg, ha immediatamente espresso il proprio sostegno al governo di Ankara, ribadendo l’impegno a difendere la Turchia da qualsiasi aggressione esterna e condannando “l’inaccettabile violazione dello spazio aereo turco per mezzo di aerei da combattimento russi”. I casi sono due: o il segretario della NATO dispone già di informazioni certe che Mosca ha violato lo spazio aereo turco oppure Stoltenberg avvalla la politica di sconfinamento territorio siriano di Ankara, che ha unilateralmente creato un “zona cuscinetto” in Siria.

Il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ha cancellato il viaggio programmato in Turchia e nelle prossime ore è attesa una conferenza di Vladimir Putin.

Le possibili evoluzioni contemplano:

  • crisi diplomatica, senza ripercussioni economiche o militari;
  • sospensione dei flussi energetici verso la Turchia dalla Federazione Russa, che fornisce il 20% degli approvvigionamenti turchi;
  • escalation militare.

Sugli altri fronti è da segnalare:

  • gli angloamericani ed i sauditi hanno incrementato negli ultimi giorni il sostegno ai miliziani dell’ISIS e di Al-Nusra attraverso l’invio di almeno 500 missili anticarro BGM-71 TOW fabbricati negli Stati Uniti;
  • in Crimea la distribuzione della corrente elettrica è saltata nel fine settimana dopo il sabotaggio dei tralicci in Ucraina per mano di Settore Destro, manodopera della CIA. La tensione è in aumento nel Paese;
  • in Yemen la coalizione saudita sostenuta dall’Occidente ha perso l’iniziativa e si registrano avanzate degli Houthi e dell’esercito rimasto fedele al deposto presidente Saleh sia in territorio saudita che verso Aden;
  • In Iraq l’esercito regolare, senza il sostegno di Washington e Londra, ha ripreso l’iniziativa a Ramadi e Tikrit, infliggendo dure sconfitte all’ISIS.

In definitiva, su tre fronti (Siria, Iraq, Yemen) gli angloamericani sono in forte difficoltà, mentre l’economia si indebolisce paurosamente ed i destini dell’eurozona sono sempre più incerti.

Occorrerà aspettare ancora qualche giorno, per vedere se l’abbattimento del jet russo è il prodromo della guerra con Russia e Cina, ultimo disperato tentativo per conservare un’egemonia ormai già dissolta.

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