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paroleecose2

Dalla coincidenza alla convergenza

Lotta operaia e giustizia climatica alla GKN

di Dario Salvetti

gknIncontro con Emanuele Leonardi e Mimmo Perrotta

Il 23 dicembre 2021 un nuovo proprietario ha acquistato la Gkn di Campi Bisenzio, la fabbrica di semiassi per autoveicoli occupata dagli operai dal 9 luglio, a seguito dell’annuncio da parte della precedente proprietà – il fondo di investimenti britannico Melrose – della chiusura e del licenziamento di tutti i dipendenti. L’arrivo di un nuovo proprietario rappresenta certamente un importante risultato della mobilitazione, che si poneva in primo luogo l’obiettivo della salvaguardia dei posti di lavoro. Tuttavia, il futuro dello stabilimento resta incerto, a partire da quale sarà la sua destinazione produttiva.

[cronistoria minimale:

9 luglio

24 luglio

11 agosto

18 settembre]

Durante questi mesi di intensa mobilitazione, il collettivo operaio, con il supporto di ingegneri ed economisti solidali, ha elaborato – e continua a elaborare – proposte per un nuovo piano industriale, nell’ambito di un Polo Pubblico della Mobilità Sostenibile. I dettagli del PPMS non sono ancora interamente noti. La sua valenza politica, invece, è evidentissima: si tratta di pensare la necessaria pianificazione ambientale con le teste degli operai, non su di esse. E vale davvero la pena di sottolineare che tale riflessione si fonda su un rapporto finalmente costitutivo tra sapere operaio ed ecologia politica. Il punto di partenza è che non si può parlare di transizione ecologica senza indicare con chiarezza

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economiaepolitica

Lavoro materiale o virtuale? Luoghi e tempi nel lavoro nelle Platform work

di Massimo De Minicis, Silvia Donà

Premessa

total mobilization v6Il 9 dicembre, per la prima volta nel contesto comunitario, è stata presentata una proposta di regolazione delle diverse tipologie di lavoro realizzato attraverso piattaforme digitali (location based e on web based). La Commissione Europea ha presentato, così, una proposta di direttiva[1]che affronta tre aspetti irrisolti del lavoro su piattaforma: l’errata classificazione dello status occupazionale dei lavoratori coinvolti; la correttezza, trasparenza e responsabilità della gestione algoritmica; l’attuazione e il rafforzamento delle regole da applicare[2]. La direttiva esprimendosi su questi tre punti fondamentali, sembra orientarsi verso l’approccio del governo spagnolo attuato per la sola riclassificazione dei rider delle location based Platform. La Spagna ha riconosciuto nel 2020, infatti, una presunzione di lavoro dipendente per tale tipologia di attività lavorativa, ed è la piattaforma che deve confutare, caso per caso, attraverso una descrizione concreta della prestazione lavorativa, se quella riclassificazione dello status occupazionale è errata[3]. La proposta della direttiva della Commissione Europea non definisce, così, una fattispecie giuridica innovativa e speciale per i lavoratori delle piattaforme, ma attuando un approccio fondato sul “primacy of fact”, richiama una corretta classificazione tra quelle esistenti. La presunzione di subordinazione si basa sulla definizione di criteri atti a verificare, essenzialmente, se la prestazione lavorativa è sottoposta ad un controllo, monitoraggio e valutazione da parte dell’algoritmo. Al verificarsi di due tra i diversi criteri indicati[4]il lavoratore può essere riclassificato come dipendente, con tutte le tutele previste per tale tipologia di lavoro (assicurative, previdenziali e assistenziali).

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ilpungolorosso

Sullo sciopero generale indetto da CGIL e UIL

di Tendenza internazionalista rivoluzionaria

external contkuoewo6entjpegE allora, a meno di una revoca dell’ultimissimo momento a fronte di concessioni insignificanti da sbandierare come conquiste dovute alla minaccia dello sciopero, il prossimo 16 dicembre si terrà lo sciopero generale convocato da CGIL e UIL.

Se così sarà, siamo stati smentiti, ed è bene riconoscerlo. Forse, però, è altrettanto vero affermare che non siamo stati smentiti.

Partiamo dalla smentita.

Avevamo predetto che non ci sarebbe stato alcuno sciopero generale indetto dalla CGIL: “Né sulle pensioni, né contro i licenziamenti. Né contro la disoccupazione, né contro il carovita e l’assalto a quel che resta di pubblico e di non totalmente aziendalizzato nei servizi pubblici. Né per protestare contro la strage di morti sul lavoro, né contro il discriminatorio “green pass”. Né per denunciare l’esistenza in tanti luoghi e settori di una Textprint in via di estensione con orari di lavoro fino a 12 ore (formalizzati anche in alcune Usl del Veneto). Né contro le ripetute violenze della polizia e dei carabinieri ai picchetti e le restrizioni al diritto di manifestare. Né per l’insulto di un PNRR che incentiva ulteriormente l’aziendalizzazione della sanità e l’allontanamento di ogni rapporto personale tra medico e paziente. Né per protestare contro il balzo in avanti (+8%) delle spese militari mentre si ritorna a lesinare sulla spesa sociale. Né – ovviamente – per tutti questi temi assieme. Niente di niente, ad eccezione di qualche sciopero di settore obbligato, una tantum, e rigorosamente separato da ogni altra vertenza.”

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officinaprimomaggio

La Cgil e il Salario minimo legale. Un dibattito

Emanuele Caon, Mattia Cavani e Anna Soru discutono con  Tania Scacchetti e Andrea Garnero

Da tempo all’interno di Officina Primo Maggio e Acta si discute di Salario minimo legale. Per questo il 30 settembre 2021 abbiamo deciso di organizzare un dibattito in videochiamata tra Tania Scacchetti, referente sul Salario minimo legale per la Segreteria nazionale Cgil, e Andrea Garnero, economista dell’Ocse, attualmente in sabbatico di ricerca, che da tempo svolge un lavoro di ricerca e divulgazione sul tema. Per OPM e Acta hanno partecipato al dibattito anche Emanuele Caon, Mattia Cavani e Anna Soru

salario minimoCavani: Uno dei motivi che ci ha spinto a organizzare questo dibattito è stato chiarire la posizione della Cgil sul Salario minimo legale (Sml). Dunque, la Cgil è favorevole alla sua introduzione?

Scacchetti: È una domanda complessa. Per rispondere cominciamo a capire perché, in un paese con una così ampia copertura contrattuale, abbia preso piede un dibattito del genere. Direi che possiamo individuare quattro ragioni principali: 1. l’aumento delle disuguaglianze e la crescita della povertà di chi lavora, secondo i nostri dati ci sono quasi 9 milioni di lavoratori e lavoratrici “in disagio” per diverse ragioni (part time involontario, bassi salari etc.); 2. la crescente mobilità del lavoro e del capitale che aumenta il rischio del dumping e rende fragile il sistema contrattuale locale che si trova a misurarsi con dinamiche internazionali del sistema delle imprese; 3. la diffusione di forme di lavoro più precario e meno sindacalizzato; 4. l’indebolimento delle rappresentanze associative. Mancano norme che diano attuazione all’articolo 39 della Costituzione regolando la rappresentanza, dando efficacia generale ai Ccnl, e riducendo la proliferazione contrattuale – un pezzo consistente della quale è determinata da nascita di organizzazione sindacali e datoriali non particolarmente rappresentative.

Siamo tra i pochi paesi europei senza un Sml insieme a Svezia, Austria, Danimarca e Cipro ma siamo anche privi di meccanismo generalizzato di efficacia erga omnes dei Ccnl. Ciononostante il tasso di copertura contrattuale è importante e in teoria copre la totalità dei lavoratori dipendenti.

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Dimissioni o rifiuto? Il nuovo veto del lavoro

di Andrew Ross*

Articolo di Andrew Ross sulla “grande fuga” dal lavoro negli Usa

hiring 0Un nuovo spettro perseguita i paesi ricchi: lo spettro di un'acuta carenza di manodopera.

Sulla scia della pandemia, in tutta Europa e Nord America i datori di lavoro si stanno strappando i capelli per trovare i lavoratori di cui hanno disperatamente bisogno. Reclutarli e tenerseli stretti, dicono, è più difficile tra i blue-collar e nei lavori manuali dei servizi.

Da un lato, non c'è nulla di nuovo in questa dinamica. Gli imprenditori da sempre si lamentano quando non riescono a occupare mansioni per i quali offrono salari inferiori agli standard (accettabili). Il problema è tipicamente la paga insufficiente, e non la scarsa offerta di lavoro, e quindi ci aspetteremmo di vedere questa "carenza" risolta quando i salari offerti saranno aumentati. Nel caso più recente, tuttavia, non abbiamo osservato il tipo di crescita salariale sostanziale che di solito si verifica per rimediare al problema. La sua assenza indica che non si tratta di una carenza classica. Né c'è un grande divario tra le offerte di lavoro e il numero di coloro che, secondo i dati ufficiali, stanno cercando un impiego. Semmai, questi ultimi sono di più, dato che i sondaggi ufficiali sottovalutano abitualmente i disoccupati nell’ordine dei milioni.

Quindi sta succedendo qualcos'altro.

Una delle interpretazioni più diffuse a spiegare la carenza di manodopera negli Stati Uniti riguarda le donne uscite in massa dal lavoro durante la pandemia, le quali non sarebbero tornate ai propri impieghi a causa della mancanza di assistenza a prezzi accessibili per i propri figli. Ci sono, tuttavia, poche prove a sostegno di questa tesi. Le donne con figli sono rientrate nella stessa percentuale di quelle senza.

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ilpungolorosso

Stati Uniti. Un’ondata di mobilitazioni di lavoratori e lavoratrici

E’ l’inizio di una fase post-pandemica?

di J. Furnam, G. Winant

Riprendiamo dal sito statunitense The Intercept. Una versione in francese di questo articolo è sul sito www.alencontre.org

stati uniti scioperi ottobre 2021Un materiale interessante che, insieme con i due testi sulla massa dei lavoratori che si sono dimessi in questi mesi dal proprio lavoro o si rifiutano di tornare ad un lavoro quale che sia, aiuta a comprendere come al declino storico dell’imperialismo statunitense corrisponda un degrado nelle condizioni medie di salario, negli orari di lavoro e nelle prestazioni di welfare che pare inarrestabile, con una stratificazione di condizioni accentuata tra anziani e giovani. E come si stia da qualche mese innescando una reazione operaia e proletaria che, incoraggiata dalla riduzione dei tassi di disoccupazione prodotta dalla ripresa economica in corso, prende due forme differenti: un’ondata nuova di scioperi e di mobilitazioni, un’altrettanto nuova ondata di dimissioni volontarie dai posti di lavoro – due fenomeni che giustamente in un articolo su Counterpunch Sonali Kolkhatar collega.

Questa duplice reazione sta assumendo dimensioni tali da imporsi anche al dibattito politico interno al partito democratico, che da un lato vuole presentarsi, con Biden, come il partito più sensibile alle istanze dei lavoratori e dei sindacati, e dall’altro disattende regolarmente le illusioni che crea con le proprie promesse – ad esempio il trio Biden/Jellen/Pelosi ha già lasciato cadere il tema del salario minimo, mentre delle misure di riforma e riduzione dei poteri della polizia non c’è traccia. Nel corso di questa esperienza i proletari statunitensi, così come la grande massa dei partecipanti al movimento Black Lives Matters, dovranno convincersi che il solo modo per realizzare le loro aspirazioni è assumersi autonomamente questo compito, che non può essere delegato a nessun Biden né a nessun Trump – e comporta la lotta per la distruzione del sistema sociale capitalistico, prima che questo distrugga le precondizioni di una formazione sociale nuova, senza sfruttamento e senza oppressione.

* * * *

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bollettinoculturale

Conricerca: uno sviluppo dell'inchiesta operaia

di Bollettino Culturale

romano alquati worker with boss on kneeSteve Wright ci dice che se il primo tema dell'operaismo era quello dell'autonomia, il secondo riguardava la “possibile utilità della sociologia 'borghese' come mezzo per comprendere la realtà della moderna classe operaia”. La riflessione sulla sociologia, infatti, ha avuto una forte presenza nella ripresa del marxismo italiano del dopoguerra, presenza che si riscontra anche tra i collaboratori dei Quaderni Rossi, che più volte nei loro incontri hanno trattato questo tema. Nel settembre 1964, nella città di Torino, Panzieri presentò un seminario dal titolo “Uso Socialista dell'inchiesta operaia”. Con questo seminario il fondatore dei Quaderni intendeva raggiungere due obiettivi: da un lato, “portare qualche chiarimento al tema «Scopi politici dell'inchiesta»” e dall'altro “la precisazione di un certo metodo di lavoro dei «Quaderni rossi».” Quanto al primo ambito, la domanda centrale di Panzieri potrebbe essere così sintetizzata: è possibile costruire una sociologia del lavoro e dell'industria che non sia al servizio dello sviluppo tecnologico ma delle lotte operaie? Per rispondere, l'autore ricorrerà a una considerazione del lavoro di Marx, confrontandolo con le esperienze degli stessi lavoratori. Panzieri spiega che sebbene Marx abbia affrontato a suo tempo un'economia politica al completo servizio del capitale, il pensatore tedesco, invece di rifiutarla come scienza a causa del suo uso borghese, l'ha sottoposta a critiche. La base di questa critica starebbe nell'”accusa riccamente, se non sempre sufficientemente e persuasivamente, documentata del carattere unilaterale dell'economia politica.”

In questo senso, la critica marxiana indicherebbe non la falsità teorica della scienza economica, ma i suoi limiti: “l'economia politica pretende di chiudere la realtà sociale dentro lo schema limitato di un particolare modo di funzionamento, e assume poi questo modo di funzionamento come il migliore e quello naturale.”

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cumpanis

Scala mobile, questa sconosciuta

Cronaca di una morte annunciata e soprattutto desiderata

di Stefano Tenenti

“Le politiche economiche degli ultimi dieci anni hanno portato alla disoccupazione e all'impoverimento di molti e agli esiti elettorali, che non solo in Italia, hanno sanzionato le forze politiche tradizionali, responsabili di quelle scelte” Dalla quarta di copertina di Lavoro e Salari un punto di vista alternativo alla crisi di Antonella Stirati

2mjiuvg4wuC’era una volta un tempo nel quale il mondo del lavoro, quello di fabbrica ma anche dei servizi, in definitiva quello dei Lavoratori, godeva della considerazione, oserei dire del rispetto, da parte di una intera società. Rispetto che si addiceva a chi stava sorreggendo, pagando prezzi altissimi, lo sforzo collegato allo sviluppo del Paese così come si andava strutturando nel secondo dopoguerra. Bisogna dire, per onestà intellettuale, che per una certa, non trascurabile fase dell’industrializzazione italiana, anche pezzi rilevanti della pur sgangherata borghesia nostrana, furono in grado di comprendere (obtorto collo) la necessità di poggiare lo sviluppo, dentro il conflitto capitale-lavoro, su solide basi redistributive. Nella fattispecie quelle garantite, oltre che dai Contratti Nazionali di categoria, dal “meccanismo” del quale ci occupiamo in questa sede: la Scala Mobile e il “punto di Contingenza”.

Conviene però precisare, da subito, per non farsi soverchie illusioni, che nel breve volgere di tempo che ci separa da quella stagione i due strumenti sopra citati sono stati largamente sterilizzati.

Il CCNL di categoria è ormai, da anni, diventato un sacco vuoto tanto che i lavoratori più che auspicarne il rinnovo, lo temono. I sindacati concertativi infatti, a partire dall’ormai lontano 1993 con la firma del famoso accordo interconfederale, hanno assunto una posizione ancillare rispetto a Confindustria e barattano, da anni, la loro sopravvivenza con il cedimento totale sul terreno rivendicativo. Si strutturano così, con precise responsabilità i due pilastri propedeutici alla distruzione del welfare e alle conseguenti inevitabili privatizzazioni.

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gliasini

A Firenze, la lotta operaia della Gkn

di Silvia Giagnoni

DSCF3055 1536x1229Nelle vite dei 422 lavoratori della Gkn Driveline Firenze, c’è un prima e un dopo e lo spartiacque è la mattina del 9 luglio 2021. La giornata è di sole e alcuni hanno pensato di approfittarne per andare al mare, magari con la famiglia, visto che l’azienda ha messo tutti in permesso collettivo. “Un piccolo calo di lavoro”, la giustificazione; niente di anomalo, vista la crisi in cui versa da tempo il settore automobilistico. Lo stabilimento di via fratelli Cervi a Campi Bisenzio produce materiali (assi e semiassi) di alta qualità e soprattutto è situato in una posizione strategica per il suo principale cliente, Stellantis-FCA, la multinazionale di cui fanno parte Fiat Chrysler Automobiles e il francese PSA Group.

Intorno alle 10, la RSU riceve un’e-mail che annuncia la chiusura dello stabilimento: è un fulmine a ciel sereno. Parte subito il messaggio agli operai, e poi i vocali concitati: non chiamate, per favore. Ci troviamo davanti alla fabbrica!

Nel giro di pochi minuti decine di lavoratori accorrono in via fratelli Cervi. Dentro, gli uomini di Sicuritalia, tutti vestiti di nero, si mettono subito al telefono. Continua ad arrivare gente, ci sono anche amici, mogli, bambini. Poi, una trentina di operai solleva il cancello dalle guide, lo sposta, un centinaio di persone entrano. Arrivano i carabinieri, la Digos, la sicurezza se ne va. L’occupazione dello stabilimento della Gkn comincia prima che rintocchi il mezzogiorno. È assemblea permanente.

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bollettinoculturale

Economia delle piattaforme e uberizzazione del lavoro

di Bollettino Culturale

antunes1 1Negli ultimi cinquant'anni abbiamo assistito alla devastazione delle forme tradizionali di lavoro. Non c'è dubbio che la forma del lavoro salariato, sotto il modello taylorista-fordista, caratteristico del XX secolo, contenesse sfruttamento, alienazione e costrizione. Tuttavia, era stato forgiato e regolato da innumerevoli lotte portate avanti da coloro che lavoravano per sopravvivere, fin dalla Rivoluzione Industriale. La crisi dell'accumulazione di capitale, iniziata negli anni '70, è stata momentaneamente superata da una serie di ristrutturazioni produttive che sono state chiamate postfordismo, toyotismo o accumulazione flessibile. Dalla crisi del 2009, il modello che si è diffuso in tutto il mondo è stato l'economia delle piattaforme e il lavoro uberizzato, usate per il superamento della crisi dell'accumulazione. Questi due elementi possono essere studiati molto bene nel settore dei servizi, a causa dell'intensificarsi della flessibilità, della precarietà, dell'informalità e dell'ideologia dell’autoimprenditorialità.

La discussione sulla flessibilità deve considerare il processo di ristrutturazione produttiva, basato sull'incorporazione di nuove tecnologie basate sulla “microelettronica e connettività di rete al sistema produttivo”, nonché nuove modalità di organizzazione, gestione e controllo del lavoro. Ciò implica un intenso aumento dell'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) nell'organizzazione del lavoro, con il risultato di lavoratori sempre più sfruttati, isolati e sempre più precari.

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officinaprimomaggio

La variante logistica. Cronache e appunti sui conflitti in corso

di Andrea Bottalico, Francesco Massimo, Alberto Violante

facchini protestaUn anno in cui le lotte non si sono fermate

Mobilitazioni e scioperi di varia intensità hanno investito l’intera filiera logistica nei mesi scorsi.

Tra giugno e luglio 2020 il centro delle proteste è Peschiera Borromeo, ai margini di Milano, dove la multinazionale FedEx-Tnt ha deciso di licenziare una settantina di facchini sindacalizzati. Nonostante le cariche e gli scontri, lo sciopero va avanti e si espande in altre filiali. Nello stesso periodo al porto di Napoli il SiCobas sciopera bloccando l’accesso al varco. Alla fine del mese tocca al trasporto marittimo. Il fermo di ventiquattro ore è proclamato dai sindacati confederali.

Nel settore delle consegne a domicilio si alternano mobilitazioni dal basso e manovre di palazzo. In settembre l’associazione datoriale Assodelivery e il sindacato Ugl, dalla dubbia rappresentanza, firmano un vero e proprio Ccnl, un accordo pirata subito sconfessato dalle confederazioni e dai collettivi di rider, nonché dal ministero del Lavoro. Le critiche piovute sull’accordo inducono la piattaforma JustEat a rompere il fronte padronale: in novembre l’azienda esce da Assodelivery e annuncia un piano di assunzione della manodopera nel quadro di rapporti di lavoro dipendente. A marzo arriva l’annuncio di un accordo con i sindacati confederali per l’inquadramento di quattromila fattorini. All’orizzonte potrebbe esserci però il modello, già visto nel Regno Unito, delle agenzie interinali. JustEat ha già un accordo globale con l’agenzia Randstad per la somministrazione di manodopera, che potrebbe essere utilizzato anche in Italia.

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ilpungolorosso

Su un capolavoro di F. Engels (La situazione della classe operaia in Inghilterra) e una onesta ricerca sui “morti per disperazione” nell’Amerika di oggi

di Luca Bistolfi

“Morti per disperazione”: uno studio e un classico fanno riflettere sul sistema capitalistico. Che non aumenta il benessere, ma esalta disparità e dolore

engels giovaneQuesto bell’articolo di L. Bistolfi (che francamente conosciamo poco, o nulla) stabilisce un accostamento interessante tra il massimo capolavoro (forse) di Federico Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra (al 1844), appena ripubblicato da Feltrinelli – un libro da leggere e da rileggere ! -, e un’onesta ricerca di due accademici statunitensi su tre flagelli che imperversano negli Stati Uniti di oggi, e spingono i più disperati, in genere proletari o proletarizzati, verso la morte: l’alcool, la droga, il suicidio.

In tempi come questi, fatti di messaggi brevi, con tempi di lettura minimi e cronometrati (2, 5, 8 minuti), invitare alla lettura di libri e allo studio, ed in particolare allo studio dei nostri classici, è controcorrente. Lo sappiamo bene. E nondimeno invitiamo, incitiamo i frequentatori di questo blog a leggere i libri indispensabili (quello di Engels è tale) e, se si ha tempo, anche quelli utili a comprendere gli implacabili antagonismi del capitalismo.

* * * *

Bisogna elevare un grande plauso alla recente pubblicazione per i tipi di Feltrinelli della Situazione della classe operaia in Inghilterra, l’opera di Engels che lasciò ammirato Marx e che di fatto segnò l’inizio del loro sodalizio umano e politico. Un lavoro denso e preciso edificato sulla stampa e sulle relazioni delle commissioni dell’epoca e sulla diretta osservazione dell’autore, che schiude le porte dell’inferno sulla terra mostrando con spietatezza la realtà dei lavoratori e delle lavoratrici, bambini inclusi, a mezzo dell’Ottocento.

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centroriformastato

Il lavoro al tempo delle piattaforme

di Giulio De Petra

Intervento per la sessione “L’egemonia delle piattaforme" del convegno “Rileggere il Capitale”, organizzato da ARS e CRS

home office 4996834 1920 1 1536x854Un conflitto necessario

La traiettoria del capitalismo, delle sue crisi e dei suoi sviluppi, si intreccia inestricabilmente con quella del lavoro, della sua forma e delle sue lotte.

È la riorganizzazione continua del modo di produzione capitalista che determina la forma del lavoro, i modi e l’intensità dello sfruttamento, le caratteristiche della sua alienazione.

E, nello stesso tempo, sono i conflitti prodotti dall’organizzazione politica del lavoro a determinare i tempi e i modi dei passaggi della riorganizzazione del capitalismo.

Ed è un conflitto necessario, senza il quale il meccanismo di sviluppo del capitalismo rischia di avvitarsi su se stesso, di procedere per inerzia, proseguendo sulla propria traiettoria senza adeguata consapevolezza delle conseguenze sociali, economiche, ambientali che determina.

Questa reciproca implicazione di lavoro e capitalismo vede nell’utilizzo delle tecnologie storicamente disponibili la risorsa determinante, quella che consente determinate forme di produzione e quella che influenza l’organizzazione politica del lavoro.

La comprensione di come le tecnologie digitali, la forma attuale delle tecnologie di produzione e di organizzazione sociale, modificano e determinano la forma del lavoro è quindi centrale per comprendere la forma attuale del capitalismo.

Ma è centrale anche da un altro punto di vista, che è una delle motivazioni (la principale?) di queste due giornate di analisi e confronto.

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linterferenza

Appunti sulla cultura del lavoro tra liberalcapitalismo e postmodernismo

di Gerardo Lisco

industria Imagoeconomica 1525975 kFKB 1020x533IlSole24Ore WebLa proposta di Letta di istituire un’imposta patrimoniale per costituire un fondo a favore dei giovani, che dovrebbe servire per l’Università o per avviare un’attività imprenditoriale, è da inserire nel cambio di paradigma che vuole il lavoro non più un diritto ma un dovere, secondo la logica del Ministro Fornero. La proposta è stata respinta dal Presidente del Consiglio Draghi, la destra Conservatrice si è opposta alla proposta avanzata da Letta sostenendo la decisione del Presidente del consiglio. La destra conservatrice si è schierata a difesa dell’idea che solo riducendo il prelievo fiscale sui patrimoni e sui redditi alti è possibile liberare risorse utili al rilancio dell’economia, in sostanza la teorie del trickle-down rappresentata dalla curva di Laffer; la destra Liberale, il PD e il ceto di opinionisti e intellettuali che gravitano nella sua orbita si sono immediatamente affannati a sostenere la proposta di Letta come di sinistra e a sottolineare come essa fosse stata sostenuta da Liberali come Einaudi e Keynes.

La proposta avanzata da Letta non molto tempo fa è l’altra faccia della medaglia rispetto all’idea avanzata da Renzi di un referendum per abrogare il reddito di cittadinanza. Entrambi gli istituti vanno inquadrati nel contesto economico e sociale nel quale devono operare. Come spiegano Van Parijs e Vanderborght [1] l’idea di introdurre strumenti quali reddito di base, nel caso specifico il reddito di cittadinanza, o una dotazione di base secondo la proposta avanzata da Letta sono rintracciabili a partire dalla fine del XVIII secolo interessando sia la destra che la sinistra ( solo per memoria le categorie politiche di destra e sinistra nascono proprio sul finire del 700 durante la Rivoluzione francese). I due autori, per inciso, appartengono alla schiera di coloro che da Sinistra sostengono la necessità di introdurre istituti quali il reddito di cittadinanza.

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officinaprimomaggio

Tra conflitto e pratica dell’obiettivo

Riccardo Emilio Chesta intervista la Tech workers coalition italiana

external content.908785g74Anche in seguito alla crisi da Covid-19 da circa un anno in Italia si è costituita una sezione della Tech workers coalition (Twc), rete transnazionale dei lavoratori delle aziende Ict. Li abbiamo incontrati dopo un evento pubblico online di presentazione delle loro attività. Composta di lavoratori qualificati nel settore informatico, grafico, che include progettisti e sviluppatori, la Twc è un soggetto che cerca di parlare a diverse realtà lavorative investite dagli attuali processi di digitalizzazione e innovazione tecnologica. Si propone di coinvolgere nelle proprie iniziative non solo chi le tecnologie digitali le programma e sviluppa ma anche chi le esperisce nel proprio lavoro, come i rider delle piattaforme di food-delivery o i magazzinieri della logistica, tentando dunque di gettare ponti che leghino i lavoratori più tecnicamente qualificati con i lavoratori manuali sempre più coinvolti dai processi di digitalizzazione. Da un lato la Twc si pone obiettivi specifici e settoriali – è composta in prevalenza da lavoratori e lavoratrici del settore informatico – ma ritiene che possano essere un mezzo attraverso cui coinvolgere nella propria organizzazione tanto lavoratori manuali quanto figure tecniche ibride, a cavallo col lavoro culturale, come i grafici e i designer.

Già l’adozione del termine “coalizione” li identifica come un soggetto aperto, non corporativo che tenta di andare oltre un’opera pur necessaria di sindacalizzazione e organizzazione, ponendosi come obiettivo un’opera più generale di acculturazione all’azione collettiva e alla costruzione di solidarietà tra i lavoratori tech, in primis sul proprio posto di lavoro ma anche al di là, invitando a riflettere sui legami tra la propria professionalità e le implicazioni più generali in società.