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sinistra

Considerazioni sul nesso fra teoria e politica nel marxismo italiano degli anni ’70 e ’80

di Eros Barone

marxismo italiano 02L’ortodossia non deve essere ricercata in questo o quello dei discepoli di Marx, in quella o questa tendenza legata a correnti estranee al marxismo, ma nel concetto che il marxismo basta a se stesso, contiene in sé tutti gli elementi fondamentali, non solo per costruire una totale concezione del mondo, una totale filosofia, ma per vivificare una totale organizzazione pratica della società, cioè per diventare una integrale, totale civiltà. […] Una teoria è rivoluzionaria in quanto è appunto elemento di separazione completa in due campi, in quanto è vertice inaccessibile agli avversari. Ritenere che il materialismo storico non sia una struttura di pensiero completamente autonoma significa in realtà non avere completamente tagliato i legami col vecchio mondo.
Antonio Gramsci1

1. Centralità del nesso fra teoria e politica

Le note che seguono mirano per un verso a puntualizzare il nesso tra teoria e politica, così come si è andato configurando in alcuni momenti decisivi dell'elaborazione marxista che hanno contrassegnato l’arco storico degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, e per un altro verso a indicare le condizioni per una possibile ricomposizione di tale nesso nella prospettiva della ripresa di un movimento di classe offensivo. La ricognizione del tema non può che svolgersi lungo i mobili confini, tra scienza e ideologia, di un campo di ricerca attraversato da una lotta specifica tra diverse ed opposte tendenze, espressione strutturale di un livello determinato della lotta di classe, la pratica teorica, a sua volta ‘sovradeterminato’, attraverso una peculiare combinazione di effetti, dagli altri livelli o istanze della totalità complessa costituita dall’insieme base-sovrastrutture-pratiche, cioè dai livelli corrispondenti alla pratica economica e alla pratica politica della lotta di classe.2

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Coordinamenta2

Leggere L'accumulazione del capitale

di Maria Turchetto*

rosa luxemburg1Un’aquila

Lenin la definì “un’aquila”. E davvero Rosa Luxemburg volò molto in alto, in una società che era ancora profondamente maschilista. A quei tempi in quasi tutto il mondo le donne erano escluse dal voto e dai diritti politici, in molti paesi non avevano accesso alle professioni liberali, nel lavoro erano sfruttate e sottopagate rispetto agli uomini, nella famiglia soggette all’autorità del marito.

Rosa Luxemburg i diritti politici se li prese: fu una dirigente socialista di prima grandezza. Sostenitrice di posizioni internazionaliste, fu attiva nella sua Polonia, in Russia e soprattutto in Germania. Lucida, coerente, lontana da ogni opportunismo, all’epoca fu una delle poche rappresentanti del socialismo a non compromettersi con nessuna guerra, a battersi sistematicamente e implacabilmente contro il militarismo. Per questo suo atteggiamento passò in prigione la maggior parte degli anni della guerra, scrivendo, studiando e continuando a seguire gli eventi politici: la costituzione in Germania della Lega di Spartaco, di cui fu diretta ispiratrice; la rivoluzione russa, che valutò e commentò con grande intelligenza – sostenne Lenin e i bolscevichi, ma fu da sempre consapevole delle difficoltà e delle degenerazioni cui il partito rivoluzionario poteva andare incontro1.

Anche la parità con gli uomini Rosa Luxemburg se la prese – eccome. Primeggiò in un’epoca di giganti: i suoi interlocutori erano personaggi del calibro di Lenin, Trotsky, Kautsky, Bukharin, Bauer, Bernstein, Hilferding, Bebel.

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carmilla

Il nostro, giovane, Marx

di Salvatore Prinzi

GiovaneMarxHa appena compiuto 200 anni, ma per qualcuno è ancora giovane. Di sicuro per Raoul Peck, il cui film su Il giovane Karl Marx al momento spicca, nel diluvio di articoli d’occasione e convegni accademici, come il miglior omaggio al filosofo e rivoluzionario tedesco. Dico “il migliore”, perché il film non solo permette di diffonderne la figura e l’opera, ma anche di farci appassionare, ritrovare un Marx più nostro, portarci a qualche riflessione di carattere generale, stimolarci ad agire. Mica poco, di questi tempi. Ma vediamo meglio.

 

L’idea e la realizzazione

Ammetto che la notizia di un film su Marx mi aveva fatto venire i brividi. Marx non è Guevara e manco Lenin, non spara e non arringa le folle da un autoblindo, difficile rendere da un punto di vista cinematografico i suoi concetti, l’avventura della sua vita, più legata a dispute intellettuali che a momenti epici. Due possibilità: o un polpettone a tesi, iperdidattico e noioso, o qualche trovata postmoderna per trasformarlo in qualcosa di commercialmente appetibile. D’altronde, mi dicevo, non è un caso che in cent’anni di storia del cinema non sia mai stato fatto un film su un soggetto così celebre: non funziona. Peck risolve abilmente il problema puntando sul giovane Marx, uno che in effetti in soli cinque anni cambia quattro paesi, scappa da altrettante polizie, incontra tutti i più folli rivoluzionari del tempo, passa dal benessere alla miseria, mette al mondo svariate figlie, fonda un “partito”… insomma, l’avventura non manca. E mentre si susseguono le scene la sorpresa semmai diventa: com’è che nessuno l’ha fatto prima, il film? Ecco, quando un autore fa sembrare naturale una cosa che sembrava impossibile, fa sembrare necessaria una cosa che mancava, vuol dire che l’operazione è riuscita.

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tempofertile

Frammenti: circa piccole polemiche sulle lettere di Marx (1870)

di Alessandro Visalli

images657Siamo nel 1870, quasi al punto culminante di quello che Engels, nella prefazione del 1892 a “La situazione della classe operaia in Inghilterra”, chiama: “il poderoso sviluppo della produzione nel ventennio tra il 1850 ed il 1870, e con le impressionanti cifre dell’esportazione e dell’importazione, della ricchezza che si accumula nelle mani dei capitalisti e della forza-lavoro umana che si concentra in città gigantesche” (ivi, p.45). Mentre la forza-lavoro umana (termine tecnico che non indica le persone in quanto tali, con l’intera loro personalità e qualità, ma le persone reificate come contenitori di lavoro astratto, quantificabile e fatto merce scambiabile) si concentra nella macchina produttiva per eccellenza, le grandi città industriali (cfr, Lefebvre, 1968 e seg.), la classe operaia ottiene temporanei miglioramenti “anche per la grande massa” (Engels subito dopo distingue tra l’aristocrazia operaia e gli operai di base), ma “poi ogni miglioramento veniva continuamente ricondotto al vecchio livello per l’afflusso della gran massa di riserva dei disoccupati, per la incessante espulsione di operai da parte del nuovo macchinario e per la immigrazione dei lavoratori agricoli, anch’essi ora e sempre più soppiantati dalle macchine”.

Seguirà la crisi del 1876 e gli anni di “depressione soffocante”, con “una saturazione cronica di tutti i mercati per tutti gli affari”.

Ancora qualche cenno sulla situazione storica: intorno agli anni sessanta del 1800 in Inghilterra tre quarti dei 24 milioni di abitanti facevano parte di quella che Baxter chiama “la classe dei lavoratori manuali”. Di questi solo il 15% poteva essere considerata ben pagata e facente parte della “aristocrazia del lavoro” (con salari dal doppio a quattro volte quelli di base).

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rete dei com

Marx, il liberoscambismo ed alcune interpretazioni

di Italo Nobile

e2c13c6ce0002f2a7a96dc2106e95588 karl marx videoSi dice spesso che Karl Marx plaudisse allo sviluppo capitalistico (e al libero scambio che sarebbe secondo alcuni ad esso collegato) e che invece considerasse le resistenze a tale espansione (soprattutto nei paesi dell’Asia, dell’Africa e del mondo slavo) come legate alla reazione dei regimi connessi ai modi di produzione precedenti.

A tal proposito si citano le pagine de “Il Manifesto” e del “Discorso sul libero scambio” e quasi si afferma che sia stato il marxismo successivo a rimuovere la natura progressiva del capitalismo così affermata da Marx: è il caso di Giuseppe Bedeschi sul Corriere della Sera di qualche anno fa (e già sanzionato da Moreno Pasquinelli), del pensatore liberale Corrado Ocone, del giornalista economico Stefano Cingolani in un articolo su Panorama di inizio Maggio ma anche di alcune tesi degli interpreti anglosassoni di Marx (si pensi all’enfasi di Cohen sulla crescita delle forze di produzione e all’interpretazione evolutiva del pensiero marxiano da parte di Anderson), di alcuni aspetti dell’interpretazione postoperaista di Negri e Hardt (così come denuncia Domenico Losurdo), dell’accelerazionismo che finisce per mescolarsi con la visione postoperaista. Quest’articolo vuole essere un contributo al chiarimento di alcuni aspetti di questo problema interpretativo che ha tante implicazioni teoriche.

A questo proposito all’interno del discorso sui processi di produzione e riproduzione sociale che interessano la dimensione del ruolo dello Stato nell’epoca della globalizzazione (diventata oggi epoca del conflitto tra imperialismi come dimostrato ampiamente dal lavoro pluridecennale della Rete dei comunisti), una linea di tendenza interessante (che forse riguarda anche la dimensione politica della questione) è secondo l’economista Emiliano Brancaccio quella della centralizzazione dei capitali.

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blackblog

La dinamica immanente del capitalismo vista come ossessione per la produttività

Processo innovativo, sovrapprofitto e crisi

di Palim Psao

84870880«Ma la contraddizione di questo modo di produzione
capitalistico risiede proprio nella sua tendenza a
sviluppare assolutamente le forze produttive,
che entrano costantemente in conflitto con le
condizioni specifiche di produzione, nelle quali
si muove il capitale, le uniche in cui può muoversi»
(Karl Marx, Il Capitale, Libro III)

1. Il capitale come «contraddizione in processo»

Il processo fondamentale di crisi non è affatto iniziato con la crisi economica e finanziaria del 2007-2008, ma ha avuto origine in una contraddizione insolubile inerente alla relazione capitalista. Alla fine, ciò che rende insostenibile il modo di produzione capitalista, è il conflitto esistente fra lo sviluppo delle forze produttive e la finalità limitata che consiste nella moltiplicazione della ricchezza astratta. Per questo motivo, Marx parla della relazione di capitale come di una «contraddizione in processo».

Più volte, Marx si riferisce ad una contraddizione in processo fra lo sviluppo delle forze produttive e le condizioni della produzione, una contraddizione che non è quella delle classi e dei loro rapporti di forza.

«La contraddizione, esposta in termini generali, consiste in questo: la produzione capitalistica racchiude una tendenza verso lo sviluppo assoluto delle forze produttive, indipendentemente dal valore e dal plusvalore in esso contenuto, indipendentemente anche dalle condizioni sociali nelle quali essa funziona; ma nello stesso tempo tale produzione ha come scopo la conservazione del valore-capitale esistente e la sua massima valorizzazione {vale a dire l’accrescimento accelerato di questo valore).» (Karl Marx, Il Capitale Libro III cap.15).

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la citta futura

Che enorme patrimonio di nuove conoscenze è ora disponibile!

Volker Külow intervista Rolf Hecker*

Conversazione con Rolf Hecker: i 200 anni di Karl Marx, il significato del suo lavoro oggi e lo stato attuale della seconda edizione completa delle opere di Marx ed Engels (MEGA)

df61c280cccd78ae56a1c3f0d1cf6db0 XLVolker Külow: In occasione dei suoi 200 anni, Karl Marx viene celebrato in tutto il mondo?

Rolf Hecker: Si tratta di un fenomeno soprattutto occidentale, in quanto Marx era prima di tutto europeo e la sua teoria affonda le radici nell’Illuminismo europeo. Ci sono però in tutto il mondo suoi estimatori ed estimatrici e le sue opere vengono studiate ed edite dal Brasile all’India fino alla Cina.

 

VK: Secondo lei qual è il numero delle sue pubblicazioni al mondo? In quali paesi e in quali lingue viene pubblicato maggiormente?

RH: Se si considerano le pubblicazioni su Marx e sulla sua teoria oggi, sono sicuramente tante, soprattutto in lingue europee, ma anche in cinese e giapponese. Tuttavia, ciò che ritengo di maggior rilievo è la pubblicazione degli scritti di Marx. Proprio nel 2017 – il primo volume de Il capitale venne pubblicato nel 1867 - abbiamo constatato che in alcune lingue, per esempio in italiano, in greco e in cinese, sono comparse nuove traduzioni che prendono a riferimento la nuova edizione MEGA. Di grande rilievo è anche la nuova edizione tedesca di Thomas Kuczynski.

 

VK: A questo punto presumibilmente anche le persone più esperte perdono la visione di insieme. C’è un’opera che secondo lei è da considerare particolarmente innovativa e stimolante per il nostro rapporto con Marx nel 21simo secolo?

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sinistra

Critica marxista delle religioni e religiosità delle masse popolari

di Eros Barone

GBR Londra NatGal ElGreco CacciataMercantiTempio 1600ca1. Religione e lotta di classe

Tra l’ultimo ventennio del secolo scorso e il primo quindicennio di questo secolo diversi fenomeni e avvenimenti (la progressiva secolarizzazione della società nei paesi capitalistici avanzati, la rivoluzione khomeinista in Iran, l’insorgere del movimento controrivoluzionario di Solidarnosc in Polonia, la teologia della liberazione in America Latina, il “risveglio dell’Islàm” in chiave fondamentalista nel mondo arabo e più in generale musulmano, la diffusione di movimenti e sètte ispirati dal fondamentalismo religioso nel mondo cattolico, ebraico, induista e protestante, le guerre di aggressione scatenate dall’imperialismo in Iraq, l’attentato delle Due Torri, l’invasione dell’Afghanistan, per giungere sino ai recenti attentati in Francia) hanno posto in primo piano il problema dell’analisi della funzione sociale, politica e ideologica delle religioni nella lotta di classe e nella ridefinizione degli equilibri geopolitici mondiali.

Per i militanti comunisti e per la conseguente pratica sociale e politica in cui essi sono impegnati porre e risolvere correttamente tale problema ha assunto i caratteri di un’esigenza primaria per conoscere la realtà in cui si agisce, dirigere l’azione del partito di classe e orientare le masse. Occorre pertanto interrogare congiuntamente, alla luce del materialismo dialettico, la storia e la teoria, partendo dalla lezione dei classici del socialismo scientifico (Marx, Engels, Lenin) e integrandola con la riflessione sulle esperienze concrete della lotta di classe per ricavare da questa ottica bifocale i giusti insegnamenti e fissare gli opportuni indirizzi pratici.

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ragionipolitiche

Per i duecento anni di Marx

di Carlo Galli

Questa riflessione su Marx deriva dal libro di Carlo Galli, Marx eretico, di prossima pubblicazione per la casa editrice il Mulino, Bologna

ph 1031Marx è un autore di metà Ottocento, che del proprio tempo condivide alcune idee di fondo: una concezione eroica della politica, in cui agiscono soggetti collettivi come la nazione e la classe; una proiezione al futuro, come fiducia nella possibile apertura di nuovi orizzonti dell’umanità; una robusta ammirazione per la potenza della scienza e della tecnica, per lo sviluppo economico che ne scaturisce, e per la forza espansiva sprigionata dalla civiltà industriale; una propensione a pensare in termini di sistema, per fronteggiare adeguatamente l’emergere della dimensione totale delle relazioni sociali e per individuarne «leggi» organiche di sviluppo. Quello di Marx è il pensiero forte di una personalità dotata, com’egli diceva di sé, di «aspirazioni universali». Che Marx veda con acutezza la contraddittorietà, l’ideologicità, la conflittualità e la parzialità dell’intera società moderna, non toglie che egli sia estraneo a nostalgie pre-moderne, a sensibilità post-moderne, a prospettive catastrofiche.

***

La sua adesione alla modernità è, certo, un’adesione «critica». E non della «critica critica», impotente e subalterna, della sinistra hegeliana, contro cui si accanisce il sarcasmo distruttivo del giovane Marx, ma della «critica spietata di tutto ciò che esiste», la critica dialettica, la dialettica utilizzata come arma («le armi della critica» e perfino «la critica delle armi») e non come conciliazione.

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eticaeconomia

Buon bi-centenario, Karl Marx!

di Domenico Mario Nuti

merlin 23520832 a4f6afcProbabilmente sono in pochi, fra i Marxisti come fra i nemici del Marxismo, a rendersi conto che – paradossalmente – il più alto elogio del capitalismo può essere trovato in Marx ed Engels, nel Manifesto del Partito Comunista (1848), che riconosce senza mezzi termini che il sistema capitalista ha promosso l’urbanizzazione, l’industrializzazione, il progresso tecnico, la crescita economica e una prosperità senza precedenti:

“La borghesia, durante il suo dominio di cento anni scarsi, ha creato forze produttive più massicce e colossali di tutte le generazioni precedenti messe insieme. L’assoggettamento all’uomo delle forze della natura, le macchine, l’applicazione della chimica all’industria e all’agricoltura, la navigazione a vapore, ferrovie, telegrafi elettrici, le opere necessarie alla coltivazione di interi continenti, le canalizzazioni dei fiumi, la comparsa di intere popolazioni – chi mai nei secoli precedenti aveva avuto anche il solo presentimento di tali forze produttive... La borghesia, con il rapido miglioramento di tutti gli strumenti di produzione, con l’immensa agevolazione dei mezzi di comunicazione, ha portato alla civiltà tutte le nazioni, anche le più barbare.”

Al tempo stesso, Marx vedeva il capitalismo come una forma sistematica di sfruttamento del lavoro. Le società primitive a suo parere non generavano sfruttamento poiché i soggetti economici scambiavano prodotti che incorporavano all’incirca quantità equivalenti di lavoro. Nella schiavitù lo sfruttamento era in realtà minore di quanto non sembrasse perché, anche se il lavoro non era pagato, l’autoconsumo degli schiavi permetteva loro di recuperare una parte del proprio lavoro.

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ilcovile

Una teoria che ha funzionato, cioè predittiva

Pensieri del dugentenario

di Stefano Borselli

picnic n.inghilterraParla Marx

Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate — virtù, amore, opinione, scienza, coscienza, ecc. — tutto divenne commercio. È il tempo della corruzione generale, della venalità universale, o, per parlare in termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà, morale e fisica, divenuta valore venale, viene portata al mercato per essere apprezzata al suo giusto valore. (Miseria della filosofia, Cap. I §1, 1847, M. ha 29 anni.)

A un primo sguardo la ricchezza borghese appare come un’immane raccolta di merci [...]. (Per la Critica dell’Economia Politica, Incipit, 1859, 41 anni.)

La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una «immane raccolta di merci» [...]. (Il Capitale, Incipit, 1867, 49 anni.)

 

Una teoria che ha funzionato, cioè predittiva

Una definizione e una previsione

Possiamo leggere questi tre brani, nei quali il Marx giovane e quello maturo si tengono perfettamente, come una definizione della società capitalistica: è quella dove la merce dilaga e come una previsione: tutto diventerà merce. Va realisticamente preso atto che la previsione si è avverata e continua a farlo ed è propria di Marx.

La merce

Cos’è una merce? Nella sua forma compiuta ed esplicita è qualcosa che si può portare liberamente al mercato e liberamente comprare: cose, servizi, animali, uomini ecc. (ilportare al mercato a volte non è fisico, es. gli immobili).

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dinamopress

Marx, finalmente

Francesco Raparelli intervista Paolo Virno

Festeggiamo i duecento anni di Marx con uno speciale che raccoglie materiali inediti e stralci della nuova edizione de “Il Manifesto comunista” (per i titoli di Ponte alle Grazie, a cura del collettivo C17). Come ci ha insegnato Machiavelli, d’altronde, nella crisi permanente l’unico modo per rinnovarsi è il “ritorno ai principi”, o, per dirla con Lenin: “ripetere l’origine”. Cominciamo con un’intervista a Paolo Virno che chiarisce l’attualità del rivoluzionario tedesco e del suo pensiero

variousandgould city skins marx engels«È giunta l’ora della piena leggibilità di Marx». Paolo Virno, tra i più originali filosofi materialisti del nostro tempo, usa Walter Benjamin per affermare l’attualità del Moro di Treviri. A duecento anni esatti dalla sua nascita, si torna a parlare di Marx, del Manifesto scritto con Engels per conto della Lega dei comunisti, della sua insuperabile diagnosi del capitalismo. La sua critica dell’economia politica ha costituito, come noto, il riferimento teorico decisivo del movimento operaio e delle sue lotte, inondando il Novecento quasi tutto a partire dalla rivoluzione del 1917. Marx – e questo lo racconta bene anche il film di Raoul Peck (Il giovane Marx) – fu innanzi tutto filosofo. Materialista. Del rapporto tra Marx e la filosofia si sono occupati a più riprese i marxisti eterodossi degli anni Venti, Lukács e Korsch tra tutti. Poi Marcuse e i francofortesi, insistendo sulla scoperta dei Manoscritti del 1844. Quindi, nell’immediato dopo guerra, Sartre e Merleau-Ponty in Francia; Della Volpe in Italia. Negli anni Sessanta, si è imposta la «cesura» strutturalista di Althusser e dei suoi allievi, mentre in Italia Marx è diventato un’arma teorica e politica decisiva per l’operaismo e le lotte autonome dell’operaio «massa» prima, di quello «sociale» a seguire (nei tardi Settanta). E oggi? Cosa ne è di Marx nel mondo dominato dalle multinazionali e dalla finanza? Cosa, quando il capitalismo comanda e sfrutta la forza-lavoro tramite gli algoritmi? «Proprio nella nostra epoca», chiarisce Virno, «Marx è finalmente leggibile oltre il marxismo».

* * * *

Sono passati duecento anni dalla sua nascita e il modo di produzione capitalistico non ha smesso di dominare il mondo. Semmai, dopo il Novecento e con la crisi dell’ultimo decennio, il capitalismo ha rafforzato ovunque il suo potere. Ma molte sono state la trasformazioni, imposte dalle lotte come dalle discontinuità tecnologiche. Nella scena della Gig Economy e della finanza, il pensiero di Marx è ancora attuale?

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intrasformazione

Da Marx al “gramscismo”

di Tommaso Baris

volto 300Angelo D'Orsi, già autore di alcuni importanti studi su Antonio Gramsci, ci offre in questo nuovo volume una biografia esaustiva sull'importante pensatore politico sardo. Il suo obiettivo, dichiarato nella prefazione, era quello di “rivolgersi non soltanto ai “gramsciologi” ma a un pubblico più largo, sia pure dialogando sempre, fra le righe, con gli specialisti” (p. 10). Si tratta perciò di raccontare Gramsci non solo e non tanto agli studiosi quanto ad una platea più vasta di lettori comuni, senza però perdere una dimensione scientifica della ricostruzione storica.

La sensazione è che tale scelta nasca per D'Orsi, direttamente o indirettamente, dalla necessità di affrontare la diffusa ed incerta filologicamente “gramsciologia” oggi esistente. Le vicende gramsciane, politiche e personali, sono diventate infatti una sorta di tema ricorrente nell'attuale mercato editoriale e culturale italiano, con continue “scoperte” e “rivelazioni” basate su supposizioni e congetture spesso prive di riscontri documentari.

In questo quadro D'Orsi si inserisce con un lavoro che vuole essere al contempo rigoroso ma anche capace di offrire in maniera sintetica e godibile le più recenti acuisizioni, sia biografiche che interpretative. Il riferimento esplicito è da questo punto di vista la vecchia biografia di Giuseppe Fiori, quella del 1966, al fine però di produrre un lavoro che sappia coniugare, come quella, la dimensione personale con quella politica, costruendo però una narrazione biografica rinnovata “alla luce di nuove acquisizioni documentali, nuovi studi, nuove visioni dei problemi e ovviamente”, come scrive l'autore, con un punto di vista “non riducibile a nessuna “ortodossia” (p. 10).

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umbrialeft

La critica dell’economia politica è l’essenza del marxismo

di Alfonso Gianni

Karl MarxDuecento anni fa, il 5 maggio del 1818, nasceva Karl Marx. In questi due secoli la sua opera è stata studiata, amata, odiata, interpretata, travisata. Dopo Marx sono nati i marxisti e i marxismi. Non sempre coerenti con il pensatore di Treviri che diceva di sé di non essere marxista, non tanto per il piacere della battuta, quanto per sottolineare il suo approccio profondamente antidogmatico allo studio della realtà. Alla sua opera si sono ispirate molte delle rivoluzioni del ventesimo secolo. Con esiti non sempre, anzi quasi mai, soddisfacenti. A dimostrazione che pensare di applicare ciò che Marx ha detto e scritto è già un travisamento che può portare anche a conseguenze disastrose.

Eppure la diffusione su scala planetaria del suo pensiero, attraverso le opere scritte, molte delle quali assieme a Friedrich Engels, ha raggiunto livelli da record. La sua opera maggiore, cioè il Capitale ha avuto una diffusione straordinaria, anche se è stato meno letto di quanto sia stato distribuito o venduto, probabilmente per la lunghezza e la indubbia complessità che lo contraddistingue. Non è un caso che un libro di questi anni, anch’esso assai complesso e che ha avuto un sorprendente successo mondiale, richiami nel titolo e nel testo il tema dell’analisi del capitale contemporaneo. Mi riferisco ovviamente a Il capitale nel XXI secolo dell’economista francese Thomas Piketty. Se il primato dell’opera comunista più diffusa della storia appartiene indubbiamente al famoso “libretto rosso” delle citazioni di Mao Tse-tung (che contende il primato della diffusione al Corano e alla Bibbia ) il Manifesto del partito comunista, redatto da Karl Marx e Friedrich Engels esattamente 170 anni fa può vantare anch’esso record da best seller, niente affatto sminuiti dal passare del tempo.

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palermograd

Ma il suo lavoro è vivo

Intervista su Marx a Riccardo Bellofiore

Il prossimo 5 maggio ricorrono i duecento anni dalla nascita di Karl Marx. PalermoGrad li celebra pubblicando questo testo, sotto forma di intervista, di Riccardo Bellofiore, che ringraziamo vivamente

MARX UNA BIOGRAFIA A FUMETTIQuesta intervista che ora pubblica PalermoGrad ha una breve storia che va raccontata per comprenderne la genesi. Alla fine degli anni Novanta la RAI intendeva preparare un ciclo di trasmissioni sulle grandi figure del pensiero economico. Cristina Marcuzzo sfruttava le occasioni convegnistiche per poter intervistare vari economisti, italiani e stranieri. Le interviste duravano poco meno di un’ora, se ricordo bene. Venni così intervistato a Firenze su Marx. Non avevano ancora deciso come costruire effettivamente il programma. La scelta finale, a mio parere felice, fu di mettere da parte le interviste. La trasmissione che andò in onda si chiamò infine La fabbrica degli spilli: un titolo evidentemente smithiano. Ad essere interrogato era il solo Alessandro Roncaglia che stava allora ultimando il suo La ricchezza delle idee per Laterza: lo interrogavano due giornalisti che si alternavano. Uno dei due, ricordo, era Roberto Tesi: più noto come Galapagos, del manifesto. In ogni trasmissione si aprivano due medaglioni con un breve estratto dalle interviste. Nella trasmissione su Marx i medaglioni erano costituiti da Ernesto Screpanti e dal sottoscritto: infelicemente, il lavaggio di capelli la mattina in albergo mi fece apparire con una capigliatura da fare invidia ad Angelo Branduardi o alla primissima Nicole Kidman. Ovviamente, mi preparai. Avevo delle scalette, ma dietro le scalette stavano delle domande (in numero di 10) che avevo buttato giù, corredate di risposte. C’era un ordine imposto dalla produzione, che però col loro consenso sovvertii. La prima domanda doveva essere sulla biografia, e così fu. La seconda sul metodo, e così non fu: sono fermamente convinto che il metodo dipenda dal contenuto dell’oggetto che si indaga, quindi collocai quella domanda verso la fine.

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materialismostorico

«Weder Empirist noch Dogmatiker». Lukács interprete di Lenin

di Matteo Gargani

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2017 licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

9788868022075 0 0 0 75 1Introduzione

Lo spazio di un contributo non potrà esaurire un oggetto ampio, complesso e ramificato come l’interpretazione lukacsiana di Lenin1. Dal momento in cui aderisce al KMP2 nel dicembre 1918, infatti, sono molteplici gli aspetti del pensiero leniniano di cui Lukàcs si appropria e fa operare — adattandoli di volta in volta alle proprie esigenze — in contesti teorici e storici molto differenti. Il problema dell’eredità culturale, l’atteggiamento verso le avanguardie artistiche, la democratizzazione, le forme dell’organizzazione politica, la transizione al socialismo, sono solamente i principali ambiti su cui Lukàcs si trova nel corso dei decenni ad attingere proficuamente dal laboratorio leniniano.

Nonostante i molti anni di esilio in Occidente e il costante confronto con le posizioni della socialdemocrazia in particolare di area tedesca, il pensiero leniniano è commisto alla tradizione teorico-politica del populismo russo3. Il «punto di vista di classe»4, che molto deve proprio alla polemica anti-populista di Lenin, ottiene in Storia e coscienza di classe un complesso riadattamento teorico nel «Klassenstandpunkt des Proletariats»5. L’intreccio populismo russo-Lenin-Lukàcs dovrebbe quindi costituire un ulteriore elemento da vagliare criticamente per restituire un’immagine veramente esaustiva dell’interpretazione lukacsiana di Lenin.

Oltre alla difficoltà scaturente dai terreni diversi su cui Lukàcs chiama in causa la riflessione leniniana, si pone per l’interprete il problema del profondo mutamento di contesti entro cui, nell’arco di oltre un cinquantennio, le considerazioni lukacsiane hanno luogo. Le prese di posizione su Lenin vanno dal clima del «settarismo messianico»6 dei primi anni Venti, attraversano gli anni dei fascismi prima e della guerra fredda poi, per riemergere infine nell’importante scritto Demokratisierung heute und morgen, estremo tentativo di risposta al problema della «democratizzazione» ad Est e ad Ovest7. Democratizzazione che gli eventi cèchi del 1968 hanno reso tema sì più urgente, ma anche più facilmente manipolabile e potenzialmente aperto a strumentalizzazioni.

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sinistra

Karl Marx, «Anatomopatologo» del sistema capitalistico e levatore di due secoli di rivoluzioni

di Eros Barone

il capitale«Parlammo del mondo e dell’uomo, dei tempi e delle idee, con il rumore del mare che faceva da sottofondo al tintinnio dei nostri bicchieri. […] Levandosi al di sopra del confuso brusio degli anni e delle epoche, oltre i discorsi del giorno e le immagini della serata, affiorò alla mia mente una domanda sulla legge ultima dell’esistenza per la quale avrei voluto una risposta da parte di quel saggio. Durante una pausa di silenzio, mi rivolsi al rivoluzionario e filosofo con queste fatidiche parole, emerse dalle profondità del linguaggio e scandite al culmine dell’enfasi: “Che cos’è?”.

Sembrò che la sua mente si distraesse mentre guardava il mare che tumultuava davanti a noi e la moltitudine che si agitava sulla spiaggia. “Che cos’è?”, avevo chiesto, e in tono profondo e solenne egli rispose: “La lotta!”. Per un attimo mi parve di aver udito l’eco della disperazione, ma forse era la legge della vita».

Dall’intervista del giornalista americano John Swinton a Karl Marx (agosto 1880).

 

1. Socialismo scientifico e critica dell’economia politica

Karl Heinrich Marx nasce a Treviri da una famiglia della borghesia liberale tedesca di origine israelitica il 5 maggio 1818. Egli ha 13 anni quando muore Hegel, 14 quando muore Goethe. La giovinezza di Marx si svolge nel periodo compreso tra la rivoluzione francese di luglio (1830) e la rivoluzione francese di febbraio (1848).

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marxismoggi

La teoria della conoscenza nel materialismo dialettico

Da Engels e Lenin alla riflessione di Guglielmo Carchedi

di Massimiliano Romanello

Contributo della FGCI al seminario "Lavoro mentale e classe operaia", del 19 aprile 2018, presso la facoltà di Economia dell'Università degli studi Roma Tre, nell'ambito del ciclo di incontri "Tecnologia, lavoro e classe", promosso dall'organizzazione Noi Restiamo

phpThumb generated thumbnailTeoria del Riflesso e materialità della conoscenza

Il testo che segue è da considerarsi come un’introduzione alla lettura dell’opera di Guglielmo Carchedi Sulle orme di Marx, lavoro mentale e classe operaia, che si presenta come un quaderno estremamente denso di nozioni e dall’elevato valore teorico, in cui l’autore propone un tentativo di interpretazione dello sviluppo del capitalismo contemporaneo, ponendo la propria attenzione e quella del lettore su una realtà consolidata e che va sempre più articolandosi: Internet.

La base su cui poter edificare l’intero discorso è individuata nel fondamentale concetto di trasformazione. Ogni sistema produttivo in generale e il capitalismo in particolare prevede la trasformazione di forza lavoro, mezzi di produzione e materie prime in un prodotto finale, da destinare al mercato. Tuttavia essa non riguarda soltanto ciò che è comunemente riconosciuto come merce, cioè come frutto della manualità di uomini o macchine. Dal momento che l’attività cognitiva dell’uomo è diffusa in modo sempre più capillare nei paesi occidentali e partecipa a pieno diritto al ciclo produttivo, e poiché, secondo Carchedi, non esiste in linea di principio una distinzione tra lavoro manuale e intellettuale, (“Tutto il lavoro materiale necessita il concepire, l’ideare; tutto il lavoro mentale necessita tutto il corpo senza il quale il cervello non potrebbe funzionare” [1]), la categoria della trasformazione si può e si deve estendere anche alla conoscenza.

I processi lavorativi contengono quindi sia trasformazioni oggettive, sia trasformazioni mentali e, in queste ultime, la forza lavoro trasforma sia la conoscenza soggettiva, propria cioè dell’agente mentale che opera, sia la conoscenza oggettiva, che è contenuta fuori da esso, in altri agenti mentali, in libri, computer ecc. oppure nei mezzi di produzione, in nuova conoscenza, che può essere differente o semplice riproduzione della precedente, pronta ad essere considerata come punto di partenza di un nuovo ciclo.

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lanatra di vaucan

Ernst Lohoff sul capitale fittizio e la duplicazione della ricchezza

di Giordano Sivini

eraclito1. Il capitale e il suo doppio

Il capitalismo sopravvive precariamente alla crisi della valorizzazione basandosi su capitale fittizio che alimenta bolle finanziarie destinate a scoppiare. Robert Kurz aveva avanzato questa tesi per spiegare che la crescita economica degli anni ’80 e ’90 era virtuale, costruita su montagne di debiti generati dall’anticipazione di un valore futuro che non sarebbe stato mai realizzato. Aveva continuato ad interpretare le vicende successive su questa base, trovando conferma nella successione ininterrotta di crisi finanziarie a livello mondiale.

Ernst Lohoff e Norbert Trenkle avevano partecipato a questa elaborazione, così come, in precedenza, alla definizione della teoria del soggetto automatico e della crisi della sua capacità di creare valore a causa della irreversibile prospettiva della scomparsa del lavoro. Il loro rapporto con Kurz si era poi rotto sul piano personale e su quello teorico. Pur non allontanandosi dalla teoria del soggetto automatico, avevano concentrato l’analisi sul capitale fittizio, convinti che la sopravvivenza del capitalismo alla crisi della valorizzazione dovesse essere attribuita alla capacità della sfera finanziaria “di produrre, in qualche modo, una forma peculiare di moltiplicazione del capitale che permette di sostituire, transitoriamente, l’accumulazione di plusvalore”. La sua drammatica crescita non poteva essere attribuita “ad una mera distribuzione e mobilitazione del plusvalore già accumulato”.1

Questa loro ricerca ha dato luogo al volume La grande svalorizzazione,2 presentato in Germania nel 2012, anno in cui Kurz ha pubblicato il suo ultimo libro Denaro senza valore,3 facendo emergere una divaricazione di posizioni, poi oggetto di un confronto tra due anime della Critica del valore che dura tuttora, in assenza di Kurz deceduto quello stesso anno.

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rifonda

Leggete Karl Marx!

«Il capitalismo non è eterno. E Marx è ancora necessario»

Conversazione tra Marcello Musto e Immanuel Wallerstein

fotohome2Nasceva duecento anni fa l’autore del «Manifesto del partito comunista»: sul suo pensiero abbiamo interpellato il sociologo Immanuel Wallerstein, che ne rivendica l’attualità. «Non può fare a meno di lui una sinistra globale che voglia rappresentare l’80% più povero degli abitanti della Terra».

Immanuel Wallerstein, Senior Research Scholar alla Yale University (New Haven, USA) è considerato uno dei più grandi sociologi viventi. I suoi scritti sono stati molto influenzati dalle opere di Marx ed egli è uno degli studiosi più adatti con il quale riflettere sul perché il pensiero di Marx sia ritornato, ancora una volta, di attualità.

* * * *

MM: Professor Wallerstein, 30 anni dopo la fine del cosiddetto “socialismo reale”, in quasi tutto il globo tantissimi dibattiti, pubblicazioni e conferenze hanno a tema la persistente capacità da parte di Marx di spiegare le contraddizioni del presente. Lei ritiene che le idee di Marx continueranno ad avere rilevanza per quanti ritengono necessario ripensare un’alternativa al capitalismo?

IW: Esiste una vecchia storia su Marx che dice che ogni qual volta si cerca di buttarlo fuori dalla porta, lui rientra dalla finestra. È quanto sta accadendo anche in questi anni. Marx è ancora fondamentale per quanto scrisse a proposito del capitalismo. Le sue osservazioni furono molto originali e completamente diverse da ciò che affermarono in proposito altri autori. Oggi affrontiamo problemi rispetto ai quali egli ha ancora molto da insegnarci e tanti editorialisti e studiosi – non certo solo io – trovano il pensiero di Marx particolarmente utile in questa fase di crisi economica e sociale. Ecco perché, nonostante quanto era stato predetto nel 1989, assistiamo nuovamente alla sua rinnovata popolarità.

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blackblog

Marx e la Storia Mondiale

di Michael R. Krätke*

Negli anni 1881 - 1882, Marx intraprese degli ampi studi storici che coprivano gran parte di quella che era allora nota col nome di "storia mondiale". I quattro grossi quaderni in cui erano riportati estratti dalle opere (principalmente) di due storici di punta di quel tempo, Schlosser e Botta, sono rimasti quasi del tutto inediti. Qui si cerca di contestualizzare quelli che sono gli ultimi studi di Marx relativamente al corso della storia mondiale, rispetto agli studi storici precedenti, ma incompiuti, riguardo la critica dell'economia politica

marx4«Tutta la storia dev'essere studiata nuovamente!»
(Lettera di Engels a Conrad Schmidt, 5 Agosto 1890)

Sia la portata che lo scopo di queste sue note sono sorprendentemente ampie, e vanno ben al di là della storia europea, coprendo in realtà molte altre parti del mondo. L'interpretazione che ne viene qui data si basa sull'attenzione espressa dallo stesso Marx: l'autore del "Capitale" era affascinato dal lungo processo di costruzione degli Stati moderni e del sistema statale europeo, uno dei prerequisiti fondamentali dell'ascesa del capitalismo moderno in Europa.

Marx viene considerato il (co-)fondatore della cosiddetta "concezione materialista della storia"; ma egli non ha mai usato il termine «materialismo storico». È impossibile delineare una simile "teoria della storia" - o, per essere più precisi, una teoria del "processo storico mondiale" - senza uno studio dettagliato della storia, senza una conoscenza precisa dell'immensa, caotica massa dei "fatti", dei documenti, di ogni genere di materiali perduti e poi riscoperti, delle tradizioni, dei testi (e quindi che sono già delle interpretazioni) della storia scritta.

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geopolitica

Introduzione a "In cammino, verso una nuova epoca"

di Gianni Petrosillo

LIBRO1. Questo saggio di Gianfranco La Grassa si divide in due scritti che possono essere letti uno indipendentemente dall’altro. Tuttavia, gli elaborati in questione non sono slegati tra loro, anzi, costituiscono un solo corpo che sta insieme logicamente, in quanto la parte teorica iniziale è la chiave analitica per comprendere quella storica successiva.

La teoria, nella speculazione lagrassiana, costituisce il faro che illumina gli eventi, penetrando nella profondità degli stessi, oltre le apparenze e le ricostruzioni comunemente accettate. Dunque, benché egli non sia uno storico di professione, riesce ugualmente a fornire un’interpretazione originale degli avvenimenti sociali del secolo scorso (e di quelli più recenti), con un taglio di visuale particolare, ignoto ai professionisti della storiografia, ormai meri banalizzatori del passato, ad uso dei gruppi dominanti del tempo presente.

L’opera lagrassiana percorre la strada di un doppio revisionismo, teorico e storico, contrario alle vulgate in auge (i “revisionismi” ufficiali presentati come sola versione autorizzata degli accadimenti), che gli costa, ovviamente, isolamento intellettuale ed esclusione dai canali editoriali più potenti. In primo luogo, è bene precisare, come il Nostro afferma nel libro, che «la teoria è il massimo livello della pratica giacché serve in definitiva a guidare l’agire degli esseri umani», nelle loro iniziative intellettuali e sociali. Ma la teoria serve anche a setacciare nella Storia quelle concatenazioni evenemenziali, quei rapporti conflittuali tra soggetti “assoggettati” alle dinamiche oggettive, innervanti la società, che svelano meglio l’indirizzo di un’epoca e i suoi risvolti, visibili e meno visibili.

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sinistra

Note sul rapporto base-sovrastrutture-prassi

di Eros Barone

1871 03 18 communeMolte cose sa la volpe,
Ma una sola e grande il riccio.

Archiloco1

In queste note mi propongo di individuare la radice teorica di molteplici divergenze politico-ideologiche, il cui punto cruciale è costituito da altrettante concezioni dell’insieme base-sovrastrutture-prassi. Cercherò pertanto di definire congiuntamente i tratti distintivi della base, delle sovrastrutture e della prassi, nonché il loro rapporto secondo un “verso”.

Marx ed Engels hanno distinto, nell’àmbito di ogni società concreta, la base, incardinata sul binomio forze produttive-rapporti di produzione, dalle sovrastrutture (Stato, diritto, politica, filosofia, arte, religione ecc.) e dalla prassi, a sua volta articolata in un ventaglio di pratiche sociali,2 correlative ai diversi livelli della base e delle sovrastrutture (pratica giuridica, politica, economica, religiosa ecc.); inoltre, Marx ed Engels hanno definito tra questi tre livelli della società connessioni specifiche, ossia un “verso”, tali da consentire di cogliere sul piano teorico le dinamiche di essa società.

Sostanzialmente, tali connessioni consistono nel ruolo di determinazione in ultima istanza giocato dalla base nei confronti degli altri due livelli (sovrastrutture e prassi), nella funzione di ritorno (o feed-back), svolta dalla prassi e dalle sovrastrutture sulla base, e nell’azione di rivoluzionamento sia sulla base sia sulle sovrastrutture, che è capace di esercitare una pratica, differente da tutte le altre: la pratica politica di classe.

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materialismostorico

Note sulla nozione di “dialettica” in Lenin

di Matteo Giangrande* 

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2017 licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

Luca della robbia platone e aristoteleIl 12 marzo 1922 la rivista di filosofia “Pod znamenem marxizma” pubblica un articolo di Lenin, divenuto poi celebre, su Il significato del materialismo militante. È un testo volto a delineare una strategia di battaglia e di resistenza culturale alla pervasività dell’ideologia borghese e che contemplava, tra l’altro, anche la pianificazione di un lavoro collettivo di studio delle applicazioni della dialettica hegeliana interpretata dal punto di vista materialistico. È interessante rileggere per esteso le raccomandazioni del rivoluzionario bolscevico perché, a nostro avviso, rappresentano l’introduzione più stimolante ad uno scritto che tematizza specificatamente la nozione di dialettica nei testi di Lenin:

«In mancanza di una base filosofica solida non vi sono scienze naturali né materialismo che possano resistere all’invadenza delle idee borghesi e alla rinascita della concezione borghese del mondo. Per sostenere questa lotta e condurla a buon fine lo studioso di scienze naturali deve essere un materialista moderno, un sostenitore cosciente del materialismo rappresentato da Marx, vale a dire che deve essere un materialista dialettico. Per raggiungere questo obiettivo i collaboratori della rivista “Pod znamenem marxizma” debbono organizzare uno studio sistematico della dialettica di Hegel dal punto di vista materialista, vale a dire della dialettica che Marx ha applicato praticamente nel suo Capitale e nei suoi scritti storici e politici con un successo tale che oggi, ogni giorno, il risveglio di nuove classi alla vita e alla lotta in Oriente (Giappone, India, Cina), – vale a dire il risveglio di centinaia di milioni di esseri umani che formano la maggioranza della popolazione del globo e che per la loro inattività e il loro sonno storico hanno condizionato finora il ristagno e la decomposizione in molti Stati avanzati dell’Europa, – il risveglio alla vita di nuovi popoli e nuove classi conferma sempre più il marxismo.

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intrasformazione

Crollerà o non crollerà?

di Gianni Rigamonti

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Non proprio da che mondo è mondo, però da che Il capitale è Il capitale, si è sempre discusso se in Marx ci sia o no una teoria del crollo inevitabile del capitalismo. Personalmente sono sempre stato per il no fin dai tempi della mia lettura integrale del Librone, più di quarant’anni fa; ma qui bisogna precisare, innanzitutto, a che cosa mi sento di rispondere “No”. Infatti se riflettiamo su una domanda come “In Marx c’è una teoria del crollo inevitabile del capitalismo?” vediamo subito che va divisa in due, abbastanza diverse:

A) Marx credeva nel crollo inevitabile del capitalismo?

B) Si può desumere dal testo del Capitale che il capitalismo inevitabilmente crollerà?

Sebbene io non legga nemmeno il pensiero dei vivi, figuriamoci quello dei morti, non vedo come non si possa rispondere affermativamente ad A. Tutto quello che sappiamo di Marx va univocamente in direzione del “Sì”. Ma per B le cose sono completamente diverse, e in questa noticina sosterrò che il testo invocato da buona parte degli interpreti per sostenere che Marx dimostra questa faccenda del crollo inevitabile non la dimostra affatto.

Piccola chiosa prima di andare avanti: questo è un problema di cui si discute, come ho già accennato, da quando (1895) grazie alle fatiche di Engels leggiamo tutti e tre i volumi del Capitale, ma fa un effetto un po’ strano riprenderlo oggi che in Europa (non in Asia, e io non so di autori che abbiano cercato seriamente di spiegarsi questa differenza) sono stati i regimi “socialisti” a crollare1. Sono convinto tuttavia – e qui cercherò di mostrare – che la questione conservi un notevole interesse.