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antropocene

Engels e il secondo fondamento del marxismo

di John Bellamy Foster

MR giu23Nella pagina iniziale di The Return of Nature, ho fatto riferimento al «secondo fondamento» del pensiero socialista in questi termini:

«Per la teoria socialista come per l'analisi liberale – e per la scienza e la cultura occidentali in generale – la nozione di conquista della natura e di esenzione dell'uomo dalle leggi naturali è stata per secoli un tropo importante, che riflette l'alienazione sistematica della natura.

La società e la natura sono state spesso trattate dualisticamente come due regni completamente distinti, giustificando l’espropriazione della natura e, con essa, lo sfruttamento della più ampia popolazione umana. Tuttavia, diversi pensatori di sinistra, molti dei quali appartenenti all'ambito delle scienze naturali, le quali costituiscono una sorta di secondo fondamento del pensiero critico, e altri nelle arti, si sono ribellati a questa concezione ristretta del progresso umano, generando una più ampia dialettica dell'ecologia e un materialismo più profondo che ha messo in discussione le depredazioni ambientali e sociali della società capitalistica».[1]

Le origini e lo sviluppo di questo secondo fondamento del pensiero critico nella filosofia materialista e nelle scienze naturali e il modo in cui esso ha influenzato lo sviluppo del socialismo e dell'ecologia costituiscono la storia centrale raccontata in The Return of Nature. La sfida iniziale di un'analisi di questo tipo è stata quella di spiegare come il materialismo storico, nella concezione dominante del XX secolo in Occidente, sia stato inteso come strettamente confinato alle scienze sociali e umane, dove era avulso da qualsiasi autentica dialettica materialista, in quanto tagliato fuori dalla scienza naturale e dal mondo fisico-naturale nel suo complesso.

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contropiano2

ChatGPT, valore e conoscenza. Un approccio marxista

di Guglielmo Carchedi

chatgpt ABBGFUGR87G37GFG3gadgw377rg763g6In un commento al post di Michael Roberts sull’intelligenza artificiale (IA) e le nuove macchine per l’apprendimento del linguaggio (LLM), l’autore e commentatore Jack Rasmus ha sollevato alcune domande, che mi sono sentito in dovere di riprendere.

Jack ha detto: “l’analisi di Marx sulle macchine e il suo punto di vista secondo cui le macchine sono un valore del lavoro condensato che viene trasferito nella merce quando si deprezza, si applicano completamente alle macchine basate su software AI che hanno la capacità crescente di auto-mantenersi e aggiornare il proprio codice senza l’intervento del lavoro umano – cioè di non deprezzarsi?“

La mia risposta alla legittima domanda di Jack presuppone lo sviluppo di un’epistemologia marxista (una teoria della conoscenza), un’area di ricerca che è rimasta relativamente inesplorata e poco sviluppata.

A mio avviso, una delle caratteristiche principali di un approccio marxista è la distinzione tra “produzione oggettiva” (la produzione di cose oggettive) e “produzione mentale” (la produzione di conoscenza).

La cosa più importante è che la conoscenza deve essere vista come materiale, non come “immateriale”, né come un riflesso della realtà materiale. Questo ci permette di distinguere tra mezzi di produzione (MP) oggettivi e MP mentali; entrambi sono materiali.

Marx si è concentrato principalmente, ma non esclusivamente, sui primi. Ciononostante, nelle sue opere ci sono molti spunti su come dovremmo intendere la conoscenza.

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maggiofil

Solo una divagazione? Dal “dono” di Mauss al Codice di Hammurabi. Cronache marXZiane n. 11

di Giorgio Gattei

Senza titolongvb1. Insomma, sul pianeta Marx, questo inedito corpo astronomico comparso nel cielo dell’economia politica sul finire del XVIII secolo, si producono sia grano che tulipani e la loro contemporanea presenza ne modifica in maniera indelebile il paesaggio. Ma dettagliamo: mentre il grano è “merce-base” (secondo la nomenclatura introdotta da Piero Sraffa) perché serve alla produzione di ogni altra merce essendo l’alimento dei lavoratori impegnati nelle loro produzioni, il tulipano è invece “merce non-base” dato che non vi partecipa (a che serve un tulipano se non a rimirarlo?) e che noi considereremo, facendo nostra una esagerazione sraffiana, che non entri nemmeno nella produzione di se stesso, così da «non trovarsi fra i mezzi di produzione di nessuna industria». E a questo proposito Sraffa ha fatto il caso, in una corrispondenza privata, degli elefanti bianchi, mentre in Viaggio di merci per merci pubblicato nel 1960 ha indicato le uova di struzzo e i cavalli da corsa (cfr. H. D. Kurz, Neri Salvadori, White elephants and other non-basic commodities: Piero Sraffa and Krishna Bharadwaj on the role and significance of the distinction between basics and non-basics, “The Indian Economic Journal”, June 3, 2021). Però a me è piaciuto prendere il tulipano a tipo ideale di “merce non base”, anche perché nel XVII secolo in Olanda è stato fatto oggetto della prima speculazione finanziaria della storia moderna (vedi l’immagine ch ho posti in apertura: Il trionfo di Flora/Tulipano di Hendrik Pot, circa 1640). E a chi venisse da sorridere su simili esempi strampalati, basterebbe ricordargli che anche gli armamenti sono “merci non base” e che un carro armato non serve alla produzione di alcunché, men che meno di se stesso, eppure lo si produce e fa danni.

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lanatra di vaucan

Alcuni punti essenziali della critica del valore

di Anselm Jappe

Pubblichiamo qui, nella traduzione di Afshin Kaveh, l’appendice presente a chiusura del libro La société autophage di Anselm Jappe, éd. La Découverte, 2017, ancora inedito in Italia

la societe autophage e1685899043548Il sistema capitalista è entrato in una grave crisi. Quest’ultima non è soltanto ciclica, ma finale: non nel senso di un crollo imminente ma come disintegrazione di un sistema plurisecolare. Non è la profezia di un evento futuro, ma la constatazione di un processo divenuto visibile agli inizi degli anni Settanta e le cui radici risalgono all’origine stessa del capitalismo.

Non assistiamo al passaggio a un altro regime d’accumulazione (come nel caso del fordismo), né all’avvento di nuove tecnologie (come nel caso dell’automobile), né a un trasferimento del centro di gravità verso altre regioni del mondo, ma all’esaurimento della fonte stessa del capitalismo: la trasformazione del lavoro vivo in valore.

Le categorie fondamentali del capitalismo, quelle che Karl Marx ha analizzato nella sua critica dell’economia politica, sono il lavoro astratto e il valore, la merce e il denaro, che si riassumono nel concetto di “feticismo della merce”.

Una critica morale, fondata sulla denuncia dell’“avidità”, non coglierebbe il punto essenziale.

Non si tratta di essere marxisti o postmarxisti, o d’interpretare l’opera di Marx o completarla con altri apporti teorici. Piuttosto, si deve ammettere la differenza tra il Marx “essoterico” e il Marx “esoterico”, tra il nucleo concettuale e lo sviluppo storico, tra l’essenza e il fenomeno. Marx non è “superato”, come dicono i critici borghesi. Anche se manteniamo innanzitutto la critica dell’economia politica, e al suo interno soprattutto la teoria del valore e del lavoro astratto, essa costituisce sempre il contributo più importante per comprendere il mondo in cui noi viviamo.

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antropocene

I quaderni ecologici di Marx

di Kohei Saito

MR mag23Karl Marx è stato a lungo criticato per il suo cosiddetto “prometeismo” ecologico, per la sua eccessiva attenzione riservata alla produzione industriale, indipendentemente dai limiti naturali. Questo punto di vista, sostenuto anche da alcuni marxisti, come Ted Benton e Michael Löwy, è diventato sempre più difficile da accettare dopo una serie di analisi attente e stimolanti degli aspetti ecologici del pensiero di Marx, elaborate sulle pagine della «Monthly Review» e altrove.

Il dibattito sul prometeismo non è una mera questione filologica quanto fortemente pratica, poiché il capitalismo affronta crisi ambientali su scala globale, senza soluzioni concrete. Qualsiasi soluzione del genere potrà provenire probabilmente dai vari movimenti ecologisti emergenti in tutto il mondo, alcuni dei quali mettono esplicitamente in discussione il modo di produzione capitalistico. Ora più che mai, quindi, la riscoperta di un'ecologia marxiana è di grande importanza per lo sviluppo di nuove forme di strategia di Sinistra e di lotta contro il capitalismo mondiale.

Eppure non c'è un accordo univoco nella Sinistra sulla misura in cui la critica di Marx può fornire una base teorica per queste nuove lotte ecologiche. Gli «ecosocialisti della prima generazione», secondo la classificazione di John Bellamy Foster, come André Gorz, James O'Connor e Alain Lipietz, riconoscono in una certa misura i contributi di Marx riguardo alle questioni ecologiche, ma allo stesso tempo sostengono che le sue analisi del XIX secolo sono troppo incomplete e datate per essere di reale attualità. Al contrario, gli «ecosocialisti della seconda generazione», come Foster e Paul Burkett, sottolineano il significato metodologico contemporaneo della critica ecologica di Marx al capitalismo, fondata sulle sue teorie del valore e della reificazione.[1]

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rizomatica

Pensiero e umanità

di M. Parretti

Fumetto VecchioLibraio 11A metà del 1800, Marx ritenne che fossero maturi i tempi per sostituire la filosofia con la scienza, anche nella conoscenza del pensiero umano giungendo alla geniale formulazione del paradigma del materialismo storico. Al tempo stesso formulò il criterio per distinguere la filosofia da quella che d’ora in avanti sarebbe stata la scienza, e lo identificò con la capacità di cambiare consapevolmente la realtà.

La sintesi marxiana fu dunque che la politica, cioè l’attività umana che cambia le stesse relazioni sociali, dovesse d’ora in poi basarsi sulla “scientificità”, cioè fare i conti con i cambiamenti sociali, che l’umanità avrebbe potuto realmente produrre, in relazione al livello effettivo di produttività raggiunto e non sulla “ideologia” dell’antropos di se stesso, cioè sulla “utopia”. Per questo sostenne l’idea di un comunismo “scientifico”, contrapposto a quello “utopistico” di quelli che ritenevano che gli esseri umani fossero capaci, per natura, di cooperare tra loro.

L’opera di Giovanni Mazzetti rivela gli elementi comuni delle analisi economiche di Marx e di Keynes, entrambe basate sulla produttività e, al tempo stesso, riprende il paradigma del materialismo storico, ne ridefinisce con precisione i contorni evidenziando la simultaneità tra i processi di “formazione delle (nuove) relazioni sociali produttive e riproduttive” e la “autodeterminazione del pensiero”. Con questa operazione culturale, Mazzetti riporta lo storicismo dall’ambito filosofico a quello scientifico e lo ripropone come chiave dell’analisi dello sviluppo della civiltà umana.

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cumpanis

La funzione dialettica del “Manifesto del Partito Comunista” nel processo storico

di Giannetto Edoardo (Nanni) Marcenaro

IMMAGINE PER HOME ARTICOLO MARCENARO«La lotta contro la frantumazione della classe operaia è al tempo stesso la lotta contro il pregiudizio nazionale o razziale» (Losurdo, Introduzione, “Manifesto del Partito Comunista”, p. XXIV)

1. Introduzione

Il 175° anniversario della pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista cade in un’epoca nella quale lo sviluppo del processo storico, da una parte, ha dimostrato come – a dispetto dei trionfali proclami dei liberali all’indomani del dissolvimento dell’Unione Sovietica – il socialismo e l’ideologia Marxista-leninista siano ben vivi e abbiano acquisito più forza e ricchezza di quanta mai ne avessero creata prima, soprattutto nella Repubblica Popolare della Cina, e dall’altra parte, invece, ha segnato in Occidente l’inizio di una profonda crisi di credibilità, diffusione, e radicamento nelle popolazioni dei vari Stati europei, per quegli stessi movimento e pensiero.

Gli ultimi trent’anni hanno visto un ridimensionamento, non distante da una completa cancellazione dal panorama politico nell’Occidente capitalistico, delle formazioni comuniste o socialiste la cui influenza sulla società e sulle culture nazionali, nonostante il continuo deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro, si è sempre più ridotta, sotto l’attacco costante e sistematico del revisionismo storico e delle incessanti ondate contrarie dei prodotti culturali di massa.

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lanatra di vaucan

Il Manifesto invisibile di Marx

di Alastair Hemmens

ManifestePubblichiamo la prefazione di Alastair Hemmens all’ultima edizione francese del Manifesto contro il lavoro, nella traduzione di Afshin Kaveh. Il Manifesto contro il lavoro è un testo partorito dal Gruppo Krisis ed uscito in Germania la prima volta nel 1999. In seguito è stato ripubblicato in quel paese altre tre volte, l’ultima nel 2019 in occasione del ventennale della prima pubblicazione (è possibile leggere la postfazione di Norbert Trenkle a questa edizione qui).

Tradotto in molte lingue (fra cui appunto quella francese), questo testo uscì in Italia nel 2003 per i tipi di DeriveApprodi. Anche nel nostro paese è in gestazione la sua ripubblicazione, arricchita con altri testi. La nuova edizione apparirà con ogni probabilità entro l’anno, quindi anche in questo caso in occasione del ventennale, però dell’edizione italiana.

Il Manifesto contro il lavoro è da sempre un testo con fortune alterne: amato, odiato, vilipeso o venerato, sembra sfugga le mezze misure. La sua importanza, tuttavia, sia dal punto di vista concettuale che come “provocazione” a fronte delle miserie della sinistra mondiale attuale, non può essere misconosciuta. Lo prova, sia pure indirettamente, l’impatto che ha avuto e sta avendo in Francia, per esempio in occasione degli scioperi in corso in risposta al progetto di aumento dell'età’ pensionabile da parte del governo Macron, scioperi che spesso si sono trasformati in vere e proprie manifestazioni contro il lavoro. Persino un ex-ministro come Luc Ferry si è scomodato, in un paio di articoli apparsi su Le Figaro, ad esprimere un parere un po’ preoccupato sui contenuti del Manifesto e sulla loro diffusione, indicando peraltro alcuni dei “responsabili” di questo “misfatto” (tra cui proprio Alastair Hemmens, l’autore dello scritto che qui presentiamo).

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machina

Karl Marx e l'inchiesta operaia. Storia, ricezione e prospettive politiche

di Clark McAllister

0e99dc 9ce319ccb914445d8719432080c23a04mv2Pubblichiamo la trascrizione riveduta dall’autore, Clark McAllister, della relazione tenuta in occasione della presentazione del suo volume Karl Marx’s Workers’ Inquiry. International History, Reception, and Responses, Notes from Below, London 2022 a Bologna (gennaio 2023). In questo testo, McAllister ricostruisce l’immediata ricezione dell’Enquête ouvrière pubblicata da Karl Marx nel 1880, sulla rivista «La Revue Socialiste». La maggioranza degli studiosi ritiene che il progetto politico dell’inchiesta operaia si fosse rivelato un completo fallimento derubricandolo, così, ad una semplice curiosità dell’ultimo Marx. McAllister, falsificando questa lettura tendenziosa, dimostra la fortuna della proposta politica dell’inchiesta all’indomani della sua pubblicazione. La presentazione del testo, organizzata dal centro di ricerca «Officine della formazione», ha interrogato l’inchiesta marxiana tentando di attualizzarne le prospettive. Il testo si può scaricare gratuitamente al seguente indirizzo: https://notesfrombelow.org/issue/karl-marxs-workers-inquiry.

* * * *

Oggi, il capitale imperversa in una tremenda crisi che getta le nostre vite e il nostro futuro in un'incertezza sempre maggiore. Chi detiene il potere scarica gli effetti della crisi sulle spalle dei lavoratori, su chi già sopporta il peso e la fatica del lavoro. Nel Regno Unito, ad esempio, il governo sta cercando di fare passare una legge che criminalizza le azioni di sciopero. Questa è la risposta alle lotte della classe lavoratrice e alla ripresa esplosiva, nell’ultimo anno, del conflitto contro i padroni e contro il governo.

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machina

Suzanne De Brunhoff, Karl Marx e il dibattito sulla moneta

di Andrea Fumagalli

0e99dc fba40afff97a4a49918b884405660ffamv2Nell'articolo che pubblichiamo oggi, Andrea Fumagalli fa un ritratto di Suzanne de Brunhoff. Nel ricostruire l'importanza e l'originalità del suo pensiero, Andrea Fumagalli ripercorre il dibattito sulla moneta che l'economista francese ebbe con il gruppo di lavoro sulla moneta di Primo Maggio.

* * * *

1. Suzanne De Brunhoff e Marx

Suzanne De Brunhoff è stata un intellettuale engagée a tutto tondo, testimone delle varie ingiustizie che hanno caratterizzato il Novecento, contro le quali ha sempre combattuto a viso aperto. Fatto, oggi, più che raro, così presi della performatività dell’apparire.

Come scrive Riccardo Bellofiore a un anno della sua morte:

Le esperienze giovanili del nazismo e del razzismo, e poco dopo del colonialismo francese in Indocina e Algeria, ne fecero una combattente tenace per l’eguaglianza nei diritti politici e sociali [1]

In quanto donna, la sua carriera all’interno dell’università fu assai ostacolata. Dopo una laurea in Filosofia alla Sorbona, non ebbe l’aggregation, nonostante le sue qualità di ricercatrice fossero ampiamente riconosciute. Sarà solo dopo aver ottenuto un dottorato in Sociologia e in Economia, riuscì a entrare al CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique, l’equivalente più o meno del nostro CNR), dove divenne, con non poche difficoltà, direttora di ricerca.

La sua ricerca teorica si è sempre mossa all’interno del pensiero marxista. Il suo primo libro fu Capitalisme financier public, pubblicato nel 1965, con il sottotitolo Influence économique de l'État en France (1948-1958) che analizza criticamente il ruolo economico dello Stato in Francia dal 1948 al 1958.

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kriticaeconomica

Capitalismo e violenza: una tendenza irresistibile

La crisi della democrazia alla luce di Marx

di Bernardino Mustone

Karl Marx AIIl capitalismo segue delle leggi di tendenza? Esiste un paradigma teorico che, sulla base delle categorie d’analisi e della sua logica interna, permette di individuare teoricamente queste leggi? Rispondiamo a queste domande alla luce di Marx, attualizzato da Brancaccio e Fineschi

La teoria marxiana, soprattutto alla luce delle nuove interpretazioni derivanti dal contributo della MEGA² (Fineschi, 2021a1), fornisce gli strumenti concettuali e propone delle tendenze storiche del modo di produzione capitalistico (Fineschi, 2021b2).

Marx scrive nella seconda metà dell’Ottocento, quando il modo di produzione capitalistico era, per certi versi, ancora in fase embrionale. Nonostante ciò, il Moro individua tendenze e processi che risultano ancora più attuali nella realtà odierna rispetto a quando egli le teorizzò.

 

Le tendenze del capitalismo

Alcune delle tendenze che Marx individua sono:

  • la tendenza allo sviluppo delle forze produttive (o, potremmo dire, della produttività): si ha attraverso lo sviluppo della forma cooperativa del lavoro, attraverso il progresso scientifico-tecnico, attraverso la forza produttiva espressa dal lavoro combinato, eccetera. Tale impressionante sviluppo della capacità produttiva permette un miglioramento delle condizioni di vita in generale;

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intellettuale collettivo

MATERIALISMO STORICO E MATERIALISMO DIALETTICO

di Alessandro Pascale

Il testo che segue è la relazione tenuta dal sottoscritto Alessandro Pascale, responsabile nazionale Formazione del Partito Comunista, nell’ambito della scuola popolare di formazione politica Antonio Gramsci. La presentazione è stata fatta a Milano il 3 marzo 2023 presso i locali della cooperativa La Liberazione di Milano. È disponibile la registrazione video caricata sulla pagina youtube del Partito Comunista Milano (@pcmilano).1

775766 10151265586411769 893626508 o 1024x697La lotta di classe non si gioca su ricette prestabilite, né su sentieri tracciati una volta e per sempre. Bisogna però sapere, per dirla con le parole del filosofo Georges Politzer, che la lotta di classe comprende:

«a) una lotta economica; b) una lotta politica; c) una lotta ideologica.

Occorre quindi che il problema sia posto simultaneamente in questi tre campi. […] Sarà quindi colui che riuscirà a lottare su tutti questi terreni che fornirà la guida migliore al movimento. È così che un marxista comprende il problema della lotta di classe».

Tutti i grandi maestri del socialismo sono stati anche filosofi. Non stupisce insomma che tuttora gli Stati borghesi non la lascino insegnare solo nei licei, in ossequio al modello gentiliano per cui la filosofia debba essere studiata solo dai futuri gruppi dirigenti borghesi, mentre invece alle classi lavoratrici basta una spolverata di teologia. Alla borghesia serve un popolo di analfabeti disfunzionali, non certo un esercito di lavoratori coscienti dei propri diritti e della propria condizione di lavoratori salariati soggetti ad un ordine padronale. Nel controllo ideologico delle masse sta una delle armi più potenti dell’egemonia culturale dell’imperialismo, che passa dalla conquista degli intellettuali. Di qui la necessità di tornare a studiare la filosofia.

 

LA NECESSITÀ DI TORNARE A STUDIARE LA FILOSOFIA

«Come la filosofia trova nel proletariato le sue armi materiali, così il proletariato trova nella filosofia le sue armi intellettuali […]. L’emancipazione pratica […] non è possibile se non nell’ambito di quella teoria che proclama l’uomo la più alta essenza dell’uomo.

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carmilla

Marx e la narrazione storica tra necessità e contingenza

di Fabio Ciabatti

George Garcia-Quesada, Karl Marx, Historian of Social Times and Spaces, Haymarket Books, Chicago 2022, pp. 190, € 27,42

Cover Garcia QuesadaBrancaccio, Giammetti e Lucarelli nel loro recente testo La guerra capitalista “si sforzano di indicare nel movimento costante del Capitale verso la sua centralizzazione il motore di ogni guerra imperialista”. Così sintetizza Sandro Moiso su Carmilla nella sua recensione (qui) che si chiude con alcune domande suscitate dalla lettura del libro: “quanto l’imperialismo occidentale e statunitense riuscirà ancora a centralizzare a proprio vantaggio il capitale mondiale? E, soprattutto, avrà davvero ancora la forza militare per farlo, come ai tempi delle cannoniere e delle operazioni di polizia internazionale?” Per rispondere a questioni di tale portata l’analisi econometrica portata avanti dai tre autori è senza dubbio necessaria. Ma si può anche affermare che sia sufficiente? L’economista Roberto Romano, in un’altra recensione, dà una risposta negativa. Pur apprezzando l’analisi dei tre autori citati sulla centralizzazione, Romano sostiene la superiorità della concreta analisi storica quando si devono spiegare dinamiche complesse che non sono riconducibili ad una mera analisi economico-quantitativa, ma devono tenere conto di livelli differenti come la politica, la politica economica, la geopolitica e la geografia economica (qui). Menziono questa discussione senza voler entrare nel merito, ma solo per richiamare l’attenzione sul fatto che alcuni nodi teorici, da sempre al centro della riflessione storica di ispirazione marxiana (e non solo), non rappresentano meri arzigogoli intellettuali. Essi, infatti, riemergono con forza quando si cerca di comprendere questioni di estrema attualità e drammaticità come quelle legate alla guerra in corso. In estrema sintesi, che rapporto c’è tra la necessità strutturale e la contingenza storica, tra le strutture sociali e l’agency, tra la macrostoria e la microstoria?

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gyorgylukacs

Il concetto lukacsiano di dialettica

di István Mészáros

[Da Lukács. Maestro di pensiero critico, a c. di A. Infranca e R. Mapelli, Edizioni PuntoRosso, Milano 2022. Il saggio, pubblicato in inglese nel 1971, venne tradotto in italiano in forma più breve in G. Oldrini, Lukács negli scritti di…, Isedi, Milano 1979. I curatori della versione che qui si presenta hanno inserito nel testo a stampa dei segni grafici per indicare le nuove parti tradotte, che qui però sono state eliminate per comodità di lettura. Sono stati corretti diversi refusi e, lì dove la traduzione non era chiara, sono state suggerite delle possibili traduzioni alternative, poste in parentesi quadre, seguite da un punto interrogativo. Nota dei curatori del sito]

kiuhgrewsdPrefazione

Poco dopo aver terminato la sua Estetica, Lukács diede inizio alla realizzazione di un progetto di lungo termine: scrivere un’Etica sistematica, che sarebbe la sintesi di tutte le sue opere. Produsse un abbozzo senza difficoltà e, in una lettera scritta a Budapest, datata 10 maggio 1962, rivelò la struttura generale dell’opera, esplicitando anche quale sarebbe stato il titolo: Die Stelle der Ethik im System menschlichen Aktivitäten (Il luogo dell’etica nel sistema delle attività umane). Due mesi dopo, nel frattempo, si lamentava che la sua Etica avanzava «molto lentamente. Si è rivelato necessario per me, scrivere prima una grande parte introduttoria sull’ontologia dell’essere sociale e anche questa introduzione avanza molto lentamente» (Budapest, 13 gennaio 1964).

Questa “parte introduttoria” finì per diventare un’opera gigantesca, di circa duemila pagine, intitolata Per un’ontologia dell’essere sociale. Questa, a sua volta, obbligò Lukács a scrivere i Prolegomeni per un’ontologia dell’essere sociale – opera alla quale tentava di dare i ritocchi finali, quando morì il 4 giugno 1971. Così, Lukács non riuscì a realizzare quello che, forse, era stato il progetto che gli era più caro: l’elaborazione dei principi fondamentali di un’etica marxista. Intanto, tutta la discussione futura riguardo all’Ontologia dell’essere sociale di Lukács, non deve disconoscere il fatto che l’opera fosse stata concepita come parte integrante del suo impegno ad esplicitare il quadro referenziale etico proprio delle relazioni umane socialiste.

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marxdialectical

Marx e Hegel

di Roberto Fineschi

Conferenza al Ghislieri, dicembre 2018

marx e hegelTrascrizione leggermente rivista della relazione dal medesimo titolo presentata al convegno internazionale “Marx e la tradizione filosofica” organizzato in occasione del bicentenario della nascita di Karl Marx presso l’Università di Pavia, Dipartimento di Studi Umanistici – Sezione di Filosofia, dal Consorzio di Dottorato in Filosofia Nord-Ovest (FINO) e dal Collegio Ghislieri (Pavia, 13-14 dicembre 2018).

 

§1

Ringrazio innanzitutto per il gradito invito. È per me un vero piacere essere presente in questa conferenza, sia per il tema che per un risvolto personale: il mio maestro Alessandro Mazzone fu allievo del Ghislieri e, poiché il rapporto Marx-Hegel era uno dei temi a lui più cari, essere qui a parlarne un po', confesso, mi emoziona.

L’argomento che mi è stato assegnato è ovviamente molto, troppo complesso per essere affrontato in 40 minuti; chi ha familiarità con l'opera di Marx sa benissimo come il rapporto con Hegel attraversi tutto lo sviluppo della sua produzione scientifica e come sia stato inevitabilmente al centro di vastissimi dibattiti nella tradizione successiva; inevitabilmente non potrò che essere sommario.

Vorrei partire proprio con un accenno alla ricezione, perché chi si avvicina a questo tema attraverso la letteratura critica onestamente non può che rimanere disorientato: si è praticamente sostenuto tutto e il suo contrario.

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perunsocialismodelXXI

Il Marx "teologo" di Enrique Dussel

di Carlo Formenti

DusselArgentino di Mendoza, filosofo ed esponente di punta della Teologia della Liberazione, il quasi novantenne Enrique Dussel insegna Etica alla UNAM di Città del Messico dopo avere vagabondato fra diverse università europee (Madrid, Parigi, Friburgo) e lavorato per due anni in un kibbutz israeliano. Una parte cospicua della sua monumentale produzione intellettuale è dedicata ad una meticolosa esegesi del testo marxiano che Dussel concepisce come una sorta di teologia occulta, intrecciata con, e nascosta dietro, le argomentazioni della critica dell'economia politica, in un impasto inestricabile di analisi scientifica e giudizio etico sui mali della civiltà capitalista. Fra i testi tradotti in italiano segnalo, fra gli altri, L'ultimo Marx (Manifestolibri, Roma 2009) e Le metafore teologiche di Marx (Shibboleth, Roma 2018). L'influenza della Teologia della Liberazione in generale (1) e di Dussel in particolare sui processi rivoluzionari latinoamericani degli ultimi decenni è innegabile, al punto che, senza conoscerne alcune idee fondamentali, è difficile afferrare il senso del processo politico che in America Latina va comunemente sotto il nome di socialismo del secolo XXI, così come è difficile capire le ragioni per cui i partiti marxisti tradizionali (siano essi stalinisti, trozkisti o maoisti) non sono stati alla guida dei processi in questione. Ecco perché ritengo utile integrare l'analisi che il mio ultimo libro (2) dedica alle rivoluzioni bolivariane con questo articolo sul pensiero di Dussel. Mi occuperò qui in particolare del libro Le metafore teologiche di Marx.

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consecutiorerum

Il rapporto sociale «che si presenta in una cosa»

Legge del valore, carattere di feticcio e metodo della critica dell’economia politica: una lettura del primo capitolo del Capitale

di Federico Simoni

MAG16 INPRATICA2 Mimmo Paladino Calce1. Introduzione

Diversi studiosi marxiani hanno recentemente sostenuto che nel Capitale Marx elaborerebbe, più o meno consapevolmente, una vera e propria rivo­luzione epistemologica. Secondo Michael Heinrich, il pensatore di Treviri presenta nel primo capitolo dell’opera il concetto, del tutto originale, di “forma [sociale] oggettuale di una cosa”, rapporto sociale “che si presenta (darstellt) in una cosa”1 . Tale concetto innerverebbe sia la sua teoria del va­lore sia quella del feticismo delle merci, entrambe presentate in tale capitolo. Esso non è in effetti altro che il valore delle merci:

La forza-lavoro umana allo stato fluido, ovvero il lavoro umano, costituisce va­lore, ma non è valore. Esso diventa valore allo stato coagulato, in forma oggettuale [gegenstandlicher Form ]. Per esprimere il valore della tela come gelatina di lavoro uma­no, esso deve essere espresso come una ‘oggettualità’ [ Gegenstandlichkeit] che sia dis­tinguibile, cosalmente [dinglich], dalla tela stessa e che, allo stesso tempo, sia ad essa in comune con altre merci2.

Per Tommaso Redolfi Riva, in Marx “il carattere di feticcio che assume la socializzazione del lavoro nel modo di produzione capitalistico, il suo carattere oggettuale, è l’origine del feticismo nell’economia politica”3. Il nesso sociale tra produttori privati si trova, in questo “valore”, per così dire tradotto in forma di rapporto di cose. Il valore non rappresenta perciò una qualità dei prodotti come tali (in sé indipendente da questa forma deter­minata, socialmente e storicamente, dello scambio). Esso è però parimen­ti forma oggettuale, ovvero compare necessariamente in forme e rapporti di cose, dei prodotti del lavoro, in virtù diretta di tale nesso. Questo per Marx diviene ed opera realmente come un’oggettualità di fronte ai soggetti sociali stessi che lo attuano, predeterminando la forma della loro “azione sociale”4.

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lanatra di vaucan

La duplice devalorizzazione del valore. Verso la crisi storica del denaro

di Robert Kurz

Pubblichiamo la traduzione di Samuele Cerea del cap.XVII di Geld ohne Wert, ultimo libro pubblicato in vita da Robert Kurz, preceduta da una breve introduzione del traduttore

GOW 17 2048x1536L’ultimo saggio ultimato da Robert Kurz, Geld ohne Wert, rappresenta un tentativo ambizioso di rinnovare la critica dell’economia politica di Marx in una prospettiva eterodossa di superamento rispetto all’originaria esposizione de Il Capitale. Il capitolo XVII del testo si focalizza sulla crisi del denaro come aspetto specifico della crisi generale della valorizzazione capitalistica.

A cosa serve il denaro? Come è noto, per la teoria economica si tratta di uno strumento indispensabile in una società che si fonda su di un regime generalizzato di transazioni economiche. Secondo i manuali di economia il denaro funziona da mezzo di pagamento, unità di conto e misura e riserva del valore. In cosa consiste però il valore del denaro? Cosa si intende dire quando si afferma che esso ha un valore? Rappresenta effettivamente il valore in senso sostanziale, oggettivato? Oppure il valore del denaro si esaurisce semplicemente nella sua funzione di mediazione tra diversi beni nella sfera del mercato, soggetta alla legge della domanda e dell’offerta, sotto la garanzia dello Stato?

Nell’argomentazione di Kurz la mediazione di un denaro simbolico, privo di valore, può avere senso solo in una società fatta di produttori indipendenti che si limitano a scambiarsi vicendevolmente beni materiali in una nicchia di mercato. Ma con l’avvento della società capitalistica questa relazione si inverte: sono i beni materiali ad essere un termine medio in seno ad un movimento che mira ad incrementare una certa quantità di denaro iniziale. In questo senso il denaro diviene qui l’alfa e l’omega del processo produttivo (di valore). Di conseguenza esso non è più un semplice mediatore ma si converte nello scopo dell’intero processo sociale. Come afferma Kurz ne Il Capitale-mondo “l’economicizzazione del mondo equivale alla sostanzializzazione del denaro”.

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materialismostorico 

L’economia politica fra scienza e ideologia. Terza parte

di Ascanio Bernardeschi

1159f95dad2c700aebdcc3993541e6d0 XL1. La critica radicale di Sraffa al marginalismo

La funzione di produzione Q=f(L,K>) implica la conoscenza delle quantità di L, K e Q (lavoro, “capitale” e prodotto). Se si può supporre che tutti i lavori siano riducibili a lavoro generico e misurabili in tempo di lavoro e che sia possibile una misurazione in termini fisici del prodotto (ove si escluda la produzione congiunta) sorge il problema di misurare il capitale, che è composto da merci eterogenee. Ciò nonostante questa fun­zione fa ancora da padrona nell’accademia, ove si sorvola anche sulla cir­costanza che il problema di una misurazione rigorosa del capitale era già stato affrontato da Ricardo, sia pure in modo insoddisfacente, attraverso la finzione della produzione di grano a mezzo di grano. Lo stesso pro­blema, come abbiamo fuggevolmente riferito nel nostro precedente arti­colo1, era stato segnalato da Keynes, per quanto quest'ultimo non ne ab­bia tratto la conclusione di una rottura con il paradigma marginalista. L'argomento diventerà invece cruciale nel contributo di Piero Sraffa.

Italiano e antifascista, dopo avere svolto l'incarico di direttore dell'Uf­ficio del lavoro di Milano, vinse nel 1926 il concorso come professore ordinario presso l’Università di Cagliari. Tuttavia, l’anno seguente, dopo la carcerazione di Gramsci e dopo le minacce di cui fu oggetto egli stesso, dovette recarsi in Inghilterra, a Cambridge, chiamato proprio da Keynes, che lo aveva conosciuto in un precedente soggiorno dell'economista ita­liano in Inghilterra e che gli trovò l'occupazione come bibliotecario della Marshall library. Lì rimase fino al 1983, anno della sua morte. A Cam­bridge accettò, su invito di Keynes, di tenere dei corsi all’Università sulla teoria del valore e sui sistemi finanziari italiano e tedesco.

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antropocene

La critica di Marx all'umanesimo illuminista: una prospettiva ecologica rivoluzionaria

di John Bellamy Foster

2021 02 12 Mario LupoÈ difficile negare che Karl Marx sia stato il principale critico rivoluzionario dell'umanesimo illuminista del XIX secolo. Nessun altro pensatore ha sviluppato una critica dell'Uomo astratto ed egoista dell'Illuminismo in così tanti ambiti – religione, filosofia, Stato, diritto, economia politica, storia, antropologia, natura/ecologia – né ha rivelato così a fondo la sua brutale ipocrisia.

Ma l'opposizione di Marx all'umanesimo illuminista può anche essere vista come un superamento di ogni altra analisi critica fino ai giorni nostri nel suo carattere distintivo di critica dialettica e storica. La sua risposta all'umanesimo borghese non consisteva in una semplice negazione unilaterale, come nella nozione althusseriana di una rottura epistemologica tra il primo Marx e il Marx maturo. Il suo approccio è stato invece più radicale e ha trasformato la sostanza del suo originario approccio umanista e naturalista in un materialismo evoluto.[1] Il risultato fu un simultaneo approfondimento della sua ontologia materialista, che ora assumeva un'enfasi definita e corporea, incentrata sulle condizioni della sussistenza dell’uomo, e la sua estensione all'ambito storico sotto forma di materialismo pratico.

L'analisi di Marx è stata quindi unica nell'offrire una sintesi superiore che prevedesse la riconciliazione tra umanesimo e naturalismo, umanità e natura. Piuttosto che fermarsi a una mera antitesi (come nella maggior parte delle concezioni “post” contemporanee), l'oggetto era il superamento delle condizioni materiali del modo di produzione capitalistico che avevano fatto dell'umanesimo illuminista la forma paradigmatica del pensiero borghese.

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antiper

Manipolazioni di Marx

di Antiper

Critica dell’introduzione di Marco Santoro (Giochi di potere. Pierre Bourdieu e il linguaggio del “capitale”) a Pierre Bourdieu, Forme di capitale, Armando editore, 2015

bourdieu marxCi è capitato solo di recente di leggere l’Introduzione che Marco Santoro, noto studioso del sociologo francese Pierre Bourdieu, ebbe a scrivere qualche anno fa per la pubblicazione di Forme di capitale [1].

Dato l’argomento del testo Santoro non può esimersi dal trattare della relazione tra il concetto di capitale in Bourdieu e il concetto di capitale in Marx, ma lo fa in modo da presentare sistematicamente la distanza, il distacco, la critica, la superiorità… di Bourdieu nei confronti di Marx

“molto distante però sia dal marxismo che dalla teoria economica” “[la] teoria economica (inclusa quella di orientamento marxista) concepisce un’unica specie o forma di capitale – il capitale economico” “uno dei capisaldi della visione sociologica di Bourdieu, strumento di rottura rispetto a qualunque visione economicista della società inclusa quella marxista con il suo primato accordato alla sfera economica e in particolare alla produzione di merci” “avvicinando Bourdieu a Weber piuttosto che a Marx” “sostanziale revisione del concetto così come questo era stato incorporato nella teoria economica (inclusa quella marxiana)” “distanza di questa definizione da quella che regge l’impianto analitico marxiano e le sue derivazioni” “prendeva le distanze dal marxismo ortodosso, il cui economicismo e panmaterialismo il sociologo ed etnologo Bourdieu non ha mai nascosto di considerare fuorvianti e inadeguati” “colpire il riduzionismo economicista di cui il marxismo è accusabile almeno quanto la teoria economica” [2]

Niente di particolarmente sorprendente; nelle università italiane si fa carriera trattando Marx come un appestato o almeno presentandone una versione “decaffeinata” e politicamente corretta.

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ilcovile

Marx e la Gemeinwesen

Prefazione a Urtext

di Jacques Camatte

marx twoÈ nel Frammento del testo originario (Ur­text, 1858) e nei Grundrisse, opere in­compiute o abbozzi di Marx, che si tro­vano piú possibili, che il sistema è aperto.1 È un momento di legame essen­ziale con le opere dette «filosofi­che», giovanili. Non che Marx abbia successi­va­mente abbandonato ogni con­tatto con la filosofia, tut­t’altro. Il Libro primo del Capitale è pienamente com­pren­sibile solo se si conosce almeno ciò che Aristotele ha scritto nella sua Meta­fisica a proposito della forma e della materia, e la logica di Hegel. In non po­che pagine del Capi­tale si ha inoltre un’innega­bile eco spinozia­na. Nell’Urtext è ad un Hegel giovane che Marx si collega, un Hegel che gli era sconosciuto, quello che s’interrogò a fondo sulla Gemeinw­esen, in particola­re quella greca; e al di là di Hegel, Marx si collega sotterranea­mente a una quantità di uomini come Gioac­chino da Fiore, Niccolò da Cusa ecc.2

Autonomizzazione del valore di scam­bio, comunità, rap­porto Stato-equivalente genera­le, definizione del capitale come valore in pro­cesso, tali sono i punti essen­ziali affrontati nell’Ur­text. Non gli sono esclusivi, perché li si ritrovano nei Grundrisse e nel Capitale. Tutta­via in questo testo lo studio è piú sintetico e i diver­si argomenti sono affrontati simultanea­mente; ed essi sono rilevanti, soprattutto per ciò che riguarda l’autonomizzazione e la co­munità. Nel Libro primo del Ca­pitale invece l’esposizione è piú analitica.

Nel complesso, per quanto riguarda la co­munità, Marx fa, nelle opere pubblicate men­tre era in vita, il seguente ra­gionamento: la di­struzione della vecchia comunità a causa del­l’au­tonomizzazione del valore di scambio, di­struzione che permette pure l’autonomizzazio­ne dei diversi elementi costi­tutivi (individuo, politica, religione, Stato), costituisce il punto di partenza di un ampio movimen­to, del quale profitta la borghesia per svilupparsi.

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marxdialectical

Concetti hegeliani e materialismo storico. Il contributo di Alessandro Mazzone

di Roberto Fineschi

Introduzione a Alessandro Mazzone, Per una teoria del conflitto. Concetti hegeliani e materialismo storico, La Città del Sole, 2022

Copertina MazzoneIn occasione del decennale della morte di Alessandro Mazzone, tra alcuni ex-studenti (i “mazzoniani” di un tempo) è nata l’idea di ricordarne la figura e l’importante contributo teorico. Con l’adesione delle figlie è stata fondata un’associazione culturale dal nome “Laboratorio critico” con sede a Siena, città in cui Mazzone ha insegnato per molti anni concludendovi la propria carriera accademica; essa ha tra i suoi obiettivi la valorizzazione del suo lascito teorico e librario.

L’associazione, come suo primo atto concreto, ha deciso di promuovere la pubblicazione di una raccolta di scritti che abbracciano l’ultimo periodo del suo impegno teorico (1999-2012). È stata questa sicuramente una fase delicata della sua vita, segnata da problemi di salute, dalla fine dell’attività universitaria, quindi potenzialmente complessa anche intellettualmente.

Pur tra varie difficoltà egli è riuscito a delineare una serie di nodi problematici che, in qualche modo, davano una dimensione teorico-politica più accessibile alla sua sofisticata teoresi degli anni precedenti. Questa dimensione più “popolare” – nel senso più nobile del termine – rimane ancora di grande attualità e offre importanti strumenti per comprendere la realtà contemporanea.

Un contatto importante di questa fase fu quello instaurato con la Rete dei Comunisti, alla quale Mazzone non ha mai aderito formalmente ma con la quale ha a lungo dialogato partecipando a conferenze e pubblicazioni da essa promosse; è dunque sembrato giusto coinvolgere questa organizzazione nel progetto editoriale. L’auspicio è che questi scritti possano contribuire alla ripresa di un dibattito teorico-politico di più alto livello, con possibili ricadute pratiche.

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antropocene

Il ritorno della "Dialettica della Natura": la lotta per la libertà come necessità

di John Bellamy Foster

MR dic22aÈ una premessa fondamentale del marxismo quella per cui, quando cambiano le condizioni materiali, cambiano pure le nostre idee sul mondo in cui viviamo.

Ai nostri giorni assistiamo a una vasta trasformazione nel rapporto tra la società umana e il mondo fisico-naturale cui essa appartiene; il che è evidente nella comparsa di quella che nella storia geologica è oggi indicata come epoca antropocenica, durante la quale l’umanità è divenuta la principale forza nella trasformazione del Sistema-Terra. Una «frattura antropogenica» nei cicli biogeochimici terrestri – frattura che deriva dal sistema capitalistico – minaccia ora di distruggere la Terra in quanto casa sicura per l’umanità e per le innumerevoli specie che ci vivono, in un arco di tempo non di secoli, ma di decenni.[1] Tutto questo richiede per forza di cose una concezione più dialettica del rapporto tra l’umanità e quello che Karl Marx chiamava «metabolismo universale della natura».[2] Oggi il punto non è soltanto capire il mondo, ma cambiarlo prima che sia troppo tardi.

Dal momento che, fin dalla sua concezione alla metà del diciannovesimo secolo, il marxismo è stato la base primaria della critica alla società capitalistica, ci si aspetterebbe che fosse all'avanguardia nella critica ecologica al capitalismo. Ma se si può dire che i materialisti storici e i socialisti più in generale abbiano svolto un ruolo preminente e formativo nello sviluppo della critica ecologica – specialmente in seno alle scienze –, i contributi fondamentali dell’ecologia socialista, soprattutto in Gran Bretagna, hanno preso piede al di fuori delle principali tendenze che avrebbero definito il marxismo del ventesimo secolo nel suo insieme.

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jacobin

Il capitalismo si infiltra nelle nostre vite quotidiane

Daniel Denvir intervista Nancy Fraser

L'analisi della produzione limitata al posto di lavoro è utile ma non sufficiente: in questa lunga intervista Nancy Fraser spiega come lo sfruttamento si estenda all'intero spettro delle relazioni sociali e ambientali

base web 2 1536x560Molte generazioni di marxisti hanno versato fiumi di inchiostro per approfondire le basi teoriche poste da Marx nella sua potente critica sociale. Le femministe in particolare si sono concentrate sull’analisi del lavoro domestico, scolastico e sanitario, che nella maggior parte dei casi stenta a essere riconosciuto come tale. Ma senza il lavoro necessario per crescere, educare e guarire le persone – che le marxiste femministe hanno chiamato «lavoro di cura» – i lavoratori e le lavoratrici non possono sopravvivere, e dunque nemmeno il capitalismo stesso. Questa teoria cancella il tradizionale confine tra casa e posto di lavoro e svela l’esigenza di un esame più dettagliato sulla pervasività del capitalismo, che va oltre il piano economico in senso stretto.

Nancy Fraser, critica teorica marxista, è nota per i suoi interventi marxisti e femministi sulla riproduzione sociale. Il libro di Fraser, Capitalismo. Una conversazione con Rahel Jaeggi (Meltemi, 2019), estende l’analisi originale della riproduzione sociale agli altri punti critici del capitalismo. Fraser dimostra come sia necessario, per esaminare il capitalismo nella sua totalità, che il marxismo superi la propria visione strettamente economica. La sua posizione rifiuta le divisioni nette, non solo tra casa e lavoro ma anche tra economia, politica e ambiente, e tra il regime liberale del lavoro e l’espropriazione violenta nelle periferie neocoloniali.

Nancy Fraser è stata intervistata da Daniel Denvir – conduttore del podcast di Jacobin The Dig – per parlare del libro che ha scritto con Jaeggi, della crisi della riproduzione sociale del capitalismo e della responsabilità socialista nell’offrire un’alternativa.