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sovranitapopolare

L’Italia ha mandato all’aria la più grande riforma strutturale degli ultimi 40 anni

Il fallimento delle politiche di Giorgetti

di Davide Gionco

iphJbFn3N8U4WN7flmH7MH0qAz87BewjKpfZH9asDa quando esiste l’Unione Europea non fa che ricordarci, un giorno sì e l’altro pure, di attuare le famose “riforme strutturali”. Come “riforme strutturali” sarebbero intesi degli investimenti oculati che consentano di mettere insieme l’equilibrio di bilancio pubblico e la realizzazione di interventi che portino a dei vantaggi economici permanenti per il paese.

Dopo di che la stessa Unione Europea, da sempre, propone e impone (si noti il numero di raccomandazioni ai vari paesi dal 2011 al 2018) delle “riforme” che hanno dimostrato di non sortire questi risultati, come privatizzazioni e tagli dei servizi pubblici, della sanità, del sistema pensionistico. Queste riforme in realtà ingrassano gli incassi degli investitori finanziari che operano in questi settori, sistematicamente a spese dei cittadini, che si ritrovano con servizi di peggiore qualità e più costosi.

È purtroppo noto che a Bruxelles operano 12’500 lobbisti registrati ufficialmente, più molti altri che operano in modo non ufficiale. Oltre a questi ci sono quelli che operano a Francoforte, sede della BCER. Tutti questi lobbisti operano con lo scopo di portare vantaggi all’organizzazione che rappresentano, mentre evidentemente i cittadini non dispongono di lobbisti che rappresentino i loro interessi.

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economiaepolitica

Augusto Graziani sul Mezzogiorno a nove anni dalla morte

di Guglielmo Forges Davanzati

Immagine Graziani1 – Sono passati nove anni dalla morte di Augusto Graziani[1]. Siamo in piena discussione pubblica e politica sull’autonomia differenziata e può essere interessante, per ricordarlo, utilizzare le sue categorie di analisi per comprendere gli effetti di questo progetto e il Mezzogiorno nel 2023. In questa nota, mi prefiggo di (i) avanzare una mia interpretazione del pensiero di Graziani sullo sviluppo dell’economia del Mezzogiorno, a partire da alcune sue considerazioni in materia; (ii) proporre una razionalizzazione – nella parte conclusiva – delle teorie di Graziani sull’argomento.

Si parta innanzitutto da una duplice constatazione.

  1. Il sottosviluppo meridionale è stato accentuato dalla riduzione dei trasferimenti pubblici nelle aree meno sviluppate dei Paese. L’Agenzia di coesione territoriale calcola che sulla spesa pubblica complessiva italiana – pari a 1.202,4 miliardi nel 2020 – al Centro-Nord sono stati destinati 20.088 per ogni residente, mentre al Sud sono stati assegnati 15.703. Banca d’Italia calcola un risultato peggiore per il Sud (12.979 contro 11.836). Gli investimenti fissi lordi nel Mezzogiorno sono passati dal 17,5% del 1998 al 15,4% del 2013, in corrispondenza con lo scoppio della crisi dei debiti sovrani, l’avvio delle politiche di austerità e il blocco del turnover nel pubblico impiego.
  2. Come ha messo in evidenza SVIMEZ, esiste una evidente contraddizione fra il progetto dell’autonomia differenziata e il PNRR. Il PNRR si propone, infatti, come obiettivo fondamentale, la riduzione degli squilibri regionali in Italia, da realizzarsi attraverso interventi per la crescita delle regioni meridionali. Non vi è dubbio sul fatto che il regionalismo della Destra sottrae risorse al Sud: lo fa mediante l’attribuzione alle Regioni di più poteri, senza LEP, senza LEA e senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, ovvero con la spesa storica.

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sbilanciamoci

Il nodo politico dell’inflazione

di Claudio Gnesutta, Matteo Lucchese

Di fronte all’inflazione italiana, le politiche monetarie restrittive sono inadeguate, le questioni chiave sono il conflitto distributivo prodotto dall’aumento dei prezzi, le possibili politiche dei redditi, gli spazi per una politica che metta al centro la difesa dei redditi reali

inflazione 0 1140x600Dalla seconda metà del 2021 l’economia italiana, come le altre economie occidentali, è stata colpita da un grave shock inflazionistico, partito dall’aumento dei prezzi dell’energia importata. Le tensioni che sono state messe in moto hanno effetti profondi – nel breve come nel medio periodo – sull’economia del Paese. Per comprenderne la portata e gli effetti occorre guardare ai fenomeni inflativi come processi di riaggiustamento (economico e sociale) in seguito ad uno shock dovuto all’improvviso trasferimento di reddito reale dall’interno all’estero, che si esaurisce quando l’assetto distribuivo (e produttivo) interno risulta socialmente “accettabile” nelle nuove condizioni interne e internazionali.

 

I termini della questione.

Lo shock inflazionistico che stiamo osservando origina dall’esterno del sistema economico nazionale – è dovuto essenzialmente all’aumento dei prezzi dei beni energetici importati, e solo in seconda battuta, di quelli alimentari (i dati sull’inflazione sono presentati nell’articolo di Giuseppe Simone e Mario Pianta https://sbilanciamoci.info/inflazione-e-salari-i-dati-e-le-politiche/). Si tratta cioè di uno shock che ha inizialmente aumentato i costi di produzione delle imprese, lasciando immutato il livello dei redditi interni. Sul piano macroeconomico, l’aumento del prezzo dei beni energetici implica – a parità di energia importata – un trasferimento netto di reddito reale dai paesi che subiscono l’aumento a quelli che forniscono la materia prima; un flusso di trasferimenti che si ripete fin tanto che dura la maggiore dipendenza del paese da tali importazioni.

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eticaeconomia

Le cause economiche della guerra

di Riccardo Zolea

Riccardo Zolea ragiona sulle cause economiche della guerra in Ucraina, prendendo spunto da un recente libro di Brancaccio, Giammetti e Lucarelli. Zolea focalizza l’attenzione sulla concentrazione dei capitali ed il conseguente conflitto tra capitali nazionali dei Paesi debitori (USA) e creditori (Cina e Russia) e rileva che il contrasto tra capitalismi nazionali ricorda il periodo precedente la Prima Guerra Mondiale. Studiare le cause economiche profonde di quel conflitto può essere utile per la costruzione della pace

9788829010554 0 536 0 75«Voi uomini l’avete distrutta! Maledetti, maledetti per l’eternità, tutti!»

In molte facoltà di economia a marzo 2022, con l’inizio dei corsi del secondo semestre, è stato probabilmente domandato ai docenti quali sarebbero state le conseguenze economiche dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Forse qualche studente ha chiesto anche quali fossero le cause del conflitto. Infatti, come insegna, tra gli altri, Keynes, le guerre scoppiano spesso per motivi economici (si pensi al celebre Le conseguenze economiche della pace, del 1919). Le risposte a questa domanda non sono facili e, soprattutto, il dibattito pubblico e anche accademico non ha fornito spiegazioni articolate e convincenti – e magari anche semplici quanto occorre per risultare comprensibili a studenti dei primi anni di economia – delle ragioni di fondo per le quali è esplosa questa guerra.

Un passo avanti in questa direzione si può fare grazie a un libro di recente pubblicazione: La guerra capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista di E. Brancaccio, R. Giammetti e S: Lucarelli S. (2022). Il libro, infatti, pur toccando temi complessi in maniera rigorosa, è di facile assimilazione e può essere comprensibile anche per coloro che s’interessano alle questioni economiche senza lunghi e complessi studi pregressi.

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megasalex

Il “sottobosco” del Potere

Paolo Becchi, Fabio Conditi ed un articolo che ci lascia perplessi!

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Acquisisci schermata Web 16 12 2022 7567 www.bing .com Cosa sia il “Potere” che gestisce le nostre vite ormai lo sappiamo bene, visto che oltre a portarne i segni sulla nostra pelle, lo analizziamo ogni giorno fino dentro le sue più nascoste sfumature. Invece, quello di cui ancora parliamo poco e del quale sarebbe invece propedeutico prenderne coscienza al più presto, è tutto quel “sottobosco” di informazione più o meno indipendente, che coscientemente o non, rappresenta “l’humus” vitale di cui il Potere stesso si nutre per portare avanti il proprio progetto di dominio sui popoli.

Sto parlando di tutti coloro che in buona fede o meno o per mancanza di conoscenza, presentano a chi li ascolta, i malefici e mortali funghi “amanita phalloides” come pregiati ovoli.

Se vi ricordate, pochi giorni fa, in un mio articolo, ho posto la vostra attenzione su quanto fosse distorto e fuori dalla realtà il messaggio che il ministro Giancarlo Giorgetti, faceva passare in merito al fatto che gli italiani non investissero i loro risparmi nei titoli del nostro debito pubblico, mostrando per questo tutto il suo disappunto, che all’evidenza dei fatti non trova la ben che minima giustificazione.

La maggioranza dei cittadini e delle famiglie italiane, non investe nei Btp, non per snobismo o mancanza di attrattiva, ma per il semplice motivo che non dispongono più di quel risparmio essenziale per farlo. Ed i dati lo dimostrano chiaramente, visto che la percentuale di coloro che lo fanno è ormai consolidata, da oltre due decadi, sul 5% o poco più.

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economiaepolitica

I Diavoli: dalla Realtà, alla Fiction, alla Teoria Economica

di Biagio Bossone

39657842Si dice che i mercati abbiano un modo sicuro per prevedere il futuro: farlo accadere. Fare accadere il futuro è opera dei Diavoli, come l’autore di bestseller di successo Guido Maria Brera ha chiamato coloro che, dietro le quinte, tirano le fila della finanza internazionale e scatenano le forze invisibili che guidano l’economia mondiale – appunto i mercati. Brera ne ha scritto per i lettori di romanzi e ne ha lanciato l’immagine per gli appassionati delle serie TV, rappresentando il grado d’influenza che la finanza globale esercita sulla vita di persone e paesi.

Avendo ammirato la trasposizione dei Diavoli dalla realtà alla fiction letteraria e cinematografica, ho ritenuto utile porre il medesimo soggetto al centro della teoria economica e finanziaria per vedere come cambia l’allocazione internazionale del capitale, e con quali conseguenze, quando sono i Diavoli a pilotarla.

Avevo iniziato a farlo col mio primo lavoro sulla Portfolio theory of inflation and policy (in)effectiveness, che ho successivamente illustrato in un contributo più di natura divulgativa e che ho ripreso nel lavoro appena pubblicato nel quale ho corretto gli errori della prima versione e ho sviluppato altri importanti aspetti della teoria. In questi lavori, non compare ovviamente il nome “Diavoli”, avendo usato in suo luogo quello meno accattivante ma accademicamente più accettabile di “Investitori globali”, specificamente definiti. Nel prosieguo di quest’articolo, che esporrà i tratti essenziali del mio lavoro, prenderò a prestito la felice invenzione di Brera e parlerò dunque di Teoria dei Diavoli.

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sinistra

La New Recession e l’affaire Ucraina

di Antonio Pagliarone

ccf9ffc1f5a86d3aa6f2f09a6ed49bff968d6277La tradizione di tutte le generazioni passate pesa come un incubo sul cervello dei vivi.(Marx Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte)

Attualmente anche i media e gli osservatori mainstream hanno smesso di esaltare la probabile ripresa economica dopo le condizioni catastrofiche provocate dal terrore per il Covid. Purtroppo viviamo in un epoca costellata da eventi spettacolari che hanno ridotto la gente comune ad essere terrorizzata da qualsiasi fenomeno: dal terrorismo islamico alla pandemia, dai cambiamenti climatici catastrofici alla guerra nucleare. Ora si è aggiunto lo spauracchio dell’inflazione.

 

Inflazione

E’ da tempo che i media e gli osservatori più comuni puntano il dito sull’ aumento eccezionale dei prezzi che ha portato a livelli di inflazione mai visti negli ultimi decenni. Inoltre la tanto decantata crescita poderosa, inevitabile dopo la pandemia, decantata dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Fed, dalla BCE e da economisti dai facili entusiasmi, si è sgonfiata a tal punto che si paventa una New Recession.

A parte il problema della guerra in Ucraina che vedremo in seguito, possiamo notare dal grafico 1 che l’andamento oscillante dell’inflazione osservabile nell’ultimo decennio, registrato per gli USA e per l’Europa, è stato interrotto da un’impennata che inizia verso la fine del 2020 ben prima della guerra in Ucraina ed in piena pandemia1.

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coniarerivolta

Legge di bilancio: il Governo dichiara guerra ai poveri

di coniarerivolta

ausmdIl disegno di legge di bilancio (DDL Bilancio) approvato dal Consiglio dei Ministri è un atto di importanza fondamentale, perché consente di vedere oltre la nebbia dei primi provvedimenti di bandiera del Governo (dai rave alle ONG) e di riconoscere l’impronta politica dell’esecutivo Meloni: un’impronta in tutto e per tutto identica a quella dei precedenti governi che da oltre trent’anni, da destra, da sinistra o dallo scranno dei tecnici hanno condotto un progressivo smantellamento dello stato sociale ed un attacco ai lavoratori, ai loro diritti e ai loro salari, che sta trasformando la povertà, la precarietà e la disoccupazione in elementi strutturali della vita della maggior parte dei cittadini italiani.

Vi è una perfetta armonia tra le misure di bandiera varate nelle prime settimane dal Governo, misure minori solo per chi non le subisce sulla propria pelle, e il DDL Bilancio appena approvato. La guerra agli ultimi, ai poveri, ai deboli viene ostentata nell’ambito delle politiche migratorie perché condotta a largo del Mediterraneo, lontano dalle nostre case e dai luoghi di lavoro, sulla pelle degli stranieri, o spettacolarizzata nella lotta senza quartiere ai rave disegnata ad arte per reprimere ogni forma di dissenso sociale. Eppure, quella stessa guerra di classe è la cifra della manovra finanziaria varata dal Governo, è il contenuto politico dei numeri che emergono dal principale strumento di politica economica in mano all’esecutivo. La Legge di Bilancio porta l’attacco dentro le nostre case, nei nostri luoghi di lavoro.

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crs

L’inflazione e i tassi di interesse: un’impasse che riguarda tutti

di Vincenzo Comito

Più volte le banche centrali hanno sbagliato previsioni circa il tasso di inflazione e le politiche adottate per abbatterlo non stanno funzionando. Ma davvero, per farlo, bisogna passare per una recessione?

man g84c698b9b 1920 1536x1024Nel testo che segue affrontiamo soltanto alcuni aspetti di un tema molto complesso, quello dell’aumento recente dei tassi di inflazione in Occidente e delle politiche portate avanti dalle banche centrali, in primis dalla Bce, nonché dai vari governi, per combattere il fenomeno. Molti gli interrogativi che restano senza risposte adeguate.

 

Gli errori di valutazione delle banche centrali

Sul fronte dei prezzi i dati recenti non spingono certo all’entusiasmo: nel settembre del 2022 nell’area euro il tasso di inflazione su base annua ha raggiunto il 9,9%, in rialzo rispetto al 9,1% di agosto e al 3,4% del settembre 2021; nell’ottobre poi esso è salito al 10,7% contro il 4,1% dell’ottobre 2021. Come è noto, era da diverse decine di anni che non si registravano cifre simili. Al momento, si prevede che l’aumento dei prezzi al consumo rimarrà al di sopra del target della Bce del 2,0% fino al 2024; per tale anno le previsioni dell’Unione Europea stimano comunque, secondo noi molto ottimisticamente, un tasso di inflazione al 2,6%.

Negli Stati Uniti, intanto, il dato del settembre 2022 è ancora all’8,2%, di nuovo fissando il record degli ultimi quaranta anni, anche se i dati di ottobre sembrano permettere qualche sospiro di lieve sollievo, con la registrazione di un valore del 7,7%.

Ricordiamo comunque, incidentalmente, che c’è un’area del mondo, la Cina, dove miracolosamente il tasso di inflazione si colloca attualmente al 2,1%, dato su base annua dell’ottobre 2022.

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lafionda

Nuove dinamiche del ciclo economico

di Fabrizio Russo

crisi economicaDoveva essere un non-evento, per così dire, “irrilevante”. A conferma di una “New Cycle Dynamics”, il “mini budget” del governo Truss ha invece scatenato un caos assoluto sui mercati, e non solo obbligazionari: fondi pensione che esplodono, operazioni di salvataggio di emergenza della banca centrale, instabilità del mercato globale. Il Segretario al Tesoro del Regno Unito è stato sacrificato dopo soli 38 giorni, un intero governo si è trovato in bilico a solo poche settimane dalla sua nascita per finire poi miseramente – il Governo più breve nella storia dell’Inghilterra – il 21 ottobre u.s. Un bell’exploit, non c’è che dire!

Venerdì 14 u.s. il Financial Times titolava: “Gilt sugli scudi ma gli investitori affermano che l’inversione a U del Governo Truss non è stata sufficiente a rassicurare ed invertire il tono di fondo del mercato”. “Liz Truss può sopravvivere come Primo Ministro del Regno Unito?”; “L’austerità chiama mentre Truss cerca di ripristinare la reputazione della Gran Bretagna tra gli investitori” (istituzionali, aggiungerei). E “La debacle del Regno Unito mostra che la banca centrale ‘Tough Love’ è qui per restare”.

Viene in mente il monito di Boris Johnson che, al momento del suo commiato, si è speso in un sibillino: “Arrivederci!” ….. nel senso che la Truss sarebbe durata poco? Lo sospettavo ma adesso ormai sono la maggioranza a crederlo … purtroppo i problemi non scompariranno con la designazione di un nuovo Esecutivo, nella fattispecie quello del neo incaricato Rishi Sunak, mentre il ritorno di Boris – pur paventato – sarebbe certamente stato un pessimo segnale di disperazione.

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lafionda

Salario minimo, reddito minimo ed equo compenso

Come sanare la piaga del lavoro povero in tre mosse

di Giuseppe D'Elia

WhatsApp Image 2021 05 01 at 12.13.07Dopo la pandemia, la guerra. Dopo anni di inerzia politica, sulle strategie necessarie per mitigare gli effetti del cambiamento climatico in atto, la crisi energetica. Quest’ultima, innescata da meri fattori geopolitici, fin qui ha presentato tratti marcatamente speculativi piuttosto che una effettiva e irrimediabile scarsità delle fonti di approvvigionamento. Proprio per questo, le soluzioni proposte – sempre all’insegna dello scaricabarile colpevolizzante – sono davvero difficili da metabolizzare. Ancora una volta, insomma, ci troviamo ad affrontare sfide epocali, con la trita e ritrita retorica emergenziale che richiede ulteriori sacrifici ai comuni cittadini, con la sola prospettiva di un continuo peggioramento della qualità della vita delle masse, mentre le sacche minoritarie di privilegio consolidato continuano a sprecare l’equivalente dei consumi standard di migliaia di persone.

Questa ennesima emergenza, in realtà, si innesta sullo sfondo di una stagnazione salariale che, nel nostro Paese, si stratifica da decenni per precise scelte ideologiche. La precarizzazione dei rapporti di lavoro, esplosa a inizio millennio, ha amplificato una tendenza che era già in atto da diversi anni. Attualmente, in Italia il rapporto a tempo indeterminato rappresenta meno di un quinto (18,8%) delle nuove assunzioni. Correlativamente, è il contratto a termine la nuova forma di lavoro dominante: circa due nuovi posti di lavoro su tre sono a tempo determinato (64,8%). In ogni caso, se per ogni 100 nuove assunzioni, ben 81 di queste corrispondono a forme contrattuali che non sono minimamente stabili, è del tutto evidente che siamo in presenza di un altro enorme problema, accanto a quello storico dello squilibrio tra occasioni di lavoro effettivamente disponibili e reale consistenza numerica delle persone che hanno bisogno di lavorare per vivere.

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liberiamolitalia

La finanza e il mercato dell'energia

di Raffaele Picarelli

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

caro bollettePremessa

L’articolo che segue vorrebbe dare una risposta (o cercare di farlo) ad alcune domande che sorgono spontanee in ordine alle ragioni dell’andamento fuori controllo del mercato dell’energia europeo, che si traduce, per la stragrande maggioranza delle popolazioni, in aumenti sproporzionati delle bollette energetiche (gas e luce) e, quindi, in un cospicuo immiserimento delle loro condizioni di vita.

Come è possibile che una materia prima come il gas naturale, che ha un costo di produzione per le aziende produttrici da 2 a 5 euro per megawattora (MWh), arrivi a raggiungere sul mercato un prezzo da 40 a 80 volte tanto?

I prezzi del gas, da oltre sei settimane, si sono stabilizzati oltre 200 euro a MWh, fino a toccare punte di 340. Ci si potrebbe chiedere: il fenomeno è dovuto a un aumento reale della domanda e/o a una riduzione reale dell’offerta? Di questo sono certi i molti commentatori economici e politici che affollano i talk show e scrivono sui giornali.

Ma come è possibile questo se la domanda industriale di gas è calata di oltre il 9% tra la seconda metà del 2021 e la prima del 2022, e se la riduzione dell’offerta russa causata dalle sanzioni occidentali sarebbe compensata, come dicono, da offerte di gas di altra provenienza?

Per “considerazione del rischio geopolitico”, dichiara solennemente Francesco Starace, amministratore delegato di Enel (Il Sole – 24 Ore del 4 settembre).

Per la guerra in Ucraina, blaterano maldestramente i tanti sicofanti di mainstream.

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lafionda

Flat tax: rubare ai poveri per ingrassare i ricchi

di Aristoteles

cc82115ab56c82abdaf7389be895c03b XLVorremmo sottoporre ai lettori alcune riflessioni a partire da un piccolo “caso di studio”: il tema elettorale della Flat Tax. Ma il nucleo vero del nostro ragionamento è più ampio – dare qualche spunto su come affrontare questo ed altri temi da sinistra. Per inciso: non iniziamo a discutere se esistono ancora destra e sinistra prima di aver finito l’articolo, per favore.

A metà articolo troverete una cesura, che separa radicalmente due prospettive: laddove infatti la disamina dettagliata di una politica è un momento necessario per capire se rigettarla, non è detto che questo approccio analitico sia poi il modo migliore di contrastarla. In questa seconda sezione faremo pertanto qualche riflessione su come combattere politiche ingiuste ed indigeste.

Sia chiaro: non vogliamo dire la parola definitiva sulla Flat tax; men che meno risolvere i (tanti) problemi della sinistra in questo banale articoletto. Non abbiamo le “istruzioni per l’uso”, sebbene questa sia la forma che provocatoriamente abbiamo adottato. Non vogliamo insegnare niente a nessuno. Vorremmo discutere – assieme – qualche spunto, eclettico, di riflessione.

 

Atto primo

Come affrontare un tema, dal punto di vista analitico, passo dopo passo.

1. Definire concettualmente l’oggetto

Cosa vuol dire Flat Tax, nelle sue accezioni? Essenzialmente, per Forza Italia e Lega, un’aliquota unica per tutti coloro che sono soggetti a imposizione fiscale (cittadini e imprese), che stanno al di sopra di una “no tax area”. Ad esempio, si può decidere che sopra gli 8 o i 12mila euro di reddito annuo, si applichi una aliquota fissa del 23% su quanto supera questa soglia (proposta di Forza Italia).

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Il ritorno di Paul Volcker

di Paul Mattick, Jr

54ce30c08b7f02fbc827207dc393b6bf XLAbbiamo tradotto questo interessante articolo di Paul Mattick da Brooklyn Rail che ha il pregio di chiarire la direzione verso cui sta correndo la politica economica americana ed occidentale in generale (gli echi nel nostro paese sono chiari nelle dichiarazioni del Governatore della Banca d'Italia Visco sulla necessità di "evitare la spirale prezzi-salari" presa pari pari dal presidente della FED Powell). La sostanza è che sebbene la dinamica inflazionistica sia in gran parte differente da quella degli anni '70, la ricetta che sta venendo progressivamente imposta è la stessa, quella del famigerato Paul Volcker del cosiddetto "Volcker Shock". Lo scopo, senza girarci troppo intorno, è quello di un'ulteriore appropriazione delle ricchezze dall'alto attraverso l'abbassamento dei salari, il fallimento delle aziende medio-piccole e una ancora maggiore concentrazione dei capitali in poche mani. Di nuovo, l'innesco della recessione alle porte, non sta solo negli esiti della pandemia e delle guerra in Ucraina, ma nella forte tensione speculativa del capitalismo occidentale. La guerra semmai ne è in parte una conseguenza nello scacchiere geopolitico. Tra grandi concentrazioni di capitale, aumento della speculazione sui mercati, investimenti nell'industria militare e tendenze protezionistiche lo scenario somiglia insopportabilmente a quello anteriore alla Prima Guerra Mondiale, sebbene con le dovute differenze e ciò dovrebbe interrogarci seriamente, ma questa è un'altra questione, intanto buona lettura!

* * * *

Cardi B, astuta nell'interpretare la società, ha capito bene: "Quando tutti voi pensate che annunceranno che entreremo in recessione?" ha twittato il 5 giugno. Nove giorni dopo, il New York Times si è portato al passo, strombazzando in un titolo di testa a pagina 1 della sezione Business, "UN BRIVIDO CORRE ATTRAVERSO WALL STREET".

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sbilanciamoci

Che cosa preannuncia la ripresa dell’inflazione?

di Claudio Gnesutta

Da dove viene il ritorno dell’inflazione e che politiche sono possibili? Un confronto con gli anni Ottanta, sui prezzi delle materie prime, instabilità internazionale, conflitti, ristrutturazione produttiva. E sull’antica questione del contenimento dei salari

ClipboardDa un po’ di tempo serpeggia sulla stampa quotidiana, non solo su quella economica, l’apprensione per la crescita dei prezzi, dell’inflazione. La possibilità che la pressione inflattiva possa acuirsi e, radicandosi in una spirale prezzi-salari, passare «da un regime di bassa inflazione a un regime di alta inflazione» è esplicitamente considerato nel recente Rapporto annuale della Banca dei Regolamenti internazionali (BIS, No Respite, Annual Economic Report, June 2022, https://www.bis.org/about/areport/areport2022.pdf). Sono considerazioni stimolate dallo shock subito dal prezzo del gas e da quello del grano in seguito alla guerra in Ucraina. 

La tendenza all’aumento dei prezzi delle materie prime, soprattutto di quelle legate all’energia, non sembra però dipendere da motivi contingenti; essa è latente nel sistema globale da diversi anni e, oltre a interessare le granaglie (frumento, riso, soia ecc.) come ricordano le ricorrenti crisi alimentari dei paesi più poveri, riguardano molte materie prime (oltre a quelle energetiche, il rame, litio, cobalto, nickel…) la cui domanda, crescente con la crescita della produzione mondiale (e per le necessità della transizione energetica), tende a eccedere un’offerta insufficiente per i colli di bottiglia nella catena globale dell’approvvigionamento, per le sanzioni e correlate restrizioni, per l’accumulo di scorte strategiche da parte dei paesi manifatturieri. L’impatto di un costante aumento di tali prezzi sul costo dei manufatti, assieme al perdurare di una situazione di incertezza produttiva (a causa del Covid e della guerra in Ucraina), sembra consolidare una prospettiva – come ricorda il citato Rapporto – del formarsi di una situazione in cui la stagnazione produttiva convive con un’inflazione monetaria richiama alla mente quella sperimentata a livello globale negli anni Ottanta.