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Marx a Casa Pound?

Scritto da Diego Fusaro

Diego Fusaro risponde alle dure critiche a lui rivolte da Contropiano e Antiper per la partecipazione, poi ritirata, al convegno di CasaPound su Marx[n.d.r.]

Sul “Corriere della Sera” di sabato (15 febbraio, p. 29) ho spiegato che l’aver accettato da parte mia l’invito di “Casa Pound” a discutere a Roma il 21 febbraio del pensiero di Marx ha suscitato un moto d’indignazione in alcuni ambienti antifascisti. Purtroppo, le mie intenzioni di filosofo sono state fraintese in senso politico e sono stato addirittura tacciato di avere simpatie fasciste e quindi, in quanto “nemico del popolo”, condannato all’ostracismo. Ho perfino ricevuto insulti e minacce contro la mia persona e la mia incolumità. Rimbomba una caccia alle streghe di marca staliniana che pensavo fosse stata superata da un pezzo. La buona fede mi faceva sperare in un dialogo serio e pacifico, tra posizioni diverse ma animate dalla volontà di confrontarsi. Questo era lo spirito con cui avevo aderito all’iniziativa. Ma evidentemente non è la situazione opportuna per dialogare con chi la pensa diversamente. Speravo e spero sempre nel dialogo, perché rifiutarsi di dialogare significa perdere in partenza: le idee si sconfiggono con le idee.

Non sono mai stato fascista, né mai lo sarò. Socrate mi ha, però, insegnato a dialogare con tutti.

Vi immaginate Socrate che, in un ipotetico dialogo di Platone, così si rivolge al suo interlocutore: “con te non dialogo, sei fascista!”’? Con questo, non intendo certo sostenere di essere il “nuovo Socrate”, come taluni hanno malignamente sostenuto. Semplicemente, preferisco ispirarmi a lui e non a coloro i quali, per il semplice fatto che ho accettato di dialogare con “Casa Pound”, hanno proposto di risolvere il “caso Fusaro” con qualche “bastonata” (sic!), magari andando a Roma a insegnargli con mano cosa è vivo di Marx (sic!). Faccio per inciso notare ciò che in verità è già ampiamente noto: il dialogo con la destra è aperto da tempo. È merito di Massimo Cacciari averlo aperto, parecchi anni or sono. Dialogare con la destra, vuoi anche con quella più radicale, non significa certo “contagiarsi”: significa, al contrario, riportare il confronto dal piano delle bastonate di piazza a quello delle idee, dove socraticamente le idee giuste trionfano e confutano quelle false. Questo voleva essere il senso del mio intervento a “Casa Pound”: evidentemente, altri preferiscono che il confronto resti sul piano delle bastonate di piazza. E chi non accetta questa logica barbara è, per ciò stesso, etichettato come fascista in pectore, come pericoloso nemico del popolo che si presta al dialogo con il mostro…

Le idee di Marx e del comunismo come comunità di liberi e uguali sono quelle a cui non ho mai smesso di richiamarmi: le ritengo giuste e a tal punto fondate da non dover temere alcun confronto. Le mie idee restano stabilmente – lo ripeto ancora una volta – quelle legate al progetto marxiano di emancipazione del genere umano e di realizzazione di una comunità composta da individui liberi, uguali e fratelli. Ho accettato l’invito di “Casa Pound” per difendere le idee di emancipazione sociale, le stesse per cui Marx ha combattuto per tutta la vita. Misurarsi dialogicamente con chi la pensa in modo diverso, vuoi anche opposto, non vuol dire fare sodalizio o abbandonare la propria posizione. Sono e resterò sempre per il dialogo. Se si nega il dialogo, si torna al campo della violenza e delle bastonate. Io, personalmente, preferisco rimanere nel campo del dialogo. Ciascuno faccia la sua scelta.

Svolgo, ora, alcune precisazioni. Mi spiace dover dedicare tempo ed energie a simili sciocchezze, ma in fondo se il grande Marx perse un anno della sua vita per confutare l’inutile Herr Vogt… Ho accolto in buona fede l’invito rivoltomi da “Casa Pound” a parlare di Marx e dei miei studi. Come dicevo, non sono mai stato fascista, né mai lo sarò. Ho sempre avversato l’imperialismo: come potrei provare simpatie per quelle forme imperialistiche in cui si sono tradotti storicamente i fascismi? Su questo punto, non devono esserci dubbi. Provengo dalla scuola di Marx, non da quella di Hitler. E, non di meno, seguo Socrate e dialogo con tutti, sempre mantenendo la mia visione e le mie idee. Chi mi conosce, sa che ho sempre dialogato con tutti, liberisti ed europeisti, socialisti e democratici, senza per questo rinunciare alla mia visione del mondo. Mi aspettavo critiche e magari anche strumentalizzazioni: non minacce, insulti volgari e annunci di violenza e tafferugli, né tanto meno minacce ai danni della mia persona. Non accetto che il mio nome sia il casus belli per gli ennesimi patetici scontri tra fascisti e antifascisti a sessant’anni dalla fine del fascismo: scontri che, come sempre ho detto, fanno il gioco del capitale oggi trionfante. Mentre i giovani fascisti si scontrano con i giovani antifascisti, le lobby politiche e finanziarie si sfregano le mani e distruggono i diritti sociali e il diritto al futuro delle nuove generazioni; tali élites oligarchiche non possono che essere incredule di vedere le teste pensanti delle nuove generazioni – nate e cresciute sotto le insegne dell’end of history – patire in silenzio sulla loro carne viva le conseguenze scabrose del nomos dell’economia, accettare supinamente la manipolazione organizzata del consenso e le ideologie logore delle vecchie generazioni nel frattempo passate al disincantamento.

Quella dei giovani fascisti che fanno a botte coi giovani antifascisti è, del resto, una sorte analoga a quella dei quattro capponi di Renzo nei Promessi sposi, intenti a beccarsi a vicenda mentre vengono condotti al comune destino. Ebbene, con l’invito a “Casa Pound” si è aperto l’ennesimo patetico teatrino tra fascisti e antifascisti a sessant’anni dalla fine del fascismo: basti vedere la pagina del mio profilo Facebook, invasa da valanghe di messaggi di utili idioti che pongono di nuovo in essere questo ridicolo scontro in nome di ideologie morte e sepolte. Senza accorgersi che il vero fascismo (se proprio vogliamo impiegare questo termine onnicomprensivo) oggi esistente è quello del capitale e della finanza, cioè quello della violenza economica che azzera il campo di possibilità d’azione e di scelta degli uomini, soprattutto ai danni delle nuove generazioni. Come mai – occorre chiedersi – tanta foga nel combattere il fascismo passato se poi si accetta silenziosamente quello presente? Dico questo anche a beneficio dei tanti di “Casa Pound” che, dopo la mia scelta di annullare l’evento, mi hanno accusato di viltà e di mancanza di coraggio. Accuse rigorosamente su Facebook, dietro lo schermo, dove chiunque può attaccare senza sottoporsi al confronto, magari insultando dietro l’anonimato dei nomi di battaglia. Addirittura taluni si sono prodigati nel citare passaggi del mio libro sul coraggio per attaccarmi. Non so quale sia la loro idea di coraggio, sicuramente non corrisponde alla mia. Il coraggio va distinto dall’audacia e dalla spavalderia. Il coraggio implica un agire che non teme i rischi, certo, ma che è anche secondo ragione (così in Aristotele, ad esempio) e che mira a un fine buono. Non vedo ragione né fini buoni nell’andare a “Casa Pound” in questo clima, con questo patetico riemergere del conflitto tra fascisti e antifascisti. Si scontrino pure, ma non in mio nome. Non mi presto a questo teatrino volgare di filofascisti e antifascisti nel 2014 (!!!). Facciano le loro lotte contro i “compagni”, i quali a loro volta lotteranno contro i “camerata”: tutto ciò è disgustoso, perché è uno dei tanti modi per far passare sotto silenzio la contraddizione principale (il nesso di forza capitalistico) e per lavorare per il re di Prussia. Io me ne tiro fuori, né accetto che il mio nome sia usato per queste idiozie. Il coraggio non c’entra nulla. Il mio obiettivo era dialogare su Marx, che come è noto non era né fascista né antifascista, né di destra né di sinistra: era comunista e anticapitalista, che è ben altra cosa. Se non si vuol capire questo, allora davvero si rischia di non capire nulla.

Se fossi vissuto negli anni Trenta e Quaranta, sarei stato antifascista: oggi penso che il nemico contro cui lottare sia il fanatismo dell’economia e l’integralismo cieco della finanza. Se lo si vuole chiamare fascismo, allora sono antifascista oggi più che mai. Ma una simile definizione general-generica e destoricizzata del fascismo non aiuta a fare chiarezza: crea solo confusione. Perché chi oggi si proclama antifascista non riserva a banche, finanza ed élites eurocratiche lo stesso trattamento riservato a “Casa Pound”? Non sarà forse l’odierno antifascismo compulsivo l’ennesimo alibi per non prendere posizione contro il nesso di forza capitalistico? Come non capire che l’odierno antifascismo maniacale e l’anticomunismo compulsivo sono una preziosa risorsa simbolica per l’assoggettamento dell’opinione pubblica al profilo culturale del monoteismo del mercato, invisibile al cospetto del proliferare di tali opposizioni? All’idiotismo e all’accecamento ideologico non v’è limite.

L’antifascismo – il nobile valore in nome del quale si è liberata l’Italia – oggi è uno strumento in mano all’ideologia dominante, che lo impiega per dirottare la passione critica verso una contraddizione non più esistente, di modo che risulti invisibile quella realmente esistente, il nesso di forza capitalistico, la violenza economica. In questo modo, i morti per la liberazione dell’Italia vengono uccisi una seconda volta: il loro nome e le loro idee vengono impiegate dai sedicenti antifascisti odierni per lasciar essere il fascismo dell’integralismo economico, come se appunto il nemico fosse e solo l’eterno mussoliniano in camicia nera e non la violenza dell’economia e dello spread, del debito e della finanza. Il manganello oggi ha cambiato forma, ma si fa ugualmente sentire: si chiama violenza economica, taglio delle spesa pubblica, precariato, rimozione dei diritti sociali, selvagge politiche neoliberali all’insegna dello “Stato minimo”. Che senso ha, allora, spendere le proprie energie oggi contro il vecchio manganello, accettando in silenzio i colpi del secondo? Come non capire che l’ideologia dominante mira a convincerci che la violenza da combattere è sempre e solo quella del primo manganello, rispetto alla quale il secondo è pur sempre più civile e accettabile?

È merito di pensatori come Costanzo Preve e Massimo Cacciari aver aperto il dialogo anche con la destra radicale: non certo per sposarne le tesi, bensì per discuterle in maniera appassionata e rigorosa, mostrandone anche i limiti e le contraddizioni. Rinunciare aprioristicamente al dialogo significa perdere in partenza. Significa darla vinta a chi ci chiede di dialogare. In filosofia, non esistono avversari “impuri”: si dialoga con tutti. Riuscite a immaginare Socrate che, nell’agorà ateniese, invitato a dialogare da un membro di un partito politico, vuoi anche il più impresentabile, nega il confronto dicendo “con quel partito non si dialoga!”?. Non penso, ovviamente, di essere Socrate: non raggiungo queste vette di follia. Penso, però, di preferire il “modello Socrate” a quello della “caccia alle streghe” di certa sinistra che nega il dialogo. Se le idee sono vincenti, non temono il dialogo. Se le idee ci sono, si può andare ovunque a diffonderle. Negare questo significa fare concessioni al relativismo o ammettere la debolezza della propria prospettiva, incapace di reggere il confronto.

A questo proposito, rispondo rapidamente ad alcuni diffamatori. In primis, ai fini teoreti di “Contropiano.org”: i quali, sempre in nome dell’antifascismo, hanno lanciato dal loro sito la caccia alle streghe contro il sottoscritto. Dopo avermi accusato di fascismo (deducendo magicamente il mio fascismo dal fatto che dialogo con quelli di “Casa Pound”: elementare, Watson!), si prodigano volgari inviti alla violenza: “qualche cazzotto, ogni tanto, può far bene alla salute” (sic!); “fargli toccare con mano che cosa è vivo di Marx”, ecc. Che dire? Se non sapessimo che si tratta di antifascisti, verrebbe quasi da identificarli con i vecchi squadristi mussoliniani… Scrivono (in forma rigorosamente anonima) su “Contropiano”: 

“Persino Marx perse un intero anno della sua intelligenza per ‘sputtanare’ un tale che era soltanto una spia da quattro soldi (‘Herr Vogt’), per cui non era necessario alcun pensiero, ma soltanto un paio di bastonate”.

Esatto. Con la differenza che, guarda caso, Marx dedicò tempo a confutare argomentativamente Vogt, là dove i fini teoreti di “Contropiano” propongono di risolvere tutto a bastonate… Differenza non da poco, in tema di ortodossia marxista! Il modello della manipolazione è sempre lo stesso: si inventa il nuovo fascista, e dove c’è il fascista è legittimata la presenza di un nuovo Piazzale Loreto. Et voilà! Tutto ciò farebbe ridere se non facesse piangere. Ma tant’è… La mania ossessiva della ricerca del fascista a tutti i costi è ciò che caratterizza questi ambienti paranoici di certa sinistra: devono trovare il fascista per poter legittimare la loro identità di antifascisti. Senza il fascista, sarebbero delegittimati in toto: avendo essi rinunciato alla lotta contro il capitale e contro il classismo, devono mantenere la loro identità antifascista scoprendo ovunque nuovi fascisti da combattere. La scena mi ricorda irresistibilmente quella del personaggio dei cartoni animati Wile E. Coyote: cammina nel vuoto, ma soltanto quando si accorge che cammina nel vuoto incomincia a precipitare nell’abisso!

Come già aveva evidenziato il noto fascista Pasolini (cfr. Scritti corsari, Garzanti, Milano 1975, pp. 284-285), l’antifascismo archeologico in assenza di fascismo resta oggi – non meno dell’anticomunismo – una variante ideologica del pensiero neoliberale: da cui finisce per essere sempre riassorbito in modo gravitazionale nella forma della critica di tutte le dittature passate e presenti che non siano quella – anonima e silenziosa – dei mercati, legittimata per ciò stesso a sostituire le altre. Quando lo si capirà sarà troppo tardi. Quando si capirà – cosa che era perfettamente chiara al comunista Bordiga (“il più disgraziato e pernicioso prodotto del fascismo è l’antifascismo”) – che oggi l’antifascismo è una funzione ideologica del capitale trionfante? Quest’ultimo usa l’antifascismo per dirottare la passione della critica sulla contraddizione estinta (il fascismo) e per rendere invisibile quella presente, il nesso di forza capitalistico e l’osceno classismo prodotto dal fanatismo dell’economia. Prova ne è che, per il pensiero unico dominante, non si può dialogare con “Casa Pound”, ma si può invece farlo tranquillamente con Mario Monti e con Matteo Renzi! Fermo restando che per me si dialoga con tutti (al fine di confutare le idee sbagliate e far emergere quelle vere), non si capisce perché quelli che negano la possibilità di dialogo con “Casa Pound” accettino poi che si possa dialogare con i veri “fascisti del nuovo millennio”, che non sono certo i quattro gatti nostalgici del regime mussoliniano, bensì le èlites finanziarie e le multinazionali, le banche e il partito del pensiero unico.

Ovviamente, là dove questi quattro gatti impiegano la violenza e portano avanti idee razziste, devono essere fermati a norma di legge. Non ci piove. Ma il punto sta altrove, e sta nel fatto che oggi l’antifascismo diventa l’alibi per abbandonare l’anticapitalismo. Perché, ad esempio, i fini teoreti del luogocomunismo di Contropiano non hanno avuto reazioni analoghe a quelle volgari e violente che hanno ora quando andai a parlare presso il PD? “Coi fascisti non si dialoga”: questa la formula ricorrente. Formula curiosa, in cui compare quel “si” che Heidegger individuava come cifra dell’inautenticità di un mondo in cui ciascuno è gli altri e nessuno è se stesso. Ripeto: non mi importa di cosa “si” dice e di chi “si” può scegliere per dialogare; io dialogo con tutti, a destra e a sinistra, in basso e in alto. Se poi altri vogliono fare altrimenti, va benissimo. Rispetto le posizioni altrui e, là dove mi paiono sbagliate, cerco di confutarle sul piano delle idee. Ma non intendo perdere altro tempo con i fini teoreti di Contropiano. Li lascio al loro destino di acutissimi intellettuali della linea Maginot: continuino pure a combattere sul nuovo territorio con le vecchie mappe! Buona fortuna! Fermo resta, comunque, che per parte mia sono ben disposto a dialogare anche con loro, come con tutti gli altri.

Vengo poi all’accorata lettera rivoltami da “Antiper”. Una lettera articolata e densa, in cui praticamente l’autore – Marco Riformetti – mi dà la pagella e valuta il tasso di ortodossia del mio marxismo. La Santa Inquisizione dell’Ortodossia Marxista decide del grado di marxismo degli studiosi indipendenti e, di più, stabilisce con chi è lecito parlare e con chi no. Addirittura mi consiglia di pentirmi (magari recitando il catechismo leninista) prima che sia troppo tardi. Amen! Anche in questo caso, vi sarebbe da ridere se non vi fosse da piangere. Conobbi Marco Riformetti di persona: lui e il suo gruppo mi invitarono a Pietrasanta a tenere una conferenza su Marx e Bloch nel settembre 2013. La si trova anche su Youtube: le tesi che sostenni allora, trovando il plauso e l’entusiasmo di Marco e dei suoi compagni antifascisti, vengono ora da lui stesso salutate come fasciste perché… perché non le si possono esporre a “Casa Pound”. Ebbene sì, questo il sunto della raffinata argomentazione di Marco. Se dici a Pietrasanta che bisogna seguire Marx e lottare contro il capitale, sei nella linea dell’ortodossia; se dici la stessa cosa a “Casa Pound”, diventi fascista! Si tratta di una risibile variante del “pensiero magico”, che fa dipendere la verità di una tesi dalla fonte che la espone o, in questo caso, dal luogo in cui la si sostiene. In confronto, la caccia alle streghe era un fenomeno sobrio, moderato e razionale.

Tralascio gli attacchi ad personam, per carità di patria e per non infierire su Marco e sulla sua cerchia di amici toscani. Diffamazioni volgari, che offendono loro e non certo il sottoscritto. Dice Marco che da subito ebbe perplessità sul mio profilo teorico… peccato che le manifesti solo ora, in un je accuse pubblico patetico che offende solo la sua intelligenza. Si sa, dietro lo schermo del computer tutti si sentono eroi e intellettuali… In fondo – Spinoza docet – il risentimento danneggia il soggetto che ne è affetto ben più di quello a cui è indirizzato. La favola di Fedro sullo scorpione può essere, a questo proposito, rivelativa. Gente che fino a ieri mi osannava, ora mi demonizza come fascista.

Caro Marco, se ancora non hai capito che la differenza ineludibile tra chi è allievo di Marx, come il sottoscritto, e chi non lo è sta nel rapporto con l’universalismo, allora la situazione è grave. Stupidità o tradimento? Questa la domanda che ti pongo. Finché non metti a fuoco che chi, come me, persegue l’ideale universalistico dell’umanità emancipata, composta da individui liberi e uguali, non può essere assimilato alle destre (alle quali, appunto, manca sempre il timbro universalistico), allora sarà inutile discutere. E si continuerà solo a gridare, come gli idioti, “fascista! Fascista! Fascista!”. Così è: quando non si hanno argomenti, si passa agli insulti. Si delegittima l’interlocutore bollandolo come fascista. Come si dice dalle mie parti, fa fine e non impegna. La lettera che mi hai scritto è una accozzaglia di luoghi comuni e di prese di posizione contro il sospettato di eresia degne del tempo di Stalin. Gli attacchi personali, poi, sono imperdonabili e non ti fanno onore.

Caro Marco, finché non ragionerai seriamente sulla questione filosofica dell’universale, continuerai a starnazzare in eterno, senza capire alcunché del punto della questione e seguiterai a vedere fascisti ovunque. Un allievo di Marx ha come proprio obiettivo l’emancipazione del genere umano unitariamente inteso, contro il razzismo, il classismo, lo sfruttamento: tu vuoi Marx e il folle progetto eurocratico; vuoi Marx e la globalizzazione capitalistica. Come  tenere insieme queste cose? Come non capire quello che già aveva capito Bloch, ossia il fatto che il concetto di nazione non va lasciato alle destre, ma va assunto nel quadro di un processo progressivo ed emancipativo di ordine marxiano? Era fascista anche Bloch? Domandati serenamente: qual è la via, oggi, per perseguire il progetto di Marx di emancipazione universale? Non certo l’internazionalismo: esso resta il fine, ma oggi non può essere il mezzo. L’internazionalismo esistente oggi è quello dei mercati e della finanza, il piano liscio del mercato planetario che rende impossibile il conflitto nell’atto stesso con cui non fa mai incontrare sfruttati e sfruttatori, vittime e carnefici. Caro Marco, cari teoreti di Contropiano: un allievo di Marx deve pensare storicamente, e pensare storicamente significa anche avere contezza del mutare del contesto e delle costellazioni socio-politiche. L’idea di nazione può oggi essere metabolizzata nel pensiero dell’emancipazione di matrice marxiana, come via per reagire all’internazionalismo folle del mercato. Non c’è nulla di destra o di fascista in questa idea: c’è solo la volontà – contro lo spirito di Marx? – di riaprire il conflitto contro il capitale, non già per abbandonare il marxiano sogno di una cosa, bensì per inverarlo. Ma non si può chiedere troppo ai dogmatici e a quanti fanno di Marx una Bibbia indiscutibile. Per costoro, ogni deviazione dal Testo Sacro sarà sempre un’eresia degna di essere perseguita tramite diffamazione, accusa di fascismo, e magari anche minacce di bastonate (che – come ricordano i teoreti di Contropiano – fanno pure bene alla salute!).

La mia risposta, in estrema sintesi, è questa: uscire dalla follia organizzata della globalizzazione e creare su nuove basi, a partire dal locale, un universalismo delle differenze che intrecci tra loro il momento dell’universale (il genere umano pensato come un unico Io) e il momento della comunità (i rapporti comunitari tra gli individui, marxianamente la comunità in cui il libero sviluppo di ognuno è condizione del libero sviluppo di tutti). Da quando in qua questo si chiama fascismo?  Se questo è fascismo, sono in buona compagnia: Latouche non è meno fascista di me. Bisogna ripartire da comunità resistenti e, dal locale, creare un’altra universalizzazione (Marx la chiamava “comunismo”), che non sia il “cattivo universalismo” del mercato. Quest’ultimo oggi non può essere accettato né giustificato come “doglia del parto” del nuovo mondo. O vorrai giustificare il genocidio finanziario del popolo greco, ad esempio?

Per chi mi conosce e mi legge (non per il coro virtuoso del “si dice” di heideggeriana memoria, alimentato da chiacchiera, curiosità ed equivoco), la mia visione del mondo è quella legata al nome di Marx e al suo “sogno di una cosa”, di un’umanità emancipata e libera, di individui ugualmente liberi e solidali. Non ho altro da aggiungere. Tutto il resto è chiacchiericcio per poveri di spirito. Mai come oggi occorre restare uniti nella lotta contro il capitale e l’eurocrazia, uniti da una visione del mondo incardinata sulla centralità della vita del genere umano senza distinzione alcuna (razzismo, classismo, ecc.), che renda possibile per ciascuno una vita degna, in cui nessuno si arroghi il diritto di esercitate nessuna forma di violenza verso altri. È il sogno desto, a cui sempre resterò fedele, della marxiana comunità emancipata in cui la libertà di ognuno diventa condizione di possibilità per la libertà di tutti, al di là dell’odierno regno della compiuta peccaminosità capitalistica.

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