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orizzonte48

Il fantasma di Hayek riappare nel disprezzo elitario per il voto

di Quarantotto

Fantasmi Playmobil11. Dire che la situazione "è grave ma non seria" appare un paradosso persino un po' logoro, alla luce della reazione del sistema mediatico, e del suo sovrastante concerto di forze dominanti. 

Stiamo assistendo a tentativi di neutralizzazione dell'esito del referendum Brexit che, personalmente, come ho spiegato, ritengo assuma un valore più simbolico che relativo a contenuti significativi di un mutamento di paradigma politico-economico

Si vuole, addirittura, che il referendum sia prontamente ripetuto e, per implicita logica, almeno fino a quando non si raggiunga la vittoria del "remain". Una petizione intenderebbe  legittimare tale ripetizione del voto, salvo che non si comprende bene chi siano i "sottoscrittori".

 

2. In alternativa si propone che il referendum concernente scelte "importanti" debba avere almeno un quorum del 75% di votanti e del 60% di "favorevoli": notare che si adduce a sostegno il parere favorevole della Venice Commission UE, quella che ritiene che non il modello parlamentare-elettivo ma (v.p.2) un sistema di governance tecnocratico-finanziaria, modellato su quello della World Bank, debba governare l'€uropa.

Quindi neppure un 59% di voti pro-Brexit sarebbe considerato idoneo a scalfire il fogno e a far riflettere su come, in termini pratici e di obblighi di diritto internazionale già vigenti, l'effetto pratico della stessa Brexit non potrebbe mai essere traumatico come lo si dipinge, nella stucchevole campagna terroristica che, in Italia, raggiunge i suoi massimi vertici.

Più in generale, si mette in discussione la stessa idoneità della volontà popolare a esprimersi sull'assetto socio-economico da imprimere al proprio ordinamento, ritirandosi fuori una sorta di stizzosa repulsione per il "populace", come già additato da Wolf, ingrato e incompetente rispetto alle scelte inoppugnabili già fissate, una volta per tutte, dalla elite e diffuse alle genti dai suoi corifei intellettuali e espertoni "lottatori".
Napolitano: “Sbagliato votare”. Monti: “Abuso di democrazia”. Saviano: “Nazisti”

 

3. Come sottospecie di questi alti lai di denuncia della volgarità inaccettabile del voto, si propone la deprivazione del voto di chi non sia "gggiovane" e erasmus-europeista.

Chi riassume bene questo insieme di posizioni è Beppe Severgnini, che se la prende, naturalmente con vecchi, ignoranti e campagnoli, che, dunque, hanno rovinato l'illuminata e istruita consapevolezza degli erasmus-europeisti, che risulterebbero dunque gli unici legittimati al voto, dall'adesione alle decisioni irrevocabili delle elites, - che mantengono infatti la disoccupazione giovanile in €uropa a livelli senza precedenti dalla crisi del 1929

E questo nonostante che i fatti smentiscano clamorosamente questa illusione:

Schermata del 2016 06 30 191846

Il dato, infatti, è che l'astensionismo più alto al referendum lo hanno espresso proprio i giovani

 

4. E l'astensionismo, come noi abbiamo visto e proprio in base a studi compiuti da scienziati sociali inglesi in tempi "non sospetti", non indica certissimamente un entusiasmo verso l'UE, quanto piuttosto una sfiducia ancora più drastica in ogni livello di istituzioni che, a parole, come l'UE, si adopera così tanto per l'occupazione giovanile senza, stranamente, riuscire ad ottenere alcun risultato dalle sue fantasmagoriche iniziative, piani e programmi specialissimi

E quelle viste finora, sono solo una parte tutto sommato limitata delle "voci" di contestazione iper-europeista dell'esito della consultazione popolare britannica, in un curioso misto composto da rivendicazione dell'insindacabilità (democratica) delle scelte delle oligarchie e da giovanilismo sostenuto a spada tratta da...anziani o anzianissimi tecnocrati (propugnatori coerenti del libero mercato deflazionista ad alta disoccupazione strutturale e giovanile). 

 

5. Questa situazione così palesemente contraddittoria ha però una radice: ne abbiamo già trattato e, per la verità la questione ha avuto anche altri approfondimenti. 

Ma per semplificare la corretta interpretazione dell'ideologia che sottosta a questi atteggiamenti, mi è parso utile riproporre un sunto dei passaggi salienti del post: LIBERISMO E LIBERALISMO: LA LIBERTA' NON E' UN BENE IN SE' MA LA INSINDACABILE RAZIONALITA' DEL MERCATO.
Il post ci spiega in cosa consista la autodefinizione dell'atteggiamento politico "liberale" e il suo concetto della democrazia e dei processi elettorali considerati "ammissibili".

"La "comoda" autodefinizione come "liberale", permette di non doversi assumere l'onere di comprendere il senso scientifico-economico e l'inscindibilità del "liberismo" (dal liberalismo), evitando così la prospettiva del fronteggiare la responsabilità, morale e culturale, di tutte le varie forme di autoritarismo, anche gravi e recenti, nonchè di fallimento sociale e politico, legate al liberismo-liberalismo.

La comoda autodefinizione in questione, dunque, è una forma di autolegittimazione di ordine psicologico, spesso alimentata da un confuso (quanto appagante) idealismo circa il concetto prioritario di libertà, concetto sbandierato come sinonimo dell'agire del "mercato", senza però conoscere il senso di questo "accoppiamento" piuttosto automatico."

 

6. Su questo punto ci illumina subito Bazaar con questa sintesi sarcastica ma tragicamente esatta delle "conseguenze" sociopolitiche di Hayek:

"Hayek semplicemente constata che la democrazia (intesa come "ordo") è un particolare ordinamento per cui, chi non passa la legge darwiniana (non è abbastanza blatta o ratto), non viene pinochettanamente lanciato giù da un aereo, ma viene "educato" dagli strumenti di propaganda di chi - al riparo del processo democratico - confeziona l'opinione pubblica.

Quando l'élite blatera di libertà (o meglio di liberalismo), anche se solo per bocca dei suoi "intellettuali" di riferimento come il mostro di Friburgo, parla di libertà dal "processo democratico", libertà dagli interessi collettivi.
Freedom from... freedom.

Tradotto: Power of the market free from... power of the people".

E ci siamo: perveniamo alla democrazia idraulica, espressamente teorizzata da Hayek e assunta oggi, con un indiscusso riflesso pavloviano, come concetto dominante di democrazia "conforme" alla attuale civiltà della comunicazione dell'immagine

E dunque contano i mezzi di comunicazione e formazione della pubblica opinione e, più ancora, ovviamente, il loro controllo e orientamento

Per quanto più volte citato, non è mai sufficiente ripetere questo concetto hayekiano:

«Il controllo economico non è il semplice controllo di un settore della vita umana che possa essere separato dal resto; è il controllo dei mezzi per tutti i nostri fini. E chiunque abbia il controllo dei mezzi deve anche determinare quali fini debbano essere alimentati, quali valori vadano stimati […] in breve, ciò che gli uomini debbano credere e ciò per cui debbano affannarsi». (F. von Hayek da "Verso la schiavitù", 1944).

 

7. ADDE: Dell'aforisma hayekiano, che segue, sottolineiamo la parola "beforehand" (in anticipo): la libertà, cioè l'ordine naturale e "scientifico" del libero mercato "senza frontiere", deve essere svincolata da ogni rapporto con qualunque genere di "benefici attesi". La libertà-legge del mercato è oggetto di una fede incrollabile e incurante dei costi per l'individuo "comune": ovviamente, solo "alcuni" individui hanno diritto di avvantaggiarsi di tale "libertà" e, perciò, di reclamare lo "status quo" come incontestabile: e tanto basti. 

Fine del discorso e chiunque metta in discussione ciò sarà "eticamente" delegittimato come "vecchio, campagnolo, ignorante", comunque inidoneo a esprimere una volontà da prendere in considerazione: ossia, appunto, al livello di "blatta o ratto".

Capirete bene come, in questa visione, sia da respingere con disgusto il voto, in quanto spinto dalle sopra viste volgari e "irrazionali" aspettative di promuovere un qualche beneficio per la massa dei votanti o, come nel caso del Brexit, di protestare contro qualche forma di disagio o squilibrio socio-economico, al fine di porvi fine, 

friedrich august von hayeks quotes 4

 

8. Così lo stesso Bazaar, ci approfondisce il quadro del fenomeno:

"La democrazia per Hayek è essenziale dunque come metodo, non come fine. 

Rifacendosi a Tocqueville, egli sottolinea infatti che la democrazia è l'unico strumento efficace per educare la maggioranza, in quanto la democrazia è soprattutto un processo di formazione dell'opinione pubblica. Il suo maggior vantaggio sta quindi non nella sua immediata capacità di scelta dei governanti, ma nel far partecipare attivamente alla formazione dell'opinione pubblica la maggior parte della popolazione, e quindi nel permettere la scelta fra una vasta gamma di individui. 

Ma, una volta accolta la democrazia all'interno del liberalismo, Hayek non si stanca di ripetere che il modo in cui il liberale concepisce il funzionamento della democrazia è del tutto peculiare. [ndr, ora vai di supercazzola!] 

L'idea, infatti, che il governo debba essere guidato dall'opinione della maggioranza ha senso solo se quell'opinione è realmente indipendente dal governo stesso, poiché l'ideale liberale di democrazia è basato sul convincimento che l'indirizzo politico che sarà seguito dal governo debba emergere da un processo spontaneo e non manipolato.  

L'ideale liberale di democrazia presuppone, quindi, l'esistenza di vaste sfere indipendenti dal controllo della maggioranza, entro le quali si formano le opinioni individuali

Questa è la ragione, dice Hayek, per cui la causa della democrazia e la causa della libertà di parola e di stampa sono inseparabili. Da ciò discende che l'idea ultrademocratica che gli sforzi di tutti debbano essere guidati incondizionatamente dall'opinione della maggioranza o che la società sia tanto migliore quanto più si conforma ai principi comunemente accettati dalla maggioranza, è un vero e proprio capovolgimento del principio attraverso il quale si è sviluppata la civiltà (Enciclopedia del Novecento, 3° vol., 1978, p. 990)".

 

9. Si può dire che "...questa è la versione per cui processo elettorale e opinione pubblica sono due cose distinte, o meglio, il controllo esercitato sulla seconda costituisce la pre-condizione di ammissibilità del primo.

Coloro che soprassiedono saldamente alla conformazione dell'opinione pubblica, però, devono inderogabilmente essere espressione di quella Tradizione, (per la verità molto recente...), che estrinseca e autentica ciò che può legittimamente costituire la Legge (naturale e non prodotta dai parlamenti), ma avendo la sua origine nel mondo pre-istituzionale e superiore al processo elettorale

Questa predeterminazione a priori della Legge, da parte di una oligarchia insita nell'ordine naturale delle cose, fa in modo che la "legislazione" (cioè il prodotto istituzionale dei governi-parlamenti designati elettoralmente) sia sempre perfettamente conforme alla Legge a gli interessi della stessa oligarchia "naturale".

Questo processo di affermazione ininterrotto della Legge, implica un circuito che definiremmo costituzionale-materiale: i produttori-proprietari, cioè gli operatori economici, titolari degli interessi (unici) che incarnano la Legge, e gli operatori culturali (accademia, giornalisti, esponenti della letteratura e dell'arte) che la esplicitano, e la rendono adeguata agli svolgimenti storico-politici, nel formare l'opinione pubblica, si esprimono e il voto vale solo a condizione di riflettere questo processo di istituzionalizzazione a priori del mercato".

 

10. Il sottinteso (cioè, tale da non dover essere manifestato espressamente ai soggetti che lo subiscono) presupposto elitario di esercizio del potere politico-istituzionale, come appare evidente, rende il processo elettorale (solo) un metodo di rafforzamento del potere di condizionamento dell'opinione pubblica. Cioè l'esito del processo elettorale deve essere costantemente una sua mera conseguenza.

Al punto che permette di elaborare un ulteriore camuffamento della vera titolarità del potere supremo di decisione politica: il concetto di mercato, impersonale e svincolato dall'individuazione di una qualsiasi categoria sociale di essere umani.

L'oligarchia-elite, detentrice del potere di fissare la Legge al di sopra di ogni istituzione sociale (elettiva o meno che sia), trasforma in una meta-necessità incontestabile (come le trasformazioni climatiche o gli eventi meteorologici o terremoti e cicloni), il "governo dei mercati"
ADDE: Il voto, attesa la incomprensibilità (v. aforisma qui sotto), da parte dell'individuo comune-elettore, della realtà normativa naturale, è solo un processo subordinato di ratifica delle decisioni "impersonali" del mercato.

 

11. Questo legame tra "libertà", Legge e "ordine del mercato", nell'ambito del liberismo, (che poi è il liberalismo: come abbiamo visto, inutile distinguerli ai fini fenomenologici), ci viene ben illustrato da Arturo:

"L'autonomia (dell'opinione pubblica dal governo, in quanto espressione della "tirannica" maggioranza, ndr.) che intende difendere Hayek non va intesa come un spazio "processuale" democratico nell'ambito del quale possono essere elaborate le più diverse soluzioni e proposte politiche. 

Tale autonomia risulta meritevole di difesa solo in quanto il nostro ritiene che certi gruppi, che naturalmente si premura di individuare lui, siano depositari di una propensione al mantenimento dell'ordine spontaneo fondato su regole di pura condotta: una sorta di Volksgeist liberista, che dev'essere preservato dall'influenza culturale "costruttivista" (cioè dai processi normativi e di intervento pubblico, oggi, basati sulle Costituzioni democratiche, ndr.).

Ripeto però che questo comporta una nettissima clausola limitativa, in quanto l'ordine del mercato non può essere né progettato né discusso razionalmente, perché è esso stesso a produrre la ragione, salvo che questa decida "abusivamente" di allontanarsene". 

 

12. Ovvero l'autonomia di cui parla Hayek rappresenta semplicemente l'insieme delle strategie sociali e politiche (la famosa "demarchia") con cui intende portare avanti la sua agenda politica. 

Di cui la denazionalizzazione della moneta è un elemento fondamentale, a cui una federazione europea interstatale può, nella sua stessa interpretazione (The Economic Conditions of Interstate Federalism), assolvere egregiamente. 

D'altra parte gli stessi libertari italiani erano, fino a non tanto tempo fa, disponibilissimi nei confronti dell'euro proprio per i suoi effetti di smantellamento dello stato sociale (vedi più estesamente De Soto, con ricche citazioni di Hayek e Mises); ora, con altrettanto pragmatismo (tira una certa arietta...), lo (ri)mandano "...al diavolo".

 

13. Lo stesso Arturo ci propone  una diagnosi che prefigura una parte della terapia:

"Una delle (tante) obiezioni che è stata rivolta ad Hayek è l'implausibilità sul piano storico-sociologico della qualifica di "spontaneo" all'ordine del mercato

Perché mai sarebbero spontanei l'imposizione delle norme del code civil in materia di rapporti di lavoro o il regime di proprietà realizzato dalle enclosures, ma non forme di controllo pubblico del credito? 

Ovvero come si fa a separare storicamente "costruttivismo" e "spontaneità", pubblico e privato, se non sapendo già fin dall'inizio che cosa si intende trovare?

E' interessante notare che questa obiezione è stata formulata sia da difensori della democrazia interventista sia da suoi acerrimi nemici, come Rothbard, che riteneva appunto storicamente implausibile, e quindi politicamente debole, il criterio proposto da Hayek."

 

14. Sempre da Arturo, cercando di selezionare tra le cose, sempre significative, che ci propone, possiamo infine meglio comprendere, ormai, alcune conclusioni riassuntive dell'intero quadro finora tratteggiato:

"...Hayek..fu molto efficace sul piano politico-ideologico ed è per questo che qui ce ne occupiamo, mentre i veri e propri anarco capitalisti - con tutto il rispetto - almeno in Italia si possono tranquillamente ignorare (se non per le munizioni che possono fornire contro gli stessi Hayek e co.)".

In ogni caso, su quelli che erano i suoi obiettivi ultimi, credo sia molto istruttiva la lettura di questo articolo di Corey Robin

"La distinzione che Hayek istituisce tra massa e elite non ha ricevuto una grande attenzione dai suoi critici e dai suoi (stessi) sostenitori, sconcertati o sedotti dal suo continuo invocare la libertà.

Tuttavia un'attenta lettura del ragionamento di Hayek rivela che per lui la libertà non è nè il bene supremo nè un bene in sè. E' un bene contingente e strumentale (una conseguenza della nostra ignoranza e la condizione del nostro progresso), il cui fine ultimo è rendere possibile l'emergere di un legislatore eroico del "valore".

Cioè l'ordine del mercato, fondamento della stessa razionalità che, apparentemente impersonale, è invece, molto personalisticamente, quella della convenienza della elite... 

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