Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

bollettinoculturale

O’Connor: tra Marx e Polanyi per unire "rosso" e "verde"

di Bollettino Culturale

41mDBCnA4sL. SX330 BO1204203200 Con l'articolo intitolato “Capitalism, Nature and Socialism. A Theoretical Introduction”, pubblicato nel 1988 nel primo numero della rivista “Capitalism, Nature, Socialism” e che potete leggere in italiano nel libro “La seconda contraddizione del capitalismo. Introduzione a una teoria e storia dell’ecologia” edito da Ombre Corte e con un’ottima introduzione di Jacopo Nicola Bergamo e Emanuele Leonardi, James O'Connor presenta per la prima volta la sua teoria della “seconda contraddizione del capitalismo”, considerata fino ad oggi da numerosi analisti come una delle tappe più importanti nel tentativo di elaborare un marxismo sensibile alle tematiche dell’ambientalismo. O'Connor specificherà ulteriormente la sua proposta teorica ed empirica nella raccolta di testi che compongono il libro “Natural Causes: Essays in Ecological Marxism” pubblicato dieci anni dopo, nel 1998.

A differenza di John Bellamy Foster che vede Marx come un pioniere dell'ecologia, James O'Connor sostiene che nell'opera di Marx manca un'analisi del legame tra capitalismo ed ecologia, non venendo considerata l'ormai onnipresente distruzione ambientale nella sua teoria dell'accumulazione capitalista e nel suo progetto politico di socialismo. Con la teoria eco-marxista della "seconda contraddizione", O'Connor cerca di risolvere ciò che identifica come un buco del pensiero marxiano. Afferma che un'analisi completa e adeguata del capitalismo non può essere soddisfacente se non include i sistemi naturali e il loro ruolo specifico nella produzione di valore e plusvalore, nonché nell'accumulazione di capitale. Inoltre, l'autore si propone di costruire una “teoria generale” che tenga conto dei legami tra: l'accumulazione di capitale, le tendenze del capitalismo a vivere crisi economiche ed "ecologiche" e i movimenti e le lotte sociali.

Print Friendly, PDF & Email

coku

Marx e Masoch

di Leo Essen

capraI

Nel capitolo XXIV – il penultimo – del primo libro del Capitale Marx parla della (cosiddetta) accumulazione originaria e dice che, visto che l’accumulazione del capitale presuppone il plusvalore e il plusvalore presuppone la produzione capitalistica, ma questa a sua volta presuppone la presenza di masse considerevoli di capitale e forza lavoro nelle mani di produttori di merci; visto tutto ciò, dice, questo movimento sembra aggirarsi in un circolo vizioso, dal quale gli economisti (Marx cita Adam Smith) escono soltanto immaginando un’accumulazione «originaria» - Smith la chiama appunto «previous accumulation»; una (cosiddetta) accumulazione originaria, dice, precedente l’accumulazione capitalistica, e che non sia il risultato del modo di produzione capitalistico, ma il suo punto di partenza.

Nell’economia politica, dice Marx, questa accumulazione originaria ha suppergiù la stessa parte che in teologia ha il peccato originale: Adamo dette un morso alla mela e così il peccato piombò sul genere umano. Se ne spiega l’origine, dice Marx, narrandola come un aneddoto – come un mito.

Per l’economia politica il punto di ingresso nella storia non ha storia.

L’economia politica distende il circolo in una linea retta. Ora tutto si svolge in modo naturale. Solo che, non potendo il capitalismo essere uscito dalle mani di un capitalista, si deve far retrocedere la sua nascita ad un tempo mitico, naturale, eterno, e far sbucare il capitalismo da un presunto stato di innocenza.

Print Friendly, PDF & Email

lavoro culturale

Note sul tardo eurocentrismo

di Achille Mbembe

Achille Mbembe sulla decolonizzazione delle arti e dei saperi nell’attuale “tardo eurocentrismo”

mbembe 4Quando si considera la storia recente del pensiero critico, due eventi maggiori invitano alla riflessione. Primo, l’Europa non è più il centro di gravità del mondo. Come ho scritto nell’introduzione a Critica della ragione nera, questa è «l’esperienza fondamentale della nostra epoca»1. Questo cambiamento non significa che l’Europa non ha più alcuna influenza sul funzionamento del mondo, né che ora dovremmo metterla da parte. Ma l’Europa non può più nutrire l’illusione di poter dettare il corso del mondo. Questo vale non solo per l’economia o per il potere militare e tecnologico, ma anche nel campo della cultura, delle arti e delle idee.

In secondo luogo, c’è un chiaro pericolo che, in risposta a questa svalutazione storica, a questa eclissi, alcune persone, dall’estrema destra all’estrema sinistra, siano state attratte o dal nichilismo o dall’eccesso ideologico (o da entrambi), ovvero da ciò che chiamo “tardo Eurocentrismo”, un Eurocentrismo che è ancora più rancido e aggressivo, ancora più sordo, cieco, e vendicativo che nel passato. Si tratta, in effetti, di una forma di follia.

Cronologicamente, il tardo Eurocentrismo è l’erede diretto di due manifestazioni precedenti, ugualmente reazionarie. Originariamente, c’era l’Eurocentrismo primitivo, il tipo associato alle conquiste imperiali, alle occupazioni militari, e allo sfruttamento dei territori coloniali2. Successivamente, a partire dagli anni Cinquanta del Novecento è sorto un Eurocentrismo anti-terzomondista, in contrapposizione ai nazionalismi anticoloniali.

Print Friendly, PDF & Email

coku

Il filo e la tela. Gabriele Serafini: La riproduzione complessiva del capitale

Karl Marx: «Per la scienza non c’è via maestra»

di Eugenio Donnici

de chirico 1La prima sensazione che si avverte nell’approcciare questo lavoro di Gabriele Serafini è quella di farsi trasportare da un fiume di equazioni algebriche, pertanto si è tentati a rinunciare a comprendere il discorso che ha sviluppato, anche perché il linguaggio adoperato richiede una buona capacità di analisi numerica.

Man mano che le correnti si placano e si trova in se stessi la motivazione a superare le turbolenze iniziali, anche i lettori che diffidano della matematica, potrebbero individuare uno sbocco al fluire dei concetti espressi con formule, schemi e successioni numeriche. Del resto, è possibile sperimentare un’interpretazione discorsiva del filo logico che segue l’autore del libro, con le opportune semplificazioni e senza eliminare del tutto i simboli matematici.

Il lettore noterà che in questa breve presentazione della ricostruzione della procedura di trasformazione dei valori in prezzi, ho cercato di estrarre i concetti chiave, in forma sintetica, e di rivolgermi a un pubblico che non faccia parte dei soli addetti ai lavori.

La procedura, com’è noto, ha dato luogo ad una lunghissima diatriba che si è aperta con la pubblicazione del terzo libro de Il capitale, di Marx, a cura del suo amico Engels, il quale, nelle sue Considerazioni supplementari all’opera si è reso subito conto delle innumerevoli interpretazioni e di natura diversa che il volume suscitò nei lettori, sebbene si fosse adoperato nel comporre un testo il più possibile rispondente ai manoscritti rinvenuti. Tant’è che con tono perentorio scrive: «Non c’era altro da attendersi».

Print Friendly, PDF & Email

quieora

Le oscillazioni del mondo. Alcune note sull’ultimo libro di Jérôme Baschet

di Michele Garau

0 7L’ultimo libro di Jérôme Baschet è stimolante e puntuale. Una riflessione mossa dall’urgenza ma non volatile. Bisogna francamente ammettere che è difficile dire se nell’incedere dell’analisi le considerazioni realizzabili prevalgano sempre sulle ricette illusorie per «osterie a venire», se il salto dai basculements del colosso dell’«Economia» ai sentieri per uscirne sia sempre convincente.

In alcuni passaggi l’impressione di una scorciatoia e di un’eccessiva semplicità si impone con forza. Fatto sta che questa stessa doppiezza dello slancio «utopico» è di per sé significativa ed importante. Una doppiezza che riguarda il suo difficile situarsi tra un gesto necessario – scrollarsi di dosso la fossilizzazione soffocante di un presente perpetuo che si presenta senza via di fuga – ed il perenne rischio «ingegneristico» che ha così pesantemente tarato i socialismi classici. Non rinunciare a focalizzare il futuro senza cedere alla tentazione di programmarlo: tale è un po’ la scommessa.

Questo problema della temporalità, di aggiungere una critica del «presentismo» capitalistico a quella verso gli inganni del progresso, è un po’ la cifra del lavoro di Baschet in questi anni, ma è anche un condensato ineludibile di quel che si para davanti ad un’intelligenza rivoluzionaria del mondo. Un primo merito di Basculements. Mondes émergents, possibles désiderables, è quello di affrontare questioni di portata enorme con una concretezza sorprendente, e non è poco.

Print Friendly, PDF & Email

bollettinoculturale

Tre tesi sullo sviluppo economico cinese

di Bollettino Culturale

np file 86354Cercheremo con questo lavoro, sollecitato a sinistra da testi interessanti sullo sviluppo cinese come “La Cina è capitalista?” di Rémy Herrera e Zhiming Long o “Il socialismo con caratteristiche cinesi. Perché funziona?” di Zhang Boying, di analizzare nel dettaglio la questione Cina.

Inizieremo il saggio analizzando tre distinti approcci alla questione: quello di Li Minqi, già intervistato su questo sito, di Giovanni Arrighi e di Samir Amin.

L'approccio di Li Minqi è sviluppato nel libro “The Rise of China and the Demise of the Capitalist World-Economy”.

Contrariamente all'opinione prevalente che vede la rapida crescita della Cina come prova dell'indiscutibile successo del libero mercato, Li Minqi offre un'interpretazione molto diversa dell'integrazione della Cina nel sistema capitalista. Sulla base della teoria del Sistema-Mondo, analizza l'ascesa della Cina nel contesto dell'evoluzione storica del capitalismo globale e alla luce dei suoi effetti economici ed ecologici; così afferma che l'integrazione della Cina nei mercati mondiali aiuta a rivelare i limiti storici del capitalismo mondiale.

Vede l'ingresso della Cina nel sistema capitalista con la sua domanda di risorse e la successiva pressione sul "sistema-mondo" come un fattore importante alla base dell'imminente fine del sistema mondiale capitalista. Semplicemente non c'è abbastanza per tutti per sostenere una Cina (e India) in crescita a livelli di consumo occidentali.

Print Friendly, PDF & Email

centroriformastato

Le transizioni gemelle

Il capitalismo sui binari del verde e del digitale

di Alessandro Montebugnoli e Franco Padella

Secondo un’opinione ormai diffusa, alimentata dalle istituzioni di governo dell’economia globale, l’uscita dalla crisi generata dal Covid 19 può inaugurare una nuova fase di sviluppo del capitalismo, di ampio respiro, trainata dalle ondate di innovazioni tecnologiche intitolate alla transizione ecologica e ai prossimi passi della rivoluzione digitale. L’articolo si interroga sulla credibilità di questa prospettiva: quanta strada può fare il capitalismo sui binari del verde e del digitale? A quale velocità può andare? E quanto si può sperare che il viaggio risulti confortevole?

teaserbild formatkey jpg default1. I piani di recovery destinati a portarci fuori dalla crisi generata dal Covid 19 hanno sancito due orientamenti già rilevabili quando la pandemia doveva ancora insorgere.

Il primo consiste in un mutato atteggiamento nei confronti delle politiche ‘fiscali’, di spesa pubblica. Verso la metà degli scorsi anni Venti, complice la debolezza della ripresa dopo la crisi del 2008, il lungo dominio delle strategie di tipo monetario ha cominciato a essere contestato a vantaggio di cospicui interventi a sostegno della domanda aggregata, destinati a fare la differenza rispetto agli equilibri che stanno nelle corde dei mercati. Per la verità, sviluppi del genere si sono registrati soprattutto negli Stati uniti, dove la necessità di un nuovo fiscal activism, di stampo keynesiano, è tornata alla ribalta nel vivo del dibattito innescato alla fine del 2013 da Lerry Summers circa la possibilità di una futura, ma già iniziata, Secular Stagnation1. Non così in Europa, dove soltanto la pandemia, in effetti, è riuscita a rompere la gabbia del fiscal compact, e soltanto pro tempore, in chiave emergenziale: convintamente quanto all’entità delle risorse messe in campo nel fuoco della crisi, ma non esattamente in linea di principio.

Print Friendly, PDF & Email

blackblog

Feticismo, soggetto della merce e soggetto dell'inconscio

L'autocomprensione della soggettività borghese

di Sandrine Aumercier

aumercierLa questione relativa alla base soggettiva del capitalismo, non è mai stata risolta. Visto che le merci non ci vanno da sole, chi è che va quindi al mercato? Marx sviluppa l'idea delle maschere di carattere che gli individui indossano all'interno del modo di produzione capitalista. Come in una commedia in cui ognuno interpreta un ruolo scritto in anticipo, i soggetti della merce si collocano nel mercato capitalista e si mettono ad eseguire le regole che nessuno sa da chi sono state scritte, per quanto si riferiscano ai loro ideologhi di circostanza, che a volte vengono persino immaginati come se fossero grandi maestri di cerimonia, pur non avendo alcuna padronanza del processo complessivo. Perfino nel contesto dell'opposizione formale tra tempo di lavoro e tempo libero, la socializzazione capitalista include la totalità del tempo di vita. Il suo modello perfetto sono quei complessi residenziali operai del XIX secolo in cui il lavoro e la vita erano stati concepiti come un unico da dei padroni paternalisti, o quelle start-up del XXI secolo che finanziano palestre e ore di meditazione per i loro lavoratori, nello stesso tempo in cui, simultaneamente, li requisiscono la sera e la domenica per mezzo della connessione continua. Gli individui così nascono e lavorano nel timore di subire quella sorte dei perdenti, la cui immagine ripugnante l'economia capitalista continua ad alimentare, e questo lo fa fin dal primo giorno di scuola. Il vincolo oggettivo della «gabbia d'acciaio» (Max Weber) è pertanto la prima risposta alla questione del soggetto della merce.

Print Friendly, PDF & Email

tempofertile 

Nancy Fraser, “Cosa vuol dire socialismo nel XXI secolo?”

di Alessandro Visalli

Leningrado pitturaImmagine 2. jpgIl libricino[1] edito da Castelvecchi è la traduzione della Lectio magistralis che la professoressa Fraser ha tenuto alla rassegna di incontri “Ripensare la comunità”, che la casa editrice ha tenuto nel 2019 a Roma[2]. Si tratta dunque di un testo molto sintetico, scritto per essere letto. Un testo che contiene numerose formule eccessivamente sintetiche, per certi versi comprensibili per il genere del testo ma che dimostrano anche in qualche modo la scarsa dimestichezza con l’insieme del dibattito marxista della tradizione accademica americana (con importanti eccezioni, ovviamente[3]). Parte, infatti, dalla proposta di superare “l’economicismo”, ma si muove alla fine interamente entro di esso; critica in Marx la sottovalutazione del lavoro riproduttivo, senza comprendere i contesti ravvicinati e polemici dei testi che critica; sviluppa, in forma travestita, quel che è un discorso di dipendenza riferito a donne e ‘colored’, ma certamente generalizzabile; costruisce, alla fine, una proposta che ha un tono decisamente già sentito e in effetti è in contrasto con alcune delle sue premesse (se non altro quelle libertarie).

Ma veniamo in ordine. Per la Fraser bisogna superare gli stretti economicismi e “occuparsi di trasformare la relazione tra la produzione e il suo retroterra di condizioni di possibilità, cioè la riproduzione sociale, il potere dello Stato, la natura non-umana e le forme di ricchezza che si trovano fuori dei circuiti ufficiali del capitale, ma comunque alla sua portata”[4].

Print Friendly, PDF & Email

tempofertile

Nancy Fraser, “La fine della cura”

di Alessandro Visalli

la fine della curaIn questo piccolo testo è contenuto un intervento del 2016, edito da Mimesis nel 2017[1], nel quale la militante femminista americana Nancy Fraser si esercita in una denuncia della difficoltà del capitalismo, nella fase dell’accumulazione flessibile e della finanziarizzazione, a riprodurre la società e gli individui. In fondo l’idea è molto semplice, ed anche molto tradizionale: il capitalismo è, in ogni sua fase storica, interessato essenzialmente all’accumulazione del capitale ed annega nel gelido mare del calcolo utilitarista ogni altra considerazione. Una società improntata al capitalismo non è dunque orientata alla sua propria riproduzione, e dei suoi membri, ma all’estensione dello sfruttamento ai fini dell’accumulazione ed alla concentrazione. La riproduzione ne deriva, semmai, some effetto secondario eventuale. Questa tesi è pienamente marxiana.

La cosiddetta “crisi della cura”, deriva come somma di numerosi squilibri che producono nel loro insieme la compressione di capacità sociali non compiutamente mercatizzabili (come quella di generare e crescere figli, prendersi cura degli amici e dei familiari, mantenere le famiglie e le comunità più ampie e sostenere i legami sociali). Secondo l’ingenerosa posizione della Fraser tutte queste cose sono state “storicamente assegnate alle donne” (anche se, successivamente, lamenta che “mantenere le famiglie” sarebbe ingiustamente una prerogativa maschile). Tutto questo vasto ed eterogeneo insieme (cose importanti, ma vaghe come “sostenere i legami sociali”, palesemente svolte da entrambi i sessi) è, secondo il punto difeso, indispensabile, ma spesso non è in quanto tale remunerato.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Alla ricerca dell’alleato: la Agrarfrage di Karl Kautsky

di Eros Barone

bagna1La Questione agraria (1899) di Karl Kautsky si compone di tre parti distinte, anche se fra loro logicamente connesse: una prima parte generale e prevalentemente teorica; una seconda parte dedicata all’analisi degli aspetti specifici dell’agricoltura sul finire del secolo XIX, con una particolare attenzione alla Germania; una terza parte conclusiva in cui sono formulate le grandi linee del programma politico della socialdemocrazia tedesca nei confronti dei contadini e riguardo ai problemi dell’agricoltura. Il fine che viene esplicitamente perseguito dall’autore è quello di «… studiare se e come il capitale si impadronisce dell’agricoltura, la trasforma, rende insostenibili vecchie forme di produzione e di proprietà e crea la necessità di nuove forme. Soltanto quando avremo risposto a queste questioni potremo vedere se la teoria di Marx è applicabile all’agricoltura o no…». 1 In altri termini, Kautsky si è prefisso di sottoporre Il Capitale ad una specie di verifica, e quanto questa sia stata positiva è testimoniato dall’influsso durevole di quest’opera sull’ala sinistra della socialdemocrazia e sul pensiero di Lenin in particolare. 2 Nelle note seguenti si cercherà di porre in luce le categorie teoriche, i contenuti più rilevanti e il metodo dialettico che caratterizzano il ‘magnum opus’ kautskiano e, grazie anche al confronto con l’elaborazione di Lenin sullo stesso tema, ne rendono quanto mai ricca ed istruttiva la lettura.

Print Friendly, PDF & Email

machina

L'intelligenza in lotta

Su Hans-Jürgen Krahl

di Mimmo Sersante

Schermata del 2021 06 08 14 45 30L’intelligenza in lotta è il titolo di alcuni testi di Hans-Jürgen Krahl, tratti da Costituzione e lotta di classe del 1971, di recente riproposti dalla casa editrice ombre corte. In questo articolo Mimmo Sersante non si limita a una recensione del nuovo volume, ma ripercorre i tratti centrali del pensiero e della prassi del militante tedesco, il suo atipico rapporto con la Scuola di Francoforte, le grandi anticipazioni contenute nelle riflessioni sul ruolo nella produzione contemporanea dell’intelligenza tecnico-scientifica, la sua ricezione nel contesto politico italiano, le assonanze e le divergenze con la costellazione operaista. Per scoprire e riscoprire che delle letture di Krahl c’è ancora oggi bisogno per addentrarci nei caotici enigmi della composizione di classe. 

* * * *

Se non un déjà vu, certamente un-già-visto questa riproposizione da parte di ombre corte – titolo: L’intelligenza in lotta. Sapere e produzione nel tardo capitalismo – di taluni scritti di Hans-Jürgen Krahl tratti da Costituzione e lotta di classe, l’edizione italiana di Konstitution und Klassenkampf del ’71 e prontamente tradotto in italiano dalla Jaca Book. Eravamo nel ’73 e la casa editrice affiliata a Comunione e Liberazione da qualche anno non mancava di stupire i compagni con le sue proposte editoriali come quella che ospitava per l’appunto Krahl: Saggi per una conoscenza della transizione. Qualche nome e qualche titolo, tanto per ricordare: S. Amin (L’accumulazione su scala mondiale), P. Naville (I rapporti di produzione nelle società socialiste), E. Preobrajensky (La nuova economia), H. Jaffe (Processo capitalista e teoria dell’accumulazione), C. Bettelheim (Pianificazione e sviluppo accelerato) e poi Althusser, Flechtheim, Serge, finanche Bachelard ecc.

Print Friendly, PDF & Email

lafionda

Un libro necessario. I confini contano di Frank Furedi

di Marco Adorni

obj109142137 1.jpgfliberopf5407637Ci sono libri che ti costringono a prendere una parte, che non ammettono vie di mezzo. Si tratta di opere d’intelletto che, anche quando non sono direttamente politiche, incorporano una funzione politica perché spingono il pensiero a confrontarsi in modo libero e disincantato con lo spirito del tempo.

In epoca di cancel culture, nazi-femminismo, polizia linguistica, antibinarismo, esaltazione fondamentalistica dell’apertura (in tutte le declinazioni possibili), dell’ibridazione (idem) e dell’identitarismo liberal (individualistico o di gruppo), un libro del genere è sicuramente Why Borders Matter: Why Humanity Must Relearn the Art of Drawing Boundaries del sociologo Frank Furedi, la cui traduzione in italiano, I confini contano. Perché l’umanità deve riscoprire l’arte di tracciare frontiere, è stata pubblicata il marzo scorso con i tipi di Meltemi.

Operazioni come questa fanno bene a tutti, anche quando fanno male ai più; sono pubblicazioni che agiscono come vaccini quanto mai necessari al tempo della pandemia dell’indifferenza, quando non dell’aperta ostilità, verso quegli strumenti che l’astuzia della ragione storica ha “inventato” per erigere la democrazia moderna.

Di quali strumenti si tratta? Pensiamo al principio culturale di nazione; al concetto politico di patria; all’idea di politica come libero confronto dialettico tra opposte argomentazioni all’interno dello spazio pubblico; all’esistenza di un immaginario sociale fondato su tolleranza attiva, ovvero sia sulla capacità di ascolto sia sul coraggio parresiastico di «dire la verità» al potere; alla presenza di leggi che tutelano la privacy, la libertà e la coscienza individuale; a uno stile di pensiero fondato sulla distinzione binaria tra bene e male, sacro e profano, diritto e dovere, piacere e sacrificio, l’io e l’altro.

Print Friendly, PDF & Email

operaviva

Afferrare il secolo alla gola

Il nuovo numero di aut aut

di Emilio Maggio

YqZhSiKUok 940x784A connecting principle
Linked to the invisible
Almost imperceptible
Something inexpressible
Science insusceptible
Logic so inflexible
Causally connectible
Yet nothing is invincible
Synchronicity, Police

Per il filosofo americano Eugene Thacker l’uomo contemporaneo è inestricabilmente implicato in un mondo divenuto a lui incomprensibile in quanto ciò che lo qualifica maggiormente è proprio la perdita del senso dell’orientamento. Il suo smarrirsi denota non solo i limiti di una lingua consona a descrivere questo sentimento di disagio ma soprattutto la difficoltà per l’umano a comprendere l’inumano o a pensare l’impensabile1.Viene così a cadere la condizione necessaria che permette all’uomo di esercitare il suo controllo sul mondo: la struttura antropocentrica di un soggetto che non è più in grado di espletare la sua presunta superiorità – mentre diventa sempre più problematico discernere il vivente dal non vivente, l’umano dall’inumano, la vita dalla morte.

La scienza, dalla teoria della relatività alla fisica quantistica, ha reso evidente come il tempo e lo spazio siano concetti labili e relativi, legati cioè a doppio filo alla coscienza umana. Il concetto della sincronicità, introdotto da Jung, vuole dimostrare come il principio di causa-effetto non sia sufficiente a spiegare il rapporto tra un soggetto agente e un oggetto stabilito e come piuttosto la realtà in cui ci troviamo immersi nonostante tutto sia costituita da relazioni occulte.

Print Friendly, PDF & Email

machina

Alla ricerca di nuove soglie: il senso politico del pensiero di Romano Alquati

di Veronica Marchio

0e99dc 6b925c288f3a45ccb4afeaa25a2d19b5mv2Continuiamo ad approfondire il rapporto tra le nuove generazioni militanti e il pensiero di Romano Alquati. Un pensiero incarnato in un metodo, un metodo incarnato nelle trasformazioni della composizione di classe e della specifica civiltà capitalistica. È quanto sostiene Veronica Marcio, autrice di questo prezioso contributo. L’autrice ipotizza dunque cosa può voler dire mettere collettivamente a verifica alcune categorie e questioni proprie di un discorso teorico incompleto. È esattamente l’incompletezza delle sue ipotesi, tuttavia, che può divenire per noi oggi griglia di lettura e valutazione della realtà contemporanea, invece che repertorio di risposte certe su di essa.

* * * *

Alla domanda sul perché riprendere in mano il pensiero e gli scritti di Romano Alquati oggi, si potrebbe rispondere in tanti modi. Anzitutto ricostruendo una bibliografia dei suoi lavori, passaggio decisamente necessario al fine di collocarne storicamente le riflessioni. Non è però compito di questo scritto elencare o soffermarsi su tutti i testi che compongono l’enorme quantità di riflessioni alquatiane, perlopiù inesplorate. Mi limiterò a ipotizzare cosa può voler dire provare collettivamente a incarnare alcune categorie e questioni proprie di un discorso teorico incompleto, almeno quello che è legato alla sua produzione teorica dagli anni Ottanta in avanti. È esattamente l’incompletezza delle sue ipotesi che può divenire per noi oggi griglia di lettura e valutazione della realtà contemporanea, invece che repertorio di risposte certe su di essa.