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Il bilancio reale delle vittime a Gaza è di almeno 200.000 persone
di Ralph Nader
Proprio come tutti i mass media, molti governi, persino i media indipendenti e i critici della guerra vorrebbero farci credere che tra il 98% e il 99% dell’intera popolazione di Gaza è sopravvissuta, nonostante i malati, i feriti e altri palestinesi che stanno per morire. Questo è del tutto improbabile!
Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e Hamas — che Netanyahu ha finanziato nel corso degli anni — hanno un interesse comune nel ridurre il numero di morti e feriti. Ma per motivi diversi.
* * * *
Con un’assistenza sanitaria praticamente inesistente, senza farmaci e con malattie infettive che si diffondono soprattutto tra i neonati, i bambini, gli infermi e gli anziani, qualcuno può credere che i decessi abbiano appena superato le 30.000 unità?
Da quando l’incursione di Hamas è penetrata nella sicurezza del confine israeliano a più livelli, il 7 ottobre 2023 (un inspiegabile crollo delle capacità difensive di Israele), 2,3 milioni di Palestinesi completamente indifesi nella piccola enclave affollata di Gaza hanno subito oltre 65.000 bombe e missili, oltre al bombardamento non-stop di carri armati e cecchini.
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Perché la guerra tra Nato e Russia in Ucraina continua?
di Alessandra Ciattini
Autorevoli fonti statunitensi ci spiegano perché la guerra in Ucraina, nonostante le gravi perdite, la mancanza di armamenti adeguati, il taglio dei fondi deve a tutti i costi continuare. Un mondo con la Russia vittoriosa è indigesto all’imperialismo americano.
Dopo il fracaso (ossia la disfatta strategica) della controffensiva ucraina d’estate, più volte baldanzosamente annunciata, appariva qualche speranza che la guerra nel cuore dell’Europa volgesse al termine; invece, continua con la sua striscia di sangue e con gli attacchi terroristici ucraini sul territorio russo (v. Belgorod). Dobbiamo chiederci perché e lo faremo utilizzando citazioni da alcune prestigiose fonti statunitensi.
In primo luogo, riferiamo quanto detto dal portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, Matthew Miller, in una conferenza stampa tenutasi lo scorso 20 febbraio. Dopo aver compianto la morte di Alexey Navalny avvenuta per “avvelenamento”, ha affermato a chiare lettere che Washington sta ricavando benefici dal conflitto tra Ucraina e Russia, e per questa ragione sta tentando di convincere il Congresso che l’invio di nuovi aiuti al governo di Zelensky sarebbe in sintonia con gli interessi nazionali degli Usa.
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“Posizioni insostenibili”, i segnali di allarme per gli USA abbondano
di Alastair Crooke - Strategic Culture
"Le elezioni locali di martedì sono state un segnale d'allarme lampeggiante per Israele. I partiti ultra-ortodossi, i gruppi sionisti religiosi e i partiti di estrema destra razzisti - organizzati in poche comunità - hanno ottenuto risultati sproporzionati rispetto alle dimensioni reali dei gruppi che rappresentano. Al contrario, il campo democratico [in gran parte laici liberali ashkenaziti], che per quasi un anno è sceso in piazza ogni settimana per gigantesche manifestazioni a Kaplan Street di Tel Aviv e in decine di località del Paese, non è riuscito nella maggior parte dei casi a tradurre la rabbia in guadagni elettorali nei governi locali.
“Un'altra conclusione da trarre dalle elezioni", continua l'editoriale di Haaretz, "è la crescente somiglianza tra il partito di governo Likud e il partito di estrema destra Otzma Yehudit (Supremazia ebraica) di Ben Gvir. A Tel Aviv, i due partiti si sono presentati insieme, in una mossa che era inimmaginabile nel Likud pre-Benjamin Netanyahu... Da questo possiamo imparare che il Likud sta cambiando: Meir Kahane [un fondatore della destra radicale ebraica e del partito Kach] ha sconfitto Ze'ev Jabotinsky; la supremazia ebraica e il trasferimento forzato di popolazione hanno sostituito la libertà".
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Il male nel giardino di Höss. “Zona di interesse” di Jonathan Glazer
di Enrico Cattaruzza
Una domenica come tante, in fila fuori da un cinema – il più giovane in fila, nonostante l’età non più verdissima – aspettando un film di cui nulla so se non il voto altissimo su almeno due siti specializzati, e il seguente commento occhiato in una recensione: “Zona di interesse, il film di Jonathan Glazer tratto da un libro di Martin Amis, parla della banalità del male”, il concetto reso celebre dal titolo di un saggio di Hannah Arendt. Quello che dalla lettura come sempre frettolosa pare interessante è che, rispetto alla cospicua filmografia sul tema, stavolta il punto di vista non sia di una vittima né di un eroe, ma di un nazista, e nemmeno di un roboante Hitler o di un romantico Hess, ma del comandante del campo di Auschwitz, Rudolf Höss. Un tecnico, diciamo, un po’ più in alto di Eichmann, ma siamo lì.
Assidue ed estreme frequentatrici dei cinema della città sono le signore in odore o fresche di pensione, sole, con amiche o accompagnate dai riluttanti mariti, e sono senz’altro anche le più ciarliere: in attesa di comprare i biglietti, giocoforza ne ascolto i commenti mentre escono dalla proiezione precedente, sconsigliando la visione dell’opera di Glazer a noi del turno successivo: “Mai visto un film così brutto”; “Guarda, per una roba del genere non merita andare al cinema”.
Almeno cinque o sei di loro sono concordi nel bocciare senza appello quello che hanno appena visto. Un’ora e tre quarti dopo, non potrei essere più discorde.
Anzi, durante il film già comincio mentalmente a scrivere una recensione senza pericolo di spoiler, perché non c’è assolutamente nulla da spoilerare. Nemmeno è una recensione, questa cosa che mi scappa in diretta come la pipì, ma un semplice commento, una nota a margine: non si può riassumere o compendiare l’opera di Glazer, che è priva peraltro di una trama precisa, e che nemmeno indugia a disegnare personaggi compiuti.
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Italia ed Europa verso il suicidio economico: A quando la resistenza?
di Enzo Pellegrin
Qualche tempo fa, dalle pagine del quotidiano Domani, Gianluca Passarelli compiva un’impietosa fotografia della spettrale pace sociale che avvinghiava l’Italia.
I dati economici erano e sono da horror-movie, anche per le categorie sociali che sinora hanno avallato di tutto, sposando l’individualismo e l’ideologia liberale in nome del mito dell’opportunità, gioco che sinora pochissime volte ha valso la candela.
Il dato sistemico più impressionante è il crollo della produzione industriale, dato che più rappresenta lo stato dell’economia e della produzione reale, al netto della speculazione finanziaria e dei profitti speculativi dei rentiers. Ad aprile 2023 il dato precipitava al – 7,2%. Un crollo peggiore lo si era registrato solo nel luglio 2020, in piena pandemia. Del resto, a ottobre 2023, si registrava il nono mese consecutivo di calo della produzione induistriale italiana.
Sempre nell’ottobre del 2023, l’Istat decretava la brusca frenata della crescita del PIL. Se nel 2021 il rimbalzo post-pandemia attestava la crescita intorno all’8,3%, nel 2022, durante il governo Conte, si registrava ancora una crescita del 3,7%. Nel 2023, con la gestione di Draghi e Meloni, la crescita scendeva a un misero 0,7% che verrebbe cautamente confermato anche per il 2024, ma – come vedremo – con mille riserve.
Il dato che attesta come il sistema produttivo italiano abbia ingranato violentemente la retromarcia è quello sugli investimenti: Se nel 2021 e nel 2022 questi erano cresciuti rispettivamente del 20 e del 10 per cento, nel 2023 gli investimenti scendono a un misero + 0,6%, dato anche qui prudentemente solo confermato per il 2024. (1)
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Comunisti: lo spettro della frammentazione continua e l’esigenza dell’unità
di Fosco Giannini*
Di fronte allo scenario della polverizzazione del movimento comunista in Italia, ridotto a “isole” che non riescono, per mancanza di forze o per disabitudine a relazionarsi al di fuori della propria bolla, a uscire dalla loro “comfort zone”, l’impegno per l’unità è cruciale, e può trovare fondamenta solo nella presenza concreta nei luoghi di conflitto sociale e in una ritrovata compattezza culturale, politica e ideologica, nutrita da una ricerca teorica aperta e antidogmatica. Solo così si possono gettare le basi per la costruzione del tanto mancante partito comunista in Italia.
Uno spettro s’aggira tra il movimento comunista italiano: lo spettro della frammentazione compulsiva, della moltiplicazione parossistica. Sembra che non passi giorno senza che un’impercettibile parte comunista si stacchi da un’altra piccola parte e si organizzi come fronte, associazione, gruppo, sito comunista on-line. Il movimento comunista italiano, in preda a una crisi profonda e che può contare tra i sei e i settemila iscritti complessivi dei tre partiti più conosciuti (Prc, Pc, Pci), sembra poi “soffriggere” nella sua continua riapparizione, seppur molecolare, nelle città e nei paesi e, di questo passo, persino nei condomini. Persino il dissanguamento prolungato, e in corso ormai da tempo, di militanti e dirigenti che ha segnato di sé, estenuandolo, il Pc (di Rizzo, si dice) non ha trovato una strada univoca per “uscire” e riorganizzarsi, ma, a sua volta, si è ripresentato e si va ripresentando in tante forme diverse e autonome l’una dall’altra, in tanti, diversi e, uno dall’altro “indipendenti”, territori. In un quadro complessivo di feudalizzazione totale del movimento comunista italiano.
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Achtung alle trappole antifasciste e meloniane: al varco eravamo e saremo soli
di Konrad Nobile
Mercoledì 28 febbraio il presidente del Consiglio, nel corso di un’intervista condotta dal direttore del TG2, ha dichiarato di non essere disposto a prendere lezioni da quelli che, precedentemente al governo, facevano inseguire gli italiani dai droni o “sparavano con gli idranti sui lavoratori seduti a terra”.
Questa è stata la sferzata che la premier Meloni ha rivolto alle opposizioni parlamentari impegnate strumentalmente nell’incalzarla sulle cariche pisane della Celere.
Il tema della carica degli uomini del Reparto Mobile sugli studenti di Pisa è diventato infatti oggetto di interessate strumentalizzazioni sia da parte dei partiti d’opposizione, PD e 5 Stelle in primis, che naturalmente dei molti figuri, partitini e movimenti sinistri dal manto più radicale e “antagonista”, avvezzi a gridare come papere all’onnipresente “pericolo fascista” e alla democrazia sotto attacco. Realtà, queste, tanto pronte a stringere il pugno contro il “fantafascismo” quanto a sostenere i più grandi scempi (come il fanatismo LGBTQIA+) e ad avvallare le più plateali privazioni di libertà, queste sì veramente di stampo fascista, della nostra storia recente e le correlate politiche discriminatorie, manifestatesi con l’introduzione delle tessere verdi e degli obblighi vaccinali.
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Il Rubicone della NATO
di Giuseppe Masala
È chiaro a tutti che dopo la caduta di Avdeevka per l'Ucraina la situazione del conflitto con la Russia si è fatta pressoché insostenibile: truppe esauste e prive di quella rotazione tra reparti fondamentale per avere un esercito efficiente, carenza di munizioni e attrezzature, copertura aerea ormai sempre più scarsa se non inesistente e, infine, il rubinetto dei finanziamenti del governo di Washington ormai chiuso a causa delle barricate elevate nel Congresso da parte dei Repubblicani.
Pesa su Kiev, come è evidente, soprattutto il mancato finanziamento da parte di Washington perché ciò ovviamente comporta una sostanziale interruzione del flusso di attrezzature, armi e munizioni necessarie per tenere testa all'esercito russo. In questo tornante difficilissimo l'Europa sta provando in tutti i modi a sopperire al blocco dei flussi di risorse finanziarie e militari provenienti da Washington con il fine di tenere in piedi l'esercito ucraino evitando una disfatta di proporzioni simili a quelle che l'Italia subì a Caporetto.
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Il genocidio culturale di Gaza
di Roberto Iannuzzi
Ciò che sta accadendo a Gaza è un processo di annientamento che compromette il patrimonio culturale, l’identità, l’esistenza fisica e spirituale dell’intera popolazione della Striscia
Dall’inizio della campagna israeliana di bombardamenti a Gaza, lo scorso 7 ottobre, la Striscia è divenuta un’enclave di morte, sradicamento e distruzione. Oltre 30.000 palestinesi sono rimasti uccisi, più di 70.000 sono i feriti, molti dei quali hanno perso arti e/o saranno soggetti a disabilità permanenti.
Fra i civili, sono stati colpiti anche medici, operatori umanitari, professori, scienziati, artisti – cancellati insieme alle loro famiglie. Oltre 100 giornalisti sono caduti sotto il fuoco israeliano.
Le operazioni belliche di Israele nella Striscia costituiscono uno dei più violenti attacchi militari dalla fine della seconda guerra mondiale. Non vi è alcuna reciprocità nel conflitto, visto che Gaza non ha un esercito, e che i miliziani di Hamas, si limitano ormai – al più – ad azioni di guerriglia.
Ampie porzioni della Striscia sono state “ripulite” dai loro abitanti. Circa l’85% della popolazione è sfollata all’interno dell’enclave. I bulldozer israeliani hanno raso al suolo e devastato terreni agricoli, serre, frutteti che avevano impiegato anni per crescere, condannando alla fame gli abitanti di Gaza che sopravviveranno ai bombardamenti.
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Debito pubblico non è aver vissuto sopra le proprie possibilità
di Marco Cattaneo
La confusione tra debito pubblico e debito estero è una delle più letali, tra le molte in cui si inciampa leggendo i commenti economici dei giornaloni e dei media più o meno paludati.
Il debito pubblico, secondo questi commenti, è l’espressione di “aver vissuto sopra le proprie possibilità”. E a chi non è adeguatamente informato questo può sembrare ovvio e logico. No ?
Beh, non è né ovvio, né logico, né vero.
E una pulce nell’orecchio dovrebbe metterla la constatazione che TUTTI i paesi di un qualche rilievo economico hanno un debito pubblico.
Sì vabbè, si ribatte in genere a chi fa questo osservazione, ma è un problema di livello. Il debito pubblico italiano è “mostruosamente alto” (in realtà è più alto della media ma è poco più di metà di quello giapponese, rispetto al PIL. Ma non è questo il punto). “Un po’” di debito pubblico è normale ma noi ne abbiamo “decisamente troppo”.
Vediamo di chiarire.
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L’illusione meritocratica e il potere attrattivo dell’aristocrazia del talento
di Francesca Fulghesu
Lo slittamento semantico si verifica quando il significato di una parola o di un’espressione muta nel tempo, spesso assumendo connotazioni diverse da quelle originarie. Un termine può cambiare rimandi e senso per varie ragioni, tra cui l’evoluzione culturale, l’uso comune o il cambiamento di contesto. Ma spesso è la politica ad appropriarsi di un vocabolo e travisarne – volutamente o meno – il valore. Distorcendo, così, anche la percezione socialmente condivisa.
Al giorno d’oggi in pochi negherebbero di voler aspirare a una società meritocratica. In Italia, del resto, persino i ministeri contengono la parola “merito” nel nome. Ma cosa significa “merito”? E quanto è insidioso usare questo termine – e addirittura elevarlo a paradigma di riferimento – in modo neutrale, pacificato, presupponendo che sia evidente e inequivocabile cosa è meritevole (o chi è meritevole) e cosa non lo è?
“Meritare” deriva dal latino “mĕrĕo”, verbo della seconda coniugazione con numerosi significati. A seconda del contesto linguistico d’uso, può essere tradotto come meritare, meritarsi, essere degno di qualcosa, guadagnare, ottenere, incassare, ricevere in pagamento, prestare servizio militare, essere o rendersi colpevole, commettere un errore, comportarsi bene o male verso qualcuno, rendere buono o cattivo servizio, prostituirsi, mantenersi prostituendosi.
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Riscoprire Marx contro la comunicazione deviante, risorsa strategica del capitale
Salvatore Izzo intervista Luciano Vasapollo
«L’informazione e la comunicazione hanno ormai assunto un ruolo dominante sia sul terreno della produzione e dell’accumulazione sia su quello del consumo, reinventando l’impresa non solo nei suoi assetti strutturali ma come fabbrica sociale generalizzata; una fabbrica flessibile che si rigenera soprattutto nei suoi meccanismi di condizionamento di ogni struttura sociale in modo da imporre la cultura e i parametri di efficienza aziendale come valori sociali, come nuovi paradigmi del divenire sociale. E i nuovi media, il cui sviluppo prorompente è la conseguenza della ancor più incontrollabile espansione di Internet, rappresentano oggi fattori decisivi in tutti i processi economici». Lo afferma il prof. Luciano Vasapollo, esperto docente di economia dell’Università La Sapienza, in un’intervista a FarodiRoma.
«Per rispondere alla complessità dei bisogni aziendali postfordisti in un’ottica di accumulazione flessibile, la quantità e la qualità dell’informazione si trasforma dalla classica comunicazione aziendale in una comunicazione strategica sociale deviante che invade il territorio per imporre la cultura del profitto e del mercato come ultima spiaggia per l’umanità», spiega il docente, fondatore della Scuola di economia marxista decoloniale, d’ispirazione marxista, nell’ambito dell’ateneo romano, che è il più grande d’Europa.
* * * *
S.I.: Professore, è possibile analizzare con le categorie di Marx lo sviluppo imperioso dell’informazione nel mondo di oggi?
Siamo davanti a un capitalismo selvaggio che punta su un nuovo ruolo svolto dallo Stato-Impresa, da un Profit State del dominio tecno-economico con sempre più forti connotati di coercizione globale sociale.
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Cosa succede in Transnistria?
di Fabrizio Verde
Cosa succede in Transnistria? Ha fatto molto rumore a livello internazionale la richiesta di aiuto alla Russia che si è alzata da Tiraspol, capitale della Repubblica non riconosciuta. Il presidente Vadim Krasnoselsky durante il suo intervento al Congresso ha dichiarato che contro la Transnistria si sta applicando una politica di genocidio. Il riferimento è alle politiche della Moldavia miranti allo strangolamento economico, distruzione fisica di una parte del popolo, negazione della difesa legale, tentativo di imporre con la forza la lingua. "La voce dei transnistriani deve essere ascoltata. Dobbiamo parlare delle nostre libertà, dei nostri diritti, della nostra libera attività economica, del processo negoziale e, in ultima analisi, della pace in Transnistria", ha denunciato Vadim Krasnoselsky.
A tal proposito le autorità di Tiraspol hanno approvato una risoluzione dove si rileva che la Moldavia “ha essenzialmente lanciato una guerra economica contro la Transnistria, creando deliberatamente i presupposti per un deficit di bilancio multimilionario”. I deputati hanno affermato che la Moldavia sta bloccando la fornitura di medicinali e attrezzature mediche. Quindi Tiraspol chiede alla Russia di tenere conto del fatto che “più di 220mila cittadini russi hanno la residenza permanente sul territorio della Repubblica Moldava Pridnestroviana e l’esperienza positiva unica del mantenimento della pace russo sul Dniester, così come lo status di garante e mediatore nel processo negoziale” e attuare misure per proteggere la Transnistria in condizioni di crescente pressione da parte della Moldavia.
Come già riferito, la richiesta di aiuto alla Russia ha ottenuto grandissima risonanza all’estero. In passato sono stati adottati molti appelli di questo tipo e nel 2006 è stato addirittura indetto un referendum dove l’esplicito quesito era: "Sostenete il corso dell'indipendenza della Repubblica moldava di Transnistria e la successiva libera adesione della Transnistria alla Federazione Russa?".
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In Ucraina va sempre peggio, quindi gli Usa provocano la Cina
di Francesco Dall’Aglio*
Al terzo tentativo in un anno la NATO è finalmente riuscita ad affondare il pattugliatore “Sergey Kotov”: la prima volta attaccato con due droni, la seconda con cinque, stanotte con una decina.
Ho già scritto fino alla nausea del motivo sostanzialmente propagandistico di questi attacchi e delle conseguenze sul prosieguo delle operazioni militari, scarsissime dal punto di vista pratico, ma molto grandi per il dilemma strategico che comportano per la Russia, e non mi ripeterò.
Diciamo che la carta che ieri campeggiava alle spalle di Medvedev ne è un buon indicatore, soprattutto considerando che era circolata per poco tempo all’inizio del conflitto, era sparita dalle posizioni ‟ufficiali” russe e ora torna ad affacciarsi con tempismo sospetto (Medvedev è pur sempre l’ex Presidente della Federazione Russa, ed è sciocco chi crede che parli a caso o solo per fornire una sponda ai nazionalisti per farli fessi e contenti e tenerli buoni. I nazionalisti, se vuoi davvero farli contenti, devono ricevere qualcosa).
Intanto, come volevasi dimostrare, lo scopo è stato raggiunto.
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Le prime gocce della tempesta siamo noi
di Luca Pisapia
In Occidente è in atto una contro-rivoluzione, fatta con le armi della politica e della comunicazione dell'estrema destra globale, dove sono incisi i nomi, le date e gli slogan della costruzione di una fortezza chiusa, pura e inalienabile
C’è questa foto di puro orrore, è quella di un ragazzo con il suo fucile. Il ragazzo si chiama Brenton Harrison Tarrant. Il 15 marzo 2019 a Christchurch, in Nuova Zelanda, armato di fucile e di una telecamera montata sul casco, compie nel giro di pochi minuti due stragi. Prima dentro una moschea e poi nei pressi di un centro islamico. Muoiono oltre cinquanta persone: la più piccola ha tre anni, la più anziana settantasette.
Le immagini sono trasmesse in diretta dalla sua telecamera su un noto social network. Sul fucile ci sono incisi dei nomi. C’è il nome di Sebastiano Venier, protagonista della battaglia di Lepanto del 1571 in cui la Lega Santa sconfigge l’Impero Ottomano. C’è il nome di Novak Vujošević, che nella battaglia di Fundina il 2 agosto 1876 uccide 28 nemici turchi. C’è il nome di Nikitas Stamatelopoulos, il greco «mangiatore di turchi» e simbolo della guerra greco-ottomana.
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Il “dossieraggio” travolge l’Antimafia
di Dante Barontini
Il mondo politico, soprattutto di destra, è in rivolta contro una struttura fin qui osannata pubblicamente da tutti, ma che le prime indagini mostrano esser diventata un “potere indipendente” cresciuto in barba a molte regole e a tutte le “opportunità” proprie di una democrazia liberale.
Vicenda complicata, come tutte quelle che si svolgono a metà strada tra poteri “segreti” e ruoli pubblici, ma che si può riassumere così: un ex sostituto procuratore dell’Antimafia e il suo braccio operativo, un tenete della Guardia di Finanza, avrebbero usato il sistema “Sos” (’segnalazioni di operazioni sospette’) per monitorare – senza alcun mandato – le operazioni bancarie di una lunga serie di personalità pubbliche che va da politici in attività (Crosetto, Urso, ecc) fino a “vip” che con la politica (e soprattutto con la mafia) non hanno nulla a che vedere (il sempre presente Fedez, Cristiano Ronaldo, ecc).
Il sistema Sos ha come scopo quello di portare a conoscenza dell’Unità di informazione finanziaria di Bankitalia le operazioni per le quali «si sa, si sospetta o si hanno ragionevoli motivi» per sospettare che vi siano in corso oppure che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
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Dissenso, élites e "anelare alla dittatura"
La risposta di Carlo Rovelli a Mattia Feltri sull'intervista pubblicata da l'AntiDiplomatico
di Carlo Rovelli
Non è rimasta inosservata l'eccezionale intervista di Luca Busca al fisico e grande intellettuale italiano, Carlo Rovelli, pubblicata da l'AntiDiplomatico. Decine e decine le testimonianze di apprezzamento che ci sono giunte in redazione. Una qualità di contenuti e una capacità di comprensione dei fenomeni attuali che è linfa vitale nei tempi bui. Non è rimasta inosservata al punto da urtare la suscettibilità atlantica di Mattia Feltri, direttore dell'Huffington Post, che gli ha dedicato una risposta - "Una storia spaziale" - pubblicata, oltre che dal suo giornale online, anche su La Stampa. Di seguito pubblichiamo la risposta magistrale che Carlo Rovelli ha inviato all'Huffington Post. Non bisogna fare alto che leggerla e rileggerla (A.B.)
*
Caro Mattia Feltri,
ti ringrazio per il tuo commento a una mia intervista. Ti ringrazio per le parole di stima, per l’invito che rivolgi ai lettori a cercare la mia intervista online, e anche per le forti critiche: queste sono sempre buone occasione di scambi di idee. Accolgo l’invito al dialogo e provo a rispondere, in amicizia.
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Guerra russo-ucraina: l’alluvione
Il “mondo Z” compie due anni
di Big Serge - bigserge.substack.com
Traduzione di Antonio Gisoldi
Mentre il calendario piomba in un altro anno e scorriamo i giorni di febbraio, gli anniversari importanti vengono evidenziati in successione. Siamo ormai al 22/02/2022 +2: due anni dal discorso di Putin sullo status storico delle regioni di Donetsk e Luganski, seguito il 24/02/2022 dall’inizio dell’operazione militare speciale e dallo spettacolare ritorno della Storia.
La natura della guerra è cambiata radicalmente dopo una fase di apertura cinetica e mobile. Con il fallimento del processo negoziale (grazie o meno a Boris Johnson), è diventato chiaro che l’unica via d’uscita dal conflitto sarebbe stata la sconfitta strategica di una delle parti da parte dell’altra. Grazie ad aiuti occidentali (sotto forma di materiale, sostegno finanziario, ISRii e supporto all’individuazione dei bersagli) che hanno consentito all’Ucraina di andare oltre la sua economia di guerra indigena che stava rapidamente andando in fumo, è diventato chiaro che questa sarebbe stata una guerra di attrito industriale, piuttosto che di manovra rapida e annientamento. La Russia ha iniziato a mobilitare risorse per questo tipo di guerra d’attrito nell’autunno del 2022, e da allora la guerra ha raggiunto la sua qualità attuale - quella di uno scontro di posizione ad alta intensità di potenza di fuoco ma relativamente statica.
La natura di questa guerra d’attrito-di posizione si presta all’ambiguità in ambito d’analisi, perché nega i segni più attraenti ed evidenti di vittoria e sconfitta che hanno a che fare coi grandi cambiamenti nel controllo del territorio. Invece, bisogna farsi bastare un’ampia varietà di analisi posizionali di tipo aneddotico, su piccola scala, e dati nebulosi, e tutto questo può essere facilmente mal interpretato o frainteso.
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Dal colonialismo sanitario ai barbari epistemici. La nuova Africa è l’Europa?
di Domenico Fiormonte
Perché scrivo questo libro? Perché condivido l’angoscia di Gramsci: “Il vecchio mondo è morto. Il nuovo è di là da venire ed è in questo chiaro-scuro che sorgono i mostri”. Il mostro fascista, nato dalle viscere della modernità occidentale. Da qui la mia domanda: che cosa offrire ai Bianchi in cambio del loro declino e delle guerre che questo annuncia? Una sola risposta: la pace. Un solo mezzo: l’amore rivoluzionario.
Houria Bouteldja
1. Colonialismo sanitario. L’Africa e il caso di Ebola
Tra il 2017 e il 2018 Helen Lauer, filosofa della scienza che lavora da trent’anni in Africa e docente all’Università di Dar es Salaam (Tanzania), ha pubblicato una serie di fondamentali ricerche che denunciano gli effetti dell’agenda sanitaria globalista sulla salute pubblica in Africa. In realtà nel cosiddetto Sud Globale si discute da anni di questi problemi, ma poco o nulla trapela all’interno dello sfinito mondo universitario europeo, per non parlare dei media mainstream. Dico subito che si tratta di studi che oggi, a due anni di distanza dalla pandemia COVID, probabilmente nessuna rivista accademica pubblicherebbe. E le ragioni appariranno chiare a breve. Le ricerche condotte da Lauer ci offrono un’efficace rappresentazione del cosiddetto colonialismo sanitario, fenomeno assai diffuso e che, come vedremo nella seconda parte, ha investito in pieno anche l’occidente. Fa da sfondo alla sua analisi il concetto di ingiustizia epistemica, cioè (molto in sintesi) quelle ingiustizie generate da un accesso diseguale ai mezzi di produzione, rappresentazione e diffusione della conoscenza. Cercherò qui di riassumere il contributo che si intitola The Importance of an African Social Epistemology to Improve Public Health and Increase Life Expectancy in Africa.
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Il capitalismo genocidiario si cela dietro la cortina della società dello spettacolo
Il suo linguaggio è divenuto finzione filmica
di Salvatore Bravo
Capitalismo genocidiario
Il capitalismo non è mai sufficientemente compreso nelle sue dinamiche distruttive e negatrici della natura umana e della vita. La sua azione globale non può che incontrarsi e scontrarsi con i limiti delle conoscenze personali e, specialmente, con le censure dirette e indirette a cui siamo sottoposti. Riorientarsi in una realtà organizzata secondo la forma del capitale mediante il “velo dell’ignoranza” è operazione non semplice. Se ci poniamo nell’ottica del cittadino medio e delle nuove generazioni possiamo ben comprendere quanto “il capitalismo dello spettacolo” riduca il pianeta a uno strumento da usare e da consumare: in tal modo la vita dei popoli e la storia del capitalismo sono obliati. Il capitalismo senza la mediazione umana della storia può continuare la sua corsa nelle comunità e negli individui; può continuare a bruciare vite e popoli e a percepirsi come “assoluto”.
Il capitalismo si autopresenta come “assoluto” e costruisce di sé una immagine ipostatizzata, in quanto coltiva l’ignoranza di sé. Le esistenze organizzate in stile “reality” consentono ai crimini del passato e del presente di perpetuarsi. Il capitalismo dello sfruttamento e genocidiario si cela dietro la cortina della società dello spettacolo. Anche il linguaggio è divenuto finzione filmica, non a caso la parola “capitalismo” è stata abilmente sostituita con le espressioni “liberale e liberista”, le quali ammiccano alla libertà. Si ha l’impressione di essere dalla parte giusta, e di vivere nella libertà: naturalmente la libertà “capitalistica” deve essere intesa come la possibilità di affermare il proprio “io” usando il mondo e riducendo ogni incontro a mezzo per accrescere l’ego-idolatria. La storia del capitalismo riportato alla sua verità storica e ai suoi crimini è paideutica per accrescere qualitativamente la crescita umana e politica delle soggettività e delle comunità.
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Navalny stava per essere liberato
di Piccole Note
La presidente della Fondazione di Navalny ha rivelato che l'oppositore del Cremlino stava per essere liberato. Il ruolo di Abramovich e l'obbligato silenzio di Mosca
Subito dopo la morte di Alexej Navalny, la Bild aveva rivelato che l’oppositore del Cremlino stava per essere liberato in cambio di alcuni russi detenuti in Occidente, ma la notizia è stata presto cestinata. Tuttavia, poco dopo, Maria Pevchikh, Presidente della Fondazione Anticorruzione, quella di Navalny, lo ha confermato. E questo cambia tutto, dato il ruolo della stessa e i dettagli rivelati.
Navalny: l’accordo era fatto
Prima in una dichiarazione, poi in un video, la Pevchikh ha spiegato che, dopo l’arresto del loro leader, la sua organizzazione aveva avviato una caccia serrata alle spie russe per farne merce di scambio con Mosca. Quindi, hanno iniziato a sollecitare le autorità tedesche e americane perché aprissero negoziati in tal senso, ma non “fecero nulla”.
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L'inquietante accordo militare con Kiev: rischi e scenari
Alessandro Bianchi intervista Fabio Mini
Molti degli elettori che hanno scelto Giorgia Meloni alle scorse elezioni non si sarebbero certo aspettati una politica estera più draghiana di Draghi, più atlantista del direttore di Repubblica Molinari o più filo Zelensky di un’Ursula qualunque. Eppure, l’ultimo viaggio a Kiev da presidente di turno del G7 del nostro premier nella capitale ucraina ha sciolto tutti i dubbi rimasti. L’accordo decennale con cui la Meloni, senza nessun passaggio parlamentare, ha legato il paese al regime di Kiev rimane il lato più oscuro e inquietante.
Nessuno più del generale Fabio Mini, autore di "L'Europa in guerra" (Paper First, 2023) e della premessa al nuovo libro di Giuseppe Monestarolo "Ucraina, Europa mondo" (Asterios, 2024) può aiutarci a fare luce, individuare i dettagli e scenari futuri. Mini è una delle voci più coerenti e forti nel denunciare i rischi connessi all'atteggiamento europeo verso il conflitto in corso. Con i suoi articoli su Limes e il Fatto Quotidiano, è riuscito a rompere la propaganda dominante. Quella propaganda che, come abilmente preannunciato dallo stesso generale, sta portando il nostro continente a un passo da un baratro sempre più visibile.
Abbiamo chiesto al generale Fabio Mini di aiutarci a sciogliere diversi dubbi per “Egemonia”.
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La fine di un consenso ingiustificato. Israele verifica come le è cambiato il mondo intorno
di Sergio Cararo
Alcuni anni fa lo storico israeliano Ilan Pappè inchiodava le responsabilità della comunità internazionale nella complicità con i crimini coloniali israeliani contro i palestinesi chiedendo: “Fino a quando il mondo permetterà a Israele di fare quello che fa?”
L’incantesimo sbagliato, che ha consentito decenni di consensi e complicità del tutto ingiustificati a livello internazionale verso Israele, sembra però essersi spezzato in più punti di fronte al genocidio dei palestinesi in corso a Gaza
Perfino in tre importanti paesi dove il livello di servilismo e complicità con lo Stato di Israele appariva inamovibile (Germania, Stati Uniti, Italia), si è rotto il silenzio e si palesano proteste sia verso la politica israeliana sia verso i suoi pervasivi – ma oggi meno efficaci – apparati ideologici di stato.
Mentre non si è ancora spenta né risolta la questione della partecipazione israeliana all’Eurovision, sul piano culturale si sono aperti altri fronti di contestazione contro Israele.
In Germania durante la cerimonia di premiazione del festival del cinema di Berlino sabato scorso ha fatto scalpore il regista statunitense Ben Russell ha accettato il premio per il suo documentario Direct Action indossando una kefiah palestinese sulle spalle e dichiarando che “Naturalmente siamo per la vita e siamo contrari al genocidio, e per un cessate il fuoco in solidarietà con i palestinesi”.
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Sinistra o destra? Guerra di classe
di Pasquale Cicalese
È notte fonda, ho fatto 7:30 di sonno, sto ascoltando Radio Gaga dei Queen. Mi si chiede, con citazioni di canzoni, di ritornare al campo di sinistra, mio naturale approdo. Non vi appartengo dalla delusione della Pantera, ero simpatizzante socialista, rimasi depresso dalla fine della Prima Repubblica, e dalla distruzione degli assetti pubblici e istituzionali fatti con la Seconda Repubblica.
Dopo la laurea volevo lavorare presso la Presidenza del Consiglio come analista economico, ma rinunciai, non volli servire la Seconda Repubblica. Ora c'è una nuova generazione di gente di sinistra, giovani che forse non hanno a che fare con i dinosauri distruttori come Prodi, Draghi ecc. D'altra parte a destra c'è il Premierato e l'autonomia differenziata, miei nemici assoluti.
Mi muovo nel solco della dialettica di guerra, ora gioco con lui, poi gioco con l'altro, fine: l'avanzamento delle istanze dei movimenti operai e contadini. Dal 1994 fino alla sua morte ho seguito la politica estera di Berlusconi, una cosa non gli perdonai (ma era minacciato): la morte di Gheddafi, l'ho scritto in 50 anni di guerra al salario. Ho frequentato gente di Potere Operaio, del 77, ex brigatisti, ex Prima Linea, a Crotone vedevo negli anni settanta, anche in ambito familiare, la lotta di classe, tramandata dalle lotte bracciantili degli anni 50.
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Raddoppiare gli errori fatali
di Piero Pagliani
la dedichiamo a tutti quelli - e sono tanti - che pur essendo testimoni di fatti importantissimi e determinanti dell'avvenire della civiltà, neanche se ne accorgono!
Enzo Jannacci, “Prete Liprando e il giudizio di Dio”
1. Neanche se ne accorgono!
Qualcuno si chiederà perché ho così poca stima, e a volte nessuna, per la maggior parte dei politici, dei media e degli “esperti”, uomini e donne, che occupano la scena italiana, europea e occidentale.
La risposta è semplice: perché non si meritano nessuna stima.
Nel 2014 alcuni deputati del neonato Movimento 5 Stelle e il compianto giornalista Giulietto Chiesa, mi chiesero di presiedere un convegno internazionale intitolato “Global Warning”, cioè “attenzione alla guerra globale”. Il convegno si tenne presso la Biblioteca del Senato della Repubblica. La tesi dei lavori era che la Nato stava preparando un grande scontro con la Russia nell'Europa orientale. Tesi che Giulietto Chiesa ribadì nei suoi tour in giro per l'Italia. Con tutte le critiche di carattere teorico e politico che io gli rivolgevo schiettamente in quegli anni, riconosco volentieri che Giulietto vedeva più lontano di tutti i suoi colleghi giornalisti, sia perché era più intelligente, sia perché conosceva la Russia e l'Europa orientale molto meglio.
Ascoltate bene questi 57 secondi: https://www.youtube.com/watch?v=sDPVIljawNU
Era esagerato? Era complottista? Giudicate voi.
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