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piccolenote

Atun: fuggito al rave attaccato il 7 ottobre, ucciso dai soldati israeliani

di Piccole Note

Un'altra crepa nella narrazione ufficiale di quel drammatico giorno

Haaretz racconta la storia Ofek Atun, sfuggito all’attacco del rave di Re’im a opera di Hamas del 7 ottobre scorso e ucciso poi dalle forze israeliane. Scampato all’attacco del rave rifugiandosi in un bunker, Atun si era diretto in automobile con la sua ragazza, Tamar, verso Nord, “mentre i razzi cominciavano a volare sopra di essi”. E aveva trovato rifugio presso il Kibbutz Alumim.

“La coppia – continua Haaretz – ignara che i soldati israeliani avevano già cacciato tutti i terroristi dal kibbutz, bussò freneticamente a diverse porte prima di fare irruzione nella casa di una coppia di anziani, che si era rifugiata in una stanza sicura”. Avendoli scambiati per terroristi, però, gli anziani chiesero aiuto alla sicurezza, intervenuta prontamente.

Dopo aver fatto evacuare i due residenti, un soldato entrò in casa, armato di una pistola, mentre l’altro gli copriva le spalle dalla finestra. Quanto accaduto successivamente non è chiaro. Scrive Haaretz: “Secondo un membro della squadra di sicurezza della comunità, Atun e il soldato hanno litigato e il soldato gli ha sparato più volte, scambiandolo per un terrorista”.

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marx xxi

Mondo in frantumi eredità della Cia

di Jeffrey Sachs

TRAMARE SENZA PAGARE.  I suoi metodi sono segreti e doppi. L’assenza di responsabilità permette ad agenzia e presidente di gestire la politica estera senza alcun controllo pubblico: il Congresso è uno zerbino

Esistono tre problemi fondamentali con la Cia: gli obiettivi, i metodi e la mancanza di responsabilità.

I suoi obiettivi operativi sono quelli che la Cia o il presidente definiscono essere nell’interesse Usa in un determinato momento, indipendentemente dal diritto internazionale o dalle leggi statunitensi. I suoi metodi sono segreti e doppi. L’assenza di responsabilità significa che la Cia e il presidente gestiscono la politica estera senza alcun controllo pubblico. Il Congresso è uno zerbino. Come ha detto un recente direttore della Cia, Mike Pompeo, parlando del suo mandato: “Ero il direttore. Mentivamo, imbrogliavamo, rubavamo. Avevamo interi corsi di formazione. Tutto questo ti ricorda la gloria dell’esperimento americano”.

La Cia fu istituita nel 1947 come successore dell’office of Strategic Services (Oss). L’Oss aveva svolto due ruoli distinti durante la Seconda guerra mondiale, l’intelligence e la sovversione. La Cia assunse entrambi i ruoli. Da un lato, doveva fornire informazioni al governo.

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coku

Il “peccato originale” dell’economia aziendale

di Eugenio Donnici

Alla Scuola di specializzazione di Roma3, il Professor Manni, nei suoi sermoni liturgici sull’economia aziendale, era solito richiamarsi a uno dei fondatori di questa disciplina, vale a dire Gino Zappa, allievo di Fabio Besta, evidenziandone il metodo scientifico, nell’analizzare i fatti di gestione. Tale disciplina ha avuto la sua espansione a macchia d’olio, nei primi anni 90 del secolo scorso, quando gli ospedali vennero trasformati in aziende, le USL in ASL, quando il modello aziendalista incorporò tutti gli Enti del Terzo settore e inglobò le stesse famiglie nel modello di aziende di consumo. A completare il quadro, ci pensò la scuola pubblica, che rimodulò la docimologia sui crediti e sui debiti.

Il far di conto è un’attività che affonda le sue radici nel mondo antico e prende corpo là dove si presenta la necessità di misurare le transazioni commerciali. Nella divisione del lavoro assunsero importanza e prestigio sociale lo scriba in Egitto, il logista in Grecia e il rationale a Roma, ma le tecniche contabili fecero un notevole passo in avanti, quando nel Medioevo Leonardo Fibonacci sostituì i numeri romani con quelli arabi e in pieno Rinascimento, quando Fra’ Luca Pacioli formulò per la prima volta il metodo della partita doppia.

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bastaconeurocrisi

Nord comanda Sud ? Anche no

di Marco Cattaneo

La tesi di parecchi euroausterici è che la garanzia integrale della BCE sui debiti pubblici dei vari Stati aderenti all’Eurozona sarebbe possibile solo se agli Stati del Nord fosse esplicitamente attribuito il controllo sulla finanza pubblica degli Stati del Sud.

Motivo ? Il Sud ha livelli di debito pubblico più alti, e percepiti come più rischiosi dai mercati. Se il Nord si deve sobbarcare un costo è giusto che abbia il controllo della situazione. E se questo è politicamente inaccettabile, non ci può essere garanzia BCE.

L’argomentazione ha una sua logica APPARENTE. Ma in realtà è infondata.

La garanzia della BCE non costa assolutamente niente al Nord. Se la BCE dichiara che il BTP italiano non renderà più del 2%, quello diventa il tasso di mercato, a cui i BTP vengono comprati e venduti. La Germania e gli altri paesi del Nord non devono pagare NULLA.

La garanzia sui debiti pubblici, insistono gli euroausterici, spingerebbe però il Sud ad aumentare deficit e debito ancora più di oggi. Ma questo è un problema solo per le sue potenziali conseguenze sull’inflazione.

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piccolenote

Il 'Momento Navalny': echi da terza guerra mondiale

di Piccole Note

I falchi stanno tentando di riaccendere il fuoco ucraino, che si stava mestamente spegnendo dopo la caduta di Adviika. La spinta a innescare la terza guerra mondiale è forte. Fortunatamente c'è ancora un residuo di ragionevolezza nella leadership occidentale

“Secondo Stoltenberg, ogni alleato deciderà autonomamente se fornire F-16 all’Ucraina, perché gli alleati hanno visioni politiche diverse. Ma allo stesso tempo, secondo questi, la guerra in Ucraina è una guerra di aggressione e l’Ucraina ha il diritto all’autodifesa, compreso quello di attaccare obiettivi militari russi legittimi al di fuori dell’Ucraina”. Così nel report di Radio Liberty citato da Strana ed Euromaidanpress).

 

Il “momento Navalny”: la follia di dare a Kiev missili a lungo raggio

Non solo gli F-16, sui media si susseguono appelli e indiscrezioni sulla fornitura di missili a lungo raggio. Reclamizzati come necessari a colpire le linee di approvvigionamento dei russi, sarebbero usati, come da affermazione di Stoltenberg, per colpire in profondità il territorio russo. Una follia da terza guerra mondiale.

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contropiano2

Nazisionismo e diritto internazionale

di Fabio Marcelli

La comunità internazionale ha oggigiorno un gravissimo problema: l’esistenza di uno Stato canaglia, un regime autoritario, guerrafondaio e genocida che da troppo tempo si fa beffe di ogni norma internazionale e che attualmente sta spingendo la sua tracotanza criminale al di là di ogni limite, massacrando impunemente i Palestinesi e rifiutando ogni soluzione politica e fondata sul diritto della situazione che esso stesso ha determinato.

Il governo di Benjamin Netanyahu costituisce il risultato dell’impunità e della complicità troppo a lungo accordate dall’Occidente allo Stato di Israele.

Al suo interno sono chiaramente egemoni le forze di natura apertamente fascista per le quali è stato opportunamente coniato il termjne di “nazisioniste”, guidate da personaggi come lo stesso Netanyahu, Ben Gvir e Smotrich, per i quali non è affatto forzato il paragone coi gerarchi del Terzo Reich come Hitler, Himmler e Goering che conclusero le loro infauste esistenze alla fine della Seconda guerra mondiale, cui avevano dato inizio circa cinque anni prima.

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altrenotizie

Ucraina, la svolta di Avdeevka

di Michele Paris

Tra i governi occidentali e all’interno del regime di Zelensky, la notizia della liberazione ormai definitiva di Avdeevka è arrivata come un uragano, nonostante la sorte della cittadina nelle immediate vicinanze di Donetsk appariva ormai segnata da svariate settimane. Gli sponsor dell’Ucraina, riuniti nell’annuale Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera, hanno cercato di limitare i danni quanto meno in termini di immagine, grazie anche al contemporaneo decesso ancora senza una causa ufficiale del “dissidente”, nonché “asset” della CIA, Alexei Navalny. L’importanza della perdita di Avdeevka per Kiev minaccia però di segnare un passaggio decisivo nella guerra per procura della NATO, con le forze russe che sembrano intenzionate a intensificare le pressioni lungo tutto il fronte di guerra.

Zelensky ha dovuto nuovamente ingoiare amaro davanti ai suoi padroni occidentali. Secondo //tlgrm.ru/channels/@rezident_ua">fonti ucraine, l’ex comico televisivo intendeva prolungare la resistenza ad Avdeevka per offrire qualcosa all’Occidente – o, da un altro punto di vista, per non subire una nuova umiliazione – e convincere i propri interlocutori, durante la conferenza in Germania, a sbloccare fondi e armi necessari a evitare il tracollo.

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ilchimicoscettico

Par condicio (turpitudinis)

di Il Chimico Scettico

Da lontano guardo la settimana italiana trascorsa.

(Il sottoscritto secondo Repubblica e lo stato italiano sarebbe un no vax, ovviamente, perché la mia notifica la ho avuta. E la ho avuta anche se tra 2021 e 2022 ho viaggiato per terra e per aria con un certificato di vaccinazione internazionale a cui si faceva caso solo in Italia. E a proposito del titolo di Repubblica, ennesima dimostrazione di quello a cui serve il fronte del delirio).

Dunque, abbiamo la Lega che infila un emendamento per posticipare le multe agli inadempienti vaccinali al 31 dicembre prossimo. La Lega, cioè un partito che votò il green pass (per ragioni di forza maggiore, ovviamente). Marattin twitta al riguardo e parla di scienza (quella accazzodicane, evidentemente, con ivaccini che fermano il contagio, un falso di proporzioni colossali). Fine del primo atto.

Secondo atto. Al senato si discute di Commissione sulla gestione della pandemia. Roberto Speranza fa l'isterico in aula e la Schlein applaude.

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aldous

L’obbedienza è di nuovo una virtù

di Davide Miccione

Difficile trovare una terza posizione. Purtroppo. La prima è che la democrazia sia lo spazio in cui si costruiscono le decisioni, i compromessi e i convincimenti a partire dalle idee che ogni uomo coltiva in se stesso. Dalla collaborazione e dallo scontro tra i diversi modi di vedere il mondo esce fuori il nostro costante tentativo di capirlo e amministrarlo. Non sono le idee a essere contenutisticamente democratiche (chi mai dovrebbe deciderlo?) ma il loro costante confronto e il lavoro per assicurarlo. È faticoso farlo e bisogna resistere alla disumanizzante ma facile tentazione di non riconoscere l’altro come un interlocutore. Bisogna riuscire contemporaneamente a pensare che ha torto ma che questo suo “torto” non lo butta fuori dalla discussione e che questo “torto” sia un bene anche per me che penso di avere ragione.

La seconda posizione è più facile. Ci si può lasciare andare al disgusto morale per l’altro. Proiettarlo fuori dalla discussione. Ci sarebbero dunque in partenza idee accettabili in democrazia e idee inaccettabili. La democrazia si svolgerebbe nel confronto tra i soli portatori di idee accettabili.

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coniarerivolta

Tassi alle stelle: le banche ringraziano la BCE

di coniarerivolta

Chiunque abbia provato, negli ultimi mesi, a chiedere un mutuo o un prestito, ha scoperto sulla sua pelle cosa significa dover pagare una quantità enorme di interessi. L’onere per un mutuo per acquistare una casa nel corso del 2022 e del 2023 è cresciuto così intensamente da risultare uno degli elementi determinanti dell’impoverimento delle famiglie in Italia e altrove in Europa.

Una scelta pienamente politica quella dell’aumento dei tassi stabilita dalla BCE con la scusa di voler combattere l’inflazione sulla base di fantasiose interpretazioni del fenomeno come se fosse legato ad una tensione dal lato della domanda e richiedesse quindi manovre di tipo restrittivo per calmierare l’economia. Una lettura delirante e in evidente malafede che è servita essenzialmente a due cose: 1) da un lato a deprimere le economie contribuendo ad aggravare crisi e disoccupazione depotenziando così – per questa via – il potere contrattuale dei lavoratori (che è inversamente proporzionale al livello di disoccupazione esistente e di sicurezza del lavoro). Quest’obiettivo implicito è stato persino reso esplicito da recenti dichiarazioni del capo economista della BCE Philippe Lane che ha spiegato che, pur essendo decisamente calata l’inflazione, prima di abbassare eventualmente i tassi di interesse servono garanzie che i salari dei lavoratori non stiano aumentando; 2) la seconda funzione dell’aumento dei tassi è stata quella incrementare in modo vistoso i profitti bancari. Ed è proprio di questi profitti che vogliamo parlare.

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chartasporca

Educazione e violenza: parliamone (con Weber)

Per uno specialismo spirituale

di Francesco Bercic

Chiunque s’impanchi a critico del sistema universitario contemporaneo, nella fattispecie dell’insegnamento all’interno delle facoltà umanistiche, si scontra presto o tardi contro il muro apparentemente invalicabile dello specialismo. Basti dare un’occhiata anche sommaria alle recenti pubblicazioni accademiche, non solo di settori umanistici, per comprendere portata e ampiezza del fenomeno: tranne rare eccezioni, esse indagano per lo più campi di ricerca talmente circoscritti da apparire talvolta cavillose e insignificanti perfino a chi insegna la stessa materia, per non parlare di un pubblico generalista. Ovviamente si tratta di una questione irriducibile a un giudizio di sorta. In ogni caso, l’impossibilità di accedere a un sapere sintetico e aperto, di compendiare le diverse conoscenze settoriali e farle convergere in un’unità, sembra più che mai acclarata, come d’altronde aveva intuito già cent’anni fa Max Weber: “Un risultato realmente definitivo e valido è oggi sempre una prestazione di carattere specialistico” (La scienza come professione, 1917). “Chi non possiede oggi – aggiungeva rivolgendosi ai giovani laureandi – la capacità di indossare dei paraocchi e di persuadersi intimamente che il destino della sua anima dipende dall’esattezza di questa, proprio di questa congettura rispetto a quel passo di quel manoscritto, se ne rimanga lontano dalla scienza”.

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intelligence for the people

Navalny, un problema per Putin più da morto che da vivo

di Roberto Iannuzzi

Caduto nel dimenticatoio dopo il suo arresto, Navalny è tornato a essere per l’ultima volta, con la sua scomparsa improvvisa, un’arma da scagliare contro il Cremlino

L’improvviso decesso dell’oppositore russo Alexei Navalny, a un mese dalle elezioni presidenziali che si terranno a metà marzo, certamente non è avvenuta in un momento propizio per il presidente russo Vladimir Putin.

Da vivo, Navalny non avrebbe avuto alcuna influenza sullo svolgimento delle elezioni. A differenza di quanto lasciato intendere dai media occidentali, Navalny non è mai stato particolarmente amato dai russi.

Nel luglio 2013, allorché partecipò alla competizione elettorale per la carica di sindaco a Mosca, ottenne il 27,24% dei voti. Ma nei sondaggi presidenziali curati dal Centro Levada (istituto certamente non affiliato al Cremlino, tanto che nel 2016 venne classificato come “agente straniero” dal ministero della giustizia russo), quello che la stampa occidentale ha sempre dipinto come “il rivale di Putin” non ha mai superato il 10%.

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megachip

Una guerra di Menzogne

di Redazione

In seno all’establishment anglosassone qualcuno comincia a farsi domande radicalmente in contrasto con la narrazione atlantista dominante in merito alla guerra ucraina. Anche lo stesso Elon Musk e investitori a lui vicini

Un post in materia di Ucraina apparso su «X», a cura dell’imprenditore David Sacks (nato in Sudafrica come Elon Musk e con una carriera da investitore che è andata in parallelo con quella di Musk), segnala che anche in seno all’establishment anglosassone qualcuno comincia a farsi domande radicalmente in contrasto con la narrazione atlantista dominante. Questa impressione è rafforzata da un commento di plauso al post: il commentatore è proprio Musk che dice: «accurate» (“esattamente”).

Leggiamo dunque il post di David Sacks:

«UNA GUERRA DI MENZOGNE

La guerra in Ucraina si basa su bugie: bugie su come è iniziata, su come sta procedendo e su come finirà.

Ci viene detto che l’Ucraina sta vincendo quando in realtà sta perdendo.

Ci viene detto che la guerra rafforza la NATO quando in realtà la sta esaurendo.

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lacausalitadelmoto

Il governo Italiano porta a processo la resistenza palestinese

di Alessio Galluppi

È di pochi giorni fa la notizia che il Ministro di Giustizia abbia richiesto alla Corte di Appello di Ancona l’arresto di un palestinese di 37 anni, Anan Yaeesh, per avviare la procedura giudiziaria di estradizione in Israele.

Il governo italiano, nel chiedere l’arresto di Anan Yaeesh su richiesta dello Stato di Israele, che ha presentato l’istanza al governo Italiano, fa quanto storicamente gli compete: essere parte del mandante storico – le nazioni imperialiste dell’Occidente ed Europee – della colonizzazione pro domo propria della Palestina, della pulizia etnica e del genocidio in corso del popolo palestinese. Non è un caso che di fronte alle mobilitazioni internazionali a fianco della Palestina, l’Italia sostenga disperatamente Israele.

L’Italia già si sta macchiando di complicità nel genocidio aderendo alla strategia israeliana e occidentale di affamare il popolo di Gaza che non recede sotto le bombe e la vigliacca carneficina di donne e bambini, unendosi al covo di briganti di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Canada, Australia, Olanda, Finlandia che hanno annullato i finanziamenti all’UNWRA, agenzia delle Nazioni Unite per gli aiuti umanitari nei campi profughi palestinesi.

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pierluigifaganfacebook

Il futuro non è scritto, ma tanto non lo scriveremo noi

di Pierluigi Fagan

 A giugno ci saranno le men che inutili elezioni europee. Due anni fa e tra due anni, ci sono state e ci saranno altrettanto inutili elezioni nazionali. In realtà, l’assetto portante del nostro futuro sarà deciso dal popolo statunitense, il prossimo novembre.

Certo, ormai sappiamo tutti che quella che chiamiamo “democrazia” tale non è ammesso lo sia mai stata. Sappiamo dell’economia, la finanza, le élite, costellazioni di poteri primi e secondi che avvolgono lo spazio politico che è ai minimi termini per quantità e qualità, in teoria e in pratica.

Il cinquantennio neoliberale iniziato negli anni ’70 è stato una controrivoluzione antidemocratica molto complessa e ben strutturata a molti livelli. Del resto, è insita nella teoria liberale più generale la preferenza ordinativa dell’economico sul politico. Negli anni Sessanta e primi Settanta, a partire di nuovo dagli Stati Uniti, i vertici del sistema si preoccupò e allarmò molto perché conscio dei decenni di transizione che il sistema occidentale aveva davanti e degli andamenti del mondo, non si poteva certo affrontarli con forme di politica democratica che già disordinavano culture, piazze, università, condizioni etniche, diritti politici oltreché civili, mondo del lavoro e quant’altro.

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linterferenza

La morte di Navalny: una risposta all’intervista a Putin?

di Antonio Castronovi

L’intervista rilasciata da Putin a Tucker Carlson ha destabilizzato la narrazione della propaganda anti-putiniana portata avanti dell’apparato politico-mediatico occidentale, presentando un personaggio sconosciuto all’opinione pubblica soprattutto americana. Putin si propone così non più come il sanguinario dittatore, novello Attila, Gengis Kan o Ivan il Terribile, pronto a scatenare l’apocalisse e a distruggere la nostra superiore civiltà, ma come un uomo pacato e colto, fine ragionatore politico, paziente interlocutore nella ricerca di compromessi, ma fermo e risoluto tutore e difensore degli interessi del suo popolo. Dalla sua intervista emerge con chiarezza un uomo che ha cercato in tutti i modi di evitare il conflitto ricercando le soluzioni che potevano pacificare gli animi e ricomporre le divergenze e lo stato di guerra civile in cui era precipitata l’Ucraina con il Donbass russo dopo il colpo di Stato di piazza Maidan del 2014. È stato l’artefice degli accordi di Minsk che prevedevano l’unità del paese fuori dalla NATO con concessione di autonomia amministrativa a quelle regioni, rinunciando alla loro separazione.

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acropolis

Inflazione e potere

di Alessandro Roncaglia

Questo testo sostiene, e non da una prospettiva marxista, che la dipendenza degli Stati Uniti dalla Fed (in contrapposizione ad altri mezzi) per combattere l’inflazione attraverso il suo strumento brusco dei tassi di interesse ha l’effetto di colpire il lavoro mentre in genere non affronta le cause immediate. È interessante notare che l’autore Alessandro Roncaglia si oppone anche alla visione monetarista e popolare secondo cui l’espansione dell’offerta di moneta provoca inflazione, spiegando come gli aumenti dell’offerta di moneta possano essere il risultato dell’inflazione [Yves Smith].

Esistono forti interrelazioni tra politica economica, cultura e rapporti di potere nella società. Ciò è abbastanza evidente nelle politiche monetarie restrittive intraprese dalle banche centrali di tutto il mondo di fronte alle recenti esplosioni inflazionistiche.

Le politiche monetarie restrittive sono una risposta standard all’inflazione. Ma non sono prive di costi, poiché esercitano una pressione al ribasso sulla produzione e sull’occupazione. Sorgono quindi due domande: sono la risposta corretta in generale? E lo sono, in questa situazione specifica?

La mia risposta è diversa da quella mainstream.

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contropiano2

«I soldati devastano le case, poi rubano soldi e gioielli»

di Chiara Cruciati*

Ramallah. La confisca di auto, denaro e gioielli. «Prima se trovavano qualche centinaio di shekel i soldati se li intascavano. Ora arrivano in missione. Hanno devastato la cucina: aprivano gli sportelli, prendevano un piatto alla volta e li fracassavano a terra. Hanno tagliato i cuscini dei divani e aperto i cassettoni delle serrande. Ci ripetevano di dargli soldi e gioielli. Hanno confiscato la nostra auto».

Nura racconta di una notte insonne, una casa a pezzi.

A lei però è andata bene: i soldati le hanno dato un documento con i dettagli dell’auto. A Ghassan non hanno lasciato nulla. È un detenuto di lungo corso, tra arresti diversi ha trascorso 13 anni in carcere.

«Hanno lanciato i mobili dalla finestra. Mi dicevano di dargli i soldi e l’oro, che era meglio se li mettevo sul tavolo io. Hanno preso un migliaio di shekel e la mia macchina, dicevano che l’avevo comprata con denaro del terrorismo».

E poi, Lara. Vive accanto a Ghassan. L’hanno chiusa in una stanza con le due figlie, un soldato di guardia alla porta: «Avevano i cani, hanno terrorizzato le mie figlie. Hanno preso 2mila shekel». Cinquecento euro.

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fuoricollana

La favola della “società signorile di massa”

di Salvatore Bianco 

La nostra non è una società «signorile di massa», come postula Luca Ricolfi, ma soffre di quegli stessi mali che si ripropongono come terapia. Rispecchia la forma neoliberale che il capitalismo si è dato a partire dagli ultimi decenni del ventesimo secolo

Se si volesse una forma esemplare, nei suoi tratti anche estremi, del tipo di racconto emergente intorno a una società italiana in crisi di lavoro, occorre riferirsi senza esitazioni a Luca Ricolfi, sociologo, professore di Analisi dei dati all’Università di Torino, che tra un saggio del 2019, La società signorile di massa, e una serie di più recenti interviste, delinea un regime sociale, per l’appunto signorile e di massa, che si sarebbe instaurato nel frattempo in Italia.

 

Gente che non lavora

«La tesi che vorrei difendere – dichiara in avvio l’autore – è che l’Italia è un tipo nuovo, forse unico, di configurazione sociale. La chiamerò società signorile di massa, perché è l’innesto, sul suo corpo principale, che rimane capitalistico, di elementi tipici della società signorile del passato feudale e precapitalistico».

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mondocane

Tutto il mondo sta esplodendo….

di Fulvio Grimaldi

Byoblu-Mondocane 3/14 in onda domenica 21.30. Repliche lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30,domenica 09.00

Ricordate, voi vegliardi come me, la canzone che Lotta Continua aveva tradotto da “Eves of destruction” di Barry McGuire e che si cantava a gola spiegata un po’ dappertutto in Italia nel famoso decennio di quello che è stato il miglior tentativo in Italia per sbarazzarsi dell’inutile, del pernicioso e del mafioso?

C’erano versi significativi come questi: “Tutto il mondo sta esplodendo / dall’Angola alla Palestina, / l’America Latina sta combattendo,/ la lotta armata avanza in Indocina… L’America dei Nixon, degli Agnew e Mac Namara / dalle Pantere Nere una lezione impara; / la civiltà del napalm ai popoli non piace,/ finché ci son padroni, non ci sarà mai pace…

Beh, Angola e Indocina, Pantere Nere e napalm non appaiono più sul proscenio. Oggi vanno Black Lives Matter, anzi andavano, finanziati da Soros, e le profezie di Isaia. Però, guarda un po’, la Palestina è ancora lì, più che mai, alla faccia di Isaia e di chi dice che tutto è incominciato solo il 7 ottobre.

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piccolenote

Navalny, il martire del maccartismo

di Piccole Note

Gonzalo Lira, i morti di serie B. Navalny da vivo non costituiva alcuna minaccia per Putin, da morto sì

Nello stesso giorno in cui è giunta la notizia della morte di Alexei Navalny l’Ucraina ha annunciato il ritiro da Adviika. La cattura della città da parte dei russi sarebbe suonata come campana a morto per la guerra ucraina, la morte di Navalny non solo ha coperto la notizia, ma rilancia la campagna maccartista contro la Russia.

Conquista più che simbolica quella di Adviika, perché qui si era recato Zelensky a fine dicembre per rilanciare la sfida a Mosca, dichiarando con fierezza che Kiev non si sarebbe mai arresa. Già allora era chiaro che la città era persa, ma il presidente ucraino ha voluto difenderla a tutti i costi (come per Bakhmut), mandando al macello i suoi soldati, caduti come mosche sotto il fuoco nemico per un altro mese e mezzo, per arrivare, infine, a ripiegare come aveva suggerito da tempo il capo delle forze armate, generale Valery Zaluznhy, nel frattempo silurato.

Tale la dinamica della guerra alla Russia fino all’ultimo ucraino. La morte di Navalny, dunque, ha coperto tutto, anzi rilanciato. Infatti, Zelensky non ha mancato di far sentire la sua voce contro il “dittatore” russo: “Navalny è morto in una prigione russa. Ovviamente è stato ucciso da Putin”.

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comidad

La deindustrializzazione coincide con la crescita del microcredito

di comidad

In molti hanno ritenuto di liquidare l’intervista rilasciata da Putin a Tucker Carlson come propaganda. Certo che si tratta di propaganda, e non si capisce cos’altro avrebbe dovuto essere. Ciò non esimerebbe però i nostri governi dal replicare a delle specifiche dichiarazioni piuttosto imbarazzanti. In particolare Putin ha riconfermato quanto già si era detto immediatamente dopo l’attentato al gasdotto North Stream, e cioè che il pur grave sabotaggio non aveva del tutto compromesso la possibilità di approvvigionamento di gas russo, in quanto un tubo è rimasto funzionante, perciò la Germania, se volesse, potrebbe ancora servirsene; cosa che invece non sta facendo. La carenza energetica, dovuta al mancato approvvigionamento di gas russo, ha determinato in Germania un drammatico incremento dei costi di produzione, con la conseguente chiusura di numerosi impianti di aziende come Basf, Michelin, Ford, Goodyear, e ora anche Volkswagen. Secondo alcuni commentatori il partito dei Verdi, ora al governo a Berlino, non considera la deindustrializzazione un problema; anzi, essa andrebbe nel senso di un’auspicabile decrescita.

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lantidiplomatico

La "gestione della terra" e concentrazione dell’agricoltura in Italia: i dati

di Alessandro Bartoloni

 

Il movimento dei trattori che sta scuotendo l’Italia ha suscitato un grande interesse per le condizioni dell’agricoltura nel nostro paese. Un settore sempre più concentrato nelle poche mani di grandi imprenditori capitalisti e per questo sempre più lontano dalle esigenze dei lavoratori, dei consumatori e della natura.

 

La gestione della terra

Dai dati ISTAT aggiornati al 2020 emerge che nell’arco di 38 anni si è passati da 3,1 milioni di aziende agricole a 1,1 milioni (-64%). E anche i terreni sono diminuiti: la superficie agricola utilizzata (SAU) è calata del 20,8%, quella totale del 26,4% per una perdita di 33 mila e 60 mila chilometri quadrati rispettivamente (per avere un’idea, l’intera Sicilia è grande meno di 26 mila km2).

Dunque, ci sono sempre meno aziende e il minor terreno a disposizione è gestito da soggetti sempre più grandi. Ma a fronte di una complessiva diminuzione della terra a disposizione che nell’ultimo decennio è stata pari al 2,5%, le piccole aziende risultano avere sempre meno terra, mentre quelle grandi l’aumentano.

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acropolis

Come la CIA destabilizza il mondo

di Jeffrey D. Sachs

La portata del continuo caos derivante dalle operazioni della CIA andate male è sbalorditiva. In Afghanistan, Haiti, Siria, Venezuela, Kosovo, Ucraina e molto altro ancora, le morti inutili, l’instabilità e la distruzione scatenate dalla sovversione della CIA continuano ancora oggi. I media tradizionali, le istituzioni accademiche e il Congresso dovrebbero indagare su queste operazioni al meglio delle loro possibilità e chiedere la pubblicazione di documenti per consentire una responsabilità democratica.

La CIA ha tre problemi fondamentali: i suoi obiettivi, i suoi metodi e la sua mancanza di responsabilità. I suoi obiettivi operativi sono quelli che la CIA o il Presidente degli Stati Uniti definiscono essere nell’interesse degli Stati Uniti in un determinato momento, indipendentemente dal diritto internazionale o dalle leggi statunitensi. I suoi metodi sono segreti e doppi. L’assenza di responsabilità significa che la CIA e il Presidente gestiscono la politica estera senza alcun controllo pubblico. Il Congresso è uno zerbino, uno spettacolo secondario.

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Neanche Draghi sa più come uscirne…

di Dante Barontini

Se c’è qualcuno che può permettersi di dire l’indicibile, in campo euro-atlantico, è ancora Mario Draghi.

Impossibile accusare questo demolitore del patrimonio pubblico italiano, nonché per qualche anno vicepresidente di Goldman Sachs, poi governatore della Banca d’Italia, quindi della Banca Centrale Europea, infine presidente del Consiglio e ora “consulente” della Commissione Europea (il “governo” UE), di non avere a cuore e ben chiaro in testa quale sia l’interesse strategico del capitale multinazionale basato sulle due sponde del Nord Atlantico.

Solo lui, dunque, può osare dire che “la globalizzazione” – la fase della egemonia incontrastata dell’Occidente neoliberista e della gigantesca delocalizzazione produttiva nei paesi a basso costo del lavoro – ha rafforzato soprattutto i “nemici”, indebolendo “i valori liberali” (ormai solo “chiacchiere e distintivo”, per i governi nella Nato) e costringendo sia i governi nazionali che le banche centrali a seguire regole diverse, impreviste, improvvisate.

Draghi parlava, ieri, alla Nabe economic policy conference, dove è stato insignito del «Paul Volker Lifetime Achievement Award», premio intitolato all’ex governatore della Federal Reserve americana.

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lantidiplomatico

Il vortice del mondo

di Alastair Crooke - Strategic Culture

Gli Stati Uniti si stanno avvicinando alla guerra con le Forze di Mobilitazione Popolare irachene, un'agenzia di sicurezza statale composta da gruppi armati, alcuni dei quali vicini all'Iran, ma soprattutto nazionalisti iracheni. Gli Stati Uniti hanno effettuato un attacco con un drone a Baghdad, mercoledì, che ha ucciso tre membri delle forze Kataeb Hizbullah, tra cui un comandante senior. Uno degli assassinati, al-Saadi, è il comandante più alto in grado ad essere stato assassinato in Iraq dopo l'attacco del 2020 che ha ucciso il comandante iracheno al-Muhandis e Qassem Soleimani.

L'obiettivo è sconcertante, poiché la Kataeb ha sospeso più di una settimana fa le sue operazioni militari contro gli Stati Uniti (su richiesta del governo iracheno). La sospensione è stata ampiamente pubblicizzata. Allora perché questa figura di spicco è stata assassinata?

Le torsioni tettoniche spesso sono innescate da un'unica azione eclatante: l'ultimo granello di sabbia che, sommato agli altri, innesca lo scivolamento, rovesciando il mucchio di sabbia. Gli iracheni sono arrabbiati. Sentono che gli Stati Uniti violano in modo sconsiderato la loro sovranità, mostrando disprezzo e sdegno per l'Iraq, una civiltà un tempo grandiosa, ora ridotta in rovina dalle guerre USA. Sono state promesse ritorsioni rapide e collettive.

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piccolenote

L'attacco a Rafah e la scommessa persa da Israele

di Piccole Note

L'attacco a Rafah non sembra imminente. Netanyahu lo propugna a fini interni. Ma Israele ha chiesto troppo a quanti erano disposti a schiararsi con esso. E ha perso, diventando un paria

L’attacco in grande stile a Rafah, il più grande campo profughi del mondo, non è ancora avvenuto, anche se si registrano bombardamenti sporadici non beneaguranti. È come se l’operazione fosse stata sospesa, mentre, al contrario, sul fronte Nord, si è registrato l’attacco più massivo contro il Libano dall’inizio della guerra, per rispondere a un’azione offensiva di Hezbollah particolarmente riuscita, ma soprattutto per colmare un vuoto.

La macchina da guerra israeliana, infatti, come accade in tutte le guerre, ha bisogno di inanellare successi, veri o asseriti che siano. E in un mondo accelerato come l’attuale, tale processo necessita di una cadenza quotidiana.

Sull’offensiva a Rafah, segnali contrastanti. Iniziamo dalle rivelazioni di Politico, che riporta indiscrezioni di rilievo: “L’amministrazione Biden non ha intenzione di punire Israele qualora lanciasse una campagna militare a Rafah senza garantire la sicurezza dei civili […] non ha nessuna intenzione di muovere rimproveri, il che significa che le forze israeliane potrebbero entrare in città e nuocere ai civili senza dover affrontare conseguenze da parte dell’America”.

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mondorosso

La guerra USA contro il primato tecnologico mondiale della Cina

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

I “fatti testardi” (Lenin) risultano da tempo chiari ed esposti nel 2023 anche dall’insospettabile istituto Australian Strategic Policy Institute in un suo rapporto fatto passare, guarda caso, sotto silenzio da gran parte della sinistra occidentale: in base a esso la Cina è ormai diventata il “numero uno” planetario in ben 37 dei 44 principali settori tecnologicamente importanti del mondo contemporaneo.

Come hanno ben evidenziato T. Buccellato e S. Olivari, “una ricerca dell’Australian Strategic Policy Institute (Aspi) rivela che la Cina ha costruito le basi per posizionarsi come superpotenza scientifica e tecnologica leader a livello mondiale, stabilendo un vantaggio sorprendente: nella maggior parte dei settori tecnologici critici ed emergenti, gli istituti di ricerca generano nove volte più documenti di ricerca ad alto impatto rispetto al secondo paese classificato, il più delle volte gli Stati Uniti. La Cina ha raggiunto così una leadership su 37 dei 44 ambiti tecnologici critici riportati nella tabella. Tutte le tecnologie etichettate come ad alto rischio di monopolio sono presidiate da Pechino. Non a caso, cresce in continuazione il flusso verso il paese asiatico di conoscenze e di ricercatori talentuosi in questi settori”.[1]

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quodlibet

L’esperienza del linguaggio è un’esperienza politica

di Giorgio Agamben

In che modo sarebbe possibile cambiare veramente la società e la cultura in cui viviamo? Le riforme e persino le rivoluzioni, pur trasformando le istituzioni e le leggi, i rapporti di produzione e gli oggetti, non mettono in questione quegli strati più profondi che danno forma alla nostra visione del mondo e che occorrerebbe raggiungere perché il mutamento fosse davvero radicale. Eppure noi abbiamo quotidianamente esperienza di qualcosa che esiste in modo diverso da tutte le cose e le istituzioni che ci circondano e che tutte le condiziona e determina: il linguaggio. Abbiamo innanzitutto a che fare con cose nominate, eppure continuiamo a parlare a vanvera e come capita, senza mai interrogarci su che cosa stiamo facendo quando parliamo. In questo modo è proprio la nostra originaria esperienza del linguaggio che ci rimane ostinatamente nascosta e, senza che ce ne rendiamo conto, è questa zona opaca dentro e fuori di noi che determina il nostro modo di pensare e di agire.

La filosofia e i saperi dell’Occidente, confrontati con questo problema, hanno creduto di risolverlo supponendo che ciò che facciamo quando parliamo è mettere in atto una lingua, che il modo in cui il linguaggio esiste è, cioè, una grammatica, un lessico e un insieme di regole per comporre i nomi e le parole in un discorso.

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lantidiplomatico

Assange, le ore decisive

di Agata Iacono

Sono gli ultimi giorni, forse, per Assange nella prigione a Londra definita la Guantanamo inglese.

Tra pochissimi giorni la Corte dovrà esprimersi sulla ammissibilità del ricorso di Julian Assange, l'ennesimo e l'ultimo.

Se gli sarà respinta questa possibilità, l'estradizione negli USA, dove lo aspettano 175 anni di detenzione in completo isolamento, potrebbe essere immediata.

Sono moltissime le iniziative in tutto il mondo a favore di Assange, si intensificano sempre più anche in Italia: solo per citarne alcune, si fa pressione a Roma e Milano, ad esempio, affinché Gualtieri e Sala concedano finalmente la cittadinanza onoraria, è stata inaugurata una mostra, vengono proiettati docufilm, promossi flash mob sotto l'ambasciata UK, indette conferenze stampa...fino al giorno finale, il D-Day, che vedrà a Londra attivisti da tutto il mondo.

Sulla vicenda di Assange, insomma, si sta parlando tanto, mai abbastanza certo, è totalmente ignorato cancellato dalla memoria dei media di massa, ma, forse, si trascura una questione fondamentale, che lo rende veramente un eroe della nostra epoca.