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kriticaeconomica

“Infection rights”: la razionalità economica come ideologia

di Andrea Zhok

In questi giorni è uscito un articolo dal titolo “Efficient Policy Interventions in an Epidemic” (qui il testo) scritto da due economisti italiani, operanti all’estero.

L’articolo, per quanto usualmente tecnico, ha mosso qualche onda in rete, perché, nonostante i tecnicismi, diversi lettori vi hanno percepito qualcosa di abnorme.

Curiosamente diversi economisti di professione, anche intelligenti, colti e critici, si sono lasciati andare a commenti giustificativi del paper.

In verità entrambe le reazioni sono ben comprensibili, anche se quella più interessante a mio avviso è quella degli “economisti critici”, perché mostra la potenza ideologica pervasiva dell’approccio economico standard insegnato nelle nostre università (la cosiddetta “sintesi neoclassica“).

Informalmente l’articolo sostiene che si potrebbero internalizzare le esternalità create dalla pandemia sul sistema produttivo dando un prezzo al rischio di contrarre l’infezione attraverso il conferimento di “diritti di infezione” (infection rights).

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insideover

L’accusa di Mosca: “L’arresto dei mercenari un piano ucraino-americano”

di Emanuel Pietrobon

La crisi fra Russia e Bielorussia è rientrata per via dell’improvviso e inaspettato scoppio di una duratura insurrezione post-elettorale che, in piedi dalla sera del 9 agosto, non mostra ancora segni di declino e/o di interruzione. I disordini, sui quali sin da subito ha iniziato a gravare l’ombra di un’interferenza straniera, per via degli arresti di dimostranti provenienti da Polonia e Ucraina, poi confermata dal protagonismo del duo Varsavia-Vilnius e dell’Unione Europea, hanno convinto Aleksandr Lukashenko a sospendere la politica di avvicinamento all’Occidente, riportandolo saldamente a riaffermare il posizionamento geopolitico di Minsk all’interno della sfera d’influenza russa.

L’episodio più eclatante della crisi, che sarebbe culminata in una vera e propria rottura in assenza del maldestro tentativo di cambio di regime, è stato indubbiamente l’arresto di trentatre mercenari del gruppo Wagner, avvenuto il 29 luglio. L’operazione aveva avuto luogo grazie alla soffiata ricevuta da alcuni servizi segreti esteri, secondo i quali i militari privati si sarebbero trovati nel Paese con l’intento di attuare un piano di destabilizzazione alla vigilia delle elezioni.

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sinistra

Il diversivo

di Lorenzo Merlo

Gli stati sono strutture. Architetture desiderate, pensate, progettate, realizzate. Sono destinati a contenere un corpo sociale. Prevedono gangli di controllo e/o gestione normalmente chiamato “sistema”.

Il sistema tende a funzionare secondo la concezione auspicata in modo direttamente proporzionale all’ubbidienza degli elementi privati e associativi che in esso sono ammessi dal sistema stesso.

La disobbedienza mette in crisi il funzionamento e la sopravvivenza dell’organismo sistema.

In tempo di bassa consapevolezza generale il sistema adotta metodi di controllo e gestione ad essa confacenti e soddisfacenti. Quando il gradiente di consapevolezza generale tende a crescere, il sistema a sua volta evolve. Ciò che andava bene prima perde di efficienza e diviene necessario escogitare adeguate infrastrutture.

La Rivoluzione francese prima e l’Internazionale comunista poi – farcite da altre minori espressioni – ebbero il pregio di alzare il livello di consapevolezza comune relativamente ai dictat imposti dai sistemi governativi. L’alfabetizzazione ne accelerò il processo. Per mantenere il controllo e la gestione sociale serviva un’idea.

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comuneinfo

Una politica per l’Antropocene

di Paolo Cacciari

Sta avvenendo sotto i nostri occhi: la conclusione di un ciclo di civilizzazione lungo e addirittura di un’era geologica che molti scienziati definiscono con il nome Antropocene. Abbiamo bisogno di individuare le cause profonde della crisi ecosistemica, strutturale e di civiltà e di prospettare molte alternative, diverse già sperimentate, per uscire dal miope cinismo economicista e dalle logiche distruttive dell’accumulazione capitalista prevalenti. Ma non non basta avere una coscienza di classe, servono anche la coscienza di genere, di generazione, di luogo, di specie. Abbiamo bisogno di un immaginario comune, di una cosmovisione.

C’è chi pensa – vedi il genetista evoluzionista Svante Pääbo, in Elizabet Kolbert, La sesta estinzione, Beat edizioni, 2014 – che ci sia un “gene faustiano” annidato nella mente umana che spinge alcuni individui (maschi, come ci dimostra l’archeologa Marija Gimbutas) a sviluppare comportamenti aggressivi, predatori, distruttivi. Nel corso della storia, si sono creati clan, potentati, elite dominati che sono riusciti a plasmare e organizzare secondo le loro regole le intere relazioni sociali.

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lordinenuovo

Il "rivoluzionario" Bonomi

di Graziano Gullotta

Chi sia e che ruolo abbia avuto l’elezione a presidente di Confindustria Carlo Bonomi lo abbiamo scritto in un articolo su questo giornale al momento della sua nomina a capo degli industriali italiani.

In realtà l’approccio bonomiano alle relazioni e alle politiche industriali, che potremmo ricondurre al ruolo di “falco” utilizzando il gergo del giornalismo politico, non ha nulla di innovativo o “rivoluzionario”, per citare una sua ultima uscita infelice.

Si tratta infatti di una posizione di intransigente arroganza e supponenza nel portare avanti gli interessi di un pezzo consistente di classe padronale italiana che si trova sempre più in difficoltà nel recuperare i livelli di bilancio pre-crisi e nel mantenere una competitività con i capitali stranieri nel mercato globale e soprattutto in quello italiano.

Un comportamento che possiamo in realtà definire “classico” per la classe borghese della fase morente del capitalismo nella quale viviamo, una posizione di profonda reazione nella quale il perseguimento dell’interesse di classe coincide con la necessità di garantire la sopravvivenza stessa della propria classe e dell’intero sistema di valori e di regole che la informa.

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coku

Il debito pubblico italiano è uno Schema Ponzi

di Leo Essen

Italia, terra di santi, di poeti e navigatori, ma soprattutto di ragionieri.

Da quando i dati sono largamente accessibili nella loro presunta forma grezza (o neutra) tutti ci siamo riscoperti analisti economici.

Basta accede a una della banche dati disponibili – Eurostat, Banca mondiale, Ocse, Banca d'Italia - per dotarsi di una razione ragionevole di dati per dimostrare qualsiasi teoria.

L’impresa sulla quale si stanno misurando in molti in questi giorni su Facebook è la dimostrazione, dati alla mano, della teoria che assimila il debito pubblico italiano a uno schema Ponzi.

Nello Schema Ponzi (wikipedia) a una persona che ha una certa quantità di denaro liquido viene proposto un investimento dal quale ricaverà un guadagno facile e veloce e superiore ai tassi di mercato. Dopo poco tempo, all'invertitore viene pagata una discreta somma, facendogli credere che il sistema funzioni. Si sparge la voce, altre persone aderiscono al Sistema Ponzi e investono i loro risparmi. Con una parte dei soldi via via incassati dai nuovi aderenti si pagano gli interessi ai vecchi aderenti. Tutto funziona finché le richieste di rimborso del capitale versato non superano i nuovi investimenti.

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insideover

Gli infettivologi tedeschi bocciano il governo italiano: “Il lockdown? L’Italia ha sbagliato tutto”

di Alessandra Benignetti

Chiudere le discoteche? Non solo questa ma “tutte le decisioni del governo italiano sono state sbagliate”. Non ha dubbi Sucharit Bhakdi, specialista in microbiologia ed epidemiologia delle infezioni che per 22 anni ha diretto l’Istituto di Microbiologia dell’Università Johannes Gutenberg di Magonza. Assieme alla moglie, Karina Reiss, ricercatrice nel campo della biochimica, infezioni e biologia cellulare all’università di Kiel, ha dato alle stampe un libro che in poche settimane è diventato un best seller in Germania con oltre due milioni di copie vendute.

Corona Fehlalarm? (“Falso allarme Corona?”), edito da Goldegg Verlag, è uno studio basato su numeri, dati e almeno duecento citazioni della letteratura scientifica, che punta a ridimensionare la portata della pandemia in corso in tutto il globo. “Basta guardare il tasso di mortalità, è da lì che ognuno di noi può evincere che il Sars Cov-2 è paragonabile ad un qualsiasi virus influenzale”, dicono ad Inside Over i due autori del volume. I numeri a sostegno di questa tesi sono elencati nelle pagine del tascabile, che tra qualche settimana sarà tradotto anche in lingua inglese.

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contropiano2

“L’inflazione? Magari ce ne fosse…” La Fed smonta il diktat

di Claudio Conti

Il capitalismo non funziona più e il quadro teorico-operativo che lo ha sostenuto negli ultimi 30 anni – il neoliberismo monetarista – non ha più alcuna funzione positiva. Anzi…

Il discorso con cui il presidente della Federal Reserve – la banca centrale statunitense – ha aperto il simposio annuale di Jackson Hole (una riunione informale dei governatori della banche centrali mondiali, con inviti “mirati”), a buon diritto stavolta si guadagna l’aggettivo di “storico”.

In poche parole, infatti, Jerome Powell ha annichilito quello che per quasi quattro decenni ha rappresentato il pilastro delle politiche monetarie mondiali: l’obiettivo di inflazione “intorno al 2% annuo”.

Non c’è mai stata alcuna prova scientifica che quel livello fosse davvero “ottimale”, così come per i “parametri di Maastricht” su cui è fondata l’Unione Europea, ma in ogni caso le banche centrali intervenivano alzando i tassi di interesse quando quando l’inflazione annuale accennava a salire sopra il 2%, “raffreddando” così la crescita economica. E facendo naturalmente l’opposto quando scendeva molto sotto a quel livello.

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pensieriprov

Il discorso di Draghi

di Sandro Arcais

Del discorso di Draghi ai giovani di Comunione e Liberazione si è molto scritto. Ne hanno scritto Dante Barontini su Contropiano, Guido Salerno Aletta su Teleborsa, Thomas Fazi sull’Antidiplomatico e la redazione di Piccole Note, per citarne solo quattro. Tutti si sono concentrati soprattutto su alcuni temi toccati da Draghi: l’ingiustizia che da sociale viene da lui trasformata in ingiustizia generazionale, la necessità di tornare alle regole europee, revisionate finché si vuole, la necessità che il debito venga ripagato in futuro dalle nuove generazioni, il dovere della generazione di Draghi di mettere in grado le generazioni future di ripagare il debito contratto dai loro padri con un massiccio investimento in formazione, la distinzione (un po’ vaga nel testo) tra debito buono e debito cattivo. Rimando ai quattro articoli citati per un loro esame.

Io vorrei aggiungere al dibattito due temi toccati da Draghi, che mi sembrano essere stati sottostimati.

Il primo rimanda a un paragone che si era subito imposto nei mezzi di comunicazione di massa italiani tra l’epidemia di coronavirus e la guerra. Già Draghi aveva sdoganato definitivamente questo paragone con tutto il peso della sua autorevolezza nella famosa lettera sull’Economist. Davanti ai giovani di Comunione e Liberazione ha ripreso il paragone:

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operaviva

Andamento lento

Salvaguardare la memoria nell'epoca della spensieratezza

di Ludovico Fusco

«L’assenza di pensiero è un ospite inquietante che si insinua dappertutto nel mondo d’oggi. Infatti al giorno d’oggi, se si vuole conoscere qualcosa, si prende sempre la via più rapida e più economica e, una volta raggiunto lo scopo, nello stesso istante, altrettanto rapidamente, lo si è già dimenticato. […] Anche quando regna l’assenza di pensiero, però, non possiamo affatto abdicare alla capacità di pensare che costituisce il nostro essere».

Questo passo, risalente al 1959, si trova nelle prime pagine dell’opuscolo Gelassenheit (L’abbandono) scritto da Martin Heidegger. Con l’intuito e la lungimiranza propri del grande filosofo, egli aveva già sessanta anni fa colto un aspetto centrale del riassestamento della società occidentale al termine della Seconda guerra mondiale. Le parole di Heidegger mi paiono tanto più vere oggi se penso a come il mondo del capitalismo sia gradualmente divenuto condizione di possibilità di tale, si potrebbe dire, «spensieratezza». Qui opero una scelta terminologica non casuale, dato che l’espressione di cui il pensatore tedesco fa uso nel suo scritto è Gedankenlosigkeit.

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sinistra

Abitudini e novità dal Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, agosto 2020. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole, ci ricorda il libro del Qoelet. Afferma senza timore che c’è un momento per tutto e un tempo per ogni cosa sotto il cielo. Il saggio del libro conclude che tutto è vanità, soffio che svanisce in fretta, come bruma mattutina. L’autore coglie l’aspetto abitudinario dell’esistenza, la ripetizione di gesti, pensieri, parole e azioni. La cronaca quotidiana è una litania di cose già vissute, risapute, commentate e più volte interpretate. La storia come ciclo che si ripete oppure come segmento che si apre verso l’inedito. Concezioni della vita che si completano e non smentiscono affatto la vanità che accompagna la maggior parte delle umane azioni. Mettiamo, ad esempio, i naufragi e le morti dei migranti e rifugiati nel Mar Mediterraneo, un dramma di questi ultimi giorni. Appaiono per molti come un’abitudine, una tra le tante, in fretta accantonata per passare in fretta ad altre cose. Le diseguaglianze ogni volta più consistenti tra Paesi e all’interno dei Paesi, tra una minima classe capitalista transnazionale, e il resto del mondo considerato accdentale periferia o zavorra di cui disfarsi se necessario.

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teleborsa

Contrordine Banchieri!

di Guido Salerno Aletta

Svolta a Jackson Hole, dopo 40 anni di monetarismo, una follia che ha distrutto l'America (e l'Italia)

Basta una parola per cambiare la politica monetaria americana: aggiungendo "media" con riferimento all'inflazione del 2%. Siccome non si dice in quale periodo pluriennale si calcola la media, che è mobile, il gioco è fatto: l'economia va sostenuta ad ogni costo, l'occupazione è prioritaria, la rendita finanziaria può andare a picco.

Erano quarant'anni che l'obiettivo della stabilità della moneta, con un tasso di inflazione vicino ma non superiore al 2%, era diventato un mantra ossessionante.

La nostra storia, quella degli Usa e quella dell'Italia si è piegata davanti a questo tabù, che ha creato ricchezze immense e povertà spaventevoli.

Vi racconto perché.

Io, i miei vecchi libri di economia, quelli su cui ho studiato, da Caffè a Forte, da Lipsey a Baffi, da De Cecco a Modigliani, non li ho mai buttati. E poi Napoleoni, quello sì che mi affascinava: con il collettaneo dal titolo "L'inflazione e le inflazioni", la monografia sul "Valore" e l'ultimo addio: "Cercate ancora". Di manuali non ho quelli di Monti, di Andreatta, e di Draghi: introvabili.

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treccani

La Bielorussia a un bivio

di Maurizio Vezzosi

Dopo l’ennesima riconferma elettorale di Aleksandr Lukašenko, in Bielorussia sono emerse vivaci proteste contro un presidente al potere dall’ormai lontano 1994. I risultati ufficiali del voto hanno visto Lukašenko imporsi con circa l’80% dei voti: a distanza di 70 punti percentuali ‒ 10% ‒ si sono attestate le preferenze per Svetlana Tikhanovskaja, la trentottenne che viene considerata la principale oppositrice di Lukašenko. Anche ammettendo i brogli denunciati dall’opposizione e dalle maggiori cancellerie occidentali, il consenso di cui gode Lukašenko resta ancora rilevante e superiore a quello di ogni altra forza d’opposizione, seppur rumorosa e organizzata.

La Bielorussia è stata pressoché l’unico Paese dell’ex URSS che non ha conosciuto privatizzazioni selvagge e deindustrializzazione su larga scala (come avvenuto sia nei Paesi baltici, sia in Ucraina sia nella stessa Federazione Russa) rimanendo fino ad oggi uno dei Paesi ex sovietici con il livello di corruzione più basso ‒ risultato tangibile della politica della tolleranza zero promossa da Lukašenko ‒ e con il maggior grado di stabilità e sicurezza sociale.

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sinistra

Un NO al taglio dei parlamentari contro l’avanzata delle postdemocrazie

di Lorenzo Poli

Sembra assurdo che si debba scrivere un articolo per difendere la democrazia, ma a quanto pare ce n’è estremo bisogno. Sui social c’è di tutto e di più: tuttologi, esperti del momento e costituzionalisti che, con la scusa di occuparsi di Costituzione, spacciano la loro opinione per scienza. Questo non è importante perché sempre c’è stato e sempre ci sarà, ma ciò che è veramente importante è analizzare la banalità con cui si sta affrontando questo referendum. Un referendum che tratta di Costituzione e non di patatine, che tratta di democrazia non di temi scontati. Eppure sembra che l’opinione pubblica non sia pronta a questo referendum. Si sente palpabile la volontà politica di non parlare di questo referendum, di ovviarlo, di metterlo all’angolo come se non fosse una cosa importante. Il referendum doveva svolgersi il 26 marzo 2020, ma a causa Covid-19 è stato rimandato al 20-21 settembre. Né a marzo né in questi mesi se n’è sentito parlare. Si è aspettato a fare il referendum dopo il periodo estivo così da non avere il tempo per informare i cittadini sul referendum, sebbene adesso in tv sbuchino le bacheche elettorali. I mesi per informarsi, ci sono stati, ma la gente non ne ha avuto i mezzi per il semplice fatto che vi è stato un silenzio stampa assordante sul referendum.

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comidad

La politica USA rafforza l'asse Russo-Cinese

di comidad

Il mainstream ha ormai sposato l’idea di una nuova guerra fredda tra USA e Cina. Questa presunta guerra fredda è oggetto di analisi da parte dei centri-studi di questioni globali, come l’ISPI, l’Istituto di Studi di Politica Internazionale. Fondato nel 1934 dal regime fascista, l’ISPI era il centro-studi che consigliava Mussolini. Visti i risultati, già da allora era il caso di prendere con le molle le sue analisi, ed oggi le cose non sembrano andare diversamente.

Su Ispionline si trova infatti uno strano articolo, nel quale indirettamente si riconosce che, aldilà delle velleità soggettive degli USA, oggi non vi sono le condizioni oggettive di una nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina, poiché in tutta evidenza mancano le basi per un duopolio mondiale tra le due potenze. La Cina infatti intrattiene rapporti economici con quasi tutto il mondo ma non è egemone in nessuna area. L’unica base militare all’estero della Cina è a Gibuti in Africa, ma è poca cosa in rapporto alla presenza economica che ha in quel continente. Ce ne sarebbe a sufficienza per fare giustizia di tutte le narrazioni da talk-show sulla minaccia globale della Cina, invece lo “studioso” autore dell’articolo conclude che una guerra fredda comunque c’è e che agli Europei conviene allinearsi al volere degli USA.

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antoniomazzeo

Soldi e interessi militari NATO per i test sierologici Covid-19 in Italia

di Antonio Mazzeo

Due milioni di test sierologici su base volontaria per il personale docente e amministrativo di tutte le scuole d’Italia. Uno screening di massa senza precedenti nella storia che il governo Conte-Azzolina-Speranza ritiene necessario per “contrastare e contenere l’emergenza COVID-19” ma che solleva perplessità nel mondo scientifico e tra gli stessi operatori scolastici per la non comprovata attendibilità delle indagini e l’incerta protezione dei dati personali sensibili che saranno raccolti e sistematizzati.

L’esecuzione dei test sierologici è stata demandata ai medici generici e ai laboratori delle aziende sanitarie locali. I dati relativi al loro esito sono trasmessi ai Dipartimenti di prevenzione delle ASL che li comunicano poi alla Regione di appartenenza, la quale – a sua volta - li trasmette in forma aggregata all’Istituto Superiore di Sanità (ISS)”, si legge nell’apposita circolare del Ministero della Salute del 7 agosto 2020. Una procedura complessa e con molteplici attori in campo che rende possibile l’accesso ad una straordinaria mole di dati scientifici e statistici da parte di soggetti terzi con fini e interessi economici (transnazionali e industrie farmaceutiche) o, peggio ancora, militari.

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ilpungolorosso

L'ex caserma Serena di Treviso, un caso esemplare di razzismo di stato

Quattro immigrati arrestati: “giustizia è fatta”

di Pungolo Rosso

Nella vicenda della ex-caserma Serena a Dosson (Treviso) mancava solo l’ultimo tassello perché il delitto fosse perfetto. E immancabilmente il tassello è andato a posto: 4 immigrati sono stati arrestati con imputazioni pesantissime – sequestro di persona, devastazione, saccheggio. A ruota altri 8 (tra cui alcuni minorenni) risultano indagati. Il giornale di centro-sinistra di Treviso, La tribuna (20 agosto), ha esultato con la seguente prosa da fogna: “decapitato il vertice del gruppo di esagitati che hanno tenuto in scacco un’intera città” .

Ripercorriamo allora la vicenda per vedere come in realtà siano stati il ministero dell’interno, la prefettura, il comune, la regione, la magistratura – lo stato nelle sue differenti articolazioni – a tenere in ostaggio in una prigione-contagio centinaia di immigrati, rovesciando alla fine su di loro le proprie responsabilità, dopo non aver alzato per mesi neppure un dito per evitare che il virus si diffondesse. Lo facciamo anche grazie ad un report che ci è arrivato dall’interno e dalle vicinanze della caserma stessa, scusandoci con chi ce lo ha inviato per il ritardo nella pubblicazione.

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pensieriprov

Stato di emergenza

di Sandro Arcais

Do un po’ i numeri.

Nel mese di agosto, il totale degli attuali positivi è cresciuto di una media del 2% (tendenza lievemente in crescita dal 20 agosto). Dal 24 febbraio al 15 marzo, del 20% circa.

Nel mese di agosto, i ricoveri con sintomi da covid-19 sono cresciuti di una media del 1,7% circa (tendenza lievemente in crescita dal 16 agosto). Dal 24 febbraio al 15 marzo, del 25% circa.

Nel mese di agosto, i ricoverati in terapia intensiva sono cresciuti in media dell’1,7% circa (tendenza poco chiara, molto ballerna). Dal 24 febbraio al 15 marzo, del 18% circa.

Nel mese di agosto, il rapporto tra il numero dei ricoverati con sintomi da covid-19 e il numero dei risultati positivi si è mantenuto tra il 5% e il 6%. Dal 24 febbraio al 15 marzo, lo stesso rapporto è stato del 45% circa.

Nel mese di agosto, il rapporto tra il numero dei ricoverati in terapia intensiva e il numero dei risultati positivi si è mantenuto tra lo 0,3% e lo 0,4%. Dal 24 febbraio al 15 marzo, lo stesso rapporto è stato del 10% circa.

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nuovadirezione

Pessimi metodi da respingere

di Enea Boria

Ritorniamo sul referendum confermativo sulla revisione costituzionale che si terrà a settembre, con l'opinione di un nostro associato

Già in occasione della precedente revisione costituzionale, bocciata col referendum del 2016, è stata adottata una cattiva prassi assolutamente da respingere: collegare concettualmente e nei rispettivi meccanismi di funzionamento una revisione costituzionale a una riforma della legge elettorale, così da sottoporre a referendum solo parte del problema, nascondendo le peggiori implicazioni delle scelte compiute al dibattito pubblico.

Questo comportamento è scorretto nei confronti della cittadinanza ed è anche sufficiente a decidere che una revisione costituzionale vada respinta, perché per essere una buona riforma dovrebbe essere capace di autosostentarsi.

Se una revisione costituzionale può andare a regime funzionare bene solo in combinato con una differente legge elettorale, vuol dire che in sé la revisione costituzionale proposta introduce e non sottrae contraddizioni allo status quo, cioè è peggiorativa e deve essere respinta.

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la citta futura

Per l’unità dei comunisti a partire dal conflitto capitale-forza lavoro

di Renato Caputo

Per far pagare la crisi ai padroni è indispensabile rilanciare dalle lotte sui posti di lavoro la costituente comunista e rianimare le strutture consiliari

I paesi a capitalismo avanzato vivono un ulteriore terribile periodo di crisi da sovrapproduzione accentuato dalla miope gestione capitalistica della pandemia. Nonostante che anche quest’ultima sia in qualche modo il prodotto dei continui squilibri creati nel rapporto fra uomo e natura, a opera di un modo di produzione interessato esclusivamente a massimizzare nel minor tempo possibile i profitti privati (di un numero sempre maggiore di grandi proprietari), sono ancora una volta i ceti sociali subalterni costretti a pagare i costi maggiormente negativi della crisi. Evidentemente, quindi, se il capitalismo è in crisi nera, lo sono anche coloro che intendono contrastarlo in senso progressista, non essendo in grado di evitare che ancora una volta il lato oscuro della crisi colpisca i produttori, favorendo i grandi sfruttatori.

Altrettanto evidente è che, essendo irriformabile il modo di produzione capitalistico, pesa sempre più l’assenza del partito rivoluzionario, ossia del partito che dal 1848 in poi si è definito comunista.

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sinistra

Ecologismo comunista? Comunismo ecologista? Mamma mia, Luciana!

di Karlo Raveli

Abdullah Öcalan:

La modernità capitalista è la crisi di civiltà più mortale e continua della storia. In particolare, la distruzione generale degli ultimi duecento anni ha interrotto migliaia di legami evolutivi nell’ambiente naturale. Probabilmente non siamo ancora del tutto consapevoli della devastazione che ciò ha causato al mondo vegetale e animale. È tuttavia chiaro che, come l’atmosfera, entrambi questi mondi emettono costantemente segnali di SOS.

Dovrei iniziare con una critica filologica e semantica ai due vocaboli, comunista ed ecologista, ormai così abusati e soprattutto adulterati e strumentalizzati, ma preferisco andar subito al sodo. Chi fosse interessato ad andarci un po’ più a fondo non ha che da cercare nei miei ultimi articoli. In Sinistrainrete per cominciare. Ce n’è abbastanza per capirci meglio.

Ma com’è possibile che proprio in Italia, lo stato dove resiste e si sviluppa soprattutto a partire dagli anni ‘60 una ricerca seria, studio, lavoro, critica ‘scientifico-materialista’ e inoltre dibattiti più o meno radicalmente anti-sistema, si possa ancora tentare di galleggiare politicamente e persino teoricamente in modo così squinternato su questioni ormai centrali per la stessa sopravvivenza della specie umana?

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sollevazione2

L'emergenza immaginaria

di Alceste De Ambris

La recente ordinanza del Ministro della salute (ormai per limitare le nostre libertà personali non hanno più bisogno di leggi o almeno di decreti-legge) prevede la chiusura di discoteche e l’obbligo di mascherina dalle 18 in poi.

È già stata notata l’assurdità del provvedimento, che sembra presupporre che le malattie si diffondano solo al buio… e che gli unici luoghi affollati siano le discoteche… Vietato ballare: manco fossimo i protagonisti del film “Dirty dancing”! Il prossimo passo immagino sarà vietare i baci o i rapporti sessuali tra i giovani…

A parte le battute, il punto fondamentale è un altro. Ossia che, numeri alla mano, nonostante i media da settimane martellino su un ritorno del virus, in realtà al momento in Italia non esiste alcuna emergenza sanitaria che giustifichi ulteriori limitazioni delle libertà personali.

Non ho competenze mediche o statistiche, ma poiché nessun medico o statistico (almeno quelli interpellati dai media di regime) lo dice, è compito del cittadino comune cercare le informazioni e trarne le conclusioni (basterebbe anche un giornalista onesto…). Mi baso sui dati ufficiali delle istituzioni, pubblicamente reperibili su internet (le fonti sono indicate in fondo).

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ilariabifarini

Virus economy

di Ilaria Bifarini

Soltanto una crisi – reale o percepita- produce vero cambiamento… il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile”: è la celebre affermazione di Milton Friedman che racchiude la logica della shock therapy, al cuore della politiche di intervento neoliberiste.

Ci sono cambiamenti così radicali e destabilizzanti che per essere imposti alla società, senza che questa opponga resistenza, devono essere introdotti con immediatezza e tempestività: una situazione di forte crisi e disagio da parte della popolazione rappresenta la soluzione ideale perché vengano accettati.

Dal colpo di stato di Pinochet in Cile nel ’73, dove le redini economiche del Paese vennero immediatamente prese dai Chicago boys e dal loro maestro, Milton Friedman in persona, fino alla ricostruzione post tsunami in Thailandia, affidata ai grandi investitori internazionali, alla privatizzazioni selvagge nelle cosiddette Tigri asiatiche durante la crisi finanziaria del 1997-1998, passando per le riforme repentine e drastiche imposte alla Russia post sovietica: sono infiniti gli esempi di questa metodologia di governo, come ci racconta la scrittrice canadese Naomi Klein nel suo Shock Economy.

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“Tutta colpa dei sindacati”: il mantra reazionario di Galli della Loggia

di Carlo Formenti

Una delle caratteristiche peculiari della rivoluzione boliviana è consistita nello sforzo di cooptare/integrare una serie di associazioni intermedie – movimenti, sindacati ecc. – nella gestione del potere statuale. Del resto, lo stesso presidente Evo Morales era un leader del sindacalismo indio e non un politico (i partiti della sinistra tradizionale non erano mai riusciti a conquistare il potere e, dopo la svolta “etnicista” dei movimenti contadini, sono stati integrati nel blocco sociale e politico del MAS, il Movimento al Socialismo guidato da Morales e dal vicepresidente Linera).

Nei suoi libri (vedi fra gli altri “Democrazia, Stato, Rivoluzione”, recentemente tradotto da Meltemi) Linera spiega bene il processo attraverso il quale una serie di lotte contro il regime neoliberista hanno dato vita al fronte che ha consentito l’elezione di Morales e la sua conferma (fino al golpe di destra di pochi mesi fa). Spiega inoltre come la sfida più ardua che il nuovo regime ha dovuto affrontare è stata la necessità di riformare quelle strutture statali (burocrazia, magistratura, esercito, sistema educativo ecc.) in cui erano profondamente radicati (attraverso corruzione, legami famigliari, interessi trasversali di élite e lobby economiche, politiche, accademiche e mediatiche) i rapporti di forza di un secolo di dominio coloniale e post coloniale.

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contropiano2

Il capitale mangia se stesso e noi

di Francesco Piccioni

Se non fosse, allo stesso tempo, una drammatica esibizione di violenza e impotenza imprenditoriale, ci sarebbe quasi da ridere…

Prendiamo ad esempio l’intervista fatta dall’agenzia Agi al consigliere nazionale di Unimpresa Giovanni Assi.

Il mantenimento dei livelli occupazionali non può e non deve ottenersi per pochi mesi con le tasche degli imprenditori, ma deve essere la naturale conseguenza di misure durature nel tempo che permettano di pianificare e programmare le attività delle imprese, anche perché i divieti non potranno durare all’infinito e allo scadere degli stessi il risultato è già calcolato in una riduzione degli occupati stimata nella misura tra il 5% ed il 7%“.

Sorvoliamo per il momento sull’affermazione per cui “il mantenimento dei livelli occupazioni non può e non deve ottenersi per pochi mesi con le tasche degli imprenditori (il blocco dei licenziamenti è finanziato con soldi pubblici) e badiamo al sodo: la riduzione degli occupati alla fine del periodo eccezionale di cassa integrazione, ecc, in autunno o al massimo a fine anno, sarànella misura tra il 5% ed il 7%”.

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Il neo-centrismo populista tra M5S e PD. Svolte politiche in vista?

di Giovanni Bruno

Lo scenario politico è ancora molto frastagliato, e molto dipenderà dai risultati delle regionali. Occorre domandarsi cosa rappresenta questa svolta, quali conseguenze può portare negli assetti politico-istituzionali, ma soprattutto a quali settori economico-sociali risponde tale operazione politica

La consultazione sulla Piattaforma Rousseau, strumento millantato dai 5Stelle come nuova frontiera della democrazia diretta, ha sbloccato la regola che impediva la presentazione per un terzo mandato per gli amministratori: non è ancora la definitiva rimozione della norma che impedisce ai pentastellati di presentarsi per più di due legislature, ma è comunque la caduta di un tabù e di qua alle elezioni politiche (che al momento non sembrerebbero preannunciarsi immediate) avranno modo di rimettere in discussione anche questo paletto originario del movimento.

L’altro punto in votazione era la possibilità di accordi e alleanze con partiti tradizionali, e in particolare con il Partito Democratico con cui negli anni si è sviluppato un rapporto di amore/odio degno di una soap opera:

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lantidiplomatico

Venezuela, Nicolas Maduro: "Il 6 dicembre ci giochiamo tutto. Pace, indipendenza e sovranità"

di Geraldina Colotti

"Alegria a veces, tristeza a veces… equilibrio”. Durante la video conferenza del presidente venezuelano Nicolas Maduro con la Direzione nazionale del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), con l’organizzazione giovanile (JPSUV) e con i governatori, per interpretare i sentimenti collettivi il vicepresidente per gli affari internazionali, Adan Chavez, ha usato i versi del cantautore Ali Primera. Versi che esprimono la dura necessità di trovare un equilibrio per andare avanti, tra una notizia triste e una che dà gioia.

La notizia triste, che ha lasciato un vuoto immenso nella militanza rivoluzionaria, è stata quella della morte per coronavirus del dirigente Dario Vivas. Una perdita seguita a quella di un altro militante storico, El Chino Khan, scomparso a seguito di una malattia, a cui pure ha fatto riferimento Adan Chavez. “Il miglior omaggio è quello di continuare la lotta permanente per costruire il socialismo, qualunque cosa faccia l’impero nordamericano”, ha detto il fratello maggiore del Comandante, sottolineando l’importanza della solidarietà internazionale, che continua a manifestarsi dall’Europa all’America Latina e anche negli Stati Uniti. In Gran Bretagna, si è svolta una manifestazione contro il blocco dell’oro venezuelano nelle banche inglesi, preparato dall’azione piratesca di Trump via Guaidó.

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andreazhok

Debito buono per chi?

di Andrea Zhok

Mentre ci accapigliamo su tamponi e mascherine la politica nazionale (e internazionale) sta tessendo pazientemente le sue fila.

Al recente meeting di Rimini l'ex presidente della BCE Mario Draghi ha dettato la linea, che è stata prontamente recepita sui media con una formula d'uso destinata ad un largo uso nei prossimi mesi.

Rispetto alla lettera di alcuni mesi fa, in cui Draghi si sbilanciava in direzione di un intervento estensivo delle banche centrali (e dunque della BCE) qui Supermario ha corretto il tiro in modo apparentemente millimetrico, ma in effetti decisivo.

Nel discorso svolto al meeting di CL, il passaggio cruciale è stato il seguente:

"La ricostruzione di questo quadro in cui gli obiettivi di lungo periodo sono intimamente connessi con quelli di breve è essenziale per ridare certezza a famiglie e imprese, ma sarà inevitabilmente accompagnata da stock di debito destinati a rimanere elevati a lungo. Questo debito, sottoscritto da Paesi, istituzioni, mercati e risparmiatori, sarà sostenibile, continuerà cioè a essere sottoscritto in futuro, se utilizzato a fini produttivi ad esempio investimenti nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione, nella ricerca ecc. se è cioè “debito buono”.


La sua sostenibilità verrà meno se invece verrà utilizzato per fini improduttivi, se sarà considerato “debito cattivo”. I bassi tassi di interesse non sono di per sé una garanzia di sostenibilità: la percezione della qualità del debito contratto è altrettanto importante. Quanto più questa percezione si deteriora tanto più incerto diviene il quadro di riferimento con effetti sull’occupazione, l’investimento e i consumi."

Il punto di caduta qui è semplice.

Si parte da un dato di realismo (e qui va concesso a Draghi di non essere uno dei tanti demagoghi europeisti che funestano la politica italiana):

Gli stock di debito elevato sono qui per restare.

La fiaba mortale con cui è stata smembrata la Grecia, per cui l'Austerity serviva a rientrare dal debito, anche quando palesemente non faceva altro che allargarlo costantemente, viene lasciata cadere del tutto.

Mentre tutti i vari Marattin della politica italiana ci hanno spiegato per anni con caratteristica sufficienza che un debito al 120% del Pil andava as-so-lu-ta-men-te ridotto, pena le cavallette e il sacrificio dei primogeniti, ora Draghi ci spiega che un debito al 160% se ne starà serenamente lì a lungo.

La prosecuzione dell'argomento però è fondamentale.

Draghi cerca di spingere in un ruolo di retroguardia il ruolo calmieratore dei tassi d'interesse della BCE, e lo fa invocando la seguente clausola: il debito pubblico per poter restare sostenibile dev'essere 'debito buono'.

E cosa sarebbe 'debito buono'?

Semplice, debito buono è il debito "impiegato per fini produttivi".

Ora, l'opposizione tra un debito buono in quanto produttivo e un debito cattivo in quanto improduttivo sembra intuitiva e perfettamente ragionevole.

Tutti sappiamo (o dovremmo sapere) che non si può vivere semplicemente facendo debito senza che nulla corrisponda ad esso sul piano dei beni e servizi materialmente prodotti. Dunque debito che non produce nulla (improduttivo) non è debito sostenibile.

Ora, però, qui nell'espressione di Draghi fa capolino un punto ulteriore. Il debito dev'essere buono perché deve 'conservare la fiducia dei mercati', cioè degli investitori.

Qui si apre però un problema che Draghi tace (ma che gli è certamente noto).

Quale tipo di debito riceve riconoscimento da parte dei mercati e degli investitori internazionali? Draghi menziona cose lodevoli quanto ambigue, come il 'capitale umano' e le 'infrastrutture', tuttavia la verità è che i mercati e gli investitori sono totalmente disinteressati alla salute di un paese nel lungo periodo.

I mercati e gli investitori soffrono strutturalmente di 'short-termism', di una visione concentrata sulla rendita a breve termine.

Il che significa che nella prospettiva della "fiducia dei mercati" tutte le cose che possono mantenere una comunità nazionale equilibrata nel lungo periodo (ad esempio un servizio sanitario efficiente, un sistema pensionistico umano, un sistema educativo comprensivo e diffuso) sono da subordinare alle spese che promettono una resa nell'arco di uno-due anni.

Il 'debito buono', sembra rassicurarci Draghi, verrà giudicato tale se contribuendo alla produzione rinforzerà il paese.

Questa è l'usuale prospettiva panglossiana per cui l'interesse del mercato coinciderebbe magicamente con l'interesse generale e opererebbe per il bene di tutti.

Il che naturalmente è vero solo nei manuali di economia politica, e anche lì non nei migliori.

Il 'debito buono' per i mercati e gli investitori non è quello che può rendere la società, cultura ed economia italiana solida e funzionale tra una generazione, ma quello che promette di 'fare margine' nel breve termine.

In che senso spendere per avere una buon sistema sanitario pubblico sarebbe 'debito buono'?

Può darsi che torni utile per limitare alcuni danni sanitari di rilevanza economica (vedi Covid), ma fondamentalmente è un bene perché crea le condizioni per una società più stabile e vivibile.

In che senso spendere per avere un sistema educativo plurale e culturalmente comprensivo sarebbe 'debito buono'?

Può darsi torni utile indirettamente all'economia creando un elettorato più ragionevole e riflessivo, ma fondamentalmente è un bene perché dà vita ad una società migliore (che poi forse sarà anche più produttiva, ma è una scommessa).

Il punto di fondo è che l'ottica in cui qualcosa è 'debito produttivo' per i mercati e gli investitori semplicemente non è l'ottica in cui quel debito è produttivo per la vita di un paese nel suo complesso.

Ci possono essere parziali sovrapposizioni, ma gli interessi sono fondamentalmente divergenti.

I mercati e gli investitori vogliono avere un ritorno in tempi definiti e brevi, altrimenti quel debito non conta come 'debito buono'.

I cittadini di un paese sono interessati ad un miglioramento delle proprie prospettive nel breve e nel lungo periodo, in ultima istanza intergenerazionalmente.

Dunque nell'idea di Draghi di un 'debito buono' in quanto 'debito produttivo' c'è una (voluta) ambiguità di fondo. E questo si ripercuote sul ruolo della BCE.

Una BCE con una dimensione politica interessata alla stabilità e prosperità delle nazioni nel lungo periodo potrebbe coprire e sostenere come 'debito buono' il debito rivolto al lungo periodo e al benessere della società nel suo complesso.

Una BCE che, invece, si affida (come finora ha fatto SEMPRE) alle valutazioni di mercati e investitori internazionali come test per valutare la 'bontà' di un debito, è una Banca Centrale che di fatto non accetta di avere alcun ruolo politico che non sia la promozione del modello neoliberale. In tale caso il 'debito buono' che può venire accettato è solo quello che, finita la fase acuta dell'emergenza, sarà capace di suscitare l'interesse degli investitori privati.

A breve cominceremo a capire cosa c'è dietro l'espressione 'debito buono', ma è utile sensibilizzare sin d'ora le antenne sulle prospettive assai differenti che covano dietro quelle parole.

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nuovadirezione

Referendum di settembre

La classe politica ha creato un frontale con la logica

di Enea Boria

La vittoria del "NO" a settembre mi sembra una speranza improbabile ma credo sia una causa per la quale valga in ogni caso la pena di spendersi.

C'è da dire che le circostanze hanno alimentato un autentico cortocircuito logico nel comune sentire sul tema della rappresentanza politica.

Sono convinto che ciò non sia avvenuto per caso; siamo piuttosto di fronte ad una delle più acute strategie di lungo periodo delle oligarchie che hanno svuotato le nostre democrazie dall'interno.

Suggerisco di riflettere collateralmente anche sul fatto che, mentre la nostra parte di mondo pontifica sulle patenti di democraticità da attribuire o revocare al resto del mondo, addirittura il clero regolare del mondo accademico parla da almeno vent'anni di "postdemocrazia", cioè di qualcosa che ormai non è più democrazia.

Senza aprire troppe riflessioni collaterali, nelle nostre società dell'Occidente industrializzato e in Italia in particolare, dato che siamo un paese che sta affrontando una particolarmente profonda crisi di legittimazione della propria classe politica e della propria classe dirigente, in ogni ambito ed a qualsiasi livello, la stragrande maggioranza delle persone sono convinte del fatto che i delegati del popolo nelle istituzioni non rappresentino il popolo e i suoi interessi, ma solo sé stessi, e i cazziloro™.

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lantidiplomatico

Ricerca del Gemelli. Covid, depressione per lockdown ha colpito l'80% degli italiani

di Francesco Santoianni

Ma qualche “esperto” (del tipo “non abbassiamo la guardia”) vi ha mai parlato in TV di questa tragedia? Ora viene fuori una ricerca della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli che attesta come l’80% degli italiani (si, avete letto bene: 80%) hanno sviluppato, grazie al lockdown e verosimilmente alla terroristica informazione erogata dai media, sintomi ansioso-depressivi di varia gravità: dai più lievi come la paura di riprendere in mano la propria vita, o al contrario la paura di non poterla riprendere, fino a sintomi depressivi gravi, come l’incapacità di svolgere le attività consuete.

Spiega meglio la situazione lo psichiatra Gabriele Sani, intervistato dall’agenzia stampa Adnkronos Salute:

“(…) I disturbi non si riducono, ma si aggravano con il tempo. Dai dati è risultato che l’80% delle persone che ha vissuto questa emergenza collettiva, ha sviluppato sintomi ansioso-depressivi di diversa entità. E si è osservato – fino alla fine di luglio – che il tempo non ha diminuito i disturbi, ma più è andata avanti la pandemia più si sono aggravati questi sintomi. È un problema che riguarda non solo i pazienti psichiatrici ma anche la popolazione generale. Molti pazienti già seguiti hanno avuto pesanti ricadute anche a distanza di molto tempo.