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Il denaro pensa al posto tuo

di comidad

La settimana scorsa è morto Helmut Kohl, l’ex cancelliere tedesco salutato come il padre dell’attuale Unione Europea. Nelle celebrazioni si sono messe da parte le modalità della fine politica di Kohl, segnata nel 1999 da un mega-scandalo per finanziamenti illegali al suo partito. Si trattava di un giro di tangenti legato ad affari di vendita di armi alla solita Arabia Saudita.

Pochi giorni fa Pierluigi Bersani ancora osava indicare come un modello i partiti tedeschi, secondo lui “interamente” finanziati dallo Stato e quindi abilitati a selezionare una vera classe dirigente. In realtà in democrazia è diventato impossibile fare distinzione tra la politica ed i suoi flussi di finanziamento, nei quali i fondi pubblici rivestono un ruolo marginale. E la situazione, dai tempi di Kohl, si è persino aggravata, dato che è aumentata la mobilità internazionale dei capitali. Se la forza delle cose ha un peso, è evidente che ricevere finanziamenti da questo o da quello condiziona e restringe i margini di manovra, specialmente se il denaro arriva da tangenti su operazioni di import-export, cioè di mobilità dei capitali.

Il denaro non è solo un movente ma una condizione esistenziale e rappresenta un percorso già tracciato per qualsiasi organizzazione complessa. Per questo motivo alcuni commentatori italiani guardano come ad un paradiso perduto i tempi in cui i nostri partiti erano finanziati principalmente dall’ENI.

Più aumenta la mobilità dei capitali, più questa riesce a farsi dare per scontata come un dato di natura, quindi diventa sempre meno percepibile dal pensiero e dal linguaggio, che tendono a rifugiarsi in categorie astratte e fumose. Il “Financial Times” ci spiega come funziona la “idraulica” della mobilità dei capitali: i capitali affluiscono dalle aree finanziariamente forti verso Paesi più deboli, alimentano bolle speculative e, quando le bolle scoppiano, i capitali defluiscono verso i sicuri lidi di partenza, lasciando la politica del Paese così destabilizzato a parlare di risanamento dei conti e di corruzione, cioè di nulla.

Categoria del tutto astratta è la “politica”, ma anche la “scienza”. La recente polemica sui vaccini ha visto molti commentatori ufficiali attestarsi sullo slogan: “io scienza, tu complottista”; una banalità al cui confronto “io Tarzan, tu Jane” sembra un dialogo platonico. È ovvio infatti che non si può più parlare di “scienza” come se fossimo ancora ai tempi di Robert Koch, che ai suoi inizi attuava le sue ricerche batteriologiche a casa propria e a proprie spese, quindi poteva elaborare il suo metodo senza un condizionamento esterno.

Dai tempi di Koch persino il termine “denaro” ha modificato il suo senso. Non si può concepire l’attuale rapporto col denaro nei termini di un Arpagone o di un papà Grandet, cioè come un oggetto del desiderio percepito chiaramente come altro da sé. Non è un problema ontologico ma di velocità di circolazione dei capitali.

Nel basso medioevo le lettere di cambio aumentarono enormemente la velocità di circolazione dei capitali, ma viaggiavano comunque alla stessa velocità di un essere umano. In epoca di comunicazioni telematiche uno spostamento di capitali è avvenuto ed ha già realizzato i suoi effetti a catena prima ancora che si sia in grado di percepirlo. Oggi il movimento di capitali è più veloce del pensiero e della possibilità di percepirsi rispetto ad un contesto che cambia in base ai flussi di capitale. Pensare ai soldi è roba persino desueta, dato che oggi è il denaro a pensare al posto tuo. L’orrore quasi religioso che molti provano per i cosiddetti “complottisti” (categoria ormai dilatata all’estremo, sino a comprendere qualsiasi timido critico dell’establishment) costituisce appunto il sintomo di questa rassegnata accettazione della condizione di inconsapevolezza.

Le case farmaceutiche intanto non hanno neppure il tempo di complottare, dato che queste sono società per azioni e nelle Borse i capitali rincorrono automaticamente le prospettive di business più remunerativo. I vaccini si producono in milioni di unità e si consumano (o scadono) in tempi brevi; anzi, devono essere pagati dalle autorità sanitarie persino se rimangono nei depositi, come si è constatato nel 2010. È sufficiente perciò la parola “vaccino” per gasare le Borse e far schizzare in alto i titoli di una casa farmaceutica. In queste condizioni come può esistere un’autorità sanitaria “indipendente” in grado di accertare da un lato ciò che è utile e dall’altro ciò che non lo è? Quale istituzione può essere oggi indipendente dal denaro?

A proposito di “vaccini”, vi è ormai un loro uso anche da parte degli “spin doctor” nella propaganda politica, dove si confezionano fake news da “debunkizzare” rapidamente in modo da prevenire e screditare eventuali notizie più fondate. Insomma, l’opinione pubblica viene “vaccinata” contro le notizie pericolose riguardanti qualche candidato. È capitato con Macron, nei confronti del quale si è costruita una falsa notizia circa finanziamenti per la sua campagna elettorale provenienti dalla solita Arabia Saudita. La pronta smentita ha messo in ombra il dato oggettivo che lo stesso Macron, come ministro, fosse casualmente al centro di tutti gli affari di vendita di armi francesi a Riad.

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