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sollevazione2

Devo confessarvi una cosa

di Marco V. Passarella

Marco, compagno e amico che stimiamo tanto, non ce ne vorrà se "rubiamo" dalla sua pagina facebook questa sua amara riflessione.

Contiene una dichiarazione che sa di resa che deve far riflettere e che pur comprendendo non condividiamo. Che la sinistra politicamente corretta, compresa quella radicale, sia sia prigioniera di una visione globalista e cosmo-liberale, è fatto evidente. Ma che la situazione si oramai pregiudicata, al punto da ritenere che ogni discorso razionale sull'immigrazione diventi una pezza d'appoggio alle forze razziste e xenofobe, questo, almeno noi, non lo crediamo. E non abbiamo nessuna intenzione di farci spaventare dagli anatemi di una sinistra che ha divorziato dal suo stesso popolo

«Devo confessarvi una cosa.

Chi mi conosce un po', sa che ho sempre detestato la retorica multiculturalista della sinistra bene e che ho sempre aborrito (e criticato) quella sulla necessità economica dell'immigrazione. Questo non da ieri, ma da una quindicina d'anni almeno, quando molti futuri cripto-nazionalitari si facevano i dreadlocks e si ingozzavano di piadine al ragù al locale ristorante etiope.

Avevo persino discusso, con un collega, la possibilità di dedicare uno scritto all'impatto dei flussi migratori sulle condizioni di lavoro e di vita delle fasce più svantaggiate della classe lavoratrice italiana.

Avevo, appunto, perché qui viene la confessione: ho cambiato idea.

Non sull'impatto dell'immigrazione, in realtà, ma sulla opportunità di spendermi su quel tema in quei termini. Ogni cosa detta al riguardo, devo infine prenderne atto, nella migliore delle ipotesi non serve a nulla e nella peggiore fa danni irreparabili, sdoganando i peggiori istinti xenofobi.

C'è stato un tempo in cui ho pensato che la sinistra radicale in Italia si potesse salvare se solo si fosse recuperato il legame storico con il movimento operaio. Se, insomma, si fosse ripartiti da un'analisi delle condizioni materiali dei lavoratori salariati, dei precari e dei disoccupati, e dunque anche da un'analisi disincantata dell'immigrazione.

Prendo atto che quel tentativo è fallito e che la polarizzazione del dibattito politico corrente (e dell'opinione pubblica) su dicotomie fasulle (euro sì o euro no, immigrazione sì o immigrazione no, diritti civili o diritti sociali, stato-nazione o Europa) lascia poco spazio, per il momento, all'elaborazione di un punto di vista autonomo del lavoro salariato.

Perciò, torno ai miei modelli scalcinati e vi auguro buona fortuna, companeros, sperando di poter ancora chiamarvi così. Tanto ci rivediamo sulle barricate prima o poi. Di fianco o di fronte».

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