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Mosul come Aleppo, ma i media occidentali hanno taciuto

di Lorenzo Vita

Quando Aleppo fu presa dopo mesi di assedio, in una battaglia infernale tra forze governative ed alleati e ribelli mescolati agli islamisti di Al Qaeda, i media di tutto il mondo si concentrarono sull’orrore che la città aveva vissuto. Una vera e propria carneficina, in cui ai numerosi morti si univa la distruzione di una città, ormai completamente perduta, e dove la vita sembrava essersi fermata con la guerra e destinata a non ritornare più. Aleppo fu uno degli strumenti con cui la stampa decise di attaccare Assad e l’alleato russo per la guerra in Siria. Marce, appelli, “pray for Aleppo” e dichiarazioni pubbliche si mescolavano in un complesso sistema di denuncia di una carneficina intollerabile, come se la guerra, purtroppo avesse mai ammesso sconti. In sei anni di guerra in Siria e in Iraq gli orrori sono stati indicibili e il sangue, da una parte e dall’altra, è stato un fiume: eppure, per l’Occidente, solo Aleppo meritava di essere segnalata, perché in quel caso era Assad a compiere il massacro.

Si dirà che è stato giusto così, che la tragedia di Aleppo andava denunciata. Ed è stato sacrosanto, perché di fronte a migliaia di morti, profughi, violenze e distruzione, il mondo non poteva rimanere a guardare. E ben vengano denunce e richiami internazionali, se servono effettivamente a dare un barlume di speranze di fronte all’oscurità di una tragedia in corso. Ma ben venga soprattutto la buona fede di chi denuncia quei fatti quando è pronta a denunciare ogni orrore perpetrato da ogni attore in campo in una guerra. Che è orrenda, sempre, e che proprio per questo va sempre denunciata.

Mentre però per Aleppo il mondo si è unito nella condanna delle forze governative, nell’altro scenario di guerra, in Iraq, non sembra sia avvenuto lo stesso. In particolare in una città che è divenuta il simbolo della nascita e della caduta del Califfato: Mosul. Anche qui dopo mesi di assedio, la città è stata finalmente liberata dalle forze governative e strappata alle forze dello Stato Islamico. E anche qui con orrori, sangue, migliaia di profughi, ed una città martellata dai bombardamenti. Ma con una differenza sostanziale rispetto ad Aleppo: i bombardamenti provenivano dalla colazione internazionale. E quindi erano bombe tremende, ma giustificate, al contrario di quelle russe ad Aleppo. Una copertura mediatica completamente opposta a quella della battaglia di Aleppo e che invece andava denunciata esattamente allo stesso modo: perché per numero di morti e per tasso di devastazione, Mosul è assolutamente paragonabile a quanto è avvenuto nella città della Siria.

A denunciare questa differenza abissale di approccio mediatico ai due assedi è stato il professore iraniano Seyed Mohammad Marandi, docente dell’università di Teheran, che ha visitato Mosul in questi ultimi giorni insieme ai colleghi accademici per comprendere la portata della distruzione della città. Intervistato da RT, il professore iraniano ha espresso il suo stupore e il suo rammarico nel vedere il livello di devastazione raggiunto da Mosul. “La città è quasi vuota. La vita della gente è stata completamente distrutta. La devastazione alla quale è stata sottoposta la città è impressionante”. “Molti di coloro con i quali abbiamo parlato erano indubbiamente contenti che la città fosse stata ripresa, ma tutti sono concordi nell’affermare che i bombardamenti americani sono stati devastanti e che hanno causato un numero enorme di feriti e di morti fra la popolazione civile. I bombardamenti americani hanno distrutto completamente il lato ovest della città, ma di tutto questo i media occidentali non ne hanno quasi mai fatto cenno.” Infine, il professore ha anche riportato quanto detto da molti abitanti della città appena liberata: “Gli iracheni ci hanno detto che di tutta questa devastazione da Saddam Hussein ad oggi, gli Stati Uniti sono colpevoli di più di chiunque altro. Perché prima hanno sostenuto Saddam e poi hanno anche aiutato a creare il Daesh, insieme ai Sauditi e, purtroppo, al governo turco e al Qatar.”

Parole che dovrebbero far riflettere un certo tipo di stampa che ha deciso a tavolino, sin dal primo giorno, di tagliare con il coltello il bene e il male: l’errore più grande quando si parla di una guerra. La visione maniche di trovare il giusto e l’ingiusto mentre a morire sono i civili, è una prospettiva che non dovrebbe mai essere presa in considerazione. E se molti fossero stati in buona fede, per Mosul avremmo avuto le stesse preghiere rese per Aleppo. Evidentemente quando cambia la nazionalità di chi lancia una bomba, cambiano anche gli effetti.

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