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Incendi, gli effetti nefasti della legge Madia

di Paolo Maddalena

È senza dubbio «merito» del governo di Matteo Renzi e in special modo della legge Madia, la quale, tra tante disposizioni contro la tutela ambientale, ha anche previsto la soppressione del Corpo forestale dello Stato, se gli incendi boschivi di questa estate hanno superato del 500 per cento gli incendi dell’estate scorsa. Detta legge, infatti, affida lo spegnimento degli incendi soltanto ai Vigili del fuoco, e non ai Carabinieri, anche se si tratta di Carabinieri ex forestali, dotati di grande professionalità in materia, e passati in quest’Arma. È quanto si ricava dall’ordine emesso il 7 luglio dal Generale Comandante Antonio Ricciardi in ordine alle «procedure operative per gli interventi in caso di incendi boschivi». Peraltro, gli ex forestali passati ai Carabinieri sono 6.400, mentre soltanto 360 forestali, sono passati nei Vigili del fuoco abilitati allo spegnimento degli incendi (vedi l’articolo di Giampiero Calapà, pubblicato da il Fatto Quotidiano del 15 luglio 2017).

Si tratta, oramai di una serie infinita di danni che i nostri governanti arrecano al territorio e al Popolo italiano, con lo scopo evidente di favorire innominabili interessi economici particolari. È chiaro che, a questo punto, si pone indilazionabile il problema della responsabilità, non solo politica, ma anche giuridica del Legislatore. E’ un problema difficile, poiché l’ordinamento italiano mantiene saldo il principio, della «immunità» del Legislatore e della prevalenza della «legge», la quale è soltanto annullabile dalla Corte costituzionale, per contrasto con la Costituzione, o in via principale ed entro un termine limitato da parte, vicendevolmente, dello Stato e delle Regioni, o in via incidentale nel corso di un giudizio davanti al giudice ordinario o amministrativo.

Tuttavia, se la legge è inattaccabile e il Legislatore è irrimediabilmente «immune», forse, è dalla distinzione tra «proposta» e «approvazione» della legge che occorre prendere le mosse, poiché a lume di logica giuridica, la « proposta» è cosa diversa dalla «approvazione», e, mentre la proposta, e più precisamente «l’iniziativa delle leggi», può essere fatta, oltre che da cinquantamila elettori, anche dal «governo», e cioè da un organo del potere esecutivo, nonché da «organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale» (art. 71 della Costituzione), si potrebbe cominciare a pensare, quanto meno, a una responsabilità giuridica dei «proponenti», e nella specie degli esponenti del potere esecutivo, che dispongono di una maggioranza in Parlamento, e sono in grado di incidere profondamente sulla approvazione di leggi che ledano, arrecando gravissimi danni, i diritti fondamentali dei cittadini. Se si pensa che coloro che dovrebbero perseguire il «bene comune» della Nazione, producono invece danni irreversibili alla Collettività, favorendo, ad esempio, multinazionali straniere senza scrupoli, appare evidente che per loro si possa e si debba parlare di responsabilità penale, civile e amministrativa, nonché, se del caso, di alto tradimento. È tutto da studiare e da maturare, ma la «razionalità» umana non può sopportare che, in un vero regime democratico, i «governati» siano irrimediabilmente danneggiati dai loro «governanti».

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