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ilsimplicissimus

Ramblas

di ilsimplicissimus

Nel febbraio scorso 200 mila persone sono sfilate a Barcellona in nome dell’accoglienza per i migranti mettendo in grave imbarazzo il governo di Madrid che sta facendo di Mellilla e Ceuta due fortezze destinate a deviare ogni flusso migratorio dalla penisola iberica ad altre penisole mediterranee, immaginate quali. E quelle stesse 200 mila persone, assieme a qualche altro milione si recheranno alle urne il prossimo 1 ottobre per decidere sull’indipendenza della Catalogna in un referendum fortemente osteggiato da Madrid che raccoglie l’ovvia solidarietà di Bruxelles e di Washington.

Ora però con l’attentato al furgone di Barcellona (con tanto di passaporto lasciato nel veicolo) e con l’enigmatico macello  di Cambrils in cui sono stati uccisi cinque kamicaze con cinture esplosive finte, due cose appaiono chiarissime: bisogna diffidare dell’immigrazione che porta con sé l’oscuro periglio e bisogna rimanere uniti contro il terrorismo. L’elemento romanzesco, sia pure banale, ripetitivo e raffazzonato, c’è tutto, compresa un rivendicazione dell’Isis, prima fatta, poi smentita, poi di nuovo asserita dall’ineffabile signora Rita Katz, l’avvertimento della Cia (su Rai uno c’è mancato poco che l’ improvvisata cronistucola della vita in diretta non si inginocchiasse pronunciando tanto numinoso acronimo) uscito stranamente in tempo reale e infine il delirio della Cnn che ha messo in relazione l’attentato delle Ramblas con i fatti di Charlottesville, come se i terroristi avessero spunto ed esempio da eventi  che palesemente non c’entrano un fico secco, ma permettono di collegare l’ultimo siluro a Trump con il terrorismo mediorientale. Insomma la maggiore fonte globale di notizie è american psyco.

Di sicuro,  rimane la tragedia, rimangono i morti stritolati dentro una matriosca di guerre non dichiarate e caotiche nelle quali cui nulla è ciò che sembra, gente falciata dalle schegge impazzite di bombe lanciate a migliaia di chilometri di distanza e vittima di disegni di cui sono inconsapevoli ingranaggi. Già le schegge impazzite, quei mussulmani d’Europa reclutati per la guerra contro Assad, anzi contro la Siria e il suo popolo, salutati come eroi alla partenza e poi tornati colmi di odio e di frustrazione quando il piano è fallito, ordigni a orologeria maneggiabili come pongo dai servizi segreti, anzi dalle parti più segrete e deviate di questi ultimi. Sorvegliati ufficialmente ma liberi di andare e venire, di agire in completa libertà, nonostante che dopo ogni attentato si parli di reti strutturate del terrorismo provenienti dall’Isis o dagli “eserciti di liberazione” della Siria che hanno la medesima radice, tutta occidentale peraltro. Non voglio esprimere delle tesi che non sono in grado di provare, mi limito ad osservare che gli attentati in Europa seguono logiche temporalmente più vicine agli eventi politici del nostro continente che alle dinamiche del medio oriente: l’ondata terroristica comincia infatti nel 2015, quando Assad sembrava ormai spacciato (i russi interverranno solo alla fine di quell’anno) e l’Isis veniva combattuta più sui media che sul campo visto che anch’esso partecipava all’assalto della Siria: non c’era dunque motivo di ritorno e soprattutto di rancore.

Ma in quell’anno e nei successivi c’erano invece molti e importanti appuntamenti: le regionali francesi, le prime dopo la riforma che le aveva ridotte da 26 a 13 e che potevano sancire un successo del Front national (in effetti ci fu, ma in misura minore del previsto), poi venne l’appuntamento del Brexit e la scia di attentati si spostò temporaneamente sull’altra sponda della Manica, poi tornò in una Francia in subbuglio per l’inedita situazione politica in vista delle presidenziali e delle successive politiche sulle quali la Pen pareva aver messo una spada di Brenno, poi di nuovo in Gran Bretagna per elezioni anche lì e adesso in Catalogna alla vigilia di un appuntamento decisivo. Ora è chiaro che con  tanti appuntamenti così vicini ancorché decisivi è difficile, anzi tendenzioso parlare di colpi ad orologeria, come se fossero pianificati per ottenere risultati dalla paura, tuttavia  è innegabile che vi sia una correlazione spazio temporale nella geografia degli attentati. Forse i terroristi sono più raffinati di quanto non si creda, anche se sembrano poveri diavoli divorati dal fanatismo, forse non siamo abbastanza raffinati noi, poveri diavoli consumati dalla paura.

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