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Quello che dicono le elezioni regionali in Sicilia al M5S

di Claudio Messora

Qualunque sia il risultato di oggi delle regionali in Sicilia (al momento in cui scrivo, gli exit poll accreditano Musumeci di 3 punti di distacco su Cancelleri) una cosa per il M5S è già chiara: se vuole davvero fare rotta verso palazzo Chigi alle prossime elezioni politiche, deve capire che il nemico da battere non è il più il PD di Renzi, ma il centrodestra a trazione leghista e berlusconiana.

Questo, tradotto in soldoni, significa che una parte maggioritaria dell’elettorato è stanca delle politiche di accoglienza che mascherano interessi occulti alla destabilizzazione e alla reingegnerizzazione sociale; è stanca di politiche economiche suicide per il rispetto di parametri arbitrari, che hanno l’unico scopo di sottomettere gli stati alla capitolazione al cospetto di podestà forestieri che “tagliano la domanda interna” (leggi: i capannoni chiudono, la gente si suicida, le famiglie non arrivano alla fine del mese); è stanca della retorica delle cessioni di sovranità, che non si traducono mai in “più diritti”, ma in “meno cittadinanza” e “più sudditanza”; ed è stanca di questa grottesca girandola di governi tecnici mascherati da governi politici e legittimati da istituzioni che, anziché ricevere il signor Rossi per ascoltare le sue difficoltà e dare loro risposta, ricevono con tutti gli onori organizzazioni sovranazionali come la Commissione Trilaterale che da sempre teorizzano e cospirano per la riduzione ad esercizio commerciale di Italia S.p.A.

(di cui loro detengono tutte le quote), e miliardari dell’alta finanza speculativa come Soros che piombano a Roma all’improvviso e vengono ricevuti non si sa bene a che titolo, ma si può immaginare; e probabilmente la gente è stanca anche di questa reazione scomposta del partito trasversale che dalla Clinton passa per il Parlamento Europeo, saltando di ONG in ONG fino alle sedi periferiche dell’Europa meridionale di matrice boldriniana, che per tentare di mettere la mordacchia all’insurrezione della nuova umanità, cerca di costringere i social network a collaborare, coniando neologismi e finte emergenze come “fake news” e sfornando leggi su leggi per sanzionare con decine di milioni di euro quelli che non si allineano.

È questo centro-sinistra che nei decenni, a braccetto con Washington e con Wall Street, ha obbligato i popoli europei a un matrimonio coatto, a suon di referendum di facciata, fatti eseguire e poi ripetere fino a quando l’esito non fosse scontato. È questo centro-sinistra che, molto più di qualunque altra destra, anziché rappresentare i lavoratori e farsi sostenere da loro, è andato col cappello in mano a chiedere soldi all’alta finanza e ha tessuto trame bancarie criminali e fallimentari, che hanno gettato sul lastrico i risparmiatori. È questo centro-sinistra che, più di ogni altra destra, ha attentato alla Costituzione, cercando di porre fine al bicameralismo perfetto per realizzare un connubio mostruoso, un Frankenstain giuridico-istituzionale composto da una legge elettorale incostituzionale e ad personam e da una Camera bassa in grado di legiferare autonomamente, di modo che un nuovo totalitarismo fosse possibile, al servizio delle lobby, delle multinazionali, dei mercati, dei think-tank, delle potenze al di là dell’Atlantico, di chiunque tranne che al servizio del popolo. Anzi: è il centro-sinistra che ha ridicolizzato la parola “popolo”, costringendo perfino a vergognarsi quanti ne fanno uso, quasi che fossero vecchi, desueti, démodé, volgari e anche un po’ complottisti. Eppure a scuola viene ancora insegnato che uno Stato è composto dal trittico territorio, leggi, popolo. Ci eravamo persi qualcosa?

La disfatta di questo centro-sinistra era inevitabile, ma questo significa anche che se il M5S vuole battere il centro-destra alle prossime politiche, non deve abdicare alle sue origini, ma deve fieramente rivendicare il popolo, la sovranità e la sua estraneità totale rispetto ad ogni agente esterno rispetto alla volontà democratica che mette al centro il cittadino. Basta dunque con gli appelli ai mercati e alla finanza, basta con le frequentazioni dubbie dei centri di potere sovranazionale, basta con le ambizioni di internazionalizzazione e con la “paura di fare troppa paura” ai poteri forti. Attenzione solo ed esclusivamente ai cittadini. Specialmente a quelli che – sono ancora troppi – non sono andati a votare.

Diversamente, Salvini, Berlusconi e Giorgia Meloni saranno i vincitori delle prossime politiche, e Di Maio un candidato premier la cui massima ambizione sarà quella di fare il capogruppo di un movimento eternamente all’opposizione, ad agitare cartelli sui banchi e a sventolare striscioni sui tetti.

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