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Perché in Sudamerica crescono le destre

di Raúl Zibechi

Il ciclo progressista è finito, anche se ci sono ancora governi di centrosinistra che per restare in carica devono seguire una tendenza che vede crescere le destre, in modo particolare in Sudamerica. Il modello estrattivista ha trasformato le società che ora esprimono valori e relazioni sociali di conservazione, così come la società industriale ha generato in passato una potente classe operaia e valori di comunità e solidarietà. Dieci anni di governi progressisti hanno prodotto un naturale logoramento legato alla corruzione e alla cattiva gestione ma è il modello stesso che li ha segnati che depoliticizza e disorganizza una società che si articola solo mediante il consumo. È qui che le destre mordono. Il consumismo è l’altra faccia della società estrattiva. Anche i movimenti sono responsabili della situazione: invece di costruire guardando al lungo termine, preparandosi per l’inevitabile collasso del sistema, hanno preso spesso scorciatoie elettorali che li hanno portati a costruire alleanze impossibili con risultati patetici. Dobbiamo pensare agli insegnamenti che ci lasciano l’ascesa delle destre e la crisi dei movimenti. Non si può opporre resistenza alla società estrattiva della quarta guerra mondiale con la stessa logica della lotta operaia nella società industriale

I cicli politici non sono capricciosi. Stiamo vivendo un periodo di crescita delle destre, in particolare in Sudamérica. Il ciclo progressista è terminato anche se continuano a esistere governi di questo colore, ma non potranno più sviluppare le politiche che hanno caratterizzato i loro primi anni perché si impone una svolta conservatrice, sebbene i discorsi possano dire qualcosa di diverso.

Un buon esempio di questa ironia può essere l’Ecuador: un governo di Alianza País che realizza un aggiustamento conservatore. A meno che non si opti per la peregrina tesi del “tradimento”, Lenin Moreno dimostra che anche i progressisti devono compiere una svolta a destra per poter continuare a governare.

Diciamo che i cicli sono strutturali e i governi congiunturali. Il ciclo progressista si è contraddistinto per gli alti prezzi delle esportazioni delle commodities in un generale clima di crescita economica, per un forte protagonismo popolare e per le pressioni per una maggiore giustizia sociale.

Dalla crisi del 2008, i tre aspetti si sono indeboliti. Adesso soffriamo una forte offensiva della destra in ogni settore.

Nonostante i cattivi risultati economici e un’elevata conflittualità sociale, nella quale risalta la sparizione forzata di Santiago Maldonado, il governo di Mauricio Macri ha conseguito una schiacciante vittoria nelle recenti elezioni argentine. Il macrismo non è una parentesi, ha conseguito una certa egemonia che si basa sui cambiamenti economici dell’ultima decade, sul logoramento del progressismo e sulla crescente debolezza dei movimenti.

La prima questione da tenere in considerazione è che il modello estrattivo (della soia e minerario) ha trasformato le società. L’edizione argentina di Le Monde Diplomatique di settembre, contiene due interessanti analisi di José Natanson e di Claudio Scaletta, che dipanano i cambiamenti produttivi del complesso della soia e le sue ripercussioni sociali.

Il primo sostiene che la mappa della soia coincide “quasi matematicamente” con i territori in cui vince Macri. Sottolinea che il settore è sempre più collegato con il settore finanziario, con l’industria e i grandi media, e che i latifondisti e i braccianti, che sono stati i protagonisti del periodo oligarchico, adesso convivono, tra gli altri, con i tecnici, gli affittuari, gli agronomi, i veterinari, i meccanici dei macchinari agricoli e i piloti addetti alle fumigazioni.

La tecnologia è persino più importante della proprietà della terra che i “pool delle sementi” affittano, mentre i coltivatori, connessi al mondo globalizzato, tengono d’occhio i prezzi della borsa di Chicago, dove i cereali vengono quotati.

Il secondo sostiene che ci troviamo di fronte a una crescente complessità delle classi medie rurali e all’emergere di nuove classi “rurali-urbane”. Di conseguenza, il conflitto con il settore rurale che il governo kirchnerista ha sostenuto nel 2008 non è stato la classica contraddizione oligarchia-popolo.

A partire da questo momento, si è reso visibile un conglomerato di attori più complesso e con una base sociale molto più ampia, che rifiuta le politiche sociali perché sente la povertà urbana come una realtà molto lontana. È questo blocco sociale che ha portato Macri al governo e che lo sostiene.

La società estrattiva genera valori e relazioni sociali conservatrici, così come la società industriale ha generato una potente classe operaia e valori di comunità e di solidarietà. Nelle grandi fabbriche, organizzandosi per resistere ai padroni, migliaia di operai si sono trasformati in classe.

Al contrario, l’estrattivismo non genera soggetti interni, ossia all’interno della trama “produttiva”, perché è un modello finanziario speculativo. Le resistenze sono sempre esterne, dove in genere i protagonisti sono le persone colpite.

La seconda questione è il logoramento del progressismo dopo una lunga decade di governo. Qui compaiono due elementi. Uno: il naturale logoramento interno o per la corruzione e la cattiva gestione, e la combinazione di entrambi. Due: perché il modello stesso depoliticizza e disorganizza la società che si articola solamente mediante il consumo. È qui che le destre mordono.

Il consumismo è l’altra faccia della società estrattiva. Una società che non genera soggetti, né identità forti, con valori vincolati al lavoro degno, ossia produttivo, bensì solo “valori” mercantili e individualisti non si trova nella condizione di potenziare progetti di lungo respiro per la trasformazione sociale.

La terza questione che spiega l’auge delle destre è la debolezza del settore popolare, che colpisce a partire dai movimenti fino alla cultura del lavoro e delle sinistre. Le società estrattive creano le condizioni materiali e spirituali di questa anemia dell’organizzazione e delle lotte. Ma c’è di più.

Le politiche sociali del progressismo, soprattutto l’inclusione mediante il consumo, hanno moltiplicato gli effetti depredatori in termini di disorganizzazione e depoliticizzazione. Nello shopping scompaiono le contraddizioni di classe, comprese quelle etniche e di genere, perché in questi “non luoghi” (Marc Augé) il contesto fa scomparire l’umanità delle persone.

Ma anche i movimenti sono responsabili per le scelte che hanno preso. Invece di costruire guardando al lungo termine, preparandosi per l’inevitabile collasso sistemico, hanno preso la scorciatoia elettorale che li ha portati a costruire alleanze impossibili con risultati patetici. Alcuni movimenti argentini che hanno scelto di allearsi con la destra giustizialista, possono fare un bilancio sui disastrosi risultati che hanno ottenuto, e non mi riferisco alla scarsa raccolta di voti.

Infine, dobbiamo pensare agli insegnamenti che ci lascia l’ascesa delle destre e la crisi dei movimenti. Non si può opporre resistenza alla società estrattiva della quarta guerra mondiale con la stessa logica della lotta operaia nella società industriale. Non esiste una classe che la diriga. I soggetti collettivi devono essere costruiti e sostenuti ogni giorno. Le organizzazioni devono essere solide, cesellate per il lungo termine e resistenti agli attacchi istituzionali.


Articolo pubblicato su La Jornada con il titolo Del fin de ciclo a la consolidación de las derechas

Traduzione per Comune-info: Daniela Cavallo

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